Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-11-30, n. 202310368

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-11-30, n. 202310368
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310368
Data del deposito : 30 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/11/2023

N. 10368/2023REG.PROV.COLL.

N. 08699/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8699 del 2022, proposto da M S, rappresentata e difesa dall’avvocato L M, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa - Direzione Generale per il personale Militare-II Reparto e Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

G T e A A, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Stralcio, 5 luglio 2022, n. 9130, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;

Visto l’appello incidentale spiegato dal Ministero della Difesa e dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2023 il Cons. F C e uditi per le parti gli avvocati Annalisa Di Giovanni e Vincenzina Maio dell’Avvocatura generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. - La signora M S, arruolatasi nell’Arma dei Carabinieri in data 8 settembre 2003, quale allievo ufficiale in ferma prefissata;
nominata sottotenente con anzianità assoluta nel grado 1° dicembre 2003 e destinata, dal 29 dicembre 2003, quale “Sottotenente in ferma prefissata ausiliario del ruolo speciale” con l’incarico di Ufficiale addetto alla Sezione Addestramento dell’Ufficio Addestramento e Studi della Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma;
promossa tenente con anzianità assoluta dal 1° dicembre 2005;
ammessa in data 29 marzo 2006 alla ferma volontaria di un ulteriore anno (quale vincitrice dell’apposito concorso bandito con D.D. 9 novembre 2005), avendo chiesto di usufruire della stabilizzazione di cui all’art. 1, comma 519, della legge 24 dicembre 2006, n. 296 ed essendo stata trattenuta in servizio dall’amministrazione, partecipava alla procedura speciale per la stabilizzazione di ufficiali in ferma prefissata, ausiliari dei ruoli speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri per gli anni 2007 e 2008, indetta con il Decreto del Ministero della Difesa n. 14/09 del 12 gennaio 2009, e, superatala, giusta Decreto del Ministero della Difesa n. 152/09 del 30 giugno 2009, conseguiva la nomina a “… tenente in servizio permanente nel ruolo tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri con anzianità assoluta e decorrenza assegni 31 dicembre 2007”.

2. - Con ricorso notificato l’11 giugno 2015 l’ufficiale de qua chiedeva al T.A.R. Lazio l’annullamento e/o la disapplicazione degli atti con i quali era stata rideterminata l’anzianità di servizio e, specificamente: a) del Decreto n. 14/09 del Ministero della Difesa, pubblicato in G.U. n. 5 del 20.01.2009 con il quale era stata indetta la procedura speciale per la stabilizzazione di Ufficiali in ferma prefissata, ausiliari del ruolo speciale e tecnico - logistico dell’Arma dei Carabinieri per gli anni 2007 e 2008, nella parte in cui non contempla il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato;
b) della graduatoria 151/09;
c) della comunicazione Prot. N. MD

GMIL I

1120349637 del 3 settembre 2009, avente ad oggetto “Procedura speciale per la stabilizzazione di 45 ufficiali in servizio permanente nel ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri, indetta, tra le altre, con decreto dirigenziale n.14/09 del 12 gennaio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, n. 5 del 20 gennaio 2009. Partecipazione nomina”, nella sola parte in cui prevedeva la decorrenza dell’anzianità assoluta solamente a partire dall’1.7.2008;
d) di ogni altro atto presupposto, prodromico, consequenziale e/o comunque connesso, ancorché non cognito”. Veniva altresì chieso l’accertamento del diritto e la conseguente condanna dell’Amministrazione alla retrodatazione dell’anzianità assoluta dal momento del primo ingresso nell’Arma dei Carabinieri come Ufficiale in ferma prefissata, di quella di Capitano a decorrere dall’1° dicembre 2010 e a percepire le differenze retributive maturate in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato.

A sostegno della domanda deduceva: 1) “Sul mancato riconoscimento dell’anzianità assoluta da ufficiale in servizio permanente a decorrere dal 1.12.2003 e sul diritto dell’odierna ricorrente ad essere inquadrata nel ruolo di capitano dal 1.12.2000: violazione e falsa applicazione del principio di non discriminazione di cui alla direttiva comunitaria n. 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo indeterminato - Violazione e falsa applicazione del D. Lgs. 6.9.2001, n. 368 di attuazione della direttiva n. 1999/70/CE - Violazione dell’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - Violazione del D. Lgs. 5.10.2000, n. 298”;
2) “Sull’accertamento del diritto del ricorrente ad ottenere la retribuzione spettante ai capitani sin dalla data del 1.12.2010”.

Con motivi aggiunti impugnava poi la comunicazione M_D

GMIL

0349030 del 16 giugno 2015 e la comunicazione M_D

GMIL

0353703 del 18 giugno 2015, la determinazione dirigenziale del 15 giugno 2015 (con cui era stato approvato l’elenco relativo alle aliquote di avanzamento, citata nella comunicazione M_D

GMIL

0349030 del 16 giugno 2015) e ogni altro atto presupposto, prodromico, consequenziale e/o comunque connesso, ribadendo le censure già sollevate con il ricorso introduttivo.

3. - L’adito Tribunale con la sentenza segnata in oggetto, nella resistenza delle intimate Amministrazioni, ha:

- dichiarato improcedibiie il ricorso quanto alla parte impugnatoria per sopravvenuta carenza di interesse sulla base della espressa dichiarazione della ricorrente secondo cui l’azione proposta aveva ad oggetto esclusivamente il riconoscimento dell’anzianità, con connesso riconoscimento delle relative spettanze economiche;

- accolto in parte nel merito la domanda, accertando, sulla scorta di uno specifico precidente giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. II, 30 giugno 2021, n. 4965) ed in generale dell’applicazione della clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE e della relativa giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E., “… l’anzianità maturata in virtù del servizio prestato a tempo determinato (ossia, “in ferma prefissata”)” e condannando l’Amministrazione, previo accoglimento dell’eccezione di prescrizione estintiva quinquennale dalla stessa opposta, al pagamento delle differenze retributive tra il trattamento da ufficiale in servizio permanente effettivo e la retribuzione effettivamente percepita dalla ricorrente, come maturate nel relativo periodo di interesse (pari a 5 anni da computare a far data dalla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio), maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria;

- respinto la domanda di riconoscimento del grado di capitano con decorrenza dal 1 dicembre 2010 .

4. - Con rituale atto di appello l’interessata ha chiesto la riforma della predetta sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto il diritto della ricorrente alla retrodatazione del grado di Capitano dal 1° dicembre 2010 ed a tal fine ha lamentato “ error in iudicando e in procedendo. diritto dell’odierna appellante alla retrodatazione del grado di capitano dall’1.12.2010. violazione e falsa applicazione dell’art. 117 cost. violazione e falsa applicazione principio di non discriminazione di cui alla direttiva comunitaria n. 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Violazione e falsa applicazione del d. lgs. 6.9.2001, n. 368 di attuazione della direttiva n. 1999/70/ce. Violazione dell’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006 n. 296. Motivazione perplessa. Contraddittorietà eccesso di potere. Disparità di trattamento. Difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione del d. lgs n. 298/2000, del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, del d. lgs n. 215/01 e della legge 12 novembre 1955, n. 1137, ratione temporis vigenti ”.

Secondo l’appellante il giudice di prime cure, dopo aver correttamente accertato e riconosciuto lo svolgimento senza soluzione di continuità dei medesimi incarichi di responsabilità sin dalla data del suo primo ingresso nell’Arma dei Carabinieri come ufficiale ausiliario in ferma prefissata ed anche dopo il passaggio in servizio permanente effettivo e dopo aver altrettanto correttamente ritenuto applicabile alla fattispecie de qua la clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato di cui alla direttiva 1999/70/CE, aveva inopinatamente disatteso la domanda volta al riconoscimento dell’anzianità di servizio nel grado di Capitano dal 1° dicembre 2010, ritenendo erroneamente, illogicamente ed immotivatamente che la disciplina sugli ufficiali ausiliari in ferma prefissata, applicabile ratione temporis , consentiva il prolungamento della ferma nel medesimo grado, ma non la promozione al grado superiore per anzianità.

5. - Si sono costituititi in giudizio con mera memoria di stile per resistere al gravame il Ministero della Difesa e il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri.

6. - Successivamente dette amministrazioni hanno spiegato appello incidentale, chiedendo la riforma della sentenza alla stregua di quattro motivi di gravame, con il primo dei quali hanno riproposto l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado per la tardiva impugnazione del bando di concorso di cui al decreto dirigenziale n. 14/09, provvedimento a loro avviso immediatamente lesivo delle singole posizioni giuridiche soggettive ed emanato in aderenza alla circolare n. 5 del 18 aprile 2008 del Ministro per le riforme e le innovazioni;
con il secondo ed il terzo motivo hanno dedotto l’errata applicazione dei principi di diritto comunitario rispetto alla disciplina in tema di stabilizzazione, mentre con il quarto motivo hanno censurato il difetto di motivazione con riferimento al mancato raggiungimento della prova in ordine alle concrete attività svolte nel corso della carriera militare.

7. - L’appellante principale ha puntualmente replicato alle censure del gravame incidentale, deducendo l’inconsistenza dell’eccezione di irricevibilità dal momento che non vi sarebbe stato motivo di dolersi dell’inquadramento al momento del transito in servizio permanente, l’interesse alla contestazione essendo sorto solo momento della promozione al grado di Capitano ed aggiungendo che la lesione non sarebbe derivata dal bando, ma dai successivi decreti presidenziali. Ha quindi negato che l’atto di nomina a Capitano costituisca un atto autoritativo di natura organizzativa, avendo piuttosto natura ricognitiva di un avanzamento automatico, evidenziando quindi che il domandato riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato atterrebbe alla gestione del rapporto di lavoro non privatizzato.

8. - All’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2023, esaurita la trattazione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

9. - Le censure appuntate avverso la sentenza di primo grado con l’appello principale e con quello incidentale hanno sostanzialmente devoluto per intero al giudice d’appello la controversia proposta col ricorso introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti.

10. - Ciò impone al Collegio di esaminare innanzitutto l’eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo di primo grado per la mancata tempestiva impugnazione del bando e degli atti autoritativi di nomina, ritualmente sollevata dall’Amministrazione della Difesa nel giudizio innanzi al T.A.R., implicitamente respinta in primo grado, ma riproposta col primo motivo dell’appello incidentale.

10.1. - Il motivo di gravame e la relativa eccezione di irricevibilità sono fondati.

È stato già affermato (Cons. Stato, Sez. IV, 30 marzo 2021, n. 2663) che il bando della procedura di stabilizzazione, disponendo circa l’anzianità dei militari stabilizzandi, fissa autoritativamente il dies a quo dell’anzianità giuridica riconoscibile, per cui gli atti di nomina degli interessati con l’anzianità conseguentemente determinata sono meramente applicativi della predetta disposizione.

Costituisce peraltro pacifico indirizzo giurisprudenziale che i provvedimenti di inquadramento sono atti autoritativi di inserimento del personale nell’organizzazione dei pubblici uffici e regolano lo status del dipendente pubblico ossia il coacervo dei diritti (tra cui quello al trattamento giuridico ed economico) e dei doveri inscindibilmente connessi a quella posizione cristallizzata dall’inquadramento, con la conseguenza che quest’ultimo deve essere impugnato nel termine di decadenza stanti gli effetti lesivi che da essi derivano direttamente sia sul piano giuridico che economico (Cons. Stato, sez. III, 20 novembre 2012, n. 5881).

10.2. - Recentemente questa Sezione con la sentenza del 9 dicembre 2022, n. 10794, in aderenza a tale condivisibile orientamento giurisprudenziale, decidendo analoghi ricorsi concernenti la procedura di stabilizzazione in questione, ha osservato quanto segue:

«…. Risulta …. fondata l’eccezione di irricevibilità.

7.1. Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato proposto per l’annullamento del decreto n. 14/09 del Ministero della Difesa, pubblicato in G.U. n. 5 del 20 gennaio 2009, con il quale è stata indetta la procedura speciale per la stabilizzazione di Ufficiali in ferma prefissata, ausiliari del ruolo speciale e tecnico - logistico dell’Arma dei Carabinieri per gli anni 2007 e 2008, nella parte in cui non ha contemplato il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato, nonché avverso gli atti conseguenziali, incluso l’atto di nomina comunicato il 3.9.2009, nella parte in cui ha previsto la decorrenza dell’anzianità assoluta a partire dal 31.12.2007.

Si tratta degli atti che hanno concretamente ed originariamente leso l’interesse del ricorrente, come esplicitato dallo stesso nell’ambito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, laddove, a pagina 4, specificava di aver partecipato al concorso trasmettendo una specifica nota con la quale si riservava di tutelare i propri diritti in ordine alla violazione dei principi comunitari relativi al lavoro a tempo determinato, dimostrando, dunque, di avere ben percepito la lesività del bando;
d’altra parte, lo stesso specificava che, durante la frequenza del corso per ufficiali stabilizzati, egli veniva nominato Tenente in SPE dal 31 dicembre 2009, nomina dalla quale risultava evidente il mancato riconoscimento della pregressa anzianità poi rivendicato sei anni dopo.

8. La decisione appellata si discosta dalla costante giurisprudenza (recentemente riaffermata da questa Sezione con decisione n. 4859 del 14.6.2022 e n. 5750 del 11.7.2022) in materia di richiesta di retrodatazione giuridica nonostante l’acquiescenza ai precedenti provvedimenti di inquadramento.

La materia dell’inquadramento nel pubblico impiego si caratterizza per la presenza di atti autoritativi, con la conseguenza che ogni pretesa al riguardo, in quanto radicata su posizioni di interesse legittimo, e non di diritto soggettivo accertabile dal G.A., può essere azionata soltanto mediante tempestiva impugnazione dei provvedimenti ritenuti illegittimamente incidenti su di esse (ex multis: Consiglio di Stato sez. II, 4/2/2020, n. 917;
16/12/2019, n. 8495;
sez. VI, 18/8/2010, n. 5869;
sez. V, 10/8/2010, n. 5568).

Gli atti di nomina, attenendo alla collocazione, autoritativa, del soggetto nell’ambito dell’organizzazione amministrativa dell’ente pubblico, hanno natura provvedimentale ed autoritativa, anche ai fini della determinazione della decorrenza giuridica, e devono, quindi, essere impugnati nel termine decadenziale previsto dalla normativa vigente, il che nella specie non è avvenuto.

Di conseguenza, in carenza della tempestiva e puntuale impugnazione del provvedimento attributivo dello status con cui è stata determinata la contestata posizione, se ne è determinata l’inoppugnabilità, che osta all’accoglimento della pretesa del ricorrente.

Né si attaglia al caso dell’appellato la decisione, da egli richiamata, n. 4965/2021, in una situazione di tempestività dell’impugnazione del decreto di nomina, esplicitamente sottolineata dal giudice nell’esaminare la domanda relativa al riconoscimento dell’anzianità di servizio per la nomina al grado di capitano. … ».

10.3. - Da tali conclusioni non c’è ragione di discostarsi.

Invero il bando della procedura di stabilizzazione n. 14/2009 del 12 gennaio 2009 prevedeva all’articolo 10 (“Nomina”):

« 1. Per ciascuna delle procedure di cui all’articolo 1, comma 1 gli ufficiali idonei che saranno utilmente collocati nelle graduatorie di cui all’articolo 9 acquisiranno il diritto alla stabilizzazione, per cui con distinti decreti presidenziali verranno nominati ai sensi degli articoli 7 ed 8 del citato decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 298, rispettivamente, Sottotenenti in servizio permanente nel ruolo speciale e Tenenti in servizio permanente nel ruolo tecnico-logistico dell’Arma dei carabinieri, con anzianità assoluta nel grado stabilita dal decreto di nomina, che sarà immediatamente esecutivo, e con anzianità relativa secondo l’ordine delle relative graduatorie. Tale anzianità sarà fissata in base alle previsioni contenute nei relativi decreti autorizzatori. Non potrà pertanto, in nessun caso, essere antecedente a quella indicata in detti decreti ».

Il bando dettava in effetti un preciso ed inequivocabile criterio per la decorrenza dell’anzianità degli stabilizzandi e pertanto per rivendicare una diversa anzianità gli interessati avrebbero dovuto necessariamente e tempestivamente impugnare il bando (immediatamente lesivo) ed il primo atto di nomina (altrettanto immediatamente lesivo, avendo attribuito un’anzianità inferiore a quella pretesa).

In carenza di tempestiva impugnazione il ricorso di primo grado andava dichiarato irricevibile.

10.4. - La domanda giudiziale de qua non, pertanto, può qualificarsi come azione di mero accertamento di un’obbligazione di carattere civile (corresponsione della giusta retribuzione) rimessa alla cognizione del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

10.4.1. - La domanda giudiziale, infatti, non era rivolta a conseguire il corrispettivo di prestazioni lavorative svolte in base all’inquadramento (e asseritamente malamente retribuite), ma ad ottenere un trattamento economico direttamente ed esclusivamente dipendente da un differente trattamento giuridico, derivante da un inquadramento diverso da quello attribuito con atti ormai inoppugnabili, pretesa che comportava la inammissibile disapplicazione di provvedimenti autoritativi dell’Amministrazione.

È sufficiente evidenziare al riguardo che l’azione volta a conseguire la condanna dell’Amministrazione alla ricostruzione della carriera, essendo diretta - come detto - ad ottenere un diverso inquadramento giuridico, imporrebbe la modifica della collocazione del militare nel ruolo delle Forze armate in virtù di atti autoritativi dai quali è conseguito il corrispondente trattamento economico;
sennonché rispetto a tali provvedimenti la posizione del militare è di interesse legittimo al corretto esercizio del relativo potere e non di diritto soggettivo accertabile dal giudice amministrativo;
con conseguente inammissibilità dell’azione di accertamento del diritto alla ricostruzione della carriera in mancanza di una tempestiva e puntuale impugnazione dei singoli provvedimenti attributivi dello status .

10.4.2. - Al riguardo questa Sezione con sentenza 27 settembre 2022, n. 8338 ha ricordato che « Una piana e assai stabilizzata giurisprudenza ha rilevato ….. l’inammissibilità dei ricorsi tendenti all’accertamento del diritto all’inquadramento dei pubblici dipendenti, trattandosi di contestazione relativa ad una posizione soggettiva di interesse legittimo che deve essere fatta valere mediante tempestiva impugnazione dell’atto di inquadramento. Ritiene il Collegio di aggiungere che l’inquadramento del pubblico dipendente ripete i tratti formali e funzionali di un tipo di atto autoritativo, avente natura di provvedimento: esso definisce infatti compiutamente gli elementi caratteristici dell’inquadramento attribuito ai destinatari proprio in quanto pubblici dipendenti ed ai quali, pertanto, compete ridetta posizione di interesse legittimo per la contestazione di ogni eventuale vizio dell’atto, soggetta al termine decadenziale (v. al riguardo Cons. Stato, sez. V, 4 settembre 2017, n. 4177;
id., 3 febbraio 2011, n. 793).

Non è quindi ammissibile un’azione volta ad ottenere un diverso inquadramento, se non tempestivamente proposta contro il provvedimento di attribuzione della qualifica, né è ammesso un autonomo giudizio di accertamento, nel quale si chieda la disapplicazione dei provvedimenti amministrativi, atteso che l’azione di accertamento è esperibile a tutela di un diritto soggettivo, mentre la posizione del pubblico dipendente, a fronte della potestà organizzatoria della pubblica amministrazione, è quella di titolare di un mero interesse legittimo (cfr. ancora, ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 11 agosto 2015, n. 3912;
id., 29 marzo 2012, n. 1871;
sez. V, 30 giugno 2014, n. 3277;
id., 2 novembre 2011, n. 5848).
…».

10.5. - Alle conclusioni così raggiunte non osta la eventuale applicabilità della disciplina dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio in data 28 giugno 1999: la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ripetutamente precisato infatti che il diritto comunitario non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne.

Questo Consiglio di Stato con la sentenza 15 febbraio 2022, n. 1107 (Sez. IV) ha ricordato « come, in alcune sentenze oramai risalenti nel tempo (ma sempre ribadite e costituenti giurisprudenza consolidata), la Corte di giustizia ha enunciato il concetto di “autonomia procedurale” degli Stati membri, in base al quale “...in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, è l’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalità procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia diretta” (Corte di giustizia CEE, sentenza 4 aprile 1968, in causa C-34/67, Lück;
Corte di giustizia CEE sentenza 16 dicembre 1976, C-33/76, Rewe).

11.2. Nel momento in cui - come nel caso delle direttive ricorsi in materia di appalti pubblici - la competenza procedurale venga avocata a sé dall’Unione, allora, all’idea di “autonomia procedurale” si sostituisce quella di “competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi”: dato che, ai sensi dell’art. 288 c. 3 TFUE (ex art. 249 c. 3 CE), “la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi”.

11.3 Le modalità procedurali stabilite dai giudici nazionali, tuttavia, “non possono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale” (criterio dell’equivalenza) e che le modalità stabilite dalle norme interne non devono rendere “in pratica, impossibile l’esercizio di diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare” (criterio dell’effettività) (Corte di giustizia sentenza 16 dicembre 1976, in causa 33/76, Rewe). … ».

Dall’esame, tra le altre, delle decisioni della Corte di giustizia UE, 14 febbraio 2019, C-54/18, Soc. coop. animaz. Valdocco e sez. V, 12 marzo 2015, C-538/13, §§ 50 ss., si evince come la previsione di un breve termine per l’impugnazione di atti amministrativi risulti compatibile e conforme alla disciplina eurounitaria nell’interpretazione datane dalla Corte di giustizia.

La richiamata sentenza n. 1107/2022 ha al riguardo precisato che «… Più volte questo Consiglio ha avuto modo di pronunciarsi, in applicazione delle coordinate interpretative delineate dalla Corte di giustizia, sul rapporto fra preclusioni processuali e diritto comunitario, statuendo che l’applicazione del diritto comunitario ed euro-unitario deve comunque rispettare le norme processuali dello Stato membro, poste a tutela del principio di certezza del diritto (Cons. Stato, sez. IV, 18 aprile 2018, n. 2332;
sez. III, 4 febbraio 2015, n. 540;
sez. V, 22 gennaio 2015, n. 272;
sez. V, 17 luglio 2014, n. 3806;
sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131), …….

12. Parimenti, sempre il richiamo a consolidati indirizzi giurisprudenziali consente di respingere la tesi secondo la quale l’illegittimità di un atto amministrativo, sia che si tratti di nullità sia che si tratti di annullabilità, determinerebbe un obbligo di disapplicazione da parte del giudice nazionale, al di fuori dell’avvenuta impugnazione di questo atto.

12.1. In proposito, si è statuito che “il provvedimento amministrativo emanato in violazione del diritto eurounitario (nella specie, rinnovo di una concessione demaniale marittima) non va considerato nullo, ma è affetto da un vizio di illegittimità non diverso da quello che discende dal contrasto con il diritto interno, esso diventa inoppugnabile se non impugnato nel termine di decadenza” (Cons. Stato, sez. VI, 18 novembre 2019 n. 7874;
sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5630;
Sez. III, 08 settembre 2014, n. 4538;
sez. VI, 15 febbraio 2012, n. 750;
sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983;
Cons. giust. amm. sic. 21 aprile 2010, n. 553;
Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2008, n. 1414).

12.2. Dunque, quand’anche la clausola risultasse nulla o annullabile, la mancata tempestiva proposizione dell’impugnazione da parte dell’interessato non consentirebbe la disapplicazione ad opera del decidente … ».

11. - La fondatezza del motivo esaminato è assorbente di ogni altra questione e ad esso consegue l’accoglimento dell’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, la declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado e di improcedibilità dell’appello principale.

12. - Le spese del doppio grado di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti, stante la peculiarità della controversia.

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