Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-11-04, n. 202209686
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 04/11/2022
N. 09686/2022REG.PROV.COLL.
N. 00249/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 249 del 2016, proposto da
Comune di Settimo Milanese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L L, con domicilio eletto presso lo studio Maurizio Corain in Roma, via Emilia, 86/90;
contro
Snam Rete Gas Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F T, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone n.44;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 02168/2015, resa tra le parti, concernente regolamento comunale per applicazione canone patrimoniale non ricognitorio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Snam Rete Gas Spa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 18 ottobre 2022 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Melpignano, in dichiarata delega dell'avv. Lamberti e Sarocco in dichiarata delega dell'avv. Todarello in collegamento da remoto.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Snam Rete Gas s.p.a., ricorrente in primo grado, opera a livello nazionale nel settore energetico del trasporto in alta pressione di gas naturale.
1.1. Con deliberazione consiliare del 7 ottobre 2013 n. 50 il Comune di Settimo Milanese approvava il Regolamento per l’applicazione del canone concessorio non ricognitorio.
1.2. In data 15 ottobre 2013 la Snam Rete Gas s.p.a. riceveva dal Comune di Settimo Milanese una comunicazione con la quale si invitava a corrispondere il pagamento della somma di euro 3.900,00 a titolo di canone patrimoniale non ricognitorio essendo la Snam concessionaria di un’occupazione mediante condutture sotterranee per la distribuzione di gas per un’estensione di 3.900 metri.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia la Snam Rete gas s.p.a. impugnava il Regolamento comunale per l’applicazione del canone patrimoniale non ricognitorio nonché la nota del 15 ottobre 2013 con la quale il Comune aveva chiesto il pagamento di detto canone.
2.1. Il Tribunale, con la sentenza appellata, dichiarava il difetto di giurisdizione con riguardo all’impugnazione dell’avviso di pagamento e ed accoglieva il ricorso dichiarando illegittima l’introduzione unilaterale del canone non ricognitorio, attraverso regolamento, poiché incompatibile con il disposto di cui all’art. 27, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Il T.a.r. Lombardia dichiarava inoltre manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente.
3. Con il ricorso in appello il Comune di Settimo Milanese ha dedotto la nullità della sentenza di primo grado in quanto erronea, illegittima ed infondata.
Si è costituita la Snam Rete Gas s.p.a. concludendo per il rigetto del ricorso.
Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
All’udienza telematica del 18 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. L’appello è infondato.
5. Con il primo motivo e l’ultimo motivo di ricorso il Comune di Settimo Milanese, appellante, deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui la stessa ha rigettato l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse. Il nuovo Regolamento, adottato con la deliberazione consiliare n. 30 dell'8 maggio 2014, avrebbe modificato l’oggetto del canone di concessione non ricognitorio, limitandolo alle sole occupazioni del demanio e del patrimonio stradale del Comune e comportando dunque l’improcedibilità del ricorso originario.
I motivi sono infondati.
È principio consolidato quello per cui affinché si verifichi l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell’art. 35, comma 1, lettera c) occorre che sopraggiunga, nel corso del giudizio, una situazione tale da rendere certa e definitiva l'inutilità di un'eventuale sentenza di accoglimento (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 18 agosto 2022, n. 7256;Consiglio di Stato, sez. VII, 22 marzo 2022, n. 2086). Nel caso di specie il nuovo Regolamento ha prodotto effetti solo pro futuro senza incidere in alcun modo sulla richiesta di pagamento avanzata dal Comune né sulla condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere: la richiesta di pagamento non è stata annullata dall’amministrazione nemmeno a seguito della sopravvenienza normativa. Correttamente il tribunale, dunque, ha accertato la sussistenza e permanenza dell’interesse ad agire in capo alla ricorrente.
6. Deve essere inoltre rigettato anche il secondo motivo di appello con cui la parte deduceva la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art. 112 c.p.c., in ordine alla pronuncia relativa all’impossibilità di applicare unilateralmente il canone ricognitorio.
Il motivo è manifestamente infondato in quanto i suddetti profili sono stati oggetto di doglianze specifiche da parte della ricorrente.
7. Con i restanti motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente data la stretta connessione delle questioni rappresentate, il Comune appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata per violazione degli articoli 25 e 27 del Codice della Strada, dell’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 e dell’art. 38 del d.lgs. n. 507 del 1993.
In particolare, si pone la questione dei presupposti di applicabilità del canone non ricognitorio con relativamente a modalità di utilizzo della sede stradale che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione.
A tale riguardo, è innanzitutto necessario accertare quali siano i presupposti e le condizioni che legittimano l’imposizione da parte dell’ente locale del canone concessorio non ricognitorio e se una tale pretesa possa essere vantata a fronte di un qualunque utilizzo della strada, ovvero soltanto a fronte di un utilizzo singolare che ne impedisca in tutto o in parte la pubblica fruizione.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare che l’articolo 27 del Codice della strada vada essenzialmente letto alla luce del principio generale posto dall’art. 1 dello stesso Codice, vale a dire come corpo normativo inteso alla sicurezza delle persone nella circolazione stradale.
L’ art. 27 del Codice della Strada fonda la legittimità dell’imposizione del canone “non ricognitorio” su un provvedimento di autorizzazione o di concessione dell’uso singolare della risorsa pubblica. Tuttavia, l’insieme delle disposizioni del Titolo II (Della costruzione e tutela delle strade) di quel Codice (per come espressamente richiamate dal ridetto articolo 27) dimostra che le concessioni e le autorizzazioni che giustificano l’imposizione del canone non ricognitorio di cui all’articolo 27 sono caratterizzate dal tratto comune – riferibile in ultimo alla libera e sicura circolazione delle persone sulle strade – di sottrarre in tutto o in parte all’uso pubblico la res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo.
Ebbene, il fatto che il Codice abbia operato un espresso richiamo alla sola “sede stradale” (i.e.: alla superficie e non anche al sottosuolo e al soprasuolo) depone nel senso che l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico;ma non anche a fronte di tipologie e modalità di utilizzo (quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati) che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione. Naturalmente, in questi ultimi casi, l’imposizione di un canone non ricognitorio avrà un giusto titolo che la renderà legittima per il tratto di tempo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscono la piena fruizione della sede stradale;ma non si rinviene una giustificazione di legge per ammettere che una siffatta imposizione possa proseguire anche indipendentemente da questa occupazione esclusiva, cioè durante il periodo successivo (che può essere anche pluridecennale) durante il quale la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non impedisce né limita la pubblica fruizione della sede stradale (così Consiglio di Stato, sez. V, 14 luglio 2022, n. 6008 e Consiglio di Stato, sez. V, 28 giugno 2016, n. 02927).
Il canone non ricognitorio di cui all’art. 27, commi 7 e 8, del Codice della Strada è, quindi, una prestazione patrimoniale che si applica in correlazione con l’uso singolare della risorsa stradale (intesa ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 46, dello stesso codice, quale “superficie compresa entro i confini stradali”, comprensiva della carreggiata e delle fasce di pertinenza) e, dunque, in funzione della limitazione od esclusione dell’ordinaria fruizione generale (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2016, n. 3921).
Ne consegue che, in linea di principio, alle occupazioni - come quella oggetto di tale controversia - finalizzate all’interramento di condutture non si applica il canone ricognitorio;si tratta infatti di una modalità di utilizzo della sede stradale che non preclude ordinariamente la generale fruizione della risorsa pubblica, limitandosi alla presenza nel sottosuolo dell’infrastruttura di servizio a rete.
L’imposizione del canone non ricognitorio va, quindi, limitata temporalmente e fisicamente e può essere consentita in relazione all’arco temporale nel quale viene eseguito l’intervento di posa dell’infrastruttura (così Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2016, n. 1926) e, più in generale, per il tempo in cui le lavorazioni di realizzazione impediscono la piena fruizione della sede stradale;una siffatta imposizione non può peraltro proseguire nel periodo successivo, durante il quale la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non impedisce né limita la pubblica fruizione della sede stradale (in tal senso anche Cons. Stato, sez. V, 10 dicembre 2021, n. 8257).
A tale riguardo, il regolamento del Comune di Desio, approvato con deliberazione consiliare del 23 luglio 2013 n. 40, ai fini del presupposto applicativo del canone non ricognitorio faceva riferimento anche alle occupazioni realizzate per l'erogazione di servizi pubblici in regime di concessione.
Il regolamento comunale riguardava dunque indistintamente tutte le occupazioni permanenti del patrimonio stradale senza alcuna differenziazione tra soprasuolo e sottosuolo. Inoltre lo stesso regolamento assoggettava espressamente al pagamento del canone non ricognitorio anche le occupazioni realizzate al di fuori della sede stradale e ciò in evidente contrasto con l’art. 27 del Codice della strada che richiama la sola “sede stradale”. Proprio il richiamo alla sola sede stradale sta a significare che l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico, non invece con riguardo a tipologie e modalità di utilizzo - quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati - che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15 maggio 2020, n. 3058).
Di qui l’illegittimità del regolamento, così come correttamente accertato dal Tribunale.
Per quanto specificamente attiene alla possibile sovrapposizione tra tassa di occupazione di suolo pubblico e canone non ricognitorio va ancora richiamata la costante giurisprudenza che si è espressa in materia affermando che le due pretese patrimoniali si fondano su due rispettive differenti radici: tributaria per la TOSAP e di corrispettivo per il canone non ricognitorio (cfr. Consiglio di Stato, 14 luglio 2022, n. 6008;Consiglio di Stato, V sez., 28 giugno 2016, n. 0297). Le due pretese patrimoniali dunque potranno in ipotesi coesistere ma a condizione che sussistano, per ciascuna, i relativi presupposti giustificativi.
Nel caso di specie, non emerge alcun presupposto che giustifichi la pretesa alla corresponsione del canone ex art. 27 del Codice della Strada nelle ipotesi in cui – come nel caso di specie – l’utilizzo del sottosuolo stradale non incida in alcun modo sulla pubblica fruizione della risorsa. Al contrario, l’articolo 63 (Canoni per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche) del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) espressamente richiama, fra i presupposti per l’imposizione tributaria, le ipotesi di “occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile (…)”.
Dunque tale orientamento giurisprudenziale ammette la coesistenza fra i due richiamati obblighi, ma non impone affatto che la sussistenza dei presupposti applicativi di uno di essi renda ipso facto, quasi per irragionevole duplicazione automatica di effetti, necessitata la prestazione anche dell’altro (cfr. Cass., V, 27 ottobre 2006, n. 23244 e 31 luglio 2997, n. 16914).
In ragione delle considerazioni sopra esposte il terzo motivo e quarto motivo di appello devono essere rigettati.
8. Deve essere, inoltre, rigettato anche l’ultimo motivo di appello con cui la parte ha dedotto la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art. 112 c.p.c., in ordine alla pronuncia sulla quantificazione del canone richiesto, in assenza di specifico motivo. Il motivo è manifestamente infondato in quanto il suddetto profilo è stato oggetto di doglianze specifiche da parte della ricorrente.
9. In conclusione l’appello del Comune di Settimo Milanese va respinto.
10. In ragione della particolarità della vicenda, sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado di giudizio.