Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-06-13, n. 201602518
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N. 02518/2016REG.PROV.COLL.
N. 08309/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8309 del 2015, proposto da:
Comune di Azzano San Paolo, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati E R, P F e M S M, con domicilio eletto presso quest’ultima, in Roma, via Gramsci, 24;
contro
Enel Distribuzione s.p.a., società con socio unico soggetta a direzione e coordinamento di Enel s.p.a., in persona del procuratore speciale avvocato L F, rappresentata e difesa dagli avvocati C T, F S e F I, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Pinciana, 25;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA, SEZIONE II, n. 570/2015, resa tra le parti, concernente il regolamento comunale per l’applicazione del canone patrimoniale non ricognitorio ai sensi dell’art. 27 del Codice della strada
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Enel Distribuzione s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati E R, M S M, C T e F I;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Enel Distribuzione s.p.a., concessionaria del servizio pubblico di distribuzione dell’energia elettrica, impugnava davanti al Tribunale amministrativo per la Lombardia – sez. staccata di Brescia, il regolamento del Comune di Azzano San Paolo relativo alle occupazioni permanenti del proprio demanio e del patrimonio stradale, adottato ai sensi degli artt. 52 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 ( Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali ) e 27 del Codice della strada di cui al d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (delibera consiliare n. 25 del 1 agosto 2013 – “Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale non ricognitorio” ). Con il regolamento approvato con la delibera in questione venivano in particolare assoggettate al canone non ricognitorio previsto dal citato art. 27 Cod. strada, a decorrere dall’anno 2013, le « occupazioni relative a erogazioni di servizi pubblici in regime di concessione amministrativa » (art. 2 e allegato 1).
2. Con la sentenza il Tribunale di primo grado accoglieva alcune delle censure dedotte dalla società ricorrente ed annullava l’« intero regolamento » (§ 7 della parte “in diritto”), giudicando in particolare fondate quelle aventi ad oggetto:
- innanzitutto, il cumulo tra canone ricognitorio introdotto con il regolamento impugnato ed il canone di occupazione di suolo e aree pubbliche (COSAP) previsto dall’art. 63 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, a fronte del medesimo presupposto impositivo « costituito dall’uso particolare di beni pubblici appartenenti al demanio stradale », in virtù del quale il Tribunale amministrativo riteneva « esigibile un’unica somma, calcolata secondo i criteri del COSAP (o della TOSAP) », eventualmente in parte a titolo di canone ricognitorio ex art. 27 del Codice della strada , in ogni caso nei limiti dell’ammontare massimo dovuto in base al canone di cui al d.lgs. n. 446 del 1997;
- inoltre, la definizione dei criteri di quantificazione del canone in assenza di apposita istruttoria, invece prevista dal comma 8 del citato art. 27 del Codice , con conseguente applicazione uniforme e generalizzata di tale prestazione « su una pluralità indeterminata di rapporti, a prescindere dalle peculiarità giuridiche ed economiche di ciascun rapporto concessorio, nonché dalla natura convenzionale o unilaterale del titolo da cui promana »;
- quindi, l’assoggettamento al canone anche delle occupazioni ricadenti nelle fasce di rispetto stradali « che possono essere di proprietà di soggetti diversi dall’Ente locale, i quali ne conservano la titolarità e la disponibilità ancorché con le limitazioni derivanti dalla presenza del vincolo conformativo della proprietà » (così ancora nella sentenza di primo grado);
- infine, l’introduzione della prestazione sia sulle strade che sulle relative fasce di rispetto in violazione del divieto di « imposizione retroattiva e unilaterale di prestazioni patrimoniali collegate a un rapporto concessorio ».
3. La sentenza di primo grado è appellata dal Comune di Azzano San Paolo.
4. L’originaria ricorrente si è costituita in resistenza, riproponendo anche i motivi di censura assorbiti dal Tribunale amministrativo.
DIRITTO
1. Con il primo motivo d’appello il Comune di Azzano San Paolo ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso di Enel Distribuzione per carenza di interesse, già respinta dal giudice di primo grado. Al riguardo, l’amministrazione appellante deduce che il regolamento impugnato è stato emanato nell’esercizio di una potestà costituzionalmente garantita (art. 117, comma 6) e dunque « non può essere fondatamente messo in discussione » (pag. 7 dell’atto d’appello). Secondo questa prospettazione sarebbe dunque erronea ed esorbitante rispetto all’interesse azionato la statuizione demolitoria emessa dal Tribunale amministrativo nei confronti « dell’intero regolamento » (§ 7 della sentenza appellata, sopra citato), con effetti erga omnes .
Inoltre, il Comune sostiene che in virtù della sua natura sostanzialmente normativa tale atto sarebbe inidoneo a ledere la sfera giuridica della medesima società concessionaria prima di una formale richiesta di pagamento del canone non ricognitorio, la quale dovrà essere formalizzata in applicazione dello stesso. Secondo il Comune appellante non rileverebbe in senso contrario la circostanza, invece valorizzata dal giudice di primo grado, che il regolamento è stato formalmente comunicato a Enel Distribuzione non appena adottato (nota del 2 agosto 2013, anch’essa impugnata da quest’ultima), dal momento che questo invio era motivato da ragioni esclusivamente istruttorie, ed in particolare era finalizzato ad acquisire dalla concessionaria dati sull’estensione della rete, necessari per la successiva quantificazione del canone in base alla tariffa per metro lineare determinata con il regolamento. Pertanto, sotto questo profilo la statuizione del giudice di primo grado affermativa dell’attualità dell’interesse ad agire dell’originaria ricorrente si porrebbe in violazione con il divieto sancito dall’art. 34, comma 2, Cod. proc. amm., secondo il quale è inibito al giudice amministrativo di pronunciarsi su poteri non ancora esercitati.
2. Il motivo è infondato in tutti i profili in cui esso si articola.
3. Deve innanzitutto escludersi che i regolamenti amministrativi non siano impugnabili in sede giurisdizionale, come sembra adombrare il Comune di Azzano San Paolo.
Il valore e forza di atto normativo riconosciute a tali fonti di diritto nel sistema gerarchico vigente nel nostro ordinamento non li sottrae al sindacato giurisdizionale previsto dall’art. 113 Cost., in ragione della loro natura di atti formalmente amministrativi, e più precisamente di « atti amministrativi generali a contenuto normativo » (art. 14, comma 2, d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 - Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi, che appunto presuppone l’annullabilità di questa tipologia di atti).
4. In contrario non giova nemmeno richiamare la norma di riparto della potestà regolamentare tra i diversi livelli di governo in cui ai sensi dell’art. 114 della Costituzione si articola la Repubblica italiana, e cioè il citato art. 117, comma 6, recante l’attribuzione ai Comuni del potere regolamentare « in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite ». Infatti, nel definire i rapporti tra tali livelli di governo la norma di riparto in esame non svolge alcuna funzione di eccettuare i regolamenti comunali dalla garanzia enunciata nel poc’anzi richiamato art. 113, valevole del resto anche nei confronti dei regolamenti governativi, anch’essi riconosciuti dalla Costituzione (art. 87, comma 5).
5. Non è quindi condivisibile l’assunto che il regolamento impugnato da Enel Distribuzione nel presente giudizio non sarebbe immediatamente lesivo della sfera giuridica della società ricorrente.
Infatti, la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato esclude l’impugnabilità di atti regolamentari o di provvedimenti amministrativi a carattere generale quando la lesione non derivi direttamente dagli stessi, ma solo dai successivi atti esecutivi, i cui contenuti non siano già preordinati e vincolati dalla fonte regolamentare, ammettendola, a contrario , quando invece tale vincolo sia configurabile e gli atti da emanare in base al regolamento assumano quindi carattere di mera applicazione delle norme in esso contenute ( ex plurimis : Cons. Stato, III, 13 aprile 2011, n. 2292;IV, 24 ottobre 2011, n. 5697;VI, 5 marzo 2015, n. 1095, 2 marzo 2015, n. 994 e 995, 18 aprile 2013, n. 2144, 8 settembre 2009, n. 5258).
6. Ciò precisato, come fondatamente deduce Enel Distribuzione, nel caso di specie il regolamento per l’applicazione del canone non ricognitorio da essa contestato ha efficacia direttamente lesiva, dal momento che assoggetta a tale prestazione patrimoniale « Le occupazioni permanenti del demanio e del patrimonio stradale del Comune di Azzano S. Paolo, descritte nell'Allegato 1 » (art. 2), e cioè le « Occupazioni relative a erogazioni di servizi pubblici in regime di concessione amministrativa » (allegato 1 – “tipologie”), in cui pacificamente rientra la rete distributiva dell’energia elettrica gestita dalla società concessionaria del servizio odierna appellata. Inoltre, l’atto regolamentare definisce in modo compiuto l’applicazione del canone nelle situazioni di occupazione ad esso astrattamente riconducibili, predeterminando la formula matematica da applicare (allegato 2), cosicché l’atto di quantificazione nei confronti del singolo concessionario debitore assume la natura di mera ricognizione tecnica ed esecutiva dei presupposti normativamente fissati della prestazione in concreto dovuta da quest’ultimo.
7. Alla luce della considerazione ora svolta si palesa priva di fondamento la tesi del Comune di Azzano San Paolo secondo cui la nota di trasmissione del regolamento in data 2 agosto 2013 avrebbe finalità istruttorie, di acquisizione dei dati relativi all’estensione della rete elettrica gestita dalla società originaria ricorrente. Pacifica infatti tale finalità, la stessa conferma casomai quanto finora osservato, e cioè che il canone non ricognitorio è interamente disciplinato, sia nell’ an che nel quantum , a livello regolamentare, essendo invece rimessa alla successiva applicazione della formula dallo stesso prevista un mero riscontro dei relativi presupposti fattuali.
8. In ragione di ciò si deve quindi respingere anche la doglianza con cui l’amministrazione lamenta la violazione del divieto previsto dall’art. 34, comma 2, Cod. proc. amm.
9. Inoltre, sotto il medesimo profilo ora descritto emerge l’infondatezza della censura di ultrapetizione formulata nel motivo in esame dal Comune di Azzano S. Paolo.
La contestazione mossa nel presente giudizio da Enel Distribuzione attiene infatti all’ an del canone ricognitorio e l’unica statuizione di annullamento di conseguenza adottabile per soddisfare compiutamente l’interesse azionato è quella concernente il regolamento nella sua globalità.
10. Si può dunque passare all’esame delle censure contenute nel secondo motivo d’appello, concernenti il merito della presente controversia, ed indirizzate al capo di sentenza che ha ritenuto illegittimo il regolamento impugnato perché comportante una duplicazione degli oneri a carico del concessionario di beni costituenti strade pubbliche comunali.
Il Comune di Azzano S. Paolo evidenzia sul punto che con sentenza del 31 dicembre 2014, n. 6459, questa Sezione ha ritenuto legittimo il contemporaneo assoggettamento dell’occupazione di strade pubbliche comunali da parte di una società operante nel settore delle comunicazioni elettroniche al canone ricognitorio ex art. 27 Cod. strada ed alla TOSAP o COSAP. Secondo l’amministrazione appellante la medesima regola, pur suscitando « perplessità », sarebbe invece certamente applicabile nei confronti di concessionari del servizio di distribuzione dell’energia elettrica. Il Comune evidenzia infatti sul punto che la legislazione di quest’ultimo settore non reca alcun divieto per Regioni ed enti locali di imporre oneri o canoni non stabiliti dalla legge per l’impianto di reti o per l’esercizio del servizio in concessione, del tipo di quello invece sancito nelle comunicazioni elettroniche dall’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, né tanto meno è prevista per il medesimo settore una norma di esclusione dall’assoggettamento al Codice della strada , prevista espressamente per le telecomunicazioni dall’art. 231, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992.
11. Così riassunto, il motivo non è inammissibile, come eccepito da Enel Distruzione, sul rilievo che lo stesso, essendo fondato su una premessa dichiaratamente erronea, e cioè il principio di diritto affermato da questa Sezione nella citata pronuncia, recherebbe conseguentemente una conclusione altrettanto errata.
A prescindere dal fatto che l’erroneità di tale premessa comporterebbe in ipotesi il rigetto nel merito della censura e non certo la sua inammissibilità, le critiche che il Comune odierno appellante muove al più volte citato precedente di questa V Sezione costituiscono invece la base di partenza per lo sviluppo di un’argomentazione critica, fondata sul ragionamento a fortiori , sintetizzabile nei seguenti termini: se il cumulo di prestazioni patrimoniali ex artt. 27 Cod. strada e COSAP o TOSAP è legittimo per le imprese operanti nel settore delle telecomunicazioni, che pure gode di una legislazione volta ad esaltarne profili di specialità, a maggior ragione il cumulo in questione dovrebbe applicarsi al servizio di distribuzione di energia elettrica, per il quale nulla del genere è previsto, cosicché la decisione di primo grado è errata sotto questo profilo.
Risulta quindi pienamente assolto l’onere di specificità dei motivi d’appello enunciato dall’art. 101, comma 1, Cod. proc. amm., con conseguente rituale devoluzione al giudice d’appello del punto controverso.
12. Venendo allora ad esaminare la censura nel merito, la Sezione ritiene che la stessa sia infondata.
13. Deve innanzitutto rilevarsi che il ragionamento del Comune di Azzano San Paolo incontra un ostacolo testuale, costituito dalla speciale disciplina in tema di COSAP riservata dal d.lgs. n. 446 del 1997 alle occupazioni permanenti « realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi » [art. 63, comma 2, lett. f) ]. Per questa tipologia di occupazioni la disposizione ora richiamata, di chiara finalità agevolativa, prevede infatti che il canone sia determinato su base forfetaria, essenzialmente in rapporto al numero delle utenze.
Inoltre, come sottolinea l’originaria ricorrente, attraverso la norma di chiusura contenuta nel comma 3 del medesimo art. 63, è previsto che la COSAP o TOSAP costituisca la misura massima complessiva dell’onere dovuto dal privato per l’occupazione di spazi o aree pubbliche. E’ infatti disposto che dalla misura di tale canone o tassa « va detratto l’importo di altri canoni previsti da disposizioni di legge, riscossi dal comune e dalla provincia per la medesima occupazione, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi ».
14. Più in generale non è condivisibile il ragionamento a fortiori svolto dall’amministrazione a sostegno dei propri assunti, e volto a sottolineare la specialità del settore delle telecomunicazioni. Infatti, se le citate disposizioni finalizzate ad escludere quest’ultimo dal Codice della strada (art. 231, comma 3, d.lgs. n. 285 del 1992) o a tutelare le imprese in esso operanti da duplicazioni di oneri economici (art. 93 d.lgs. n. 259 del 2003) possono essere ricondotte alla finalità di promuovere lo sviluppo di un settore economico ritenuto di rilevanza strategica e assoggettato a regole di mercato, analoghe considerazioni possono valere per i servizi pubblici, rispondenti a bisogni fondamentali della popolazione e prestati in regime di tariffe amministrate, e per i quali sono quindi previsti criteri di favore per la commisurazione del canone di cui al d.lgs. n. 446 del 1997.
A conferma di ciò, condivisibilmente Enel Distribuzione sottolinea che ai sensi dell’art. 67, comma 5, lett. g) , del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo Codice della strada (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), il canone dovuto dai concessionari di pubblico servizio per l’occupazione della sede stradale è determinato con decreto del Ministro dei lavori pubblici (poi non emanato), oppure stabilito dall’ente proprietario, ma pur sempre nel rispetto del limite massimo della somma fissata con tale decreto.
Tale disposizione regolamentare conferma che gli esercenti servizi pubblici beneficiano di un regime di favore in materia di occupazione di suolo pubblico, già previsto nell’ambito del Codice della strada , nel quale si pone con particolare rilevanza l’esigenza di limitare l’onere economico su di essi gravante per tali attività.
15. Deve peraltro rilevarsi che gli assunti dell’amministrazione appellante sono infondati anche per un’ulteriore ed assorbente ragione, ancora una volta ricavabile dalla disciplina del Codice della strada e dalla complessiva ratio del canone ricognitorio di cui all’art. 27.
Quest’ultima disposizione va essenzialmente letta alla luce del principio generale posto dall’art. 1, vale a dire come corpo normativo inteso alla sicurezza delle persone nella circolazione stradale, e rispetto al quale interesse generale le sue norme sono evidentemente serventi.
Lo stesso articolo 27 fonda la legittimità dell’imposizione del canone non ricognitorio su un provvedimento di autorizzazione o di concessione dell’uso singolare della risorsa pubblica (la sede stradale). Tuttavia, l’insieme delle disposizioni del Titolo II ( Della costruzione e tutela delle strade ) di quel Codice (per come espressamente richiamate dal ridetto articolo 27) dimostra che le concessioni e le autorizzazioni che giustificano l’imposizione del canone non ricognitorio sono caratterizzate dal tratto comune – riferibile in ultimo alla libera e sicura circolazione delle persone sulle strade – di sottrarre in tutto o in parte l’uso pubblico della res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo.
E’ qui il caso di richiamare:
- le ipotesi di autorizzazione all’occupazione della sede stradale anche con « veicoli, baracche, tende e simili » ai sensi dell’articolo 20;
- le ipotesi di autorizzazione o concessione all’esecuzione di « opere o depositi e aprire cantieri stradali, anche temporanei, sulle strade e loro pertinenze, nonché sulle relative fasce di rispetto e sulle aree di visibilità » ai sensi dell’articolo 21;
- le ipotesi di autorizzazione alla realizzazione di « nuovi accessi e nuove diramazioni dalla strada ai fondi o fabbricati laterali, [ovvero di] nuovi innesti di strade soggette a uso pubblico o privato », ovvero ancora di passi carrabili ai sensi dell’articolo 22.
In tutti detti casi è evidente che la condizione a un tempo necessaria e sufficiente per giustificare l’imposizione del canone ricognitorio sia rappresentata dal rilascio di un titolo che abilita a un uso singolare della risorsa pubblica, limitandone o comunque condizionandone in modo apprezzabile il pieno utilizzo.
16. Ai fini della presente disamina merita particolare attenzione – e sempre considerando il ricordato principio generale - la previsione di cui all’articolo 25 del Codice (rubricato « Attraversamenti ed uso della sede stradale »), secondo cui « non possono essere effettuati, senza preventiva concessione dell0ente proprietario, attraversamenti od uso della sede stradale e relative pertinenze con corsi d'acqua, condutture idriche, linee elettriche e di telecomunicazione, sia aeree che in cavo sotterraneo, sottopassi e soprappassi, teleferiche di qualsiasi specie, gasdotti, serbatoi di combustibili liquidi, o con altri impianti ed opere, che possono comunque interessare la proprietà stradale. Le opere di cui sopra devono, per quanto possibile, essere realizzate in modo tale che il loro uso e la loro manutenzione non intralci la circolazione dei veicoli sulle strade, garantendo l'accessibilità delle fasce di pertinenza della strada ».
La disposizione è pertinente al fine di vagliare la legittimità dell’imposizione da parte dell’ente locale di un canone ricognitorio a fronte della posa, in prossimità della sede stradale, di infrastrutture pubbliche cc. dd. “a rete”, come quelle che rilevano ai fini del presente giudizio.
La disposizione (in relazione sistematica con il successivo articolo 27, che fonda la pretesa del Comune appellante) rende palese:
- che ciò che rileva, al fine di fondare la pretesa dell’ente locale, non è un qualunque utilizzo della sede stradale (nonché dello spazio soprastante e sottostante ad essa), bensì un utilizzo singolare che incida in modo significativo sull’uso pubblico della risorsa viaria;
- che ciò che rileva ai medesimi fini è il singolare “uso della sede stradale” (laddove l’articolo 3, comma 1, n. 46 del Codice definisce la sede stradale come « superficie compresa entro i confini stradali. Comprende la carreggiata e le fasce di pertinenza »).
17. Ebbene, il fatto che il Codice abbia operato un espresso richiamo alla sola « sede stradale » (i.e.: alla superficie e non anche al sottosuolo e al soprasuolo) depone nel senso che l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico;ma non anche a fronte di tipologie e modalità di utilizzo (quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati) che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione.
Naturalmente, in questi ultimi casi, l’imposizione di un canone non ricognitorio avrà un giusto titolo che la renderà legittima per il tratto di tempo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscono la piena fruizione della sede stradale;ma non si rinviene una giustificazione di legge per ammettere che una siffatta imposizione possa proseguire anche indipendentemente da questa occupazione esclusiva, cioè durante il periodo successivo (che può essere anche pluridecennale) durante il quale la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non impedisce né limita la pubblica fruizione della sede stradale.
18. Il rigetto del motivo finora esaminato rende superfluo l’esame delle ulteriori censure formulate dal Comune di Azzano San Paolo all’indirizzo degli ulteriori capi della sentenza di primo grado, con cui sono stati accolti altri motivi di ricorso di Enel Energia.
Ciò in applicazione del principio secondo cui il provvedimento amministrativo o la sentenza fondati su una pluralità di ragioni tra loro autonome, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento, è legittimo e non può essere annullato se anche solo una di esse resista all’impugnazione (Cons. Stato, III, 29 gennaio 2016, n. 346;IV, 3 novembre 2015, nn. 5008 e 5013, 7 aprile 2015, n. 1769, 22 dicembre 2014, n. 6337;V, 1 agosto 2015, n. 3773, 29 ottobre 2014, n. 5375, 28 aprile 2014, n. 2195;VI, 9 marzo 2016, n. 952, 4 marzo 2015, n. 1053). Inoltre Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5, nella medesima linea ha statuito che l’accertata legittimità di un capo autonomo del provvedimento « implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze ».
19. Il conclusione, l’appello del Comune di Azzano San Paolo deve essere respinto, ma la novità e complessità della questione controversa giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.