Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-15, n. 202100476

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-15, n. 202100476
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100476
Data del deposito : 15 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/01/2021

N. 00476/2021REG.PROV.COLL.

N. 06805/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6805 del 2020, proposto da
M P, S G, E D G, E C, A P, rappresentati e difesi dall'avvocato P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Caracuzzo in Roma, via di Villa Pepoli, 4;

contro

Ministero dell'Universita' e della Ricerca, Università degli Studi Napoli Federico II,, Cineca, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli - Napoli non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Istruzione, Universita' degli Studi Napoli Federico Ii, Universita' degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli - Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Giuseppina Pirrotta, Antonia Palamara non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 08703/2020, resa tra le parti,


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione e di Universita' degli Studi Napoli Federico Ii e di Universita' degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli - Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2021 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati P M, in collegamento da remoto, ai sensi dell'art. 4, comma.1, del Decreto Legge n.28 del 30 aprile 2020 e dell'art.25, comma 2, del Decreto Legge n.137 del 28 ottobre 2020.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame gli odierni appellanti impugnavano la sentenza n. 8793 del 2019 con cui il Tar Lazio aveva dichiarato inammissibile l’originario gravame, proposto dagli stessi soggetti (insieme ad altri), in qualità di partecipanti alla prova di concorso unica per l’accesso ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’a.a. 2018/2019 al fine di ottenere l’annullamento degli atti della procedura predetta, nella parte in cui gli stessi ricorrenti non risultano collocati in posizione utile e, quindi, non ammessi al corso.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante censurava le argomentazioni di cui alla sentenza impugnata formulando i seguenti motivi di appello:

- errores in iudicando, nullità della sentenza impugnata, motivazione assente ed apparente;
assenza totale della ricostruzione in fatto e dei principi di diritto applicabili, invocando il principio del consolidamento;

- analoghi vizi in relazione all’irrilevanza della previa ammissione con riserva;

- analoghi vizi in relazione all’affidamento sull’ammissione disposta in via cautelare;

- analoghi vizi in relazione ai motivi dedotti avverso la correttezza di alcuni quesiti somministrati al test, in specie in merito ai quesiti nn. 20 e 27, 41, 24 e 25;

- analoghi vizi in relazione all’ammissibilità del ricorso collettivo;

- analoghi vizi in relazione al possibile scorrimento – ottenuto in sede cautelare – derivante dalla riconosciuta illegittima determinazione del fabbisogno;

- venivano altresì riproposti i vizi di prime cure.

La parte pubblica appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 5744 del 2020 veniva fissata udienza di discussione del merito.

Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2021 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. La presente controversia ha ad oggetto la sentenza che ha respinto le censure dedotte dagli odierni appellanti, nella qualità di partecipanti alla prova di concorso unica per l’accesso ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’a.a. 2018/2019, all’esito della quale gli stessi hanno ottenuto un punteggio e conseguente collocazione in graduatoria in posti non utili.

In particolare, oggetto di contestazione è, l’illegittima determinazione del contingente dei posti per l’ammissione al corso de quo per l’anno accademico 2018/2019 rispetto alle effettive capacità ricettive degli Atenei e la mancata copertura di tutti i posti disponibili ovvero i posti riservati a studenti extracomunitari vacanti ed inoptati, in violazione non solo della norma nazionale ma anche comunitaria, l’illegittimità di alcuni quesiti somministrati al test nonché la violazione del giusto procedimento in relazione alle concrete modalità di svolgimento delle prove.

2. L’appello è solo parzialmente fondato alla luce della giurisprudenza della sezione (cfr. in specie la sentenza n. 5429 del 2020, in quanto relativa al medesimo anno accademico oggetto della presente controversia), con conseguente applicabilità dell’art. 74 cod proc amm.

3. Preliminarmente, appare fondata - in parte qua - l’eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo, nei termini rilevati dalla sentenza impugnata.

3.1 In proposito, in relazione alle censure dedotte avverso le operazioni procedurali ed i quesiti contestati, il ricorso collettivo nulla specifica in ordine alle specifiche condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti, e ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l’omogeneità dello loro posizioni, la non confliggenza degli interessi dei singoli e la concreta fondatezza della domanda.

Senza le predette precisazioni i ricorrenti ‒ tutti collocati nella medesima graduatoria nazionale ‒ sono potenzialmente in conflitto di interesse tra di loro, versando essi in posizioni totalmente differenti dal punto di vista delle sedi opzionate, del punteggio ottenuto durante le prove di ammissione, della loro permanenza e posizione in graduatoria;
l’eventuale accoglimento delle pretese di uno di essi potrebbe ledere concretamente la posizione dell’altro.

3.2 In linea di diritto va quindi ribadito che il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile nel solo caso in cui sussistano, congiuntamente, i requisiti dell'identità delle situazioni sostanziali e processuali, ossia che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi e dell'assenza di un conflitto di interessi tra le parti (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. III, 1 giugno 2020, n. 3449). Nel caso di specie, a titolo esemplificativo, la censura proposta avverso il singolo quesito differisce a seconda che il singolo ricorrente abbia o meno fallito la relativa risposta.

3.3 In definitiva, chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto anche in un ricorso collettivo deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la sua pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti;
mentre deve ritenersi inammissibile il ricorso collettivo che nulla dice in ordine alle condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l'omogeneità delle loro posizioni e la concreta fondatezza della domanda (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez VI n. 4266 del 2020 e sez. III n. 4363 del 2019).

4. L’appello è invece fondato con riguardo al solo mezzo di gravame proposto avverso l’illegittimità degli atti di determinazione del fabbisogno, in ordine al quale occorre fare integrale rinvio alla giurisprudenza della sezione, consolidatasi proprio con riferimento all’anno accademico oggetto del presente contenzioso.

4.1 Si rinvia al relativo ordito motivazionale, anche per evidenti ragioni di certezza del diritto. “ Al riguardo, è materialmente vero che, per i predetti corsi di laurea in Medicina e in Odontoiatria, è stato determinato dal Ministero della salute, in base al voto della Conferenza Stato-Regioni-Prov. auton., un fabbisogno pari a 10.035 unità. Ma questo dato non risulta contestato dall’appellante, la quale s’appunta contro l’immotivato ed irrazionale numero dell’offerta formativa, adombrandone l’illegittimità in sé e traendo spunto dal parimenti non chiaro ed inaspettato rialzo di questa offerta per l’a. acc. 2019/20. Donde l’inutilità d’ogni dissertazione del Ministero intimato sul calcolo del fabbisogno stesso e sulla mancata evocazione in giudizio del Ministero della salute, le cui spiegazioni occupano le prime 17 pagine della relazione ministeriale, su argomenti fuori dalla res controversa.

Quel che, agli occhi del Collegio, invece più rileva (e non sembra esser stato colto da tal relazione) è che, per l’a. acc. 2018/19, per la prima volta detto fabbisogno è stato superiore alla complessiva offerta formativa degli Atenei, senza, però, che sia stato meglio spiegato perché mai, solo per l’anno in questione, la capacità ricettiva di questi ultimi sia risultata comunque più bassa del fabbisogno stesso. Infatti, per i precedenti due anni accademici, le cui procedure d’ammissione produssero pur sempre un ampio contenzioso e molteplici immatricolazioni “in esubero” al numero programmato di studenti iscrivibili, l’offerta fu in eccesso rispetto al fabbisogno.

Ciò vuol dire, ne è consapevole il Collegio, che tali due grandezze sono variabili indipendenti tra loro e che tal risultato, tutt’altro che fisiologico, discende tra l’altro dallo sdoppiamento ope legis della loro formazione.

È come se la procedura di verifica del fabbisogno, che dovrebbe costituire la linea-guida per l’uso accorto delle risorse da destinare ad un’ordinata formazione per le professioni sanitarie (sulla scorta dei principi enunciati da Cons. St., ad. plen., 9 novembre 2018 n. 16: verifica dei requisiti di cultura per lo studente immatricolando;
garanzia di un’offerta formativa adeguata alle capacità degli Atenei;
circolazione e congruenza delle qualifiche conseguite nell’ambito UE), receda rispetto ad altre esigenze delle Università. Anzi, la relazione fornita al TAR, che già ha affermato in altre cause la recessività dei dati del fabbisogno rispetto all’offerta formativa, è chiaramente orientata in tal senso. Invero, in base all’art. 3 della l. 264/1999 «… la programmazione annuale deve essere operata in primis avuto riguardo alla “[…] valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario […]” (per cui è prevista la piena saturazione per l’anno accademico in corso, se non anche un elastico e lieve eccesso costituito dai posti residui del contingente destinato agli studenti cd. Extra UE) e solo in secundis “[…] tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo […]” ciò in quanto non può… prescindersi da un insegnamento universitario basato sulla più alta qualità logistica e didattica…».

L’avviso del Ministero è quindi nel senso che «… ai sensi dell’art. 3 della Legge n.264 del 1999, si deve dare preminenza al criterio della capacità ricettiva dell’Ateneo, rispetto a quello, che può considerarsi recessivo… del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo…». Ciò è come dire che le esigenze del sistema universitario sono definite discrezionali dal TAR e dal Ministero, ma non sono che una sorta di scelte se non arbitrarie, almeno disallineate e indipendenti dallo sforzo elaborativo degli enti coinvolti nella complessa determinazione del fabbisogno. Sicché, nella ricostruzione operata dal TAR e difesa dal Ministero, può pure sussistere un’offerta formativa libera in sé ed autoreferenziale, quindi tale da non dover esser congruente con il fabbisogno stesso, come s’evince dalla serena lettura della citata relazione.

Ma una tal conclusione, la quale degrada l’elaborazione del fabbisogno da elemento funzionalmente distinto a dato disgiunto dalle scelte del sistema universitario —del quale quest’ultimo (in realtà, il Ministero) può tener conto, ma anche no (arg. ex TAR Abruzzo, 19 marzo 2019 n. 158)—, s’invera anzitutto nella fissazione, negli ultimi anni, di un’offerta rigida (anche se, per caso, al di sopra del fabbisogno stesso) e, nell’anno in contestazione, di un’offerta alquanto anelastica. In secondo luogo, siffatta conclusione discende non solo dal citato sdoppiamento, ma anche da una lettura scorretta dell’art. 3, co. 1 della l. 264/1999. Tal disposizione, nel fissare il riparto delle competenze in materia tra il Ministero della salute ed il MIUR —quale ente vigilante sugli Atenei nella gestione dell’accesso programmato ai corsi di laurea di cui al precedente art. 1, co. 1, lettere a) (Medicina, Veterinaria, Odontoiatria, Professioni sanitarie) e b)—, gli impone altresì di valutare l’«… offerta potenziale del sistema universitario (sulla scorta dei parametri posti al co.

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