Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-18, n. 202003158
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Pubblicato il 18/05/2020
N. 03158/2020REG.PROV.COLL.
N. 04333/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4333 del 2010, proposto da
M R, rappresentato e difeso dagli avv.ti N M e P V G, presso il primo elettivamente domiciliato, in Roma, alla Piazza dell'Orologio n. 7;
contro
Comune di Spinea, in persona del Sindaco
pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. A C ed elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Confalonieri n. 5, presso l’avv. A M;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) 18 marzo 2009, n. 684, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso N.R.G. 618 del 1995, proposto per l'annullamento del provvedimento prot. 33942 ord. 306 del 3 dicembre 1994, con il quale il Comune di Spinea ha ordinato al ricorrente la rimozione di un cartello recante la scritta “strada privata”, in Spinea, alla Via Misurina.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Spinea;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27), il Cons. Roberto Politi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Espone l’appellante di essere proprietario di un immobile in Spinea, alla Via Misurina, adibito a propria abitazione.
Tale tratto viario è una strada privata, appartenente ai proprietari degli immobili prospicienti, i quali di esso si servono per poter accedere alle proprie abitazioni;ed era stato realizzato al momento della costruzione delle abitazioni anzidette, attribuendone la proprietà pertinenziale alle diverse proprietà immobiliari e gravandolo di servitù privata di passaggio in favore dei singoli frontisti (esclusivamente dai quali la strada è utilizzata, non collegando essa ulteriore viabilità).
Soggiunge parte appellante che nel 1981 i proprietari degli immobili serviti dalla predetta strada avevano installato un cartello segnalante la “proprietà privata”, del quale il Comune, con provvedimento del 3 dicembre 1994, aveva ordinato la rimozione (ritenendo spettare unicamente all’Amministrazione, ai sensi dell'art. 37 del Codice della Strada, la collocazione della segnaletica stradale).
2. Con ricorso N.R.G. 618 del 1995, proposto innanzi al T.A.R. Veneto, il signor M chiedeva l’annullamento del suindicato provvedimento, sostenendo:
- il carattere “privato” della Via Misurina, non assoggettata a uso pubblico, come riconosciuto dalla stessa Amministrazione;
- la risalente (ultradecennale) apposizione del cartello segnalante la “proprietà privata” (e non l’esistenza di una “strada privata”), con conseguente esigenza di adeguata motivazione al fine di ordinarne la rimozione.
3. Costituitasi l’Amministrazione comunale di Spinea, il Tribunale ha respinto il ricorso, rilevando che l’uso pubblico della strada risultava dalle previsioni di P.R.G., dalla attribuzione del nome e della numerazione civica e dalla classificazione di strada privata ad uso pubblico, quale risultante dalla nota dell'Ufficio tecnico comunale del 23 marzo 1994: per l’effetto, ritenendo legittimo il richiamo all'art. 37 del D.Lgs. 285 del 1992, posto che la questione non riguardava la proprietà della strada, ma esclusivamente l'uso pubblico della stessa.
4. Avverso tale pronuncia, il signor M ha interposto appello, notificato il 3 maggio 2010 e depositato il successivo 18 maggio, sostenendo che la gravata pronunzia sia inficiata per:
Mancata ed errata valutazione delle censure concernenti la violazione dell'art. 37 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di presupposti. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà e per difetto di motivazione.
Ribadito che la Via Misurina è di proprietà privata (dei frontisti), assoggettata a servitù di passaggio reciproca in favore degli stessi e non assoggettata ad uso pubblico (in quanto non collegante alcuna viabilità e mai sottoposta a manutenzione da parte dell’Amministrazione), parte appellante sostiene che avrebbe errato il Tribunale nell’affermare che l’uso pubblico della strada sarebbe risultato dalla destinazione a viabilità da parte del P.R.G., dalla dotazione di nome e numerazione e dalla classificazione ad uso pubblico sulla base di una nota del Comune in data 23 marzo 1994.
A tale riguardo, rileva la parte che:
- la classificazione da parte del P.R.G. non rileva ai fini del regime giuridico della strada;
- il Comune non ha prodotto (e, ancor prima, adottato) alcun provvedimento di classificazione della strada stessa;
- la denominazione e la numerazione civica non integrano la presenza di elementi sufficienti a dimostrare l’uso pubblico della strada, specie in assenza di prove in ordine all'utilizzazione della stessa da parte della collettività;
- mentre la nota del Comune in data 23 marzo 1994 (diversamente rispetto a quanto affermato dal T.A.R. Veneto) si limitava ad affermare che la strada era di proprietà privata e che l'Amministrazione non era riuscita ad acquisirne l'uso nemmeno attraverso il procedimento espropriativo, sfociato in un provvedimento annullato dallo stesso Tribunale (procedimento che non sarebbe stato necessario, ove effettivamente la strada fosse già stata di uso pubblico).
Né il giudice di prime cure avrebbe considerato:
- la censura con la quale veniva evidenziato che il cartello contestato recava l'indicazione “proprietà privata” e non “strada privata”: intendendosi, con essa, confermare unicamente il carattere privato dell'area (non posto, peraltro, in discussione);
- la collocazione ultradecennale del cartello, rispetto al provvedimento avversato in primo grado, tale da rendere necessaria l’ostensione di congrua motivazione in ordine alla attualità dell’interesse pubblico alla rimozione dello stesso.
5. In data 10 agosto 2010, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio, contestando la fondatezza delle argomentazioni esposte nell’atto introduttivo.
6. In vista della trattazione nel merito della controversia, entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva (il sig. M, in data 10 aprile 2020;l’Amministrazione comunale di Spinea, il 9 aprile 2020), insistendo nelle già prese conclusioni, per come, rispettivamente, esposte nell’atto introduttivo del giudizio e nel controricorso.
7. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 12 maggio 2020.
DIRITTO
1. Va, preliminarmente, rilevato come la sottoposta controversia appieno rientri nel perimetro della cognizione giurisdizionale rimessa al giudice amministrativo, ancorché la delibazione di essa transiti, alla luce dell’introdotto thema decidendum, attraverso l’individuazione della natura – privata, ovvero pubblica – del tratto viario, in Comune di Spinea, interessato dall’avversato ordine comunale di rimozione di cartello recante dicitura: “strada privata”.
Parte appellante, infatti, si è limitata a dedurre l’illegittimità dell’impugnata ordinanza in conseguenza dell’asserita natura privata della strada (ovvero, della mancata dimostrazione della sussistenza dell’invocato uso pubblico della stessa): l’accertamento di tali circostanze integrando questione pregiudiziale ai fini della valutazione della sussistenza del vizio dedotto, la cui cognizione appartiene al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 8, comma 1, c.p.a. (cfr. C.G.A.R.S., 17 gennaio 2018, n. 18;Cons. Stato, Sez. V, 13 marzo 2017, n. 1144).
2. Quanto sopra preliminarmente osservato, secondo prevalente (quanto condivisibile) giurisprudenza, l’uso pubblico di una strada è determinato alla sussistenza di tre concorrenti elementi, costituiti:
- dall’esercizio del passaggio e del transito jure servitutis publicae da parte di una moltitudine indistinta di persone, qualificate dall’appartenenza ad un ambito territoriale;
- dalla concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento con la via pubblica, le esigenze di carattere generale e pubblico;
- da un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, il quale può identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile (comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione di esercitare il diritto d’uso della strada).
Della sussistenza di tali elementi il Comune (interessato a far valere l’uso pubblico della via) deve dare idonea dimostrazione, salvo che la strada non sia inserita nell’elenco delle strade comunali, ciò rappresentando una presunzione (semplice) di appartenenza della stessa all’ente, ovvero del suo uso pubblico (cfr. Cass., SS.UU., 16 febbraio 2017, n. 713;Cons. Stato: Sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1515;Sez. VI, 20 giugno 2016, n. 2708).
Come puntualmente ed analiticamente osservato da questo Consiglio (cfr. Sez. IV, 10 ottobre 2018, n. 5820):
- “… per consolidata giurisprudenza civile ed amministrativa (tra le tante, Cassazione civile, sez. un., 23/12/2016, n. 26897 Cons. di Stato sez. IV, n. 1515 del 19.3.2015;Cons. di Stato sez, VI, n. 4952 dell'8.10.2013;Cass. Civ. n. 21125 del 19.10.2015 T.A.R. Napoli, (Campania), sez. VIII, 10/10/2016, n. 4640 l’iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù;
- tale iscrizione è quindi superabile con la prova contraria della sua natura privata e dell'inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività”.
La questione concernente la riconducibilità di una strada ad uso pubblico è stata assai sovente esaminata in sede sia amministrativa, che civile.
Dalla copiosa elaborazione giurisprudenziale sono estrapolabili i seguenti principi:
- “per l'attribuzione del carattere di demanialità comunale ad una via privata è necessario che con la destinazione della strada all'uso pubblico concorra l'intervenuto acquisto, da parte dell'ente locale, della proprietà del suolo relativo (per effetto di un contratto, in conseguenza di un procedimento d'esproprio, per effetto di usucapione o dicatio ad patriam, ecc.), non valendo, in difetto dell'appartenenza della sede viaria al Comune, l'iscrizione della via negli elenchi delle strade comunali, giacché tale iscrizione non può pregiudicare le situazioni giuridiche attinenti alla proprietà del terreno e connesse con il regime giuridico della medesima, né la natura pubblica di una strada può essere desunta dalla prospettazione della mera previsione programmatica di tale destinazione, dall'espletamento su di essa, di fatto, del pubblico transito per un periodo infraventennale, o dall'intervento di atti di riconoscimento dell'amministrazione medesima circa la funzione assolta da una determinata strada” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4952);
- “affinché un'area assuma la natura di strada pubblica, non basta né che vi si esplichi di fatto il transito del pubblico (con la sua concreta, effettiva ed attuale destinazione al pubblico transito e la occupazione sine titulo dell'area da parte della p.a.) né l'intervento di atti di riconoscimento da parte dell'Amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta, ma è invece necessario, ai sensi dell'art. 824 c.c., che la strada risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base ad un atto o fatto (fra cui anche l'usucapione) idoneo a trasferire il dominio, ovvero che su di essa sia stata costituita a favore dell'Ente una servitù di uso pubblico e che essa venga destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita, all'uso pubblico, ossia per soddisfare le esigenze di una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale” (T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 21 novembre 2012, n. 341);
- “una strada rientra nella categoria delle vie vicinali pubbliche se sussistono i requisiti del passaggio esercitato jure servitutis publicae da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse, anche per il collegamento con la pubblica via, e dell'esistenza di un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico” (Cass. 5 luglio 2013, n. 16864);
- “l’adibizione ad uso pubblico di una strada è desumibile quando il tratto viario, per le sue caratteristiche, assuma una esplicita finalità di collegamento, essendo destinato al transito di un numero indifferenziato di persone oppure quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam, l'asservimento del bene da parte del proprietario all'uso pubblico di una comunità, di talché il bene stesso viene ad assumere le caratteristiche analoghe a quelle dí un bene demaniale" (Cons. Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2013, n. 5116;cfr., altresì, Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2012, n. 3531, per la quale "affinché un'area possa ritenersi sottoposta ad un uso pubblico è necessario oltreché l'intrinseca idoneità del bene, che l'uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico, generale interesse";
- “qualora difetti l'iscrizione della strada nell'elenco delle strade vicinali di uso pubblico (iscrizione costituente presunzione juris tantum, superabile con la prova contraria, dell'esistenza di un diritto di uso o di godimento della strada da parte della collettività), è l'Amministrazione che ha l'onere di accertare, con rigorosa istruttoria, la sussistenza dei sopra indicati requisiti" (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 19 dicembre 2012, n. 5250 e sez. II, 17 luglio 2008, n. 8869).
3. Gli indici rivelatori della pubblicità del tratto viario interessato dall’apposizione del cartello, oggetto dell’ordine di rimozione in prime cure avversato, non hanno trovato elementi di compiuta dimostrazione da parte della resistente Amministrazione comunale di Spinea.
3.1 Va, in proposito, doverosamente premesso che il potere nella fattispecie esercitato dal Comune di Spinea trova fondamento nell’art. 37 del Codice della Strada, di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Tale disposizione, al comma 1, prevede che:
“L'apposizione e la manutenzione della segnaletica, ad eccezione dei casi previsti nel regolamento per singoli segnali, fanno carico:
a) agli enti proprietari delle strade, fuori dei centri abitati;
b) ai comuni, nei centri abitati, compresi i segnali di inizio e fine del centro abitato, anche se collocati su strade non comunali;
c) al comune, sulle strade private aperte all'uso pubblico e sulle strade locali;
d) nei tratti di strade non di proprietà del comune all'interno dei centri abitati con popolazione inferiore ai diecimila abitanti, agli enti proprietari delle singole strade limitatamente ai segnali concernenti le caratteristiche strutturali o geometriche della strada. La rimanente segnaletica è di competenza del comune”.
Ferma l’esercitabilità delle prerogative comunali in materia di segnaletica sulle strade in proprietà dell’ente, per quanto concerne la fattispecie di cui alla lett. c), la riconduzione del relativo potere nelle attribuzioni comunali transita attraverso l’esistenza di un uso pubblico del tratto viario privato.
3.2 Ritiene il Collegio che la relativa prova non sia stata raggiunta.
Il giudice di prime cure, al riguardo, ha argomentato che “la vocazione all’uso pubblico della strada risulta:
- dal PRG, che prevede come destinazione del sedime area pubblica destinata alla viabilità;
- dal fatto che alla via risulta attribuita sia una denominazione che una numerazione civica;
- dalla classificazione a strada privata a uso pubblico come risulta dalla nota dell’ufficio tecnico comunale 23.3.1994”.
Ed ha, conseguentemente, ritenuto “legittimo il richiamo all’art. 37 del D.Lgs. n. 285/92, … posto che nella specie non si fa questione della condizione di proprietà, pacificamente riconosciuta, ma dell’uso cui la strada è destinata”.
In disparte la concludenza dimostrativa degli elementi indizianti come sopra avvalorati dal T.A.R. Veneto, va soggiunto che l’Amministrazione comunale di Spinea (come ribadito anche con memoria conclusionale depositata in atti alla data del 9 aprile 2020), ha rappresentato che, “tra le altre circostanze militanti in favore della soggezione all’uso pubblico della stradina di cui si discute concorre … la relativa classificazione di strada privata ad uso pubblico, ad opera dell’Amministrazione comunale appellata”; ulteriormente deducendosi, quali elementi indizianti, “l’apposizione della numerazione civica e della segnaletica stradale”.
Con ulteriore argomentazione (dedotta con controricorso e non più ripresa nella memoria sopra citata), lo stesso Comune aveva, altresì, posto in evidenza che il tratto di strada di che trattasi “è risultato interessato da un progetto di realizzazione di un collegamento viario tra la Via Misurina e il Viale San Remo per collegare i nuovi insediamenti residenziali e le attrezzature pubbliche esistenti, realizzati in attuazione di un piano PEEP”, anche se, come dall’Amministrazione ammesso, “l'inizio delle procedure di esproprio del sedime stradale” non è stato “concluso … con la relativa acquisizione”.
Diversamente, non rivestirebbe rilevanza apprezzabile ai fini in discorso “la circostanza che la strada risulti chiusa da un lato, risultando sufficiente il collegamento con la via pubblica”.
3.3 Gli elementi in presenza dei quali viene sostenuta (dal Comune appellato, come dal giudice di prime cure) la sicura identificabilità di un uso pubblico gravante il tratto viario in questione (la cui natura privata è incontroversa inter partes), non rivelano, ad avviso del Collegio, dirimente attitudine dimostrativa.
In presenza di cartellonistica indicante (non la presenza di una “strada privata”, ma) l’esistenza di un tratto viario di “proprietà privata” (per come, in punto di fatto, incontroverso), il Comune avrebbe, infatti, potuto legittimamente ordinarne la rimozione solo laddove la strada fosse risultata, effettivamente, gravata da una servitù d’uso pubblico (o, altrimenti, destinata al pubblico transito).
La mancanza di un titolo formale, costitutivo della servitù, avrebbe potuto essere sopperita attraverso la maturazione dell’usucapione, dimostrando la contemporanea concorrenza delle seguenti condizioni:
- l'uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives, in quanto portatori di un interesse generale (non essendo sufficiente un'utilizzazione uti singuli, finalizzata cioè a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata);
- l'oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù;
- il protrarsi dell'uso per il tempo necessario all'usucapione (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 29 novembre 2017, n. 28632).
Incombeva quindi sul Comune, ai sensi dell’art. 2967 c.c., l’onere di provare la concreta sussistenza delle suddette condizioni (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1727;Sez. VI, 20 giugno 2016, n. 2708).
In disparte l’assenza di collegamento dell’arteria stradale di che trattasi (servente le proprietà frontistanti) con la rimanente rete della circolazione viaria (come dallo stesso Comune ammesso, il progetto di collegamento tra la Via Misurina e il Viale San Remo, finalizzato a collegare i nuovi insediamenti residenziali e le attrezzature pubbliche esistenti, non è stato mai portato a compimento), non è dato riscontrare in atti la presenza di alcun rilievo documentale atto a dimostrare l’esistenza (e l’immanenza, coordinata alla presenza di una condotta consolidata nel corso del tempo) dell’uso pubblico della via privata per cui è controversia;per altro verso, appare difficilmente contestabile il ragionamento critico dell’appellante, che ha fatto presente che, la affermata (ma non provata) natura pubblica della strada, collide con gli incontestati tentativi del comune, seppur non andati a buon fine, di avviare un procedimento espropriativo sull’area (a che pro tentare di espropriare un’area che già, in tesi, sarebbe destinata ad uso pubblicistico?)
Diversamente rispetto a quanto opinato dal giudice di prime cure, pertanto,non può non rilevarsi come l’onere probatorio di che trattasi non sia stato dall’intimato Comune assolto, con conseguente illegittimità dell’avversata ordinanza.
4. In accoglimento dell’appello, deve conseguentemente riformarsi la sentenza in prime cure resa dal T.A.R. Veneto;e, conseguentemente, annullarsi la determinazione, dinanzi al predetto giudice avversata, dal Comune di Spinea adottata in data 3 dicembre 1994.
La particolarità della controversia integra la presenza di idoneo motivo al fine di disporre l’integrale compensazione, fra le parti, delle spese di lite, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.