Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-04-14, n. 202002390

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-04-14, n. 202002390
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002390
Data del deposito : 14 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/04/2020

N. 02390/2020REG.PROV.COLL.

N. 04102/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4102 del 2018, proposto dal Comune di Scafati, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato R M, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio legale Bultrini, via Germanico, n. 172

contro

la signora A M M, rappresentata e difesa dagli avvocati A S e U M, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, n. 130 del 25 gennaio 2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora A M M;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2020 il Cons. R C, mentre nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, con la sentenza 25 gennaio 2018, n. 130, ha accolto il ricorso proposto dalla signora A M M e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento di diniego del rilascio di permesso di costruire emanato dal Comune di Scafati in data 17 luglio 2007.

2. Il Comune di Scafati ha interposto il presente appello, da cui possono evincersi le seguenti argomentazioni:

- la giurisprudenza sarebbe consolidata nel senso di ritenere che, in caso di sopravvenuta decadenza dei piani attuativi (e dei correlati vincoli di inedificabilità preordinati all’espropriazione), l’edificabilità delle aree non più vincolate è ammessa esclusivamente entro i limiti previsti per i Comuni sprovvisti di PRG e la possibilità per il privato di redigere piani attuativi, nei casi in cui ne è prevista la redazione da parte del Comune che non vi provveda nei termini definiti dagli atti di programmazione degli interventi, non consentirebbe di superare l’ostacolo derivante dal divieto di edificazione imposto dal P.R.G.;

- l’edificazione residenziale, una volta scaduto il piano attuativo, sarebbe ammissibile solo se il PRG vigente contiene prescrizioni di zona idonee a consentire l’attività edilizia anche in assenza di strumento attuativo;

- nella fattispecie in esame, le NTA del PRG del Comune di Scafati non consentirebbero di rilasciare permessi di costruire in zona D4 in assenza di un PIP approvato;

- la procedura di rilascio del permesso di costruire in discorso sarebbe affetta da anomalia, atteso che, a seguito della conferenza di servizi, indetta ai fini di una variante urbanistica che consentisse la trasformazione puntuale della zona da D4 a D3, gli atti non sarebbero poi stati trasmessi al consiglio comunale per l’approvazione della variante;

- l’ente territoriale, nell’ipotesi di conferma della sentenza gravata, subirebbe l’effetto generalizzato di una pianificazione imposta, con la conseguenza di non poter valutare se l’entità della variante proposta dal privato alteri o meno la complessa antropizzazione industriale del territorio legata all’attuale PRG.

3. La signora A M M, in rito, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello, in quanto non sarebbero stati impugnati tutti i capi della sentenza con cui il T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, ha accolto il ricorso. In particolare, l’appellante non avrebbe dedotto l’erroneità della sentenza, laddove statuisce la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

Nel merito, la parte appellata ha contestato la fondatezza delle censure dedotte, concludendo per il rigetto dell’appello.

4. Questa Sezione, con ordinanza 19 aprile 2019, n. 2082, “ ritenuto che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi nella presente fase cautelare, risulta prevalente l’interesse dell’Amministrazione a conservare inalterata la situazione di fatto sino alla definizione del merito della controversia ”, ha accolto l’istanza cautelare proposta dal Comune di Scafati e, per l’effetto, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.

5. All’udienza pubblica del 5 marzo 2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. La signora M, con istanza del 25 maggio 2006, ha chiesto al Comune di Scafati il rilascio di permesso di costruire, ai sensi del d.P.R. 380/2001 e secondo gli indici previsti dal P.I.P. località Sant’Antonio Abate, finalizzato alla realizzazione di un edificio industriale per la lavorazione di carpenteria metallica leggera, media e pesante.

Il Comune di Scafati, con la nota del 17 luglio 2007, ha comunicato alla richiedente che il permesso di costruire richiesto in data 25 maggio 2006 per un opificio industriale alla via Piccole Industrie su un’area identificata con il foglio 31 mappale 1554, ricadente nella sottozona D4 del PRG vigente, non può essere rilasciato per le motivazioni già riportate nell’avvio del procedimento di diniego del 4 luglio 2007, poiché “il progetto proposto nella sottozona D4, per la quale non è stato predisposto il piano particolareggiato entro i cinque anni dall’approvazione e vigenza del P.R.G., risulta essere in contrasto con l’art. 9 del D.P.R. n. 380/2000 e ss.mm.ed int., dall’art. 38 della L.R. n. 16/2004 dall’art. 9 della L.R. n. 15/2005”.

7. Il T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, con la sentenza impugnata ha accolto “ il secondo e il terzo motivo di ricorso che maggiormente soddisfano l’interesse della ricorrente ”.

8. L’appello - quantunque inammissibile sia perché l’appellante non ha contestato tutti i capi della sentenza a lui sfavorevoli, sicché l’eventuale accoglimento delle censure dedotte non potrebbe comunque determinare il rigetto del ricorso di primo grado (cfr. Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 845), sia per la violazione del principio di specificità delle censure di cui all’art. 101, comma 1, c.p.a. ( ex multis : Cons. Stato, IV, 20 luglio 2018, n. 4413) – è anche da respingersi nel merito, sebbene la motivazione della sentenza di primo grado debba essere parzialmente modificata.

8.1. La sentenza impugnata merita di essere confermata, e ciò di per sé determina la complessiva infondatezza dell’appello, laddove evidenzia come la circostanza che la particella ricada in un’area per la quale nessuno strumento attuativo era stato adottato prima della presentazione dell’istanza non può avere rilevanza decisiva a sostegno del diniego.

In altri termini, il diniego in contestazione è viziato da carenza di istruttoria e di motivazione.

L’interessata, in sede di controdeduzioni alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ha rappresentato che l’attuazione del PIP di via S. Antonio Abate e la realizzazione del depuratore Comprensorio Medio Sarno hanno assicurato l’adeguata urbanizzazione dell’intero comprensorio, tanto vero che, anche sul fondo finitimo, è stata assentita la costruzione di un fabbricato per attività produttive.

Di talché, secondo le osservazioni formulate dalla richiedente, la già avvenuta dotazione dell’area di interesse con le necessarie infrastrutture renderebbe superflui gli strumenti attuativi.

L’interessata, insomma, citando giurisprudenza in materia, ha posto in rilievo che, nel caso di lotto intercluso o in altri analoghi casi in cui la zona risulti totalmente urbanizzata attraverso la realizzazione delle opere e dei servizi atti a soddisfare i necessari bisogni della collettività, lo strumento urbanistico esecutivo non può ritenersi più necessario e non può, pertanto, essere consentito all’Ente locale di adottare un diniego basato sul solo argomento formale della mancata attuazione della strumentazione urbanistica di dettaglio.

In ordine a tali considerazioni, il Comune di Scafati non ha espletato istruttoria o, quantomeno, non ha articolato alcuna motivazione, avendo basato il diniego, come detto, sulla mancata predisposizione, nella sottozona D4, del piano particolareggiato entro i cinque anni dall’approvazione e vigenza del PRG.

8.2. Peraltro, il Collegio rileva che costituisce ius receptum (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 25 febbraio 2020, n. 1398;
Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2018, n. 2397, che richiama Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 825;
sez. IV, 13 aprile 2016, n. 1434;
sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3256;
sez. IV, 17 luglio 2013, n. 3880;
sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4200;
sez. V, 29 febbraio 2012, n. 1177) che:

a) in linea di principio, sono eccezionali e di stretta interpretazione i casi in cui il p.r.g. (o lo strumento urbanistico equivalente) consenta il rilascio del permesso di costruire diretto, senza previa approvazione dello strumento attuativo;

b) pure in presenza di una zona (in tesi) già urbanizzata, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell'ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione);

c) l'esigenza di un piano particolareggiato, quale presupposto per il rilascio del permesso di costruire, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata.

Pertanto, in sede di riesercizio del potere, il Comune non è vincolato al rilascio del permesso di costruire, ma la sua azione è conformata dalle presenti statuizioni, per cui dovrà espletare una puntuale istruttoria, all’esito della quale emettere il provvedimento conclusivo, di rilascio del permesso o nuovamente di diniego dello stesso, corredato da una esaustiva motivazione.

8.3. Viceversa, non può essere condivisa la statuizione del giudice di primo grado, secondo cui il regime edilizio applicabile in specie non può essere quello residuale delle aree bianche.

8.3.1. L’art. 55 del NTA del Comune di Scafati, nelle sottozone D4, ha subordinato l’attuazione del PRG alla preventiva formazione del piano per gli insediamenti produttivi che non è stato predisposto, mentre la giurisprudenza richiamata dal giudice di primo grado a supporto della decisione si riferisce soprattutto alle ipotesi di cessata efficacia delle norme del piano attuativo, cui consegue la decadenza dei vincoli espropriativi di zona, con riespansione dello jus aedificandi secondo le previsioni dettate dallo strumento urbanistico, fermi a tempo indeterminato gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso.

L’art.17, comma 3, della l. 17.8.1942 n.1150, che disciplina la c.d. “ultrattività residuale dei piani particolareggiati” decaduti per decorso del tempo, infatti, stabilisce che “decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione”, soggiungendo che resta “ fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso ”.

Il principio che la giurisprudenza ha espunto da tale norma è che l’intervenuta decadenza del piano (per il decorso del tempo fissato ex lege per la sua attuazione) non determina automaticamente l’inedificabilità delle aree oggetto della pianificazione ed il conseguente blocco di ogni attività nella zona;
dovendosi ritenere consentito il completamento delle opere di urbanizzazione in corso di realizzazione e l’edificazione, in conformità alle prescrizioni urbanistiche di zona (cioé secondo gli indici di edificabilità praticati secondo il piano) nelle aree già lottizzate e dotate delle opere di urbanizzazione (cfr.

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