Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-03, n. 202306467

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-03, n. 202306467
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306467
Data del deposito : 3 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/07/2023

N. 06467/2023REG.PROV.COLL.

N. 04599/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4599 del 2021, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato L N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di -OMISSIS- (sezione terza) n. -OMISSIS- resa tra le parti, concernente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 il Cons. Carmelina Addesso e udito per l’appellante l’Avv. L N;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS- chiede la riforma della sentenza del TAR -OMISSIS-, sezione terza, n. -OMISSIS- che ha respinto il ricorso avverso il decreto del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare del 12.01.2018 con cui gli è stata inflitta la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.

1.1 La sanzione disciplinare veniva adottata in quanto l’interessato, Sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri impiegato presso la Compagnia C.C. -OMISSIS- avrebbe rivelato informazioni riservate relative all’esistenza di alcuni esposti presentati nei confronti del Direttore di -OMISSIS- e alle attività di indagine in corso sulla gestione degli appalti da parte della predetta sede della Marina militare. Per i fatti sopra indicati il militare veniva sottoposto a procedimento penale che si concludeva con sentenza ex art. 444 c.p.p. del G.I.P. presso il Tribunale di -OMISSIS- di condanna alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione. La sentenza passava in giudicato nelle more del giudizio di primo grado a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione presentato dal ricorrente.

1.2 Il TAR adito respingeva il ricorso, con condanna alle spese, rilevando, in sintesi, che: i ) il procedimento disciplinare ben poteva essere avviato e concluso indipendentemente dall’esito del procedimento penale, in quanto i fatti addebitati al ricorrente non concretano “ atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio ” ai sensi dell’art. 1393 comma 1 d.lgs 66/2010; ii ) i fatti contestati sono stati autonomamente e correttamente accertati dalla Pubblica Amministrazione resistente, con adeguata motivazione, utilizzando gli atti e le risultanze del processo penale e della sentenza di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. n. 797/2017; iii ) quanto alla lamentata sproporzione della sanzione inflitta, la particolare gravità dei fatti/reati ascritti a carico del militare ricorrente rendono giustificabile, secondo criteri di ragionevolezza, logicità e proporzionalità, la sanzione disciplinare inflitta (perdita del grado per rimozione).

2. Con l’appello in epigrafe il ricorrente, premesso il richiamo alla vicenda che ha dato luogo al procedimento penale e a quello disciplinare nonché allo svolgimento del giudizio di primo grado, lamenta l’erroneità della sentenza impugnata perché viziata da un’inadeguata e incompleta valutazione di tutte le circostanze evincibili dai documenti di causa, da travisamento dei fatti, da assenza e/o parziale istruttoria e da errata e/o insufficiente motivazione.

3. Si è costituito, con memoria di stile, il Ministero della difesa.

4. L’appellante ha depositato memoria, con la quale ha riformulato pedissequamente le difese esposte nel ricorso di primo grado (ivi compresi alcuni stralci di intercettazioni telefoniche), insistendo per l’accoglimento dell’appello. Successivamente, in data 9 giugno 2023 e 12 giugno 2023, ha depositato la sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS-e uno stralcio della sentenza della Corte d’Appello di -OMISSIS-, sezione staccata -OMISSIS- del 2 settembre 2022 concernente, tra l’altro, l’assoluzione per il delitto di rivelazione di segreti d’ufficio del-OMISSIS- (a cui l’appellante avrebbe rivelato le notizie riservate).

5. All’udienza del 13 giugno 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. In via preliminare, deve essere rilevata l’inammissibilità dei documenti depositati da parte appellante in data 9 e 12 giugno 2023, in quanto, pur trattandosi di documenti sopravvenuti rispetto al giudizio di primo grado, il deposito è avvenuto oltre i termini di cui all’art. 73 c.p.a.

6.1 In ogni caso, si tratta di documenti irrilevanti ai fini della decisione della causa poiché, da un lato, la sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS- concerne una fattispecie diversa da quella per cui è causa (sanzione disciplinare a seguito di procedimento penale concluso con decreto di archiviazione del G.I.P.) e, dall’altro lato, la sentenza della Corte d’appello di -OMISSIS--della quale, peraltro, sono riportati unicamente alcuni stralci relativi ai motivi di appello e al dispositivo, mentre risulta del tutto mancante la motivazione- non solo non risulta passata in giudicato, ma attiene a posizioni processuali distinte da quella dell’appellante che è stata definita con sentenza di patteggiamento, passata in giudicato. A ciò si aggiunge la circostanza che, come chiarito infra , l’amministrazione non ha fondato la sanzione disciplinare su un’acritica acquisizione degli atti del procedimento penale, ma ha proceduto ad un’autonoma istruttoria e valutazione, sicché è del tutto ininfluente, ai fini della legittimità dell’atto impugnato, la sopravvenuta pronuncia di assoluzione per il delitto di cui all’art. 326 c.p.a nei confronti del coimputato -OMISSIS-.

7. Premesso quanto sopra, l’appello è infondato e deve essere respinto.

8. Con un unico e articolato motivo di gravame l’appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado per le seguenti ragioni: i ) errata istruttoria ed esame delle circostanze di fatto poiché nessuna rivelazione di segreti può esserci stata, come emerge dall’analisi della data degli esposti, che costituivano l’oggetto delle rivelazioni contestate al -OMISSIS-, da cui risulta che il primo esposto era pervenuto alla Compagnia in data 16 luglio 2015 quando -OMISSIS- (soggetto a cui il -OMISSIS- avrebbe fornito le informazioni riservate) era appena insediato, per cui l’esposto non riguardava vicende a lui rapportabili, e il secondo esposto era pervenuto in data 14 settembre 2016 quando -OMISSIS- era stato attinto da misura cautelare in carcere con conseguente impossibilità di ogni comunicazione con lo stesso. Del pari inesistente è l’ulteriore fatto addebitato, ossia la rivelazione di notizie in merito alle attività di indagine sulla gestione degli appalti -OMISSIS- poiché le indagini erano delegate alla Guardia di Finanza e non ai Carabinieri; ii ) è errato il riferimento, contenuto nel provvedimento impugnato, alle circostanze e intercettazioni riportate nel provvedimento cautelare degli arresti domiciliari perché non trova conferma nella sentenza di patteggiamento che attiene a una fattispecie diversa (il delitto di cui all’art. 319 quater co 1 c.p. e consistente nell’induzione a farsi dare o promettere denaro o altra utilità) e non esaminata nel procedimento disciplinare. Sul punto, il Tribunale di prime cure ha omesso di considerare che non vi era stata un’autonoma valutazione di merito da parte della commissione di disciplina ma solo un rinvio acritico al contenuto dell’ordinanza cautelare, che nessuna rilevanza poteva avere il richiamo alle intercettazioni che erano stralci di una più ampia conversazione e come tali lette in modo distorto e che, infine, non vi è stata un’analitica confutazione delle giustificazioni addotte dall’incolpato; iii ) la sanzione espulsiva appare illegittima perché ha omesso di valutare e/o motivare tutta la carriera del -OMISSIS-, sicché il criterio di proporzionalità non è stato rispettato.

8.1 Le censure sono infondate.

8.2 Secondo l’univoco orientamento della giurisprudenza, anche di questa Sezione, le valutazioni e le determinazioni assunte dall’amministrazione in sede disciplinare costituiscono esercizio di potere tecnico -discrezionale, sindacabile dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità solo per palesi e limitate figure sintomatiche di eccesso di potere, non potendo il giudice sovrapporre le proprie valutazioni a quelle dell’amministrazione, così invadendo l’area riservata del “ merito amministrativo ” (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. II, 24 agosto 2022 n. 7423). Ciò vale, ovviamente, sia con riferimento alla valutazione dei fatti contestati al dipendente (militare), in ordine alla loro rilevanza disciplinare e alla loro gravità, sia con riferimento alla scelta e “graduazione” della sanzione, anche in considerazione della personalità dell’incolpato e dei suoi precedenti di servizio (cfr. Cons. Stato, sez II 8 maggio 2023 n. 4575, id . 1 marzo 2023 n. 2191).

8.3 Quanto ai rapporti tra procedimento disciplinare e sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p., la giurisprudenza ha affermato i seguenti principi: i ) in materia di procedimenti disciplinari la sentenza ex artt. 444 e 445 c.p.p. non prescinde da una, sia pure sommaria, valutazione della responsabilità penale dell’imputato in quanto il giudice, nonostante la richiesta concorde delle parti, non può emettere la pronuncia di patteggiamento se ricorrono le condizioni per il proscioglimento perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso ovvero perché il fatto non costituisce reato, per cui rimane impregiudicata ai fini disciplinari l’efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, considerato che ai sensi dell’art. 445, comma 1- bis , ultima parte, c.p.p. (nella versione ratione temporis vigente, oggi modificata all'art. 25, comma 1, lett. b), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 a decorrere dal 30 dicembre 2022), salve diverse disposizioni di legge, la sentenza de qua è equiparata ad una pronuncia di condanna. (Cons. Stato, sez. IV, 02 aprile 2020, n. 2218); ii ) l’Amministrazione nell’esercizio del proprio potere disciplinare può utilizzare gli indizi di colpevolezza raccolti al fine di esercitare in giudizio l’azione penale, sicché non sussiste, né è ragionevolmente esigibile, l’obbligo di svolgere una particolare e diversa attività istruttoria al fine di acquisire ulteriori mezzi di prova, dovendo i profili di condanna essere oggetto di una diversa valutazione soltanto in merito alla loro rilevanza sotto il profilo disciplinare. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 2020 n. 6253;
sez. IV 5 novembre 2019, n. 6259;
sez. IV, 2 novembre 2017, n. 5053).

8.4 L’applicazione delle sopra indicate coordinate ermeneutiche al caso di specie esclude la sussistenza dei lamentati vizi di difetto di istruttoria e di motivazione poiché il provvedimento impugnato risulta adeguatamente motivato in considerazione della gravità dei fatti addebitati al militare, così come emersi nell’ambito del procedimento penale concluso con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e autonomamente valutati dall’amministrazione ai fini disciplinari. La sanzione disciplinare è stata irrogata, peraltro, all’esito di un’autonoma istruttoria procedimentale, nel corso della quale sono state puntualmente esaminate le difese addotte dall’incolpato e si è proceduto agli approfondimenti dallo stesso richiesti in ordine all’effettiva esistenza presso il Comando degli esposti oggetto dell’illecita rivelazione, come precisato nella relazione finale dell’ufficiale inquirente.

8.5 La gravità dei fatti contestati, consistenti nella comunicazione di notizie riservate in merito ad esposti e indagini in corso, giustificano il giudizio di non meritevolezza alla conservazione del grado e l’applicazione della massima sanzione disciplinare di stato, con la conseguenza che il provvedimento impugnato non appare affetto da palese irragionevolezza o illogicità.

8.6 A diverse conclusioni non conducono gli assunti difensivi dell’appellante, atteso che:

i ) l’amministrazione non ha l’obbligo di procedere ad un nuovo ed autonomo accertamento dei fatti emersi nel corso del procedimento penale concluso con la sentenza di patteggiamento, ma è tenuta a valutarne unicamente la rilevanza ai fini disciplinari, l’incidenza sul rapporto di impiego e la compatibilità con i compiti istituzionali che il militare è chiamato ad assolvere. Per tali ragioni, la tesi difensiva della mancata commissione della condotta contestata non solo si pone in stridente contrasto con quanto emerso sia in ambito penale- ove il giudice ha condannato l’interessato alla pena (sia pure condizionalmente sospesa) di due anni di reclusione, non ravvisando alcuna causa di immediato proscioglimento nel merito ex art. 129 c.p.- sia nell’ambito dell’istruttoria disciplinare, ma, stante l’assenza di qualunque elemento di riscontro probatorio, rimane una semplice affermazione sfornita di qualunque rilievo;

ii ) quanto al lamentato difetto di correlazione tra la condotta oggetto del procedimento disciplinare (la rivelazione di segreti d’ufficio prevista dall’art. 326 c.p.) e quella oggetto della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (induzione a dare o promettere denaro o altra utilità contemplata dall’art. 319 quater c.p.), l’infondatezza della censura emerge dalla semplice lettura degli atti del procedimento penale e, in particolare, della richiesta di giudizio immediato, del decreto che dispone il giudizio e, infine, della stessa sentenza di patteggiamento [peraltro, depositata in primo grado dal ricorrente in copia mancante di alcune pagine, tra cui proprio quelle relative al capo di imputazione contrassegnato con la lettera r) e relativo al delitto p. e p. all’art 326 c.p.: all. 11 deposito primo grado parte ricorrente]. Dagli atti richiamati emerge che sia la richiesta di giudizio immediato che la successiva sentenza di patteggiamento hanno riguardato non solo il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, ma anche quello di rivelazione di segreti d’ufficio, ossia l’infrazione che ha dato avvio al procedimento disciplinare concluso con la perdita di grado per rimozione. La condotta in questione è stata, infatti, espressamente presa in considerazione dal G.I.P. nell’ambito della determinazione della pena, come emerge chiaramente nella motivazione della sentenza, che ha applicato l’aumento per la continuazione con riferimento al capo r) dell’imputazione (delitto di cui agli artt. 81, 110, 326 co. I e III c.p.). D’altra parte, l’appellante si limita ad affermare (e a ribadire in sede di memoria) che la sentenza di patteggiamento ha riguardato solo il capo di imputazione afferente al delitto di cui all’art 319 quater c.p., ma non fornisce- a prova di quanto affermato - alcun provvedimento da cui risulti lo stralcio e la richiesta di archiviazione per il reato di cui all’art. 326 c.p. o l’eventuale assoluzione del militare per il capo di imputazione in questione.

8.7 Del pari infondata è la cesura afferente alla manifesta sproporzione della sanzione espulsiva la quale, per contro, è giustificata dal rilevante disvalore sul piano disciplinare della condotta dell’incolpato, così come accertata e valutata nell’ambito del procedimento concluso con il provvedimento impugnato.

8.8 Sul punto, è sufficiente richiamare l’univoca giurisprudenza secondo cui l’individuazione della sanzione applicabile in ragione dell’illecito disciplinare commesso e accertato costituisce, nell’ambito delle indicazioni fornite dal legislatore, espressione di potere discrezionale dell’amministrazione, censurabile da parte del giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità, solo per difetto di motivazione ovvero per eccesso di potere per illogicità o irragionevolezza. Pertanto, il sindacato del giudice, per non entrare nella sfera del “merito” amministrativo, è limitato alla verifica dell’eventuale ricorrenza delle figure sintomatiche di eccesso di potere, nella specie non ravvisabili atteso che gli elementi emersi, complessivamente considerati, consentono di escludere l’illogicità od irrazionalità della sanzione medesima, così come la sua sproporzione;
del resto, la perdita del grado è sanzione unica ed indivisibile, non essendo suscettibile di essere regolata tra un minimo e un massimo entro i quali all'Amministrazione spetti di esercitare il potere sanzionatorio (cfr. Cons. St., sez. II 1 marzo 2023 n. 2191, sez. IV, 18.01.2018 n.307).

9. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

10. Sussistono giustificati motivi, tenuto conto della natura delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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