Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-03, n. 202000061

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-03, n. 202000061
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000061
Data del deposito : 3 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2020

N. 00061/2020REG.PROV.COLL.

N. 05237/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5237 del 2013, proposto dalla s.r.l. Nadel, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F D B in Roma, via Astura n. 2/B;

contro

il Comune di Avellino, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato C C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Avellino, piazza del Popolo c/o il Municipio;
la società cooperativa edilizia "La Collina", in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), n. 331/2012, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il Cons. Alessandro Verrico;

nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Campania (R.G. n. 1246/2011), la s.r.l. Nadel agiva per ottenere il risarcimento del danno causato dall'adozione dei seguenti provvedimenti (tutti annullati: con d.P.R. 15 aprile 2009 - a seguito di parere del Consiglio di Stato del 13 febbraio 2008;
con d.P.R. 12 gennaio 2011 - a seguito di parere del Consiglio di Stato del 1° maggio 2010;
con sentenza del Tar Salerno 9 novembre 2007, n. 2475):

a) la delibera del Consiglio comunale di Avellino n. 54 del 23 giugno 2005, relativa alla concessione di contributi per il recupero e/o la costruzione di alloggi da concedere in locazione permanente, con la quale è stata approvata la localizzazione delle aree di intervento di edilizia residenziale convenzionata e dichiarata la pubblica utilità delle opere, nonché, in particolare, delle note del 21 settembre 2005 di comunicazione di avvio del procedimento e del 2 novembre 2005;

b) la nota n. 639 del 13 aprile 2006, a firma del Dirigente della Ripartizione LL.PP. - Esproprio del Comune di Avellino, che autorizzava l'occupazione d'urgenza dei terreni della società Nadel;

c) il PUC del Comune di Avellino del 23 gennaio 2006, n. 18 sub 13, nonché le deliberazioni consiliari n. 18 sub 1 del 17 gennaio 2006 e n. 18 sub 17 del 20 gennaio 2006;

d) tutti gli atti presupposti e consequenziali.

In particolare i provvedimenti annullati riguardavano una procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di interventi di edilizia agevolata convenzionata (recupero e/o costruzione di alloggi da parte di una cooperativa) ed interessava anche due particelle di proprietà della ricorrente (a destinazione agricola), adiacenti ad altre (non toccate dall’espropriazione) per cui la stessa società aveva già ottenuto concessioni edilizie per la ricostruzione di un edificio con destinazione residenza, depositi, sottonegozi e commerciale. La ricorrente sosteneva che intendeva destinare le due particelle ai parcheggi obbligatori, anche secondo le prescrizioni del PUC, a servizio dell'edificio per il quale aveva ottenuto il titolo edilizio.

La ricorrente chiedeva quindi la condanna del Comune e della cooperativa "La Collina" (delegata per le operazioni di occupazione ed espropriazione e beneficiaria del diritto di superficie su terreni, a destinazione agricola, di proprietà della ricorrente), al:

a) risarcimento in forma specifica, consistente nel far venire meno il diritto di superficie in capo alla cooperativa "La Collina", ordinando la relativa variazione catastale;

b) per equivalente:

b.1) mediante pagamento di una somma di 305.996,30 euro, per i danni causati dal mancato affitto dei locali commerciali, per non aver potuto realizzare i parcheggi sull’area occupata;

b.2) mediante pagamento di una somma di 16.810,51 euro, per i danni causati dall'inottemperanza alle decisioni giurisdizionali e giustiziali;

b.3) in via equitativa per i danni causati dalla violazione degli obblighi procedimentali e dalla omessa variazione catastale relativa al diritto di superficie costituito in capo alla cooperativa controinteressata.

2. Il T.a.r., con la sentenza n. 331 del 4 febbraio 2013, ha respinto il ricorso, nulla disponendo in ordine alle spese del giudizio. Secondo il Tribunale, in particolare:

a) “ manca, innanzitutto, il nesso di causalità tra il comportamento denunciato, e consistente nell'adozione di atti relativi a procedura espropriativa, rivelatisi illegittimi, nonché nella reiterazione di tali atti, nonostante le pronunce giurisdizionali emesse a seguito di ben tre ricorsi, ed il danno di cui si pretende il ristoro ”, in quanto:

a.1) “ benché definiti obbligatori, i parcheggi non risultano compresi nei progetti presentati all'atto delle richieste concessioni edilizie per l'edificio di cui avrebbero dovuto costituire pertinenze ”;

a.2) “ tali parcheggi, inoltre, si sarebbero dovuti realizzare in aree a destinazione agricola per le quali la ricorrente avrebbe dovuto presentare un progetto con richiesta di variante specifica che non risulta allegato nel ricorso e che, pertanto, verosimilmente, non è stato mai presentato ”;

a.3) “ il danno lamentato non deriva in via immediata e diretta dall'aver sottoposto a procedura espropriativa l'area che la Nadel asserisce destinata a parcheggi pertinenziali, bensì dal non potere ottenere, senza che peraltro risulti richiesta, la variante urbanistica necessaria per realizzare i detti parcheggi ”;

b) per quanto riguarda la domanda di risarcimento in forma specifica, ovvero il richiesto ordine di variazione catastale che dichiari estinto il diritto di superficie in capo alla cooperativa La Collina, non vi è nessuna prova dell'avvenuta iscrizione catastale di tale diritto, del resto né un soggetto privo del diritto di proprietà (non risultando emesso alcun decreto di esproprio o atto equivalente) avrebbe potuto iscrivere un diritto di superficie su di un bene che è rimasto di proprietà della ricorrente;

c) per quanto riguarda la dedotta responsabilità da contatto, essa, oltre a restare assorbita dai disposti annullamenti degli atti, non appare, di per sé ragione sufficiente per determinare un obbligo risarcitorio, in quanto il mero interesse procedimentale si pone come situazione meramente strumentale alla tutela di una posizione di interesse legittimo.

3. L’originaria ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto la seguente censura così rubricata: “ Responsabilità ex art. 2043 e.e. - Erroneità delle argomentazioni poste dalla sentenza appellata a fondamento del rigetto:

1. Nesso di causalità;

2. Lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento. Spettanza del bene della vita;

3. Ingiusto danno patrimoniale;

4. Elemento soggettivo;

5. Responsabilità da contatto;

6. Responsabilità della Cooperativa La Collina
”.

3.1. Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, il quale, depositando memoria difensiva, si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto.

3.2. La società appellante ha infine depositato memoria conclusionale, con cui ha controdedotto rispetto alle eccezioni dell’ente comunale ed ha ribadito le proprie difese.

4. All’udienza del 21 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. Il giudice di prime cure ha così ricostruito la vicenda in scrutinio:

“Espone la ricorrente quanto segue:

- con concessioni edilizie del 3/6/2003 e del 24/8/2005 il Comune autorizzava la Nadel alla ricostruzione, ai sensi della legge 219/1981, di un edificio su terreno di proprietà, individuato al fg. 32, mapp. 75 e 76, oggi 995, con destinazione residenza, depositi, sottonegozi e commerciale;

- con delibera n. 54 del 23 giugno 2005 il Comune individuava, tra le aree da destinarsi all'edilizia agevolata convenzionata, anche le particelle 915 e 942, adiacenti a quella di cui alle summenzionate concessioni edilizie, che la ricorrente intendeva destinare ai parcheggi obbligatori, anche secondo le prescrizioni del PUC, a servizio dell'edificio per il quale aveva ottenuto il titolo edilizio;

- con ricorso straordinario al Capo dello Stato, notificato al comune il 31 gennaio 2006, la Nadel impugnava tale delibera (il ricorso verrà poi accolto con d.P.R. del 15 aprile 2009, risultando "fondato in tutte le sue prospettazioni");

- successivamente alla proposizione del ricorso straordinario, il Comune di Avellino autorizzava, con nota n. 639 del 13 aprile 2006, l'occupazione d'urgenza dei terreni della Nadel;

- la ricorrente impugnava il decreto di occupazione con ricorso rg. n. 960 del 2006 ed il Tribunale Amministrativo di Salerno con decreto presidenziale, prima, con ordinanza n. 640 dell'8 giugno 2006, poi, sospendeva l'efficacia del provvedimento impugnato (il Tar ha poi accolto il ricorso con sentenza n. 2475 del 2007, ritenendo fondata la censura di difetto di motivazione con riguardo alla sussistenza dell'urgenza);

- con un secondo ricorso straordinario. la Nadel impugnava, infine, le delibere del Consiglio Comunale con le quali, nell'approvare la proposta di PUC, il Comune rigettava le richieste della Nadel di destinare le aree di proprietà di quest'ultima a parcheggio e garage a servizio dell'edificio di proprietà di cui sopra. reiterando la destinazione ad "aree da cedere per servizi relative alle zone in corso di trasformazione";

- con d.P.R. del 12 gennaio 2011 venivano annullate anche queste delibere in conformità al parere del Consiglio di Stato che ha ritenuto riproposte le stesse destinazioni di cui alla delibera 54 del 2005 e, pertanto, ha dichiarato le stesse viziate da illegittimità derivata;

- alla data dell'odierno ricorso il Comune non avrebbe adottato alcun comportamento consequenziale”.

6. In via preliminare, la Sezione ritiene di evidenziare come la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all'art. 64 comma 2 del codice del processo amministrativo, deve reputarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

7. L'appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

8. Con un unico articolato motivo, l’appellante ritiene sussistente il nesso causale tra gli atti illegittimi annullati e il danno per mancata percezione dei canoni di locazione, in quanto l'utilizzazione del suolo in esame come parcheggio senza opere edilizie non richiedeva apposita previsione progettuale ed era compatibile con la destinazione agricola, trattandosi di pertinenze di un edificio assentito con destinazione abitativa e commerciale.

Essa deduce inoltre l’assenza di negligenza imputabile alla stessa Nadel nel richiedere la variante urbanistica per mutare la destinazione urbanistica di suoli da agricola a parcheggi.

Infine, l’appellante precisa che, dopo che la delibera 23 giugno 2005, n. 54, aveva assegnato alla cooperativa i terreni della Nadel, il Comune, con atto per notaio D'Amore 22 dicembre 2005, rep. 197195, ha concesso alla cooperativa il diritto di superficie " ad aedificandum ", indicando espressamente le particelle 915, 942, 916 e 923, provvedendo alla relativa iscrizione in catasto.

La società appellante deduce quindi l’esistenza di un vero e proprio obbligo di costruire i parcheggi, che troverebbe fondamento nell'art. 4 delle N.T.A. del PUC, oltreché nell'art. 41- sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, negli artt. 6 e 15 della l.r. 7 gennaio 2000, n. 1, e nell'art. 8 l.r. 20 marzo 1982, n. 14. Sicché a fronte di tali norme, la società vanterebbe “ una posizione giuridicamente qualificata ” “ a poter utilizzare l'area adiacente al fabbricato assentito come ritenuto nel parere del Consiglio di Stato del 13 febbraio 2008 "da ritenersi a tutti gli effetti anche catastali vincolata alla costruzione" - per realizzare i parcheggi obbligatori e a ottenere dall'Amministrazione i provvedimenti autorizzativi eventualmente necessari ”.

In relazione all’elemento soggettivo, l’appellante deduce la sussistenza del dolo, o quanto meno della colpa, nella condotta del Comune e della cooperativa.

Peraltro, la società prospetta la "responsabilità da contatto" dell'Amministrazione, ravvisabile nella violazione degli obblighi di buona fede scaturenti dagli art. 1337 e 1338 c.c. nella violazione degli obblighi procedimentali, nella mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, nel mancato seguito alle decisioni sui ricorsi straordinari e del T.a.r. ed in particolare nel fatto che non si è provveduto alla variazione catastale, eliminando il riferimento al diritto di superficie della cooperativa.

Infine, l’appellante lamenta la mancata pronuncia in ordine alla domanda di risarcimento del danno spiegata in primo grado nei confronti della cooperativa.

8.1. In senso contrario il Comune, con la propria memoria difensiva, deduce che:

a) “ l'occupazione del suolo della Nadel da parte della Coop. Collina è venuta meno per effetto di statuizioni giudiziarie (l'ordinanza di sospensione nel 2006 e l'annullamento nel 2007 del relativo provvedimento). Dette statuizioni sono state osservate dal Comune e dalla Cooperativa dapprima in via di fatto (con l’astensione da ogni occupazione) e successivamente recepite nelle determinazioni dirigenziali n. 1831 del 29.6.2009 e n. 2955 del 10.11.2009, che hanno stralciato il suolo della Nadel da quelli destinati alle Cooperative ”;

b) “ la destinazione urbanistica ad edilizia economica e popolare ex delibere di C.C. e di G.C. di tutti i suoli ivi contemplati è venuta meno solo nel 2009, dopo il rilascio del permesso di costruire alla Coop. La Collina nel 2007 e l'edificazione del fabbricato cooperativistico ”.

Inoltre, secondo l’ente appellato:

a) la pretesa della società Nadel secondo cui il Comune avrebbe dovuto annullare in via di autotutela la concessione edilizia rilasciata alla cooperativa La Collina è inammissibile, poiché il mancato annullamento in via di autotutela non ha violato alcun interesse della ricorrente e non producendole alcuna lesione, posto che detta cooperativa non aveva più occupato il suolo della società Nadel;

b) quanto al risarcimento dei danni pretesi dalla società, ad avviso del Comune il ricorso sarebbe:

b.1) improcedibile, poiché il suolo della società già oggetto di permessi di costruzione non è stato minimamente inciso dalla vicenda, sicché la società avrebbe potuto realizzare regolarmente le opere in essi previste (e, al contrario, non ha mai chiesto concessione edilizia di alcun genere, tanto meno per un parcheggio);

b.2) improcedibile, poiché la domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi avrebbe dovuto essere proposta, a pena di decadenza, nel termine di centoventi giorni di cui all'art. 30 c.p.a., mentre tra i provvedimenti annullatori (sentenza T.a.r. e dd.mm. in seguito ai ricorsi al Capo dello Stato) e il presente ricorso (notificato in data 11 luglio 2011) è trascorso un periodo più lungo;

b.3) inaccoglibile alla luce del comma 3 dell'art. 30 c.p.a., in quanto la sospensione, prima, e l'annullamento, poi, del provvedimento di assegnazione consentivano alla società, nel proprio interesse:

i . di chiedere alla competente conservatoria (e al catasto) di annotare i relativi provvedimenti (ordinanza e sentenza) a margine dell'atto di trascrizione del decreto di occupazione e dell'atto di cessione Comune/coop. La Collina, rendendo pubblico ad ogni effetto l'annullamento del vincolo sul proprio suolo;

ii . di chiedere al Comune, conseguentemente, il permesso di costruzione per la realizzazione del parcheggio;

b.4) infondato, in quanto, oltre al difetto di prova del danno ed alla intervenuta decadenza (120 giorni), con particolare riferimento all’esecuzione in forma specifica della cancellazione dal catasto del diritto di superficie, “ ben poteva la ricorrente chiedere l'annotazione e la pubblicazione - sia al Catasto che alla Conservatoria - dei provvedimenti di giustizia ottenuti, con la conseguente caducazione di ogni assegnazione del diritto di superficie alla Collina e la formale intestazione in capo a sé medesima della piena proprietà del suolo, ove mai in precedenza trascritti ”.

8.2. Ritiene il Collegio che le censure avanzate dalla società appellante non sono fondate.

8.3. Attesa l’infondatezza dell’appello nel merito, si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dalla parte appellata ut supra descritte.

8.4. Nel merito, il Collegio rileva in primo luogo che la domanda di parte ricorrente si concentra nella richiesta – nei confronti del Comune nonché della cooperativa - di risarcimento dei danni, variamente qualificati, derivanti dal comportamento illecito dell’ente comunale nell’aver adottato atti illegittimi della procedura espropriativa, progressivamente annullati in sede giurisdizionale, e nel non aver posto in essere la condotta necessaria per rimuoverne gli effetti pregiudizievoli.

Da tale comportamento, complessivamente considerato, sarebbero derivati i seguenti danni, di cui si chiede il ristoro per equivalente:

i . la mancata percezione dei canoni di locazione percepibili dall’utilizzo del locale commerciale e dei relativi sottoservizi, laddove gli stessi fossero stati dotati di annesso parcheggio;

ii . le spese legali che la società ha sostenuto per i giudizi (con esito positivo) relativi ai due ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica;

iii . i danni causati dall'inottemperanza alle decisioni giurisdizionali e giustiziali;

iv . il danno derivante dalla "responsabilità da contatto" dell'Amministrazione.

Viene inoltre richiesto il risarcimento in forma specifica consistente nella variazione catastale che dichiari estinto il diritto di superficie in capo alla cooperativa La Collina.

8.5. In termini generali, occorre premettere alcuni consolidati approdi della giurisprudenza amministrativa in materia di responsabilità:

a) l'interesse materiale o il bene della vita finale, in relazione al quale si propone domanda risarcitoria, può trovare tutela solo a condizione di non essere contra ius vel non iure ovvero d'indole abusiva e opportunistica ( cfr . Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9, § 8.3.4.; id ., ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5, § 9.2);

b) in materia di risarcimento del danno da attività provvedimentale della P.A. è indispensabile la prova rigorosa della spettanza del bene della vita preteso, in stretta correlazione con il giudicato ( cfr . Cons. Stato, sez. V, 1° aprile 2011, n. 2031; id ., sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6407; id ., sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 131; id ., sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675);

c) i doveri di solidarietà sociale, che traggono fondamento dall’art. 2 Cost., impongono di valutare complessivamente la condotta tenuta dalle parti private nei confronti della P.A. in funzione dell’obbligo di prevenire o attenuare quanto più possibile le conseguenze negative scaturenti dall’esercizio della funzione pubblica o da condotte a essa ricollegabili in via immediata e diretta;
questo vaglio ridonda anche in relazione all’individuazione, in concreto, dei presupposti per l’esercizio dell’azione risarcitoria, onde evitare che situazioni pregiudizievoli evitabili con l’esercizio della normale diligenza si scarichino in modo improprio sulla collettività in generale e sulla finanza pubblica in particolare ( cfr . Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291).

8.4.1. Ciò considerato, il Collegio, condividendo il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la responsabilità della Pubblica Amministrazione derivante da un provvedimento illegittimo è di natura peculiare e lato sensu extra contrattuale, precisa, con particolare riferimento alla sussistenza del nesso causale, quale presupposto della responsabilità dell’Amministrazione, e alla prova della spettanza del bene della vita preteso, che:

a) per accedere alla tutela risarcitoria è indispensabile, ancorché non sufficiente, che il provvedimento (o il comportamento) illegittimo dell’Amministrazione reso nell’esplicazione (o nell’inerzia) di una funzione pubblica incida sul bene della vita finale. Ciò funge da sostrato materiale dell’interesse legittimo e non consente di configurare la tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, delle mere aspettative o dei ritardi procedimentali ( cfr . Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675 secondo cui “ il giudicato di annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi formali (quali il difetto di istruttoria o di motivazione), in quanto pacificamente non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di fondare la pretesa al risarcimento del danno ”);

b) coerentemente, in materia di risarcimento del danno da mancata edificazione da provvedimento illegittimo, si è dato corso alla tutela risarcitoria solo in presenza della prova seria della spettanza in concreto del diritto di edificare e delle conseguenze dannose ( cfr . da ultimo sez. IV, n. 1835 del 2017;
sez. IV, n. 5363 del 2016;
sez. IV, n. 1436 del 2016);

c) del resto, nel senso della necessità di accertare la spettanza del bene della vita (sotteso sia al diritto soggettivo che all’interesse legittimo) si è orientata anche la Adunanza plenaria di questo Consiglio ( cfr . sentenza n. 2 del 2017);

d) in conclusione, non vi è dubbio che la responsabilità della pubblica amministrazione non consegue automaticamente all'annullamento del provvedimento amministrativo (ovvero all'accertamento della sua illegittimità), in sede giurisdizionale (o di ricorso straordinario o di autotutela);
non è infatti sufficiente il solo annullamento dell'atto lesivo (ovvero la declaratoria della sua invalidità), occorrendo la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all'assunzione od all'esecuzione della determinazione contra ius lesivo del bene della vita spettante all'attore ( cfr . Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 2018, n. 6833).

8.5. Ciò premesso, facendo applicazione di tali pacifici principi di diritto, il Collegio, condividendo nella sostanza le statuizioni del primo giudice, rileva nella specie l’assenza del nesso causale che, ai fini del riconoscimento della responsabilità amministrativa, deve necessariamente sussistere - in via immediata e diretta - tra gli atti illegittimi annullati e le connesse condotte amministrative, da un lato, e i pregiudizi lamentati, dall’altro.

8.5.1. Invero, dagli atti risulta che la società appellante, oltre a non comprendere i parcheggi nei progetti presentati all'atto delle richieste concessioni edilizie per l'edificio di cui avrebbero dovuto costituire pertinenze, non ha mai provveduto a presentare formale richiesta di rilascio della concessione per realizzare i parcheggi pertinenziali, con annesso progetto in variante urbanistica, volta ad ottenere il mutamento della destinazione dell’area de qua da agricola a parcheggio.

Del resto, al riguardo non può essere ritenuta equivalente a tal fine la presentazione da parte della società delle osservazioni in sede di approvazione del PUC del Comune di Avellino, poiché, per condivisibile giurisprudenza, esse costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative, non essendo vincolanti per l'Amministrazione comunale ai fini delle scelte conclusive, a questa residuando ampia discrezionalità in sede di definizione degli assetti urbanistici del proprio territorio ( ex multis , da ultimo, Cons. Stato, sez. II, 24 giugno 2019, n. 4313; conf . Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5674, ove si precisa che tale natura delle osservazioni formulate dai proprietari interessati nei confronti di uno strumento urbanistico generale implica che il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano).

Così come non è sostenibile che la società si sia trovata nell’impossibilità di chiedere la variante urbanistica e il rilascio del titolo edilizio (previa presentazione del relativo progetto) perché, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, la s.p.a. Nadel non ha perso la disponibilità giuridica dei suoli, avendo anzi mantenuto la proprietà. Invero, da un lato, il provvedimento di assegnazione impugnato dinanzi al T.a.r. Salerno veniva da questo prima sospeso e poi annullato, dall’altro, nel corso del tempo mai è stato emesso un decreto di esproprio o un atto equivalente.

8.5.2. D’altro canto, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, l’obbligo di rilascio di un titolo, a cui è subordinata la realizzazione del parcheggio, non può essere aggirato sostenendo l’utilizzabilità dell’area con tale destinazione a prescindere dalla realizzazione di opere edilizie (in quanto asseritamente qualificabile come pertinenza dell’edificio assentito con destinazione abitativa e commerciale), in quanto in tal modo verrebbe comunque posta in essere una (non consentita) variazione di fatto della destinazione prevista dallo strumento urbanistico.

8.5.3. E’ anche infondata la tesi secondo cui, in ragione della presenza di un obbligo normativo di realizzare parcheggi per gli edifici, il rilascio della concessione per l’edificio renderebbe non necessario il rilascio del titolo edilizio per il parcheggio.

Al riguardo, può essere d’ausilio richiamare quella giurisprudenza secondo cui la facoltà di costruire autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici è prevista dall'art. 9 della legge n. 122/1989 (c.d. legge Tognoli) soltanto relativamente alle aree urbane, mentre al di fuori di tali aree (quindi nelle aree extraurbane e nelle aree agricole), l'edificazione di parcheggi pertinenziali sarà comunque possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme e nei modi di cui a tale normativa, rimanendo invece sottoposta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie ( cfr . Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2017, n. 3566;
sez. V, 11 novembre 2004, n. 7324). Del resto, “ la possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 l. n. 122 del 1989, costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita. Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia ” ( cfr . Cons. St., sez. V, 11 novembre 2004, n. 7325).

8.5.4. Peraltro, non può essere tralasciato che, nell’ipotetico caso di presentazione di domanda di rilascio del titolo, dalla destinazione agricola impressa alla zona in esame, ancora esistente in seguito all’annullamento degli atti della procedura espropriativa non essendo configurabile nella specie l’emersione di una “area bianca”, discende la presenza di ampia discrezionalità in capo all’ente competente nell’assentire la realizzazione di parcheggi, previa variazione dello strumento urbanistico.

Invero, sebbene la destinazione a zona agricola di un’area, salva la previsione di particolari vincoli ambientali o paesistici, di per sé non costituisce impedimento assoluto all’installazione di opere che non riguardino l’edilizia residenziale, va comunque rimarcato che la decisione di consentire la realizzazione di esse è rimessa alla esclusiva competenza dell’Amministrazione, la quale, a tal fine, esercita poteri ampiamente discrezionali.

8.5.5. In conclusione, la situazione giuridica vantata dalla società Nadel in relazione alla realizzazione dei parcheggi, in quanto subordinata alla proposizione di specifica domanda ed al successivo esercizio (con esito positivo) del potere discrezionale del Comune, deve essere qualificata come mera aspettativa di diritto, pertanto di per sé inidonea a fondare il nesso causale necessario per ritenere sussistente la responsabilità dell’Amministrazione.

8.6. L’assenza di un presupposto sostanziale della responsabilità conduce di per sé ad escludere il diritto al risarcimento dei danni, nelle varie forme dedotte dall’appellante, tanto in relazione all’ente comunale quanto con riferimento alla posizione rivestita dalla cooperativa.

Ad ogni modo, per ciò che concerne la domanda di risarcimento in forma specifica, ovvero il richiesto ordine di variazione catastale che dichiari estinto il diritto di superficie in capo alla cooperativa La Collina (della cui iscrizione catastale è stata data prova in giudizio), non può essere sottovalutato il fatto che incombeva sulla ricorrente l’onere di chiedere l'annotazione e la pubblicazione - sia al catasto che alla conservatoria - dei provvedimenti di giustizia ottenuti. In tal modo la stessa avrebbe potuto ottenere la conseguente caducazione di ogni assegnazione del diritto di superficie a La Collina e la formale intestazione in capo a sé medesima della piena proprietà del suolo.

8.7. Infine, con riferimento al lamentato danno derivante dalla responsabilità da “contatto”, il Collegio, richiamando le stesse argomentazioni finora applicate per la soluzione del caso di specie, ribadisce che, al fine di valutare se la condotta della pubblica amministrazione sia stata idonea a ledere la posizione soggettiva di interesse legittimo, è necessario accertare, mediante giudizio prognostico, la sussistenza di detta lesione dell'interesse legittimo ( cfr . Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611).

Ne consegue che non può trovare risarcimento il mero interesse procedimentale, inteso quale interesse alla correttezza della complessiva gestione del procedimento da parte dell’Amministrazione, poiché lo stesso si pone come situazione meramente strumentale alla tutela di una posizione di interesse legittimo. L’interesse procedimentale quindi non è di per sé qualificabile come bene della vita, suscettibile di autonoma protezione mediante il risarcimento del danno, e resta avulso da ogni riferimento alla spettanza dell'interesse sostanziale, al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato ( cfr . la giurisprudenza sviluppatasi in relazione alla risarcibilità del c.d. danno da ritardo: ex multis , Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1740;
sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5834;
sez. IV, 23 giugno 2017, n. 3068;
sez. IV, 2 novembre 2016, n. 4580).

9. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

10. Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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