Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-01-23, n. 202300738
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Pubblicato il 23/01/2023
N. 00738/2023REG.PROV.COLL.
N. 07130/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7130 del 2022, proposto dal signor S C, rappresentato e difeso dall’avvocato I M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Pagani, in persona del Sindaco
pro tempore
, non costituito in giudizio;
nei confronti
la società Delta s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore,
non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sez. Seconda, n. 2323/2022, pubblicata il 5 settembre 2022, in materia di silenzio-inadempimento.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2023 il consigliere Giancarlo Carmelo Pezzuto;nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il signor Campitelli impugna la sentenza in epigrafe, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso dal medesimo proposto in primo grado avverso il silenzio serbato dal Comune di Pagani sull’atto di diffida stragiudiziale in data 25 febbraio 2022, con il quale l’interessato aveva chiesto l’emissione di un formale provvedimento di acquisizione dell’area di proprietà della controinteressata previo accertamento dell’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione n. 36 del 15 aprile 2021, nonché l’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4- bis , del d.P.R. n. 380/2001.
2. Il primo giudice – dopo averne dato avviso alle parti con ordinanza n. 2028/2022 disponendo il termine di 10 giorni per la produzione di eventuali memorie ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. – ha dichiarato inammissibile il gravame per carenza di interesse, giudicando nel contempo non ammissibile la relazione tecnica depositata in allegato alla memoria prodotta dal ricorrente il 22 luglio 2022 e ritenendo che il medesimo non avesse adeguatamente provato il suo interesse al ricorso, non avendo dimostrato alcuno specifico pregiudizio derivante dalle opere abusive di cui al citato provvedimento comunale, realizzate dalla controinteressata su terreno confinante con la sua proprietà.
3. L’appellante impugna detta pronuncia riproponendo ai sensi dell’art. 101 c.p.a. le censure già dedotte in primo grado e sostenendo l’illogicità e la contraddittorietà della sentenza gravata e, in particolare, insistendo per l’ammissibilità della relazione tecnica a suo tempo depositata, che dimostrerebbe il pregiudizio patito in ragione delle opere abusive in questione.
3.1. Il Comune intimato e la società controinteressata non si sono costituiti in giudizio.
4. Alla camera di consiglio del 17 gennaio 2023 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. Giova preliminarmente richiamare il consolidato orientamento di questo Consiglio, come anche di recente ribadito, secondo il quale “ nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, una volta affermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas , costituente elemento fisico-spaziale quale stabile collegamento tra un determinato soggetto e il territorio o l’area sul quale sono destinati a prodursi gli effetti dell’atto contestato, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato. L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso ed è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo. Ne deriva che, nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 22 del 2021;v. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 5916 del 2022). Come ha precisato la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato – cui il Collegio aderisce – la vicinitas da sola non basta a fondare anche l’interesse, dovendo il ricorrente fornire la prova concreta di un pregiudizio sofferto (in termini analoghi, v. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2021, n. 4650;sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 962;sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4830;C.g.a., 30 giugno 2020, n. 488;Cass. civ., sez. un., n. 20869 del 2022).
Va dunque valutato caso per caso se l’eventuale annullamento del titolo edilizio possa comportare effetti di riduzione in pristino rispetto all’opera edilizia, che si rivelino concretamente utili per il ricorrente, e non meramente emulativi, non essendo sufficiente la mera finalità demolitoria: l’interesse a ricorrere consiste (deve consistere) in un’utilità ulteriore che il ricorrente mira a conseguire proponendo la sua azione. L’ordinamento non tutela infatti azioni meramente emulative.
Si tratta di un principio espressamente enucleato per le azioni a tutela della proprietà immobiliare (art. 833 c.c.), che vale (a maggior ragione) per i ricorsi in materia edilizia. Alla luce della giurisprudenza richiamata, il Collegio ribadisce che, anche nel caso di ricorsi avverso singoli titoli edilizi, non è sufficiente lo stabile collegamento dell’immobile del terzo con quello interessato dai lavori a radicarne la legittimazione ad agire, dal momento che il pregiudizio della situazione soggettiva protetta non può essere considerato sussistente in re ipsa in ragione dell’abuso edilizio dedotto. (…) Infatti, la sola vicinitas e l’identità del contesto territoriale e urbanistico non sono in grado di superare lo scrutinio di ammissibilità con riguardo alla sussistenza di un pregiudizio specifico derivante dall’intervento assentito ” (così Cons. Stato, Sez. IV, n. 7609/2022).
5.1. Ciò posto e venendo più specificamente alla controversia, giova ricordare che, secondo quanto espressamente affermato dall’Adunanza plenaria n. 22/2021, “ lo specifico pregiudizio derivante dall’intervento edilizio che si assume illegittimo, e che è necessario sussista, può comunque ricavarsi, in termini di prospettazione, dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso, suscettibili di essere precisate e comprovate laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o dai rilievi del giudicante, essendo questione rilevabile d’ufficio nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a. e quindi nel contraddittorio tra le parti ”.
Deve pertanto ritenersi, nel caso di specie, ammissibile la relazione tecnica allegata alle memorie prodotte dal ricorrente in esito alla richiamata ordinanza n. 2028/2022 del T.a.r. emanata, per l’appunto, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a..
Esaminando detta relazione tecnica e, in particolare, i rilievi fotografici ad essa allegati, emerge ictu oculi che le opere realizzate dalla controinteressata insistono effettivamente, come lamentato, a ridosso del muro di confine con la proprietà dell’appellante, circostanza questa che può ragionevolmente riconoscersi come pregiudizievole per l’interessato, sulla cui sfera giuridica è, pertanto, suscettibile di incidere negativamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi agli abusi innanzi indicati.
Da ciò consegue che laddove non vengano adottate le misure ripristinatorie richieste – e, quindi, con limitato riferimento alla demolizione delle opere ritenute abusive – l’interessato può pretendere che l’Amministrazione ne spieghi le ragioni.
Va, peraltro, tenuto presente che il presente giudizio non riguarda la natura abusiva o meno delle opere in questione, oggetto – come dallo stesso appellante riferito – del distinto ricorso proposto dalla controinteressata avverso la relativa ordinanza di demolizione innanzi al medesimo T.a.r. – di cui al n. RG 1048/2021 (“ privo di provvedimento cautelare ” e del cui eventuale esito, per inciso, nulla risulta agli atti di causa) –, bensì il silenzio serbato dal Comune di Pagani a fronte della diffida stragiudiziale presentata nei termini innanzi ricordati dall’appellante in data 25 febbraio 2022 all’ente locale medesimo e, per conoscenza, alla controinteressata.
Al riguardo, deve ricordarsi che “ i procedimenti ex artt. 31 e 117 c.p.a., presuppongono un ‘silenzio’, che è integrato - non da qualsiasi comportamento inerte dell’amministrazione, bensì - dal comportamento inerte che si estrinseca nella mancata conclusione, nel termine dovuto, di un procedimento già avviato, ovvero nella mancata evasione di una istanza proveniente da un privato, che sollecita l’esercizio di pubblici poteri, e quindi l’avvio di un procedimento amministrativo: infatti ‘non vi è dubbio che in linea generale il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione deve essere diretto ad accertare la violazione dell’obbligo della stessa di provvedere su un’istanza del privato volta a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere, ed esso risulta esperibile in presenza di un obbligo di provvedere nei confronti del richiedente rispetto al quale l’amministrazione sia rimasta inerte. Di conseguenza, si può configurare un silenzio inadempimento da parte della stessa tutte le volte in cui l’Amministrazione viola tale obbligo a prescindere dal contenuto discrezionale o meno del provvedimento (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, n. 5529/2016)’ (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1068 del 14 febbraio 2022)” (così Cons. Stato, Sez. VI, n. 7703/2022).
Per tali ragioni l’Amministrazione è, dunque tenuta a dare risposta all’interessato, e ciò – è appena il caso di rilevare – indipendentemente dai contenuti che detta risposta potrà assumere tenuto anche conto della pendenza, per quanto emerge dagli atti, del gravame proposto dalla società controinteressata avverso l’ordinanza di demolizione innanzi richiamata, in relazione alla quale (demolizione) potrebbe – vale ribadire – unicamente radicarsi l’interesse della parte qui appellante.
6. Alla luce di tali complessive considerazioni l’appello va accolto e, per l’effetto, va riformata la sentenza gravata e va accolto il ricorso proposto in primo grado, con la conseguenza che il Comune di Pagani dovrà provvedere a fornire riscontro all’odierno appellante entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o della notificazione della presente sentenza, con l’indicazione che, in caso di mancato adempimento nel termine assegnato, si procederà all’eventuale nomina di Commissario ad acta su istanza del ricorrente.
7. Non si provvede alla liquidazione delle spese di giudizio in considerazione della mancata costituzione dell’Amministrazione resistente e della controinteressata.