Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-09, n. 202200920

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-09, n. 202200920
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200920
Data del deposito : 9 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2022

N. 00920/2022REG.PROV.COLL.

N. 07361/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7361 del 2021, proposto: dai signori F R D, in proprio e quale erede di R C, M G P, in proprio e quale procuratrice generale di G e A P, nonché G C e L C quali eredi di M P D, rappresentati e difesi dagli avvocati G C, A D e L D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
dall’avv. A D, in proprio e quale erede di R C, rappresentato e difeso in proprio, avendone i requisiti, nonché dagli avvocati G C e L D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
e dall’avv. G C, quale erede di M P D, rappresentato e difeso in proprio, avendone i requisiti, nonché dagli avvocati A D e L D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

il Comune di Brindisi, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuela Guarino e Monica Canepa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. III, 28 maggio 2021 n. 821, che ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 1631/2020 R.G. proposto per l’ottemperanza alla sentenza irrevocabile del Tribunale civile di Brindisi, 11 settembre 2018 n. 1328 che, a sua volta, ha condannato il Comune di Brindisi a risarcire a M P D, A D, F R D, M G P, G Pastore ed A P il danno cagionato per accessione invertita di terreni di loro proprietà.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Brindisi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2022 il consigliere Francesco Gambato Spisani, udito per la parte appellante l’avvocato G C e vista l'istanza di passaggio in decisione depositata in data 17 gennaio 2022 dagli avvocati Emanuela Guarino e Monica Canepa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. A partire dal 4 settembre 1981, il Comune di Brindisi ha occupato un terreno di circa 13.201 mq, situato in contrada Canalicchio, detta anche Penino, e distinto al catasto al foglio 79 mappali da 16 a 19, allora di proprietà dei consorti R C, A D, F R D, Gabriella Pastore, G Pastore, A P e M P D Contardi, per realizzarvi un programma di edilizia abitativa economica popolare, ma senza mai emanare il relativo decreto di esproprio.

2. Di conseguenza, i proprietari sopra citati hanno convenuto il Comune avanti il giudice civile ordinario, per sentirlo condannare alla restituzione del fondo e in subordine, per il caso di impossibilità della restituzione stessa, al risarcimento del danno.

3. All’esito di un lungo contenzioso, i cui dettagli in questa sede non rilevano, il Tribunale civile di Brindisi, con la sentenza 11 settembre 2018 n. 1328, ha quindi condannato il Comune a risarcire loro il danno per “accessione invertita” del fondo medesimo, liquidandolo in € 296.962,71, oltre agli interessi legali a decorrere dal 4 settembre 1990 sino all'effettivo soddisfo, da calcolare sulla somma predetta “rivalutata all'attualità e previa devalutazione anno per anno”;
ha inoltre condannato il Comune stesso alle spese del giudizio, liquidate in € 11.000 per onorari ed € 200 per spese documentate, oltre accessori di legge (per tutto ciò, v. la sentenza citata, doc. 1 in I grado ricorrenti nel foliario 11 gennaio 2021).

4. Con la sentenza sez. II civile 6 luglio 2020 n. 651, la Corte di appello di Lecce ha respinto l’appello proposto contro questa sentenza di condanna (doc. 3 in I grado ricorrenti nel foliario 11 gennaio 2021).

5. La sentenza di appello non è stata ulteriormente impugnata (v. certificato relativo, doc. 4 in I grado ricorrenti nel foliario 11 gennaio 2021), e pertanto la sentenza di condanna stessa è passata in giudicato (v. certificato relativo, doc. 2 in I grado ricorrenti nel foliario 11 gennaio 2021).

6. Con atto notificato il giorno 7 novembre 2020, gli attuali ricorrenti appellanti, fra cui A D e F R D anche quali eredi di R C, Gabriella Pastore, in proprio e come procuratrice come in epigrafe, nonché Gennaro, Gabriella e L C quali eredi di M P D Contardi, hanno quindi diffidato il Comune a pagare il dovuto (doc. 5 in I grado ricorrenti prodotto il giorno 11 gennaio 2021)

7. Non avendo ricevuto nulla, hanno quindi proposto ricorso per ottemperanza in I grado, con atto notificato il 30 dicembre 2020 e depositato il giorno stesso.

8. Nel frattempo è però accaduto che il Comune, con deliberazione del consiglio 30 settembre 2019 n.127, ha deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, nota anche come “predissesto” di cui all’art. 243 bis del t.u. enti locali 18 agosto 2000 n.267.

9. La norma in questione prevede che “ I comuni e le province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 ”, ovvero gli ordinari interventi sul bilancio, “ non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare ” appunto ad una “ procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ”, che comporta in sintesi estrema la predisposizione di un piano di misure straordinarie per risanare l’ente, piano che ai sensi dell’art. 243 quater commi 1 e 5 dello stesso T.U. viene trasmesso alla sezione regionale della Corte dei conti, alla quale spetta di approvarlo o denegarne l’approvazione.

10. Rileva in questa sede il comma 4 del citato art. 243 bis , secondo il quale “ Le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente sono sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano ” di cui si è appena detto.

11. Il Comune intimato appellato con delibera consiliare 9 gennaio 2020 n.1 ha appunto approvato il proprio piano di riequilibrio, e di seguito lo ha trasmesso alla competente sezione della Corte dei conti, che non consta si sia ancora pronunciata.

12. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha dichiarato inammissibile il ricorso per ottemperanza in questione;
in motivazione ha infatti ritenuto che il citato art. 243 bis comma 4 del T.U., che alla lettera parla soltanto di “ sospensione ” delle procedure esecutive, comporti anche l’inammissibilità dei giudizi di ottemperanza con i quali si intenda conseguire dall’ente il pagamento di un debito proposti dopo la delibera di ricorso al predissesto.

13. Contro questa sentenza, gli interessati hanno proposto impugnazione, con appello che contiene un unico motivo di violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 243 bis comma 4 citato, nel quale sostengono in sintesi estrema che la norma non si potrebbe applicare al giudizio di ottemperanza da loro proposto, perché a loro dire il Comune sarebbe stato tenuto ad accantonare le somme loro dovute fin dal 1978, ovvero dalla data di approvazione del piano urbanistico realizzato sul loro terreno, o quantomeno dal 4 settembre 1990, termine finale dell’occupazione d’urgenza, o in estremo subordine dal 6 novembre 2018, data della notifica in forma esecutiva della sentenza di condanna. Pertanto, insistono perché venga ordinata l’ottemperanza, con nomina di un commissario e fissazione di una penalità di mora.

14. Il Comune ha resistito, con atto 3 settembre 2021 e memoria 4 gennaio 2022, ed ha chiesto che l’appello sia respinto, osservando che il disposto dell’art. 243 bis comma 4 in questione gli avrebbe proibito di pagare le somme in questione anche se per ipotesi avesse provveduto ad accantonarle come indicato dagli appellanti.

15. Con memoria 10 gennaio 2021, gli appellanti hanno depositato ulteriore documentazione, ed hanno formulato una richiesta istruttoria, nel senso di acquisire “informazioni sia dalla Procura regionale sia dalla Sezione regionale di controllo della Sezione regionale della Regione Puglia dell’Ecc.ma Corte dei conti ”, per accertare se “ la delibera del Consiglio comunale del Comune di Brindisi 9 gennaio 2020, n. 2, che ha deliberato il “default” del Comune di Brindisi, sia stata registrata e se, in sede di registrazione, sia stato escluso o meno l’importo dovuto ai ricorrenti-appellanti, anche in relazione alla predetta denuncia per giudizio di responsabilità contabile ”.

16. Alla camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2022, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

17. In via preliminare, la produzione documentale 10 gennaio 2021 degli appellanti va dichiarata:

i) tardiva, ai sensi dell’art. 73 comma 1 c.p.a., perché prodotta oltre il termine perentorio dimidiato di venti giorni antecedenti la camera di consiglio;

ii) inammissibile, ai sensi dell’art. 104 comma 2 c.p.a., giacché in questo grado di appello “ non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile ”. La seconda delle ipotesi previste dal comma citato non è pertinente al caso di specie, dato che si tratta di documenti che, in sé e per sé, sono venuti ad esistere dopo la proposizione dell’appello. Si tratta però di documenti che, ad avviso del Collegio, non sono pertinenti all’oggetto della decisione, che riguarda, come si è detto, la possibilità di proporre giudizio di ottemperanza per ottenere il pagamento di somme nei confronti di un ente, come il Comune di Brindisi, che in questo momento versa in istato di predissesto.

18. Sempre in via preliminare, va respinta per le ragioni che si vedranno subito esaminando il merito, la richiesta di istruttoria presso la Corte dei conti.

19. Ciò posto, nel merito l’appello è infondato e va respinto.

19.1 La procedura di predissesto di cui si tratta ha la stessa logica giustificativa di quella di dissesto così come individuata dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nelle sentenze 5 agosto 2020 n.15 e 12 gennaio 2022, n. 1, ovvero quella di considerare in modo unitario la situazione dell’ente quanto alle attività e alle passività, allo scopo evidente di trovare una via per risanare una situazione compromessa (arg. pure da Corte cost. n. 34 del 2021).

19.2 È chiaro allora che se il quadro della situazione fotografato nella proposta di piano inviata per l’approvazione alla Corte dei conti venisse alterato nel lasso di tempo che questa impiega a deliberare, questo intento sarebbe frustrato, perché la delibera potrebbe intervenire su un assetto non più attuale, ed è in quest’ottica che è disposta la sospensione.

19.3 La logica che ha portato il legislatore a sospendere le azioni esecutive nella procedura in esame ricorre però per qualsiasi azione processuale che abbia lo stesso effetto ultimo di una azione esecutiva, e quindi non può non valere per il giudizio di ottemperanza, con la sola differenza che lo stesso, se proposto dopo il ricorso al predissesto, deve essere poi dichiarato inammissibile, e non sospeso, fermo che il ricorso stesso sarà riproponibile nel momento in cui il piano di riequilibrio sarà approvato (in questo senso Cons. giust. amm., n. 586 del 2014).

19.4 Nel caso in cui, infatti, sia sospeso un ordinario processo esecutivo pendente avanti il giudice ordinario, la sospensione si giustifica in quanto consente di far salvi gli atti esecutivi già compiuti, tipicamente un pignoramento già effettuato, che rimane fermo, anche se temporaneamente non può sfociare nella vendita. La stessa logica non ricorre invece nell’ambito di un giudizio di ottemperanza, nel quale atti di esecuzione su determinati beni da fare salvi non si possono configurare. La sospensione disposta in luogo dell’inammissibilità si risolverebbe allora in un effetto del tutto inutile della parte, che servirebbe solo a mantenere pendente un processo privo di contenuto.

19.5 Per questa ragione è irrilevante la richiesta istruttoria di parte di cui si è detto. Lo stato della procedura di approvazione del piano di riequilibrio è infatti irrilevante sull’esito di questo processo, perché è incontroverso che nel momento in cui il ricorso di I grado è stato proposto l’approvazione non era intervenuta, e quindi il ricorso stesso mancava all’origine di un presupposto processuale.

19.6 Solo per completezza si aggiunge che è fondato anche il rilievo ulteriore del Comune, secondo il quale, se anche le somme per cui è causa fossero state in qualche modo accantonate a favore degli appellanti, non per questo esse potrebbero essere pagate in deroga alle norme sul predissesto. La deduzione delle parti sul punto è quindi non pertinente.

20. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come da dispositivo, in misura corrispondente all’onorario minimo di cui ai parametri del d.m. 8 marzo 2018 n.37, assunto un valore di causa corrispondente alla somma domandata, di € 1 milione e 13 mila (appello, p.6), e quindi individuato come scaglione di riferimento quello delle cause di valore compreso fra 1 e 2 milioni di euro.

21. Il Collegio deve infine rilevare che l’infondatezza dell’appello si fonda su ragioni manifeste, tali da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, per tutte Cons. Stato, sez. IV 18 febbraio 2020 n. 1234, conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione, per tutte sez. VI, 12 maggio 2017 n. 11939 e 2 novembre 2016 n. 22150.

A tanto consegue il pagamento della sanzione nella misura minima di legge di € 900 (novecento/00) per ciascun ricorrente, pari a complessivi € 5.400 (cinquemilaquattrocento/00) (cfr. sul punto, fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, n. 2205 del 2018;
n. 2116 del 2018;
n. 364 del 2017;
cui si rinvia a mente dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.);
siffatta condanna è computata nel quantum separatamente per ogni ricorrente: in caso di ricorso collettivo, infatti, i rapporti processuali restano distinti e per così dire “paralleli”, di talché la misura della sanzione prevista dal più volte menzionato art. 26, co. 2, c.p.a. (“ non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio ”, nella specie pari ad € 450,00) non può che riferirsi a ciascuna “parte soccombente”. Del resto, trattandosi di una sanzione pecuniaria, trova applicazione il principio generale sancito dall’art. 5, l. n. 689 del 1981 secondo cui, quando più persone concorrono nella medesima violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa prevista, non potendosi configurare una situazione di solidarietà salvo che una norma di legge non disponga diversamente;
circostanza questa che non si verifica nella specie, nulla disponendo al riguardo né l’art. 26 c.p.a. né l’art. 96, co.3, c.p.c. (sull’applicazione dei principi di cui alla l. n. 689 del 1981 alla sanzione pecuniaria sancita dall’art. 26 c.p.a., cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2205 del 2018;
n. 2116 del 2018;
n. 364 del 2017;
sulla natura sanzionatoria di tale misura si argomenta anche da Corte cost., n. 152 del 2016 che ha esplicitamente ravvisato tale indole nella misura pecuniaria sancita dal menzionato art. 96, co.3, c.p.c.);
dal punto di vista sistematico, infine, tale soluzione appare coerente con quanto stabilito dall’art. 97 c.p.c., nella parte in cui prevede la solidarietà passiva solo in relazione al pagamento delle spese di lite e del risarcimento dei danni cagionati dal processo.

Da ciò consegue la condanna al pagamento della relativa sanzione nella misura di cui al dispositivo.

22. La condanna della parte appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2- quinquies , lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

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