Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-01, n. 202305416
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Pubblicato il 01/06/2023
N. 05416/2023REG.PROV.COLL.
N. 01745/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1745 del 2022, proposto dalla sig.ra G B, rappresentata e difesa dall’avv. A B, con domicilio digitale presso lo stesso in assenza di elezione di domicilio fisico in Roma;
contro
Ministero della cultura, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo, Comune di Monterchi, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Guadagni arch. Gerardo, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avvocati Paolo Pecchioli e Niccolo’ Pecchioli, con domicilio digitale presso gli stessi in assenza di elezione di domicilio fisico in Roma;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, 11 agosto 2021, n. 1143, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’arch. Gerardo Guadagni e del Ministero della cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2022 il cons. F G e vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione presentata congiuntamente dagli avvocati Bianchini e N. Pecchioli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana la sig.ra G B, proprietaria di un fabbricato a uso abitativo con annessa corte pertinenziale sito nel Comune di Monterchi, in località Padonchia, impugnava l’ordinanza comunale n. 42 dell’11 settembre 2020 con la quale le era stato ingiunto di demolire e riportare allo stato autorizzato il muro di contenimento avente andamento curvilineo identificato con la lettera “A” nelle planimetrie allegate alla concessione edilizia n. 1519/2003, che sarebbe stato realizzato per un’altezza superiore a quella prevista dal medesimo titolo edilizio.
Con sentenza n. 1143 dell’11 agosto 2021 il Tribunale adito ha respinto il ricorso.
Avverso la predetta sentenza la ricorrente ha interposto appello.
Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello il Ministero della cultura e l’arch. Gerardo Guadagni, controinteressato intimato.
La domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, proposta in via incidentale col ricorso d’appello, è stata accolta con ordinanza di questa Sezione n. 1460 del 30 marzo 2022.
In vista della discussione sono state prodotte memorie e repliche.
Alla pubblica udienza del 29 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – E’ impugnata la sentenza con cui il T.A.R. per la Toscana ha respinto il ricorso proposto dall’appellante avverso l’ordinanza comunale di demolizione e riduzione allo stato autorizzato di un muro di contenimento, avente andamento curvilineo, realizzato nella sua proprietà con un’altezza superiore a quella prevista dal titolo edilizio.
2. – Con i primi due mezzi di gravame l’appellante si duole del rigetto, rispettivamente, del terzo e del quarto motivo del ricorso di primo grado, che riguardavano nel loro insieme l’applicabilità della misura demolitoria.
3. – In sintesi, col primo motivo di appello contesta l’applicabilità della misura demolitoria sostenendo che tanto l’art. 196 della l.r. della Toscana del 10 novembre 2014, n. 65 (Norme sul governo del territorio), che l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, che tale misura prevedono, non si attaglierebbero al caso di specie perché riguardano interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, mentre la pretesa difformità dell’altezza del muro non comporterebbe realizzazione d’un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione, tantomeno munito di specifica rilevanza e autonomamente utilizzabile;tanto meno il T.A.R. avrebbe potuto valorizzare, come sarebbe accaduto, la diversa norma della medesima legge regionale che punisce anche gli interventi realizzati in difformità parziale dal titolo, così integrando la motivazione del provvedimento che ad essa non faceva richiamo. Errata in punto di diritto sarebbe anche la statuizione sul difetto d’interesse alle doglianze afferenti all’acquisizione coattiva, non ancora disposta, e alla preannunciata sanzione pecuniaria ex art. 31, co. 4- bis , del d.P.R. n. 380/2001.
4. – Si duole inoltre, col secondo motivo, che il T.A.R. non avrebbe colto il travisamento dei fatti, con conseguente difetto del presupposto, che avrebbe inficiato l’ordinanza di demolizione, segnatamente per avere ignorato le indicazioni contenute nelle tavole allegate alla domanda di concessione edilizia attestanti un’altezza media del muro di contenimento pari a 1,75 m (l’indicazione dell’altezza in 1,00-1,20 m contenuta nella relazione tecnica allegata alla domanda di concessione edilizia sarebbe un errore materiale, perché altrimenti il muro non avrebbe potuto svolgere la sua funzione di contenimento del terreno a monte), per non aver considerato che l’altezza di 1,75 m doveva considerarsi un’altezza media, attese le caratteristiche del progetto (le porzioni curve del muretto di contenimento presenterebbero un’altezza necessariamente variabile, decrescente dalla quota del terreno inferiore alla quota del terreno superiore), per non essere stata preceduta da sopralluogo alcuno per verificare l’effettiva altezza del muretto, nonché per non aver valutato l’esistenza di un titolo edilizio ulteriore (le DIA del 2006 sulle modifiche del terrapieno contenuto dal muretto in questione) avente l’effetto di superare le valutazioni operate dall’amministrazione alla luce dell’originaria concessione del 2003. Il primo giudice avrebbe, altresì, mancato di considerare la contraddizione in cui sarebbe incorso il Comune per aver certificato nel 2008 la conformità del muretto del contenimento con una relazione di compatibilità paesaggistica e avere invece ingiunto a distanza di dodici anni, nel 2020, la demolizione e la riduzione in pristino di quanto in precedenza autorizzato.
5. – Coi restanti due motivi di appello l’appellante critica la sentenza del T.A.R. per avere respinto, nell’ordine, il primo e il secondo motivo dell’atto introduttivo del giudizio, coi quali aveva dedotto la carenza di interesse pubblico attuale alla demolizione, essendo decorsi diciassette anni dalla realizzazione del muro, e la violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, data l’esiguità dell’asserito scostamento in altezza e l’essenzialità della funzione assolta dall’opera, di contenimento del terreno sovrastante che, in caso di sua demolizione, franerebbe.
6. – L’appello è infondato.
7. – Con l’ordinanza impugnata nel giudizio di primo grado il Comune ha ingiunto all’odierna appellante la riduzione allo stato autorizzato dalla c.e. 1519 del 2003 del muro di contenimento per cui è causa avendone accertata l’avvenuta realizzazione con un’altezza variabile fino a un massimo di 2,35 m, mentre, per la relazione allegata alla richiesta di concessione edilizia, esso avrebbe dovuto avere un’altezza compresa tra 1,00 e 1,20 m.
8. – Costituisce dato di fatto espressamente riconosciuto nella relazione tecnica asseverata prodotta in primo grado dalla ricorrente che il muro di terrazzamento in questione giunge fino a un’altezza pari a 2,35 m.
9. – E’ documentale che la relazione tecnica illustrativa, allegata alla richiesta del titolo edilizio (doc. 1 prod. ricorrente 1° grado), alla voce "Sistemazioni interne", afferma che "verranno ... realizzati alcuni muretti di contenimento in muratura di pietrame, su idonea fondazione, dell’altezza massima di mt. 1.00/1.20, mentre verranno ristrutturati quelli esistenti".
10. – In caso di discordanza tra quanto descritto nella relazione tecnica allegata alla domanda di concessione edilizia e quanto rappresentato graficamente nelle tavole progettuali occorre dare prevalenza alla prima, sulla base dello stesso principio valevole in tema di discordanza tra parte normativa e parte grafica dei piani urbanistici, in quanto la valenza del dato letterale, ove il medesimo sia formulato in modo chiaro, prevale su quella del segno grafico (Cons. Stato, sez. VI, 7 giugno 2021, n. 4307;sez. VI, 9 dicembre 2019, n. 8390;sez. V, 7 agosto 2014, n. 4215).
11. – Comunque non vi è prova che l’indicazione delle altezze nella relazione tecnica sia ascrivibile a un refuso, tantomeno immediatamente riconoscibile, e l’esame diretto della tavola progettuale alla quale il ricorrente ha fatto rinvio (doc. 10 prod. 1° grado) conferma quanto osservato già dal T.A.R. sul fatto che vi sono indicate (con triangoli rovesciati bianchi e grigi) le sole quote, attuali e di progetto, del terreno e non anche quelle dei muri di contenimento.
12. – La relazione del responsabile dell’Area tecnica comunale per il rilascio dell’attestazione di conformità paesaggistica da parte della Soprintendenza di Arezzo, che ad ogni buon conto non potrebbe valere a sovvertire quanto emerge dal corredo documentale della pratica edilizia, non attesta affatto l’esatta corrispondenza dell’opera alle presunte misure indicate nelle tavole di progetto (cfr. doc. 18 prod. 1° grado).
13. – Costituiscono variazioni essenziali rispetto al progetto approvato, parificate, salvo che per gli effetti penali, al caso della mancanza di permesso di costruire e di difformità totale, anche le modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato e il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentite (Cons. Stato, sez. VI, 30 marzo 2017, n. 1484).
14. – Il concetto di parziale difformità presuppone dunque che le modificazioni apportate all’intervento costruttivo assentito si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera, mentre si è in presenza di difformità totale o di variazioni essenziali, sanzionabili con la misura della demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione (Cons. Stato., sez. II, 23 ottobre 2020, n. 6432;sez. VI, 24 giugno 2019, n. 4331).
15. – Nel caso di specie, la realizzazione di un muro di contenimento che, anziché essere contenuto entro il limite assentito di un’altezza compresa tra 1,00 e 1,20 m., raggiunge i 2,35 m. (cioè un’altezza pressoché doppia) è certamente ascrivibile al novero delle modifiche sostanziali dell’opera, vieppiù se si considera che anche una semplice sopraelevazione autonoma di un muro di contenimento richiede il permesso di costruire in quanto si presenti idonea ad alterare stabilmente lo stato dei luoghi (Cons.Stato, sez. II, 13 dicembre 2019, n. 487).
16. – In presenza di un illecito edilizio il provvedimento demolitorio assume, per pacifica giurisprudenza, natura vincolata e doverosa anche a distanza di lungo tempo dalla commissione dell’abuso e la sua adozione non richiede specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata ( ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2022, n. 9656, sez. II, 20 luglio 2022, n. 6373).
17. – Per consolidato indirizzo giurisprudenziale la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria deve essere valutata nella fase esecutiva del procedimento, successiva e autonoma rispetto all’ordine di demolizione, nella quale la parte può dedurre in ordine alla situazione di pericolo che costituisce presupposto per la cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità del provvedimento di demolizione (per tutti, Cons. Stato., sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 1).
18. – La mancata o l’erronea individuazione dell’area di sedime da acquisire di diritto gratuitamente al patrimonio disponibile comunale non costituisce ragione d’illegittimità dell’ordine di demolizione, in quanto l’acquisizione gratuita delle opere e della relativa area di sedime costituisce una conseguenza ex lege della inottemperanza all’ordine impartito e, quindi, tale individuazione ben può essere compiuta anche a valle del medesimo, con atto successivo e separato avente natura meramente dichiarativa e ricognitiva (cfr. Cons. Stato., sez. VI, 23 novembre 2017, n. 5471).
19. – Per le suesposte ragioni l’appello dev’essere respinto e la sentenza di primo grado confermata sia pur con la parziale diversa motivazione indicata.
20. – Le spese del grado del giudizio possono essere compensate tra le parti costituite in considerazione della peculiarità della vicenda controversa, mentre nulla va disposto in favore dell’amministrazione comunale, che non si è costituita in giudizio.