Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-04-29, n. 202403888

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-04-29, n. 202403888
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202403888
Data del deposito : 29 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/04/2024

N. 03888/2024REG.PROV.COLL.

N. 05549/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5549 del 2019, proposto dai signori Angelo D’Ambrosio, Rodolfo D’Ambrosio, Giuseppe D’Ambrosio, M M, A C, C C, A M, G M e A M G, rappresentati e difesi dagli avvocati B G C ed E G, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato B G C in Roma, via degli Scipioni, n. 288,

contro

il Comune di Cassino, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato E G, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Adelaide Ristori, n. 42,

nei confronti

dei signori Salvatore Avella e Mattia Spigola, non costituiti in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sezione staccata di Latina, n.651 del 2018, resa tra le parti, concernente la riqualificazione urbanistica di un’area rimasta priva della disciplina urbanistica a seguito della decadenza del vincolo di PRG.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cassino;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4- bis , c.p.a.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 7 febbraio 2024 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi per la parte appellante gli avvocati Benedetto Carbone ed E G e vista l’istanza di passaggio in decisione dell’avvocato E G del Comune appellato;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I signori Angelo D’Ambrosio, Rodolfo D’Ambrosio, Giuseppe D’Ambrosio, M M, A C, C C, A M, G M e A M G sono comproprietari dell’area sita nel Comune di Cassino in via degli Eroi, contraddistinta in catasto come particella 874 del Foglio 84, della superficie di mq.

8.902. Venuto a scadenza il vincolo espropriativo di destinazione a opere di pubblica utilità gravante sulla porzione di area di mq 8.652, adivano il T.a.r. Lazio che, con sentenza n. 198 del 26 febbraio 2015, accoglieva il ricorso ordinando al Comune di concludere il procedimento di variante.

2. Con deliberazione n. 73 del 10 ottobre 2017 il Consiglio comunale ha escluso dalla variante l’area con destinazione zona V – Verde pubblico attrezzato di proprietà dei soggetti interessati, al fine di mantenere la superficie a verde pubblico pari al 50% dell’area totale del lotto, confermando per il resto la precedente delibera per l’area interessata dalla strada di PRG e prevedendo che la spesa per il pagamento dell’indennizzo espropriativo per l’acquisizione del terreno destinato a tale scopo trovasse copertura tramite contributo straordinario previsto dall’art. 16, comma 4, lett. d ter del d.P.R. n. 380/2001.

3. Con il ricorso iscritto al n.R.G. 9/2018, proposto dinanzi al T.a.r. per il Lazio, i predetti agivano per l’accertamento:

- della nullità della Deliberazione del Consiglio comunale di Cassino n. 73, pubblicata sull’albo pretorio il 10.10.2017, avente ad oggetto “ ESAME OSSERVAZIONI – Variante al P.R.G. adottata con Deliberazione di Consiglio comunale n. 43 del 02.07.2015 in esecuzione della sentenza del T.a.r. Lazio n.198/2015 – su Ricorso n. 787/2014 proposto dai sigg. Angelo D’Ambrosio + 8, per la riqualificazione urbanistica dell’area sita in via degli Eroi, rimasta priva della disciplina urbanistica a seguito della decadenza del Vincolo di P.R.G. ”, in quanto elusiva della sentenza del T.a.r. Lazio – Latina n. 198/2015;

- della persistenza dell’obbligo del Comune a provvedere sull’istanza dei ricorrenti volta all’attribuzione di destinazione urbanistica all’area di loro proprietà in conformità alle norme urbanistiche della relativa zona di PRG;

nonché, per la condanna del Comune ad ottemperare alla sentenza del T.a.r. Lazio – Latina 26 febbraio 2015 n. 198;

e comunque per l’annullamento:

- della Deliberazione del Consiglio comunale di Cassino n. 73, pubblicata sull’albo pretorio il 10.10.2017, nella parte in cui, in pretesa ottemperanza della sentenza del T.a.r. Latina n. 198/2015, ha attribuito all’area di proprietà dei ricorrenti una destinazione incompatibile con le norme urbanistiche della relativa zona di PRG;

- della Deliberazione del Consiglio comunale di Cassino n. 43 del 2.7.2015 recante “ Esecuzione sentenza del TAR Lazio n. 198/2018 a seguito di ricorso presentato da Angelo D’Ambrosio + 8. Conclusione procedimento per riqualificazione suolo di proprietà del privato, sito in Via degli Eroi, rimasto privo di specifica disciplina a seguito di decadenza del vincolo. Variante cambio di destinazione d’uso da Zona di Uso Pubblico a Zona Edilizia Semintensiva B1 e Zona Verde Pubblico ”, in quanto atto presupposto alla successiva Deliberazione n. 73/2017;

- della Deliberazione del Consiglio comunale n. 34 del 11.5.2015, recante approvazione del Documento Preliminare di Indirizzo redatto dal Prof. De Lucia, ed i pareri CUC relativi alle deliberazioni CC n. 43/2015 e n. 73/2017;

- di tutti i provvedimenti, determinazioni, verbali, nonché qualsiasi altro atto presupposto, connesso o collegato a quelli sopra indicati, ancorché non conosciuti;

3.1 Hanno dedotto, in particolare, che: - la deliberazione consiliare n. 73 del 10 ottobre 2017, assunta dal Comune di Cassino in pretesa ottemperanza della sentenza n. 189/2015, sarebbe stata elusiva del giudicato;
- la deliberazione impugnata sarebbe comunque in contrasto con le precedenti delibere di G.M. n. 24 del 31 marzo 2013 e di C.C. n. 43 del 2 luglio 2015;
- sarebbe illegittimo il criterio con il quale il Comune avrebbe preteso di sopperire alla copertura dell’indennizzo espropriativo per la parte di terreno di cui la variante impugnata aveva previsto di confermarne la destinazione a strada pubblica.

4. Il T.a.r. adito, con la sentenza n. 651 pubblicata il 17 dicembre 2018, ha respinto il ricorso, rilevando che:

“- non vi è stata alcuna elusione del giudicato rappresentato dalla sentenza n. 198 del 2015;

- non sussiste alcun obbligo del Comune di riqualificare l’area secondo i parametri invocati dai ricorrenti;

- è corretta la decisione di procedere a compensazione tra l’indennizzo dovuto dal Comune per le aree soggette a espropriazione e il contributo dovuto dai ricorrenti previsto dall’art. 16 c. 4 lett. d-ter del DPR 380/01”.

5. Avverso tale pronuncia insorgono i medesimi ricorrenti di primo grado, con atto di appello notificato in data 14 giugno 2019 e depositato il 27 giugno 2019, a mezzo del quale chiedono l’annullamento e/o riforma della sentenza gravata, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado e annullamento degli atti impugnati.

6. Il Comune di Cassino si è costituito in giudizio in data 15 luglio 2019 al fine di chiedere la reiezione dell’avverso gravame.

7. In prosieguo di giudizio entrambe le parti hanno depositato memorie, l’appellante anche in replica, insistendo per le rispettive conclusioni.

8. Alla udienza straordinaria del 7 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.

9. L’appello è fondato nei sensi e nei limiti di cui alla motivazione che segue.

9.1. Con il primo motivo, gli appellanti contestano la sentenza impugnata nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto che l’obbligo del Comune di riqualificazione urbanistica gravante sul Comune non riguardasse l’intera proprietà dei ricorrenti, ma soltanto una parte più limitata “sottoposta a vincolo preordinato all’esproprio decaduto per scadenza del termine quinquennale”. Deducono che, dalla sentenza del T.a.r. Latina n. 189/2015, sarebbe scaturito l’obbligo per il Comune di procedere ad una riqualificazione urbanistica dell’intera porzione dell’area dei ricorrenti per 8.652 mq., già destinata in larga parte a verde pubblico, per altra parte a servizi scolastici (scuola materna) ed in parte residua a viabilità di P.R.G. Pertanto, ricadendo l’area in zona B1, in sede di riqualificazione urbanistica il Comune avrebbe dovuto tenere conto degli indici e parametri costruttivi previsti dall’art. 15 delle Norme Tecniche di Attuazione, applicandoli all’area complessivamente considerata. Al contrario, dopo aver “escluso” dalla procedura di variante una gran parte dell’area precedentemente vincolata dal PRG con destinazione zona V – originaria destinazione imposta dal vincolo espropriativo – il Comune avrebbe immotivatamente vincolato la residua parte considerata edificabile (per circa 3.052 mq) all’edificazione secondo parametri costruttivi assolutamente restrittivi e non conformi a quelli della zona B1 di PRG. Gli appellanti lamentano quindi che con la variante in questione sarebbe stato totalmente disatteso l’obbligo conformativo del Comune di riqualificare l’intera proprietà dei ricorrenti secondo la disciplina urbanistica di zona, tenendo conto non solo dei corrispondenti parametri edificatori, ma anche delle complessive dotazioni di zona rispetto agli standard urbanistici oggi esistenti.

9.1.1. Il motivo è infondato.

9.1.2. Ai fini della sua disamina occorre ripercorre il tratto testuale del capo della sentenza relativo a tale profilo della vicenda di causa, avendo il giudice di primo grado esattamente affermato che “la sentenza n. 198 del 26 febbraio 2015… contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non dispone l’obbligo del Comune resistente di riqualificare urbanisticamente l’intera porzione dell’area dei ricorrenti ma solo quella sottoposta a vincolo preordinato all’esproprio decaduto per scadenza del termine quinquennale, né, tanto meno, impone al Comune di tenere conto degli indici e parametri costruttivi previsti dall’art. 15 delle Norme Tecniche di Attuazione, applicandoli all’area complessivamente considerata”.

Trattasi di considerazioni condivisibili in quanto detta sentenza del 2015 (doc. 12 allegato al ricorso di primo grado) richiama consolidata giurisprudenza secondo cui “ Il semplice avvio delle procedure per la revisione dell'intero strumento urbanistico comunale non costituisce [...] idoneo adempimento dell'obbligo di operare la riqualificazione urbanistica alle zone rimaste prive di specifica disciplina a seguito della decadenza del vincolo di destinazione gravante sulle stesse: nessun rilievo può difatti assumere, sotto tale ultimo profilo, la nota impugnata, atteso che, lungi dal definire il procedimento secondo l'obbligo imposto dall'art. 2 l. 241/90, o, comunque, da fornire al privato una risposta alle sue aspettative dotata di sufficiente concretezza e puntualità (quanto a modi e tempi dell'azione amministrativa), ha indefinitamente procrastinato lo svolgimento della necessaria istruttoria” (T.a.r. Lecce, sez. III, 10 luglio 2012, n. 1184). La medesima pronuncia afferma che “pertanto, la P.A. non può genericamente rinviare il soddisfacimento dell'interesse alla riqualificazione urbanistica di un suolo di proprietà del privato al tempo dell'adozione del nuovo strumento urbanistico generale, senza predeterminare un percorso sufficientemente definito, quanto meno nei suoi passaggi, anche temporali, di maggior rilievo” e ordina “ al Comune di Cassino ex art. 117 del D.L.vo n. 104 del 2.7.2010, di concludere il procedimento entro il termine di 120 (centoventi) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione” senza altrimenti interferire nell’ambito della discrezionalità dell’Amministrazione soccombente.

Giova altresì richiamare una recente pronuncia di questo Consiglio (sentenza, sez. IV, 7 febbraio 2023, n. 1317), secondo cui “le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio costituiscono espressione del più ampio potere discrezionale dell'amministrazione;
di conseguenza, esse possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di abnormità ovvero di palese travisamento dei fatti. Il principio è stato ribadito di recente con la sentenza della sezione 2 gennaio 2023, n. 21 secondo cui: - le scelte di pianificazione sono espressione di un'amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;
- anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni”.

9.2. Con il secondo motivo, gli appellanti censurano la sentenza gravata nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto legittima la deliberazione consiliare n. 73/2017 rispetto alle motivazioni di recepimento parziale delle osservazioni pervenute dai comitati locali e dagli stessi ricorrenti, in relazione al progetto di variante inizialmente previsto con la precedente deliberazione n. 43/2015. Rilevano la palese contraddittorietà della deliberazione impugnata rispetto alle precedenti delibere G.M. n.24 del 31.03.2013 e C.C. n.43 del 2.7.2015, con le quali mai si è dubitato dell’intervenuta scadenza del vincolo espropriativo a verde pubblico gravante sulle aree e sulla conseguente necessità di riqualificazione urbanistica, come riconosciuto dallo stesso T.a.r. nella sentenza n. 198/2015. Evidenziano che, ove il Comune avesse voluto imprimere all’area in questione un vincolo a contenuto realmente “ conformativo ”, avrebbe dovuto riqualificare l’area riportandola alla previsione dell’art. 31 della NTA “ verde attrezzato sportivo ” (come inizialmente previsto nella delibera 43/2015), che in effetti prevede interventi anche privati ovvero pubblico-privati. Deducono che, peraltro, l’esclusione dalla doverosa riqualificazione urbanistica di gran parte dell’area di proprietà dei ricorrenti sarebbe illegittima anche ove dovesse essere intesa come applicazione “ ex novo ” della destinazione a verde pubblico ex art. 30 della NTA, in quanto simile destinazione – costituendo una nuova qualificazione urbanistica – avrebbe dovuto essere assunta in relazione alla situazione all’attualità, che è contraddistinta dalla presenza di aree a verde in misura sovrabbondante rispetto agli standard generali di cui al D.M. 1444/1965.

9.2.1. Anche tale motivo risulta infondato.

9.2.2. Il Collegio ritiene infatti di condividere le considerazioni rese sul punto dal T.a.r. laddove – preso atto che “I ricorrenti sostengono che il Comune non poteva escludere dalla riqualificazione urbanistica una parte consistente del terreno per destinarla a Zona V (Verde pubblico attrezzato), che per stessa ammissione del Comune era la originaria destinazione imposta dal vincolo espropriativo ormai da tempo scaduto e mai più reiterato – osserva che “ In realtà, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, la giurisprudenza anche di questa Sezione precisa che “l’esistenza di una precedente destinazione non implica l’acquisizione di una immutabile aspettativa di edificazione la quale è quindi suscettiva di modifica in ragione di esigenze sopravvenute. Ed, infatti, per costante insegnamento l’aspettativa generica del privato alla non reformatio in peius delle preesistenti destinazioni di zona deve cedere di fronte alla discrezionalità sottesa alla funzione di pianificazione urbanistica” (cfr. Tar Latina n. 95/2014)… tali scelte discrezionali sono state sufficientemente motivate posto che nel provvedimento impugnato le ulteriori proposizioni ed eccezioni contenute nell’osservazione (proposta dagli odierni ricorrenti n.d.r.), in particolare quelle riguardanti la presunta assenza di calcoli urbanistici oggettivamente verificabili a sostegno delle valutazioni di carattere urbanistico addotte quale presupposto della Variante, vengono respinte richiamando il contenuto della relazione tecnica sui criteri e sulle scelte di variante” allegata alla Deliberazione di C.C. n. 43/2015…”.

Deve infatti ribadirsi che la classificazione dell’area de qua riflette l’esercizio da parte dell’Amministrazione comunale di un coefficiente di discrezionalità che non è eroso dal semplice fatto che la medesima area è stata interessata da una precedente disposizione vincolistica venuta ormai meno, fermo restando che la disciplina urbanistica alla quale è stata ora sottoposta non consente di configurare la reiterazione del vincolo pregresso.

Secondo preciso orientamento di questo Consiglio, infatti, “…l'area non essendo soggetta a vincolo preordinato esclusivamente all'esproprio, non sarebbe suscettibile di indennizzo secondo la sentenza n. 179/1999 della Corte Costituzionale, la quale, per l'appunto, aveva escluso l'indennizzabilità di vincoli derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata, che non comportano dunque necessariamente espropriazioni o interventi esclusivamente pubblici, cioè che siano attuabili anche dal soggetto privato senza previa necessità di ablazione del bene. Nella variante al PRG non sarebbe stato reiterato affatto un vincolo espropriativo, ma sarebbe invece stato previsto un nuovo vincolo conformativo” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4242). Secondo quindi il preciso orientamento di questo Consiglio, suscettibile di conferma in questa sede, nel perimetro delle disposizioni vincolistiche qualificabili come espropriative non rientrano quelle che consentono l’iniziativa privata. Il tutto alla luce della distinzione, in termini generali, tra vincoli conformativi ed espropriativi. Si osserva infatti sul punto in giurisprudenza che “ devono considerarsi conformativi i vincoli inquadrabili nella zonizzazione dell'intero territorio comunale, o di parte di esso, che incidono su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto (per lo più spaziale) con un'opera pubblica. Sono, invece, vincoli preordinati all'esproprio o di carattere sostanzialmente espropriativo solo quelli incidenti su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona ma della localizzazione di un'opera pubblica, ovvero tali da implicare uno svuotamento incisivo della proprietà (cfr. sentenza Corte Costituzionale 20 maggio 1999 n.179)… In questa prospettiva, sono state pertanto ritenute di natura conformativa - e come tali non soggette a decadenza ex art.2, comma 1, L. 19 novembre 1968, n. 1187, ora trasfuso nell'art.9 D.P.R. n. 327 del 2001 - le destinazioni a "parco urbano", "verde pubblico", "verde urbano" o "verde attrezzato" (cfr. Consiglio Stato, Sezione IV, 25 maggio 2005 n.2718 e 12 maggio 2010 n.2843;
T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, 21 dicembre 2010 n.7636;
Sezione I, 10 giugno 2010 n.1772;
T.A.R. Campania, Salerno, Sezione II, 11 novembre 2009 n.6682), in quanto, di regola, una siffatta destinazione non impedisce ogni possibilità di utilizzazione dei terreni da parte dei proprietari ogni volta che le previsioni dello strumento urbanistico lasciano ferma la possibilità di realizzare, anche su iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, attrezzature per il gioco dei bambini o per lo svago, chioschi ed altri simili strutture. Quando, invece, lo strumento urbanistico consente di eseguire tali interventi ad esclusiva iniziativa pubblica, si pongono all'interno dello schema espropriativo, postulando la necessaria ablazione del bene” (cfr.
T.a.r. Campania Napoli, Sez. II, Sentenza, 4 aprile 2012, n. 1573).

9.2.3. In conclusione, l’individuazione dell’area da riqualificare urbanisticamente è frutto di discrezionalità amministrativa;
inoltre la destinazione dell’area a Zona V (Verde pubblico attrezzato) non costituisce un vincolo espropriativo ma conformativo e nell’impugnata delibera (doc. 1 allegato al ricorso di primo grado) si legge che “le previsioni edificatorie stabilite dall’art. 30 delle Norme Tecniche di Attuazione dello stesso PRG, affidano infatti alla zona V (verde pubblico attrezzato) la possibilità di costruire – sia pure con notevoli limitazioni – non solo all’amministrazione pubblica, ma anche a soggetti privati ”. Non si configura pertanto nel caso di specie alcun vincolo sostanzialmente espropriativo.

9.3. Con il terzo motivo, gli appellanti contestano la sentenza di prime cure nella parte in cui ha reputato legittima la scelta del Comune di sopperire al mancato riconoscimento dell’indennizzo attraverso l’applicazione del contributo straordinario di cui all’art. 16 comma 4, lett. d ter del D.P.R. n. 380/2001. Lamentano che l’attivazione del contributo straordinario è subordinata al calcolo dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, da stabilire con deliberazione del Consiglio comunale in base alle tabelle parametriche definite dalla Regione, ma che né la Regione, né il Comune vi avevano provveduto. Soggiungono di aver subìto una forte diminuzione della potenzialità edificatoria originariamente assentita, per cui nessuna valorizzazione patrimoniale, da assoggettare a plusvalenza ex art. 16, comma 4, lettera d- ter ), più volte citata, potrebbe essere rinvenuta anche sotto questo profilo.

9.3.1. Il motivo è fondato.

Sul punto, nella sentenza impugnata si legge che “come spiegato dal Comune resistente il Consiglio comunale, con l’impugnata deliberazione n. 73/2017, ha deliberato di demandare al Responsabile del Settore Tecnico la valutazione del «contributo straordinario» previsto dall’art. 16 c. 4 lett. d-ter del DPR 380/01… per cui l’indennizzo dovuto ai ricorrenti non sarà negato, come da essi paventato per la mancanza delle tabelle parametriche definite dalla Regione”.

A ben vedere, nell’impugnata delibera (doc. 1 allegato al ricorso di primo grado) si riporta che “le previsioni edificatorie stabilite dall’art. 30 delle Norme Tecniche di Attuazione dello stesso PRG, affidano infatti alla zona V (verde pubblico attrezzato) la possibilità di costruire – sia pure con notevoli limitazioni – non solo all’amministrazione pubblica, ma anche a soggetti privati, … quindi edifici a servizio degli impianti ed attrezzature sportive, l’istallazione di chioschi mobili di vendita. Ne consegue che detta zona non è soggetta a limiti temporali e come tale indennizzabile. Discorso analogo non può, però, essere effettuato per l’area interessata dalla strada di PRG, la cui destinazione è stata riconfermata nella Variante adottata dal Consiglio comunale il 2.7.2015 e negli stessi elaborati adeguati dal Settore tecnico a seguito di richiesta dalla C.U.C. In questo caso, essendo la stessa interessata da acquisizione da parte del Comune, viene coperta per l’indennizzo espropriativo tramite il contributo straordinario previsto dall’art. 16 comma 4 lett. d-ter del DPR n. 380/2001” (cfr. pag. 8 della delibera n. 73/2017) .

Pertanto, si statuisce “di demandare al Responsabile del Settore Tecnico la valutazione del «contributo straordinario» previsto dall’art. 16 c. 4 lett. d-ter del DPR 380/01 e s.m.e i., in ottemperanza a specifiche «definizioni dei criteri e determinazioni del benefico pubblico” confluenti in specifico atto deliberativo comunale da sottoporre all’esame ed approvazione del consiglio comunale»” (cfr. pag. 9 della delibera n. 73/2017) .

Ebbene non è meritevole di condivisione quanto rilevato dal T.a.r. nel senso che “ la scelta del Comune di sopperire al mancato riconoscimento dell’indennizzo attraverso l’applicazione del contributo straordinario di cui all’art. 16 c.4, lett. d ter del D.P.R. n. 380/2001 non ha effettiva ricaduta economica in quanto vi è l’impegno del Comune di provvedere all’indennizzo” .

Difatti quello di corrispondere l’indennizzo costituisce un preciso obbligo di legge, sottendendo la necessità di assicurare la necessaria contropartita economica in grado di bilanciare la perdita del bene espropriato e che non ammette succedanei.

10. In conclusione, l’appello è parzialmente fondato e pertanto va accolto nei limiti di quanto dedotto, col terzo motivo, a proposito del mancato riconoscimento dell’indennizzo.

11. La soccombenza parziale e reciproca giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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