TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2021-01-15, n. 202100015

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2021-01-15, n. 202100015
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Cagliari
Numero : 202100015
Data del deposito : 15 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/01/2021

N. 00015/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00161/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO I

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 161 del 2020, proposto da
Solidarietà Consorzio Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati S D, M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Teulada, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati R U, A M L, L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

1) della determinazione dirigenziale – Registro Generale n. 45 del 3.2.2020, adottata dalla Responsabile del Settore dei Servizi alla Persona, Culturali e Turismo del Comune di Teulada, pervenuta il 3.2.2020, a mezzo pec, con la quale il Comune di Teulada ha dichiarato la <<risoluzione del rapporto inerente la gestione della concessione del “Centro residenziale polivalente per anziani” con adeguamento in comunità integrata con annesso servizio di aggregazione sociale, C.I.G. 2759088761D>>
e relativa comunicazione di accompagnamento della precedente;

2) della deliberazione della Giunta Comunale di Teulada n. 6 del 23.1.2020 (indirizzi per l’affidamento in concessione in via d’urgenza della comunità integrata per anziani, sita in Via Dante n. 34 -Teulada);

3) di ogni atto presupposto, inerente e comunque connesso

Visti il ricorso e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Teulada;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2020 il dott. G R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nell’anno 2018 il Comune di Teulada, che disponeva di una struttura per anziani di 16 posti letto, della tipologia “comunità alloggio per pazienti autosufficienti”, decideva di trasformarla in “comunità integrata”, per pazienti non autosufficienti, con ampliamento a 30 posti letto.

Veniva quindi espletata una procedura di gara, all’esito della quale si è provveduto all’affidamento in concessione, per cinque anni, alla ditta “Solidarietà Consorzio Cooperativo Sociale”, del Centro residenziale polivalente per anziani con adeguamento in comunità integrata con annesso servizio di aggregazione sociale.

Effettuato l’affidamento, però, non si procedeva con la sottoscrizione del contratto, per la gestione della “comunità integrata da 30 posti letto” per cinque anni, bensì, in data 23.11.2018 con prot. n. 1151, veniva effettuato un affidamento senza previsione di scadenza sotto riserva di legge, senza istituzione di comunità integrata e per soli 16 posti letto, mentre, in data 15.1.2019, veniva stipulata la convenzione per l’esecuzione del servizio relativo al Centro di Aggregazione sociale.

Espone il Consorzio ricorrente, di avere immediatamente, segnalato all’Amministrazione comunale l’esigenza di mantenere quanto prescritto nei documenti di gara, essendo antieconomica la gestione di sola comunità alloggio per 16 persone.

Dal carteggio e dalle riunioni con l’Amministrazione emergeva che una struttura da 30 ospiti non poteva essere realizzata.

In data 30 luglio 2019 (8 mesi dopo l’affidamento sotto riserva di legge) veniva rilasciato un certificato di agibilità apparentemente per una struttura da 25 posti: in realtà, dalle premesse del certificato medesimo, si evince che si è utilizzata la procedura per le certificazioni di agibilità per strutture sanitarie con un numero di posti letto “inferiore a 25”.

Con comunicazione del 28.11.2019 il Consorzio contestava la gestione del rapporto da parte dell’Amministrazione comunale, con particolare riferimento:

- al mancato adeguamento della struttura;

- alla circostanza che il Comune pretendeva il pagamento di un canone parametrato sulla configurazione contrattuale posta a base della gara, senza che però fosse stata consegnata la struttura da gestire in conformità;

- al mancato acquisto degli arredi occorrenti al completamento della struttura;

In seguito a questi inadempimenti il Consorzio ricorrente, in data 14.1.2020, comunicava la propria determinazione a risolvere il contratto per inadempimento dell’Amministrazione comunale, la quale, in risposta, il giorno successivo, comunicava di avere deliberato la procedura per l’acquisizione degli arredi (poi revocata successivamente all’aggiudicazione).

Poiché il Consorzio era irrevocabilmente determinato a risolvere il contratto (di affidamento sotto riserva di legge) il Comune di Teulada, con comunicazione del 22 gennaio 2020, contestava per la prima inadempimenti, mai contestati prima;
prevedendo un termine per provvedere ad eliminare gli stessi ma, nello stesso tempo, prevedendo l’affidamento a terzi della gestione della struttura, pubblicando le relative determinazioni nell’Albo Pretorio, ravvisando la risoluzione del contratto ex art. 108 codice dei contratti.

Entrambe le parti di questo giudizio si sono determinate ad una risoluzione del contratto, nel senso che né il Comune di Teulada né il Consorzio ricorrente intendono proseguire il rapporto di gestione in essere.

Il Consorzio afferma di avere interesse all’annullamento degli atti impugnati non per rientrare in servizio, ma per:

- ottenere, in separato giudizio, il risarcimento del danno per l’inadempimento del Comune;

- non essere chiamato a risarcire danni al Comune;

- non subire conseguenze pregiudizievoli in ordine alla partecipazione alle gare pubbliche.

Non ha invece interesse a riprendere il servizio oggetto dell’affidamento.

E’ insorto contro gli atti indicati in epigrafe deducendo le seguenti censure:

- violazione e falsa applicazione dell’articolo 108 (per carenza dei presupposti sostanziali per l’emissione del provvedimento e violazione delle norme procedimentali) e dell’articolo 32 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e ss.mm.ii, travisamento dei fatti, carenza, insufficienza, genericità e perplessità della motivazione, violazione e falsa applicazione del Capitolato speciale d'appalto, violazione ed inadempimento agli obblighi di cui all’articolo 1 del Capitolato speciale di gara per l’affidamento in concessione della struttura e degli articoli 1453 e ss., in particolare articolo 1460, del codice civile, illogicità manifesta, insufficienza istruttoria.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Si costituiva il Comune di Teulada eccependo il difetto di giurisdizione, ritenendo la cognizione sul ricorso devoluta al Giudice Ordinario.

Nel merito chiedeva il rigetto del ricorso.

Alla udienza pubblica del 14 ottobre 2020 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione sollevata dalla difesa del Comune secondo la quale questa controversia apparterrebbe alla giurisdizione del giudice ordinario.

L’eccezione è fondata.

Devono essere applicati alla fattispecie in esame i consolidati criteri di riparto della giurisdizione, da tempo affermati dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, secondo cui sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo le controversie relative alla procedura di affidamento dell'appalto, mentre quelle aventi ad oggetto la fase di esecuzione del contratto spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti ed obblighi. Tra queste controversie vanno annoverate anche quelle aventi ad oggetto la risoluzione anticipata del contratto autoritativamente disposta dall'Amministrazione committente a causa dell'inadempimento delle obbligazioni poste a carico dello appaltatore: anch'esse, infatti, attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell'appaltatore alla prosecuzione del rapporto (così, recentemente, Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, ordinanza 10 gennaio 2019 n. 489).

La controversia vertente su un provvedimento di "decadenza dall'aggiudicazione" adottato dalla p.a. dopo l'efficacia dell'aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto, è quindi soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che quel provvedimento, non essendo riconducibile all'esercizio di un potere autoritativo, può qualificarsi, alternativamente, come atto dichiarativo dell'intervenuta risoluzione per inadempimento di un accordo concluso mediante esecuzione anticipata, ovvero, in difetto di quest'ultima, come recesso dalle trattative dirette alla stipula del contratto dopo l'aggiudicazione, rimanendo comunque espressione di un potere di natura privatistica (Cassazione civile sezioni unite 5 novembre 2018, n. 24411).

Tutta la giurisprudenza preferibile è ormai consolidata nel ritenere che l'atto che, pur autoqualificandosi come revoca e richiamando le disposizioni che tale potere disciplinano, si fonda su una serie di inadempimenti delle obbligazioni scaturenti dal rapporto contrattuale instauratosi a seguito della disposta esecuzione in via d'urgenza, è privo di contenuto provvedimentale, quando, tenuto conto del suo contenuto sostanziale, esso non può dirsi frutto della spendita di potere pubblicistico, ma dell'esercizio del diritto potestativo di risolvere il contratto, spettante alla stazione appaltante ai sensi dell'art. 108, d.lgs. 50/2016. In tal caso, invero, non viene in considerazione l'esercizio di prerogative pubblicistiche da parte della stazione appaltante, ma una controversia che, avuto riguardo alla matrice negoziale dell'esecuzione anticipata e, quindi, alle posizioni paritetiche assunte dalle parti, coinvolge non già violazioni di regole dell'azione amministrativa, bensì diritti soggettivi inerenti a un rapporto di natura privatistica, riservato alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario (T.a.r. Veneto, sez. II, 17 settembre 2019, n. 994).

Ancora recentissimamente (e il richiamo qui è particolarmente significativo) le Sezioni Unite hanno precisato che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non “tutte” le controversie relative a concessioni di pubblici servizi, ma solo quelle attinenti a materie in cui la P.A. agisce come autorità;
ciò sul rilievo che, anche nelle ipotesi in cui risulta, in particolari materie, normativamente attribuita al giudice amministrativo, la giurisdizione deve ritenersi non estesa ad ogni controversia in qualche modo concernente la materia devoluta alla relativa giurisdizione esclusiva, ma soltanto alle controversie che abbiano in concreto ad oggetto la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi, espressione di pubblici poteri. In altri termini, affinché il giudice amministrativo possa conoscere di diritti soggettivi è necessario che la controversia rientri in concreto nella giurisdizione esclusiva, la quale, tuttavia, non è configurabile quando non siano implicati poteri amministrativi, in mancanza dei quali non sono predicabili neppure interessi legittimi (Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 29 ottobre 2020 n. 23908).

E, ancora più recentemente, il giudice regolatore della giurisdizione ha affermato i seguenti principi (Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, ordinanza 30 dicembre 2020, n. 29824):

1) costituisce principio generale che, nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto l’affidamento di servizi o lavori pubblici, la cognizione di comportamenti ed atti relativi alla fase della esecuzione del rapporto contrattuale spetta alla giurisdizione del giudice ordinario;
si veda, con specifico riferimento alle controversie aventi ad oggetto la risoluzione contrattuale SSUU n. 10705/17: «in tema d’appalto di opera pubblica, la controversia relativa alla risoluzione del contratto per inadempimento dell’aggiudicatario, afferendo esclusivamente alla fase esecutiva del rapporto, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario»;

2) le Sezioni Unite hanno ribadito, per un verso, che, in tema di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica e di concessione di servizi pubblici, la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della concessione, nonché le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge (sentt. nn. 18267/19, 33691/19);
per altro verso, che la controversia relativa alla fase di esecuzione di una convenzione avente ad oggetto la costruzione e la gestione di un’opera pubblica appartiene alla giurisdizione ordinaria, per essere sussumibile nella unitaria categoria, regolata dal d.lgs. n. 163 del 2006, della “concessione di lavori pubblici”, nella quale la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario (sent. 5594/20).

Premono alcune ulteriori precisazioni:

Come recentemente ricordato da una pregevole pronuncia del T.a.r. Sicilia, Catania, Sez. III, 27 febbraio 2020, n. 489, sono noti gli arresti giurisprudenziali (cfr., ad esempio, T.A.R. Campania, Napoli, II, n. 4652/2018;
Cass. Civ., Sez. Un., n. 8035/2018 e Consiglio di Stato, V, n. 5421/2013) in cui è stato affermato che:

a) nelle concessioni di servizio pubblico, il profilo autoritativo emerge anche nella fase esecutiva del rapporto, tanto da giustificare la diversa regolazione della giurisdizione esclusiva, estesa anche al momento di attuazione del rapporto, in considerazione della prevalenza dell'interesse pubblico perseguito, alla luce di una lettura unitaria del fenomeno “provvedimento concessione-contratto accessivo”, dovendo, quindi, ritenersi che rivesta natura autoritativa il provvedimento di risoluzione della concessione, tanto da radicare la giurisdizione esclusiva ex art. 133, primo comma, lettera c, c.p.a.;

b) nel rapporto di concessione di un pubblico servizio sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie concernenti il rapporto concessorio, la sua cessazione, nonché eventuali richieste di risarcimento ad esso collegate, qualora esse pongano in discussione aspetti implicanti l’esercizio di potestà pubbliche o, comunque, ad esse riconducibili;

c) la giurisdizione esclusiva in materia di concessioni di servizi concerne tutte le controversie attinenti a tali rapporti, ancorché non originate da provvedimenti della Pubblica Amministrazione, ma nelle quali l'Amministrazione concedente fa comunque valere le proprie prerogative di persona giuridica pubblica, anche laddove faccia ricorso a strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, residuando, a dispetto dell’attenuazione dei profili pubblicistici sotto la spinta del diritto europeo, un interesse pubblico predominante anche nel corso dell'esecuzione del rapporto scaturente dalla concessione, ciò che giustifica l'ampiezza della giurisdizione esclusiva.

Tuttavia, ricorda giustamente, la citata sentenza (riformata dal C.g.a. Sez. Giurisdizionale, 16 ottobre 2020 n. 935 con argomentazioni non in linea con la recente giurisprudenza delle Sezioni Unite) che nella recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. Un., ordinanza n. 18267/2019 dell’8 luglio 2019), si è affermato che:

a) la giurisprudenza tradizionale ha affermato che la giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di concessione di servizi riguarda tendenzialmente tutta la fase esecutiva del rapporto (cfr., ad esempio, Cass. Civ., Sez. Un., n. 20682/20198, n. 13940/2014 e n. 24902/2011);

b) tale orientamento deve, però, considerarsi superato, atteso che la giurisdizione del giudice amministrativo può predicarsi nei soli casi in cui l’Amministrazione, successivamente all’instaurazione del rapporto, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sull’affidamento o comunque con provvedimenti adottati in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241/1990, oltre che nei casi previsti dalla legge (sul punto, cfr. Cass. Civ., Sez. Un. 18 dicembre 2018, n. 32728;
13 settembre 2017, n. 21200, 20 maggio 2014, n. 11022);

c) ciò in quanto, dopo la stipulazione del contratto o della convenzione, le parti si trovano in una situazione di parità nella quale l’Amministrazione non esercita ordinariamente poteri autoritativi (cfr. sul punto le sentenze della Corte Costituzionale n. 43/2011 e n. 53/2011), mentre nella materia dei pubblici servizi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo può essere affermata solo allorquando la Pubblica Amministrazione agisca esercitando un potere autoritativo (cfr. sul punto, Corte Cost. n. 204/ 2004);

d) tale potere non è ravvisabile in linea di principio quando sia ormai sorto il “vincolo” contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto;

e) una conferma di queste conclusioni viene anche dall'art. 133, primo comma 1, lettera c), c.p.a., il quale, oltre a richiamare “ad excludendum” le controversie concernenti “indennità, canoni e altri corrispettivi”, tipizza le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quelle che costituiscono espressione dell'esercizio di poteri autoritativi, quali sono quelle “relative a provvedimenti adottati dalla Pubblica Amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241/1990, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore”;

f) inoltre, la distanza tra le figure dell'appalto e della concessione, su impulso del diritto europeo, si è andata riducendo fino a dissolversi, costituendo ormai entrambe le figure “contratti a titolo oneroso”;

g) ciò non significa “che, in relazione a peculiari esigenze di interesse pubblico, non possano residuare in capo all'autorità procedente poteri pubblici riferibili, tra l'altro, a specifici aspetti organizzativi afferenti alla stessa fase esecutiva” (sul punto, cfr. Corte Cost. n. 43/2011), in relazione ai quali è prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sempre che detti poteri siano tipizzati dalla legge nazionale in senso compatibile con la legislazione europea;

h) al contrario, le controversie nelle quali il “petitum sostanziale” è l'accertamento dell'adempimento o dell'inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell'ambito del rapporto concessorio, a fini risolutori o risarcitori, non coinvolgono sotto alcun profilo un controllo sull'esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell'azione amministrativa provvedimentale;

i) al giudice di merito, invero, è chiesto in questi casi di valutare la corrispondenza al vero dei fatti di inadempimento dedotti a fondamento delle pretese e di qualificarli giuridicamente, per trarne le conseguenze sul piano privatistico, vertendosi in tema di diritti soggettivi vantati in posizione di parità dal privato nei confronti dell'ente pubblico o parificato;

l) per radicare la giurisdizione esclusiva, in altri termini, non è sufficiente la mera attinenza della controversia con una determinata materia, occorrendo pur sempre che la controversia abbia ad oggetto, in concreto, la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi che siano espressione di pubblici poteri (sul punto, cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 25 febbraio 2011, n. 4614);

m) l'attinenza, infatti, della vicenda ad interessi di ordine pubblicistico non è sufficiente a risolvere il problema del riparto della giurisdizione, perché quel che veramente conta è stabilire se, in funzione del perseguimento di quell'interesse, l'Amministrazione sia o meno dotata di un potere di supremazia, in relazione allo specifico oggetto del contenzioso portato dinanzi al giudice (sul punto, cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 21 luglio 2015, n. 15207 e 20 ottobre 2014, n. 22116);

m) pertanto, per dirimere la questione di giurisdizione, nessun rilievo può avere la necessità che per decidere sul fatto (inadempimento) dedotto come causa del danno il giudice debba conoscere e valutare il contenuto delle obbligazioni cristallizzate nell'atto convenzionale presupposto, poiché non è la mera occasionalità del collegamento con il potere pubblico (di cui è espressione l'atto concessorio) a determinare il radicamento della giurisdizione (sul punto, cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 5 giugno 2018, n. 14434 e 11 luglio 2017, n. 17110);

n) non si capirebbe altrimenti la ragione della riserva al giudice ordinario delle controversie in tema di “indennità, canoni e altri corrispettivi”, che ugualmente rivelano un collegamento indiretto con l'atto concessorio (e quindi con il potere pubblico) che in tal caso risulta tuttavia inidoneo a radicare la giurisdizione esclusiva;

o) la tradizionale interpretazione riduttiva dell’estensione in materia della giurisdizione ordinaria deve tenere conto del decisivo rilievo attribuito (a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004) al criterio del concreto collegamento con il potere, quale presupposto costituzionalmente imprescindibile per radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

p) diversamente opinando si dovrebbe concludere che al giudice ordinario, pur fornito di giurisdizione, sarebbe precluso di somministrare una tutela effettiva alla parte che chieda il pagamento di indennità e altri corrispettivi in conseguenza dell'altrui inadempimento, essendogli inibito di esaminare il contenuto del rapporto concessorio e dovendo arrestarsi in presenza di atti amministrativi privi di rilievo provvedimentale, esito questo non condivisibile, a norma degli artt. 24 e 113 secondo comma, della Costituzione;

q) una diversa conclusione non potrebbe essere argomentata qualificando la convenzione, in ragione della natura pubblicistica degli interessi curati in via negoziale, come accordo amministrativo a norma dell’art. 11 della legge n. 241/1990, atteso che in senso contrario deve osservarsi che, ai sensi dell'art. 133, primo comma 1, lettere b e c, c.p.a., in materia di rapporti concessori, a conoscere delle controversie indennitarie rimane comunque competente il giudice ordinario, mentre per gli accordi amministrativi il giudice amministrativo è competente per l'intera fase di “esecuzione” e quindi anche per i profili indennitari, con la conseguenza che la riconduzione delle convenzioni di concessioni al richiamato art. 11 non sembra compatibile con la distinzione che lo stesso codice pone, all'art. 133, tra l'ambito di giurisdizione amministrativa in materia di accordi e quello che caratterizza le concessioni di beni e servizi pubblici, poiché la stessa comporterebbe, come osservato dal preferibile orientamento della dottrina, l'affermazione di un'inammissibile (perché contrastante con il chiaro dettato delle norme) abrogazione tacita dell'art. 133, lettere b e c, c.p.a.”.

Il caso qui esaminato, sulla base delle acquisizioni giurisprudenziali fin qui richiamate, è paradigmatico di una controversia relativa alla corretta esecuzione del rapporto. Controversia che appartiene alla cognizione del giudice ordinario anche se la fase è quella della esecuzione anticipata.

Non resta, pertanto, al Collegio che dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, nonché - in virtù del principio della cd. translatio iudicii, ai sensi dall’articolo 11 del Codice del Processo Amministrativo – indicare alla parte ricorrente il termine perentorio di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della presente sentenza per riassumere il giudizio innanzi al giudice ordinario al fine di salvaguardare gli effetti processuali e sostanziali della domanda proposta in questa sede.

Le spese, vista la difficoltà nel rinvenire il corretto criterio discretivo della giurisdizione in un caso come quello qui esaminato, possono essere compensate tra le parti in causa.

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