TAR Palermo, sez. III, sentenza 2024-05-31, n. 202401862

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2024-05-31, n. 202401862
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202401862
Data del deposito : 31 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2024

N. 01862/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00895/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 895 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F P e P M, con domicilio digitale come da REGINDE ed elettivo in Palermo. Corso Camillo Finocchiaro Aprile, 124;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F N M, con domicilio digitale come da REGINDE ed elettivo in Villabate (Pa), Corso Vittorio Emanuele n. 607;

per l’annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della determinazione del Responsabile dell’Area 4 – Urbanistica del Comune di -OMISSIS- n.-OMISSIS-, notificata il 10.03.2022, avente ad oggetto il diniego di concessione edilizia in sanatoria;

nonché della relazione della Polizia Municipale redatta all’esito di sopralluogo e datata -OMISSIS-, mai notificata ed allo stato sconosciuta;

così come di ogni atto antecedente e presupposto, allo stato sconosciuto;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 02.08.2022:

della determinazione del Responsabile dell'Area 4 – Urbanistica del Comune di -OMISSIS- n.-OMISSIS-, notificata il 10.05.2022, avente ad oggetto l’annullamento in autotutela dell’attestazione di C.E. n. -OMISSIS-, rilasciata sulla scorta dell’asseverazione prodotta dal tecnico con perizia giurata del 31.07.2017;

nonché della nota prot. n.-OMISSIS-;

e di ogni atto antecedente e presupposto, allo stato sconosciuto.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 aprile 2024 il dott. Mario Bonfiglio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) Mercé l’atto introduttivo del giudizio il ricorrente ha gravato il provvedimento di diniego meglio specificato in epigrafe insieme con gli atti propedeutici, deducendone l’illegittimità per i motivi seguenti:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis , legge n. 241/1990 e dell’art. 11 bis , legge reg. n. 10/1991;
mancata comunicazione del preavviso di rigetto;
ingiustizia ed iniquità del provvedimento per violazione delle regole del procedimento e del contraddittorio;

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 30, legge n. 724/1994;
violazione delle regole sul procedimento amministrativo;
difetto di potere;
violazione e falsa applicazione dell’art. 28, legge reg. n. 16/2016;
eccesso di potere per contraddittorietà – avvenuta formazione del silenzio/assenso;

III) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 30, legge n. 724/1994 e degli artt. 31, 32 e 35, legge n. 47/1985, come sostituiti dagli artt. 23 e ss. della legge reg. n. 37/1985;
violazione delle regole del procedimento e del principio di lealtà e buona fede;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e perplessità della motivazione, genericità ed indeterminatezza;
errore di fatto e difetto di presupposti;
violazione e falsa applicazione del Regolamento comunale approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. -OMISSIS-;

IV) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 30, legge n. 724/1994 e degli artt. 31, 32 e 35, legge n. 47/1985, come sostituiti dagli artt. 23 e ss. della legge reg. n. 37/1985;
violazione delle regole del procedimento e del principio di lealtà e buona fede;
eccesso di potere per ingiustizia manifesta e violazione del diritto fondamentale all’abitazione;
violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e dell’art. 1, Primo Protocollo Addizionale della C.E.D.U. in combinato disposto con l’art. 42 Cost. e del primario diritto all’abitazione.

Dopo aver premesso di essere il proprietario di un fabbricato nel territorio di -OMISSIS-, a quattro elevazioni fuori terra, suddiviso in due unità immobiliari destinate a civile abitazione, la prima identificata catastalmente al foglio di mappa -OMISSIS- (corrispondente al piano terreno ed al primo piano);
la seconda avente lo stesso mappale e numero di particella, ma subordinato nn. -OMISSIS- (corrispondente al secondo e terzo piano del fabbricato), ha puntualizzato che il suddetto immobile è stato realizzato in assenza di titolo edilizio. Di talché è stato necessario avvalersi della disciplina sul condono edilizio, in particolare di quella prevista dall’art. 39, legge n. 724/1994, al fine di regolarizzarlo dal punto di vista urbanistico/edilizio. Con due istanze distinte, la numero-OMISSIS- e la numero-OMISSIS-, è stato richiesto il condono rispettivamente della prima e della seconda unità immobiliare. Al fine di accelerare i tempi della procedura il ricorrente si è avvalso della possibilità offerta dal Legislatore regionale con l’art. 28, legge reg. n. 16/2016, di definire la pratica di condono depositando la perizia giurata di un tecnico abilitato, attestante la presenza di tutti i requisiti necessari per l’esito favorevole della richiesta di condono. Decorso il termine legislativamente previsto per la formazione del silenzio/assenso sulla detta perizia giurata, il Comune di -OMISSIS- ha rilasciato anche l’attestazione di concessione edilizia n. -OMISSIS-, con cui ha certificato il rilascio del titolo edilizio in sanatoria per gli immobili oggetto del ricorso. Tuttavia con il successivo provvedimento di diniego oggi gravato l’Amministrazione intimata ha rigettato le due istanze di cui sopra, sulla base della duplice giustificazione del superamento della cubatura suscettibile di regolarizzazione;
nonché della natura demaniale dell’area di sedime del fabbricato. Tale determinazione è stata ritenuta dal ricorrente meritevole di annullamento innanzitutto per la mancata comunicazione del preavviso di diniego, incombente a cui la P.A. era tenuta per effetto di quanto disposto dall’art. 10 bis , legge n. 241/1990. Se tempestivamente informato nei modi di legge dell’intenzione dell’Amministrazione, il ricorrente avrebbe avuto il modo di controdedurre efficacemente (come sarà chiarito nell’esposizione degli ulteriori motivi di ricorso) sull’erroneità dei presupposti del provvedimento negativo adottato nei suoi confronti. Di talché l’omissione dell’adempimento in discorso ha viziato irrimediabilmente l’operato dell’Amministrazione comunale, giustificando una decisione di annullamento da parte di questo Tribunale. Sotto altro e concorrente profilo con il secondo motivo di gravame il ricorrente ha rilevato che ai sensi dell’art. 28, legge reg. n. 16/2016, decorso il termine di giorni novanta dalla presentazione della perizia giurata di cui sopra il titolo edilizio deve intendersi formato per silentium ;
circostanza, quella in discorso, effettivamente verificatasi nel caso oggetto di lite. Di conseguenza contrariamente a quanto assunto dal Comune di -OMISSIS- nell’atto gravato il fabbricato del signor-OMISSIS-era ormai in regola dal punto di vista urbanistico/edilizio al momento dell’adozione del diniego di condono;
quanto appena detto volendo prescindere dall’art. 26, legge reg. n. 37/1985, che a sua volta prevede un analogo meccanismo di silenzio/assenso sulle richieste di condono decorso del termine di ventiquattro mesi dalla presentazione dell’istanza, termine ampiamente spirato nel caso di specie. I superiori rilievi rendono evidente, nella prospettazione del ricorrente, l’illegittimità dell’operato del Comune sotto il duplice profilo della violazione di legge e dell’eccesso di potere. Invero l’Amministrazione ha ritenuto di poter denegare una domanda di condono in un procedimento, che si era già concluso (e concluso favorevolmente per il ricorrente) da tempo, quando per potere ritornare sui suoi passi e rigettare la richiesta di condono, avrebbe dovuto aprire un procedimento di secondo grado per la caducazione del titolo edilizio formatosi nelle more. Con il terzo motivo di ricorso il-OMISSIS-ha lamento poi l’erroneità dei presupposti a fondamento della determinazione gravata;
erroneità ritenuta causa dell’illegittimità della medesima sia sotto il profilo del vizio di violazione di legge, che di quello dell’eccesso di potere. Al riguardo è stato dedotto in primo luogo il vizio d’illegittimità derivata del diniego comunale, per aver quest’ultimo fatto riferimento a propria giustificazione agli esiti di un verbale della Polizia Municipale di accertamento delle condizioni di fatto presupposto del rigetto dell’istanza di condono;
verbale, tuttavia, mai notificato ovvero comunicato in altro modo al ricorrente e pertanto da considerare illegittimo. In secondo luogo, in merito al punto relativo alla demanialità dell’area di sedime del fabbricato, il ricorrente ha dedotto che in realtà soltanto una parte esigua dell’area suddetta era di natura demaniale (per l’esattezza del demanio ferroviario) rientrando oggi nel patrimonio comunale di -OMISSIS- e, quindi, sfruttabile a fini edificatori previo il rilascio di apposita concessione da parte dell’Amministrazione comunale ai sensi dell’art. 23 della legge reg. n. 47/1985. Infine sull’eccesso di volumetria è stato lamentato che non è stata specificata (come invece avrebbe dovuto essere fatto) la volumetria complessiva del fabbricato effettivamente accertata;
neppure è stata data alcuna indicazione sull’esistenza di volumi tecnici (non rilevanti ai fini del condono edilizio) nel calcolo della cubatura massima assentibile ovvero della possibilità di fare rientrare il volume accertato nelle cd. tolleranze di cantiere, anch’esse non impedienti l’assenso sul condono. Sotto un concorrente profilo il ricorrente ha dedotto l’illegittimità della determinazione comunale per non aver tenuto conto (e non aver adeguatamente motivato sul punto) che i piani interrati dei fabbricati abusivi, quando destinati a sede dell’impiantistica dell’immobile, non devono essere considerati ai fini dello scrutinio della richiesta di condono edilizio. Di talché l’Amministrazione avrebbe dovuto accertare se la prima elevazione fuori terra del fabbricato oggetto di causa possedeva o meno dette peculiarità. Non avendo adempiuto a tale incombente il Comune intimato ha finito con l’adottare un atto annullabile. Infine il signor-OMISSIS-ha denunciato l’illegittimità dell’operato del Comune, laddove lo stesso non ha tenuto conto del fatto che nel caso di volumetria in eccesso rispetto a quella suscettibile di condono edilizio, non si può denegare l’istanza nel suo complesso, essendo piuttosto preciso dovere dell’Amministrazione di concedere comunque la regolarizzazione urbanistico/edilizia del fabbricato, apponendovi la condizione sospensiva della demolizione della cubatura in eccesso. Tutti i profili d’illegittimità testé descritti sono dipesi, a dire del ricorrente, dalla scelta del Comune di -OMISSIS- di non comunicare il preavviso di diniego (circostanza esposta al precedente primo motivo di annullamento) vizio che si dimostra perciò esiziale per l’atto impugnato. Infine con l’ultimo motivo di gravame è stato osservato che l’immobile oggetto del giudizio è la prima casa del signor -OMISSIS- Di talché in considerazione dell’importanza del bene della vita denegato e del rilievo sia costituzionale che convenzionale dello stesso, il rispetto delle regole del procedimento amministrativo avrebbe dovuto essere assoluto da parte dell’Amministrazione. Il fatto di non aver osservato tale incombente giustifica da solo l’annullamento degli atti impugnati.

2) Costituitasi in giudizio l’Amministrazione intimata ha controdedotto sull’irrilevanza della mancata comunicazione del preavviso di diniego, in considerazione della natura doverosa ed a contenuto vincolato della determinazione gravata. Ha eccepito la mancata formazione per silentium del titolo edilizio vista la mancanza delle condizioni di legge per l’accoglimento della richiesta di condono. In linea di subordine per l’ipotesi in cui il suddetto titolo fosse ritenuto esistente, ha insistito sulla correttezza del proprio operato, essendo suo dovere quello di ritirare in autotutela un provvedimento formatosi illegittimamente mercé le false attestazioni contenute nella perizia giurata di parte. In merito all’erroneità dei presupposti dell’atto gravato ha contestato fermamente la concreta sussistenza del vizio in discorso. Invero contrariamente a quanto prospettato nel ricorso il verbale della Polizia Municipale di -OMISSIS- di sopralluogo ed accertamento della condizione dei luoghi aveva chiarito che soltanto una parte dell’area di sedime del fabbricato del ricorrente ricadeva in zona già demaniale. Ed essendo tale verbale richiamato espressamente nel provvedimento impugnato a supporto della giustificazione del diniego di condono, la motivazione dell’atto gravato deve considerarsi completa ed esaustiva sulla base della regola della motivazione per relationem .

3) Con successivo ricorso per motivi aggiunti ritualmente presentato il signor-OMISSIS-ha gravato anche il provvedimento di annullamento dell’attestazione di concessione edilizia n. -OMISSIS-, a suo tempo rilasciata dal Comune intimato sulla scorta della perizia giurata ai sensi dell’art. 28, legge reg. n. 16/2016 presentata dal ricorrente, deducendone l’illegittimità per

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 septies , lett. a), legge n. 241/1990;
nullità del provvedimento, mancanza degli elementi strutturali;
incompletezza e genericità assoluta, perplessità;

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 novies , legge n. 241/1990 e dei principi in materia di autotutela amministrativa;
lesione dell’affidamento del privato;
eccesso di potere e sviamento dalla causa tipica;
difetto di motivazione;
mancanza dell’interesse pubblico;

III) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 21 novies , legge n. 241/1990 in combinato disposto con l’art. 28, legge reg. n. 16/2016 e con la disciplina del condono edilizio di cui alla legge n. 724/1994;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e perplessità della motivazione, genericità ed indeterminatezza;
errore di fatto e difetto di presupposti;
difetto di motivazione.

IV) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 21 novies, legge n. 241/1990 in combinato disposto con l’art. 28, legge reg. n. 16/2016 e con la disciplina del condono edilizio ai sensi della legge n. 724/1994;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e perplessità della motivazione, genericità ed indeterminatezza;
errore di fatto e difetto di presupposti;
difetto di motivazione;

V) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 30, legge n. 724/1994 e degli artt. 31, 32 e 35, legge n. 47/1985, come sostituiti dagli artt. 23 e ss., legge reg. 37/1985;
violazione delle regole del procedimento e del principio di lealtà e buona fede;
eccesso di potere per ingiustizia manifesta e violazione del diritto fondamentale all’abitazione;
violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e dell’art. 1, Primo Protocollo Addizionale C.E.D.U. in combinato disposto con l’art. 42 Cost. e del primario diritto all'abitazione.

Nel dettaglio con il primo motivo è stata dedotta la radicale invalidità dell’atto gravato in quanto non firmato, nonché redatto con la tecnica degli omissis . Con il secondo motivo è stato lamentato il mancato rispetto delle condizioni, al ricorrere delle quali la legge sul procedimento amministrativo subordina la possibilità d’intervenire in autotutela sui provvedimenti già adottati;
in particolare la violazione della disciplina sul termine (all’epoca dei fatti pari a diciotto mesi dall’adozione dell’atto di primo grado) entro cui esercitare l’autotutela, nonché la mancata esplicitazione dell’interesse pubblico concreto ed attuale, diverso dal ripristino della legalità, a fondamento dell’annullamento. Mercé il terzo ed il quarto motivo sono state riproposte sostanzialmente le stesse censure prospettate con l’atto introduttivo del giudizio in merito al tema della volumetria massima suscettibile di condono edilizio e della demanialità dell’area di sedime. Infine anche con l’ultimo motivo del gravame per motivi aggiunti sono state riprese delle deduzioni già proposte con il ricorso introduttivo, in particolare quelle di cui all’ultimo motivo della suddetta impugnazione introduttiva.

4) L’Amministrazione ha replicato tempestivamente anche su questo secondo gravame, rilevandone l’inammissibilità provocata dalla notificazione dell’impugnazione all’Amministrazione intimata presso la sua sede legale, piuttosto che presso il suo difensore già costituito in giudizio, com’era doveroso fare sulla base dell’art. 43 cod. proc. amm. in combinato disposto con l’art. 170 cod. proc. civ.

5) Articolate le difese scritte di cui all’art. 73 cod. proc. amm., all’udienza pubblica del 09.10.2023 i difensori delle parti hanno rappresentato al Tribunale che durante lo svolgimento del giudizio, si è aperto un confronto costruttivo tra l’Amministrazione ed il signor-OMISSIS-al fine di giungere ad una composizione bonaria della lite. Per tale ragione di comune accordo tra di loro hanno chiesto al Signor Presidente della Sezione III un differimento della discussione della causa;
differimento effettivamente concesso con rinvio alla nuova udienza pubblica del 22.04.2024.

6) In prossimità di tale nuova udienza di discussione parte ricorrente ha versato in atti dell’ulteriore documentazione, per l’esattezza in data 12.04.2024 una perizia giurata di parte ricorrente (datata 27.03.2024) presentata all’Amministrazione intimata per ottenere la concessione a fini edificatori della porzione di area di sedime già di titolarità del demanio ferroviario, insieme con la prova dell’avvenuto pagamento di quanto dovuto a titolo di oneri concessori;
in data 19.04.2024 la documentazione della concessione/contratto effettivamente conclusa tra le parti a tale scopo;
infine in data 21.04.2024 la documentazione attestante l’inoltro per posta elettronica certificata al Comune di -OMISSIS- degli atti di cui sopra.

7) Nel corso dell’udienza pubblica del 22.04.2024 la difesa di parte ricorrente ha chiesto a questo Tribunale di valutare come ammissibile la produzione documentale del 21.04.2024 nonostante la sua tardività, trattandosi di documenti formati lo stesso giorno in cui sono stati prodotti in giudizio. Ha chiesto poi di poter beneficiare di un ulteriore rinvio per le medesime ragioni, che hanno portato una prima volta al differimento della discussione del ricorso. Per l’eventualità di mancato rinvio si è riportata a quanto dedotto negli scritti parte. Dal canto suo la difesa dell’Amministrazione comunale ha rilevato la tardività dell’ultima produzione documentale del ricorrente. Non si è opposta al differimento della discussione del giudizio. E si è anch’essa riportata alle difese già articolate in atti per il caso di mancato rinvio. Conclusa la discussione del giudizio, la causa è stata trattenuta in decisione.

8) Il Collegio ritiene opportuno effettuare alcune precisazioni prima di esporre le ragioni del rigetto del gravame del signor -OMISSIS-, sia del ricorso introduttivo che di quello per motivi aggiunti. Le istanze di condono edilizio all’origine dei fatti di causa sono state presentata sulla base di quanto previsto dalla legge n. 724/1994 (la seconda legge nazionale sul condono edilizio) la quale ha esteso la possibilità di accedere alla regolarizzazione dei fabbricati realizzati senza titolo edilizio prevista dalla legge n. 47/1985 (la prima legge nazionale sul condono edilizio) a condizione che il manufatto abusivo sia stato ultimato entro la data del 31.12.1993;
e che le opere fatte irregolarmente non abbiano comportato un ampliamento superiore al 30% della volumetria originaria del fabbricato ovvero un ampliamento superiore ai 750,00 mc. Nel caso di nuove costruzioni il limite di cubatura previsto è soltanto quello dei 750,00 mc per singola richiesta di sanatoria. In considerazione della pendenza di numerose istanze di concessione edilizie inevase presso gli Enti competenti il legislatore regionale ha adottato un meccanismo di semplificazione procedimentale, ricorrendo al silenzio/assenso. Con l’art. 28, legge reg. n. 16/2016 è stato consentito infatti ai titolari degli immobili, per i quali era stata già incardinata una richiesta di condono, di depositare una perizia giurata di un tecnico abilitato all’esercizio della professione ed iscritto in un albo professionale, attestante il pagamento delle somme versate per l’oblazione e per gli oneri di urbanizzazione, nonché il rispetto di tutti i requisiti necessari per ottenere la concessione in sanatoria. Una volta decorso il termine di giorni novanta dal deposito della suddetta perizia, purché la stessa asseveri la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti di legge, senza che sia stato emesso un provvedimento con cui viene assentito o negato il condono, trova applicazione l’art. 20, legge n. 241/1990. Un meccanismo simile di silenzio/assenso era già previsto dalla prima legge sul condono, la quale disponeva (e dispone tutt’ora) che decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione dell’istanza dell’interessato, quest’ultima si intende accolta ove si sia provveduto al pagamento di tutte le somme dovute a conguaglio ed alla presentazione all’Ufficio Tecnico Erariale della documentazione necessaria all’accatastamento (cfr. art. 35 legge n. 47/1985 recepita in ambito regionale con la legge reg. n.37/1985). La giurisprudenza si è sin dall’inizio interrogata sulla possibilità di considerare formato per silentium il titolo edilizio in forza della succitata disposizione del primo condono anche in caso di mancanza di tutti i presupposti di legge per l’accoglimento della richiesta di regolarizzazione, giungendo ad una conclusione negativa, come ancora di recente ribadito dalla Sez. VI del Consiglio di Stato nella sentenza 21.08.2023, n. 7849: “In materia di condono edilizio, il silenzio/assenso non si perfeziona per il solo fatto dell’inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatoria, essendo necessario che sussistano tutti i presupposti sostanziali, soggettivi e oggettivi, ai quali è subordinato il rilascio del condono”. In realtà la tesi giurisprudenziale in discorso riguarda tutta la materia dell’urbanistica/edilizia come ben puntualizzato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia: “In materia edilizia il silenzio/assenso impone, comunque, che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, non determinandosi ope legis l’accoglimento dell’istanza ogniqualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma per il rilascio del titolo edilizio, in quanto l’eventuale inerzia dell’Amministrazione nel provvedere non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero conseguire in virtù di un provvedimento espresso” (cfr. C.G.A.R.S., Adunanza Sez. Riun., 15.03.2022, n. 185). La mancata formazione per silentium del titolo edilizio nell’eventualità di mancanza dei presupposti di legge ha posto poi il tema della reale natura degli atti adottati dall’Amministrazione al fine di caducare le perizie di cui al citato art. 28, legge reg. n. 16/2016. Il Collegio condivide e fa propria la soluzione già seguita sul punto da altra Sezione di questo Tribunale, secondo la quale gli atti di annullamento della suddetta perizia, nonostante la veste formale di provvedimenti di autotutela decisoria, sono in realtà degli atti a contenuto dichiarativo, per la precisione di accertamento della mancata formazione del silenzio/assenso a causa della carenza dei presupposti di legge. Pertanto, per poterli adottare non sono necessarie le condizioni previste dall’art. 21 novies , legge n. 241/1990, per l’annullamento in autotutela (cfr. T.A.R.S. Palermo, Sez. II, sentenza 12.03.2024, n. 962 e sentenza 03.11.2022, n.3095). Sulla base di queste premesse il Collegio ritiene che non si sia mai formato alcun provvedimento di accoglimento sulle istanze di condono edilizio presentate dal ricorrente. Tale conclusione non risulta smentita da nessuna delle doglianze articolate con l’atto introduttivo del giudizio, le quali risultano infondate per le ragioni che si passa ad esporre. In ordine al primo motivo di ricorso, come correttamente osservato dall’Amministrazione intimata, la mancata comunicazione del preavviso di diniego di condono edilizio non ha alcuna incidenza sulla legittimità del provvedimento conclusivo del procedimento, in considerazione della sua natura di atto doveroso ed a contenuto vincolato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 02.11.2018, n. 6219). Del pari infondate sono le deduzioni di violazione di legge e di eccesso di potere di cui al secondo motivo di ricorso, vista la mancata formazione per silentium del titolo edilizio. Sulle censure articolate con il terzo motivo appare innanzitutto priva di pregio quella relativa all’illegittimità provocata dalla mancata notificazione del verbale di Polizia Municipale di accertamento dello stato dei luoghi, in considerazione della sua natura di atto meramente endoprocedimentale, privo di autonoma attitudine lesiva per il privato;
atto che non deve essere notificato all’interessato, ma più semplicemente reso disponibile dall’Amministrazione sulla base di quanto disposto dall’art. 3, comma 3, legge n. 241/1990. In merito all’erronea indicazione dell’area demaniale occupata dal sedime del fabbricato del ricorrente, lo scrutinio della suddetta censura risulta allo stato privo di qualsiasi interesse vista la documentazione versata in atti da parte del ricorrente medesimo, la quale attesta l’adozione di un provvedimento concessorio dell’Amministrazione comunale per consentirgli di mantenere (sotto questo profilo) il suo fabbricato. È necessario invece soffermarsi sull’altro aspetto valorizzato con il motivo di ricorso in questione, vale a dire il superamento della cubatura massima suscettibile di sanatoria. Innanzitutto è doveroso rimarcare che tale dato di fatto è stato accertato mercé il verbale di sopralluogo della Polizia Municipale di -OMISSIS-, di cui ampiamente sopra;
atto del pubblico ufficiale avverso il quale non è stata mai proposta querela di falso. Di conseguenza quanto accertato per suo tramite costituisce un dato di fatto ormai indiscutibile nell’odierno giudizio in forza di quanto disposto dagli artt. 2699, 2700 cod. civ. In altri termini è certo che la richiesta presentata dal ricorrente aveva ad oggetto una volumetria utile superiore al limite massimo dei 750,00 mc, di cui all’art. 39, legge n. 724/1994. Per tuziorismo il Collegio osserva che trattandosi di un limite massimo, la doglianza del ricorrente sulla mancata indicazione della volumetria complessiva del fabbricato è irrilevante. Invero detto incombente è necessario per il diverso e parallelo limite del 30% del fabbricato anch’esso previsto dal secondo condono, non per il limite in discorso, espresso in termini assoluti. In merito agli altri profili di gravame la giurisprudenza più recente, che il Tribunale condivide, ha negato qualsiasi rilievo sia alla distinzione tra locali ad uso abitativo e ad uso magazzino ai fini del calcolo del limite volumetrico dei 750,00 mc (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, sentenza 03.09.2018, n. 5317);
sia allo stralcio delle tolleranze di cantiere (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, sentenza 05.01.2017, n. 103). Neppure fondato appare il rilievo secondo cui l’Amministrazione intimata piuttosto che denegare il condono, avrebbe dovuto accogliere la domanda del -OMISSIS-, subordinandola alla demolizione della parte di volumetria in eccesso rispetto a quella massima sanabile. Infatti per giurisprudenza consolidata non è consentita la sanatoria parziale degli abusi edilizi, dal momento che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione alle singole parti autonomamente considerate. Pertanto non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi, che la compongono, per ritenere sanabili singole porzioni della stessa (cfr. Consiglio Stato, Sez. VI, sentenza 13.04.2022, n. 2768;
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, sentenza 08.01.2020, n. 110;
T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. III, sentenza 18.09.2019, n. 1247). Infine non risulta meritevole di accoglimento nemmeno l’ultimo motivo del ricorso introduttivo. Infatti in considerazione della natura doverosa ed a contenuto vincolato dell’atto gravato, le censure articolate tramite tale motivo risultano inconferenti, essendo attinenti alla diversa ipotesi dell’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione.

9) Passando adesso ad esaminare il ricorso per motivi aggiunti, non può essere condivisa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dall’Amministrazione intimata. Se è pur vero che l’atto è stato notificato alla sede reale del Comune di -OMISSIS- piuttosto che al procuratore costituito in giudizio, com’era necessario fare alla luce di quanto previsto dagli artt. 43 cod. proc. amm. e 170 cod. proc. civ., è altrettanto vero che il gravame presenta tutti i requisiti per poter valere come impugnazione autonoma, essendo stato proposto sulla base di un’apposita procura alle liti e nel rispetto dell’art. 40 cod. proc. amm.;
dato che consente a questo Tribunale di poterne scrutinare il contenuto. Al riguardo il Collegio osserva quanto segue. Innanzitutto la mancanza di firma lamentata come primo profilo di illegittimità dell’annullamento dell’attestazione della concessione edilizia non ha alcuna reale incidenza sulla regolarità dell’atto in discorso, essendo di tutta evidenza che il medesimo è stato adottato dal competente organo del Comune di -OMISSIS- (cfr. T.A.R.S. Palermo, Sez. II, sentenza 03.02.2023, n. 346). Trattando poi contestualmente l’altro profilo di doglianza di cui al primo dei motivi aggiunti (l’utilizzo abnorme della tecnica degli omissis ) insieme con le deduzioni d’illegittimità di cui al secondo motivo d’impugnazione, il presupposto delle doglianze in questione è la sussumibilità dell’atto gravato nel novero dei provvedimenti di secondo grado. Il Collegio non condivide tuttavia tale conclusione. Come esposto nelle premesse dell’odierna decisione nell’ipotesi in cui la parte interessata si avvalga della procedura semplificata per il rilascio del condono edilizio, di cui all’art. 28 della legge reg. n. 16/2016, decorso il termine di giorni novanta dal deposito della perizia giurata di parte trova applicazione la disciplina dell’art. 20, legge n. 241/1990. Mercé il suddetto rinvio non soltanto è stato attribuito valore provvedimentale di assenso all’inerzia serbata dall’Amministrazione sull’istanza del privato. Ma si è anche onerata quest’ultima di certificare tale circostanza per mezzo dell’attestazione sul decorso dei termini del procedimento amministrativo, di cui al comma 2 bis , art. 20, legge n. 241/1990. È di tutta evidenza che il legislatore ha configurato la suddetta attestazione come una semplice certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente carattere meramente dichiarativo e non costitutiva degli effetti giuridici che dalla stessa risultano, visto che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato è la conseguenza del precedente provvedimento per silentium , che ha provveduto a determinarla. Pertanto il certificato in discorso, in quanto privo di efficacia provvedimentale propria, non ha alcuna concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione. Sui restanti profili del ricorso per motivi aggiunti, in disparte la loro inammissibilità per la ragione appena esposta, i medesimi si risolvono a ben vedere in una riproposizione di ragioni di doglianza già sviluppate con l’atto introduttivo del giudizio, per le quali sono da intendersi ribadite le motivazioni di rigetto sopra esposte.

9) Le spese del giudizio seguono la soccombenza. Pertanto sono poste a carico del ricorrente e liquidate in € 2.000,00 oltre rimborso forfettario, IVA e CPA.

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