TAR Brescia, sez. II, sentenza 2023-11-13, n. 202300828

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2023-11-13, n. 202300828
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202300828
Data del deposito : 13 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/11/2023

N. 00828/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00808/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 808 del 2021, proposto da
A A C POLO, rappresentata e difesa dall'avv. E E, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

contro

AGEA, ADER, rappresentate e difese dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia, e domicilio fisico in Brescia, via S. Caterina 6;

per l'annullamento

- della cartella di pagamento n. 064 2021 00049105 31/000, emessa dall'Agenzia delle Entrate – Riscossione sede di Mantova, notificata il 21 settembre 2021 attraverso la casella PEC “notifica.acc.lombardia@pec.agenziariscossione.gov.it” , con la quale è stato chiesto il pagamento della somma di € 28.524,27 a titolo di prelievo supplementare, interessi e oneri di riscossione per la campagna 1996-1997;

- del ruolo n. 2021/002553 Tributi coattivi anno 1996, indicato nella cartella di pagamento;

- con domanda di risarcimento;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGEA e dell’ADER;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2023 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’azienda agricola ricorrente, produttore di latte vaccino e come tale assoggettata al regime europeo delle quote latte fino alla campagna 2014-2015, impugna la cartella di pagamento n. 064 2021 00049105 31/000, emessa dall'Agenzia delle Entrate – Riscossione sede di Mantova, notificata il 21 settembre 2021 attraverso la casella PEC “notifica.acc.lombardia@pec.agenziariscossione.gov.it” , con la quale è stato chiesto il pagamento della somma di € 28.524,27 a titolo di prelievo supplementare, interessi e oneri di riscossione per la campagna 1996-1997.

2. L’impugnazione è estesa al ruolo n. 2021/002553 Tributi coattivi anno 1996, indicato nella cartella di pagamento. È stato chiesto inoltre il risarcimento del danno.

3. Nel ricorso sono formulate plurime censure, che possono essere sintetizzate nei punti seguenti:

(i) vi sarebbe incertezza sull’effettiva produzione nazionale di latte nell’intero periodo compreso tra la campagna 1995-1996 e la campagna 2014-2015, e di conseguenza mancherebbe addirittura il presupposto per poter applicare il prelievo supplementare ai produttori che avrebbero concorso a determinare il presunto esubero rispetto alla quota nazionale. In proposito, il ricorso richiama l’ordinanza del GIP di Roma del 5 giugno 2019 (nel procedimento n. 96592/2016 RG-NR e n. 101551/2016 RG-GIP), e la sentenza del Tribunale UE Sez. II 2 dicembre 2014 T-661/11 ( Repubblica Italiana v. Commissione ). Gli importi del prelievo supplementare risulterebbero quindi inseriti illegittimamente nel Registro nazionale dei debiti di cui all’art. 8- ter comma 2 del DL 10 febbraio 2009 n. 5, non trattandosi di importi accertati come dovuti;

(ii) si sarebbe verificata la prescrizione (quadriennale, quinquennale o decennale) del debito, anche per mancata notifica dell’accertamento al produttore, essendo irrilevante la notifica effettuata nei confronti degli acquirenti. Sarebbe in ogni caso illegittima l’applicazione degli interessi;

(iii) nella quantificazione del prelievo supplementare dovrebbero essere disapplicate le norme interne contrastanti con il diritto dell’Unione, come recentemente interpretato dalla Corte di Giustizia;

(iv) sull’importo del prelievo supplementare, ridefinito e ridotto in base alle operazioni di calcolo imposte dalle sentenze della Corte di Giustizia di cui al punto (iii), dovrebbe poi essere effettuata un’ulteriore riduzione per tenere conto delle compensazioni con gli aiuti PAC già eseguite dagli organismi pagatori ai sensi dell’art. 8- ter comma 5 del DL 5/2009;

(v) vi sarebbero anche alcuni vizi propri della cartella di pagamento. In primo luogo, viene evidenziato che la notifica via PEC non è partita da un indirizzo risultante dai pubblici elenchi di cui all’art. 16- ter comma 1 del DL 18 ottobre 2012 n. 179. Si sarebbe poi verificata la decadenza ex art. 25 comma 1-c del DPR 29 settembre 1973 n. 602, in quanto la notifica è intervenuta oltre il secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento del debito è divenuto definitivo (alla fine della campagna), e prima che entrassero in vigore le nuove regole di riscossione di cui al decreto direttoriale del 22 gennaio 2020. La cartella di pagamento sarebbe comunque priva di motivazione, e si baserebbe su un secondo ruolo, illegittimo in quanto aggiuntivo rispetto all’iscrizione nel Registro nazionale dei debiti.

4. L’amministrazione si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

5. Con i depositi di data 17 novembre 2022, 23 marzo 2023 e 31 marzo 2023 l’AGEA ha fornito le seguenti informazioni:

(a) il TAR Lazio, con sentenza n. 5970 del 28 giugno 2012, ha dichiarato perento nei confronti dell’azienda agricola ricorrente e di altri produttori il ricorso contro gli atti di compensazione nazionale per la campagna 1996-1997;

(b) il TAR Lazio, con sentenza n. 5900 del 27 giugno 2012, ha respinto nel merito il ricorso proposto dall’azienda agricola ricorrente e da altri produttori contro gli atti di compensazione nazionale per la campagna 1996-1997 (tranne sul punto della decorrenza degli interessi). L’appello è stato respinto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1219 del 10 marzo 2015, che ha trattato anche la questione della legittimità comunitaria delle categorie privilegiate nella compensazione;

(c) il TAR Lazio, con sentenza n. 4818 del 28 maggio 2012, ha respinto nel merito il ricorso proposto dall’azienda agricola ricorrente e da altri produttori contro la determinazione dei QRI per la campagna 1996-1997. L’appello è stato respinto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 4571 del 9 settembre 2014;

(d) con riferimento alla campagna 1996-1997, l’AGEA ha inviato all’azienda agricola ricorrente l’intimazione di pagamento n. AGEA.AGA.2018.0025865 di data 5 ottobre 2018, notificata il 10 novembre 2018, alla quale non ha fatto seguito alcuna richiesta di rateizzazione;

(e) l’azienda agricola ricorrente ha impugnato la suddetta intimazione di pagamento davanti al TAR Brescia, ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile con sentenza n. 268 del 19 marzo 2021, sia per il carattere collettivo e cumulativo dell’impugnazione sia per la presenza di sentenze sfavorevoli passate in giudicato. L’appello è stato respinto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6335 del 20 luglio 2022;

(f) tutti i recuperi PAC medio tempore intervenuti sono stati regolarmente contabilizzati e detratti dai debiti originari (v. doc. 10 e 11).

6. Occorre peraltro sottolineare che la documentazione prodotta dall’AGEA a proposito del recupero del prelievo supplementare (v. doc. 10 e 11) attesta il completo azzeramento dell’importo dovuto per la campagna 1996-1997.

7. Pur prendendo atto di tale circostanza, nella memoria di data 11 aprile 2023 l’azienda agricola ricorrente insiste per la decisione di merito, evidenziando che se fosse dichiarata la prescrizione, o comunque l’estinzione del debito, vi sarebbe la possibilità di chiedere la restituzione di quanto indebitamente introitato dall’AGEA. Viene inoltre sottolineato che la sentenza del TAR Lazio n. 5970/2012 dichiarativa della perenzione non riguarda l’azienda agricola ricorrente ma un produttore omonimo.

8. Così ricostruito il quadro fattuale, sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.

Sulle censure di carattere formale

9. Le questioni relative alle formalità della cartella di pagamento impugnata non sembrano idonee a far emergere delle cause di nullità.

10. Per quanto riguarda l’indirizzo PEC, è sufficiente a garantire la certezza della provenienza il fatto che nei pubblici elenchi risulti il dominio dell’indirizzo, e che tale elemento sia riconducibile all’amministrazione procedente. Vale comunque la regola generale secondo cui la notifica a mezzo PEC avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale non risultante dai pubblici elenchi non può mai essere considerata nulla, se la stessa abbia consentito al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza e all'oggetto (v. Cass. civ. Sez. VI 28 febbraio 2023 n. 6015).

11. L’indicazione di un ruolo specifico dell’AGEA all’interno delle cartelle o delle intimazioni di pagamento è un passaggio procedimentale che ha essenzialmente un’utilità pratica, e non contraddice il valore di iscrizione a ruolo attribuito dall’art. 8- ter comma 4 del DL 5/2009 all’iscrizione del prelievo supplementare nel Registro nazionale dei debiti. Non vi è alcuna duplicazione dei ruoli, e tantomeno una duplicazione del debito, ma solo la riproduzione in un atto particolare dell’iscrizione a ruolo già avvenuta mediante il Registro nazionale dei debiti, ai fini dell’avvio della procedura di recupero. Questa soluzione appare conveniente anche sotto il profilo della trasparenza, in quanto consente di individuare un responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo.

12. Occorre poi evidenziare che le informazioni contenute nell’ultimo atto di riscossione coattiva si aggiungono a quelle inserite negli atti presupposti già notificati. Attraverso l’insieme di questi atti, l’amministrazione fornisce indicazioni di dettaglio sul debito delle annate in contestazione, garantendo il livello di motivazione richiesto dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212.

Sull’esigibilità del credito

13. L’AGEA non può procedere alla riscossione coattiva del prelievo supplementare se il produttore abbia presentato domanda di rateizzazione, tranne quando si sia verificata la decadenza dal beneficio per mancata sottoscrizione del contratto o per mancata effettuazione dei pagamenti alle scadenze stabilite. Nello specifico, non è stata attivata alcuna procedura di rateizzazione.

14. La frazione di prelievo supplementare che sia stata recuperata tramite compensazione con gli aiuti PAC trattenuti dagli organismi pagatori regionali deve essere esclusa dalla procedura di riscossione coattiva, essendo il debito, per questa parte, ormai estinto. La dichiarazione di intervenuta compensazione è però possibile solo se l’importo degli aiuti PAC trattenuti sia individuato in modo certo (v. CS Sez. II 23 agosto 2019 n. 5858). La compensazione deve quindi essere dedotta in giudizio mediante inequivoche attestazioni provenienti dagli organismi pagatori regionali, o essere accertata nei confronti degli stessi previa integrazione del contraddittorio, e deve riguardare le campagne oggetto di contestazione. Non è possibile la compensazione incrociata con campagne diverse, in quanto ciascuna campagna ha una storia giuridica a sé, che deve essere oggetto di uno specifico accertamento.

15. Se non adeguatamente documentata, la compensazione con gli aiuti PAC rimane un argomento generico, non opponibile nella procedura di recupero del prelievo supplementare. Lo stesso vale per gli importi eventualmente versati nel corso delle procedure di rateizzazione.

16. Nello specifico, è la stessa AGEA a riconoscere il recupero dell’importo dovuto, ma questo non cancella l’interesse a una pronuncia di merito, che se favorevole alla parte ricorrente imporrebbe la restituzione, parziale o totale, delle compensazioni con gli aiuti PAC, e se sfavorevole consoliderebbe le somme incamerate dall’AGEA.

Sulla produzione nazionale di latte

17. L’argomento basato sull’incertezza circa l’effettiva produzione nazionale, e, a cascata, sull’indimostrabilità dello sforamento delle quote individuali, è presente da anni nel contenzioso attivato dai produttori contro gli atti di accertamento e di imputazione del prelievo supplementare. Complessivamente, la valutazione è stata negativa, sia da parte della giurisprudenza europea (v. C.Giust. Sez. VI 25 marzo 2004 C-480/00, Ribaldi , punti 63-68;
C.Giust. Sez. VI 25 marzo 2004 C-231/00, C-303/00 e C-451/00, Lattepiù , punti 79-85) sia da parte della giurisprudenza nazionale (v. ad esempio C.Cost. 7 luglio 2005 n. 272;
CS Sez. VI 8 giugno 2009 n. 3487;
TAR Lazio Sez. II- ter 23 aprile 2012 n. 3643;
CS Sez. III 14 gennaio 2016 n. 87;
CS Sez. II 12 febbraio 2020 n. 1077;
CS Sez. II 6 dicembre 2021 n. 8090;
Tar Brescia Sez. II 15 settembre 2020 n. 642).

18. La Corte di Giustizia, nel qualificare l’Italia come inadempiente all’obbligo di addebitare il prelievo supplementare ai singoli produttori responsabili degli sforamenti, nonché all’obbligo di iscrivere a ruolo e di riscuotere coattivamente l’importo dovuto presso i produttori e gli acquirenti (v. C.Giust. Sez. IV 24 gennaio 2018 C-433/15, Commissione v. Italia ), ha precisato che non hanno carattere esimente né le difficoltà tecniche della ricostruzione della posizione dei singoli produttori (v. punto 42), né la circostanza che lo Stato italiano abbia già versato al FEAOG le somme relative al prelievo corrispondente al superamento della quota nazionale (v. punto 60).

19. Sulla base di questi precedenti, occorre quindi riaffermare che le questioni riguardanti la gestione storica delle quote latte in Italia e la coerenza dei dati inseriti nell’anagrafe bovina non possono determinare un dubbio insuperabile circa la quantificazione del prelievo supplementare nei confronti di tutti i produttori, o di classi di produttori. Le uniche eccezioni sono quelle recentemente individuate dalla Corte di Giustizia a proposito della compensazione nazionale e del rimborso del prelievo in eccesso, che saranno esaminate nel seguito della motivazione.

Sugli interessi

20. Gli interessi si combinano con il debito principale, e ricadono nella medesima procedura di riscossione coattiva, in quanto accessori dovuti ex lege per una violazione permanente della disciplina europea sulle quote latte. Il vincolo di solidarietà tra produttori e acquirenti (v. CS Sez. III 13 febbraio 2020 n. 1173) consente di applicare gli interessi moratori anche quando l’imputazione del prelievo supplementare sia stata comunicata ai soli acquirenti.

21. La rinuncia agli interessi da parte delle autorità nazionali costituisce aiuto di Stato, e dunque presuppone una deroga in sede europea. Questo è avvenuto per la rateizzazione del 2003, disposta dall’art. 10 commi 34-39 del DL 28 marzo 2003 n. 49 (v. accordo Ecofin del 3 giugno 2003, e decisione del Consiglio dell'Unione n. 2003/530/CE del 16 luglio 2003). È peraltro evidente che il beneficio, avendo natura incentivante, poteva essere applicato solo ai produttori che avessero chiesto la rateizzazione e non fossero decaduti dalla stessa. In questo senso sono interpretabili le condizioni contenute nella suddetta decisione del Consiglio dell'Unione.

22. Quanto alla misura degli interessi, vista la natura permanente dell’inadempimento, appare corretta l’applicazione dei tassi stabiliti dal diritto europeo successivamente alla conclusione delle campagne che hanno dato origine al prelievo supplementare (v. CS Sez. III 31 gennaio 2018 n. 648). Ferma restando la peculiare disciplina della rateizzazione sopra descritta, sussiste un giustificato motivo per posticipare l’imputazione degli interessi, in modo che la decorrenza inizi dal momento in cui è stata comunicata al produttore l'entità del prelievo dovuto e non dal 1 settembre dell'anno di riferimento, solo relativamente alle campagne 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 (v. TAR Lazio Sez. II- ter 10 gennaio 2018 n. 214;
TAR Lazio Sez. II- ter 16 maggio 2012 n. 4426). Per quanto riguarda l’azienda agricola ricorrente, l’AGEA si è già adeguata all’orientamento del TAR Lazio con la citata intimazione di pagamento n. AGEA.AGA.2018.0025865 di data 5 ottobre 2018.

23. Rispetto a questo scenario consolidato, il legislatore nazionale ha introdotto delle innovazioni attraverso l’art. 10- bis del DL 13 giugno 2023 n. 69, con la finalità di recepire le recenti sentenze della Corte di Giustizia sui criteri di calcolo del prelievo supplementare. La nuova disciplina prevede il ricalcolo del debito con applicazione degli interessi unicamente dalla data del 27 giugno 2019, ossia dal deposito della prima delle suddette pronunce (v. comma 3). Trattandosi di una modifica che presuppone comunque l’esistenza di un diritto al ricalcolo, non possono esservi effetti immediati sul presente giudizio. Il problema dello scorporo degli interessi condonati dal legislatore nazionale si riproporrà quindi in sede amministrativa, qualora l’esito del ricorso lasci aperta la strada del ricalcolo.

Sulla prescrizione

24. La prescrizione applicabile al prelievo supplementare, tanto per il capitale quanto per gli interessi, è quella decennale, trattandosi di somme dovute a seguito di specifici accertamenti, e non periodiche (v. CS Sez. II 28 dicembre 2021 n. 8659;
TAR Lazio Sez. II- ter 30 gennaio 2020 n. 1320;
TAR Lazio Sez. II- ter 4 dicembre 2018 n. 11776). Essendo basati sul medesimo inadempimento, gli interessi non sono scindibili dal capitale sotto il profilo della prescrizione.

25. Non è applicabile il termine di prescrizione quadriennale previsto dall’art. 3 par. 1, comma 1, del Reg. CE 18 dicembre 1995 n. 2988/95 per le misure e le sanzioni amministrative relative a violazioni del diritto europeo. Il presupposto dell’applicazione del suddetto termine è infatti un’irregolarità idonea a incidere sul bilancio dell’Unione, come specificato dall’art. 1 par. 2 del Reg. CE 2988/95 ( “Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita” ). Nel caso delle quote latte non vi è però un simile rischio, in quanto la tutela del bilancio dell’Unione è assicurata direttamente dagli Stati, attraverso la reintegrazione del FEAOG (poi FEAGA), mentre è compito delle autorità statali recuperare il prelievo supplementare dai produttori che hanno contribuito allo sforamento della quota nazionale. La distinzione tra i due profili è evidenziata dalla Corte di Giustizia nella citata sentenza C-433/15 (v. punti 60 e 61). Pertanto, il versamento del prelievo supplementare è qualificabile come obbligazione di diritto europeo per quanto riguarda la disciplina sostanziale, ma è sottoposto ai termini di prescrizione e decadenza previsti dal diritto interno per quanto riguarda le operazioni di recupero. Il più ampio intervallo temporale a disposizione delle autorità statali per effettuare il recupero è legittimato dall’art. 3 par. 3 del Reg. CE 2988/95, che consente agli Stati di applicare un termine di prescrizione superiore a quello europeo. Occorre poi evidenziare che la disciplina italiana, benché meno favorevole quanto alla durata del termine di prescrizione, è tuttavia più mite sotto il profilo della decorrenza del suddetto termine, perché per le irregolarità permanenti (come deve essere considerato il rifiuto di versare il prelievo supplementare) l’art. 3 par. 1, comma 2, del Reg. CE 2988/95 prevede che il termine di prescrizione decorra dal giorno in cui cessa l'irregolarità.

26. Nel diritto interno, il vincolo di solidarietà tra produttori e acquirenti impone di considerare interruttivi per i produttori ex art. 1310 c.c. anche gli atti notificati agli acquirenti.

27. Secondo la regola generale dell’art. 2945 comma 2 c.c., la prescrizione si interrompe con la proposizione del ricorso, e non decorre nella pendenza del giudizio. Quando l’iniziativa giudiziale sia stata assunta dal debitore, l’effetto sospensivo (o interruttivo permanente) si mantiene per tutta la durata del processo, indipendentemente dalla mancanza di attività processuale della parte ricorrente (rinuncia, perenzione). Nei giudizi impugnatori, infatti, l’amministrazione convenuta, che vanta la posizione di creditore e ha interesse a tutelare le ragioni del proprio credito di fronte alla richiesta di accertamento negativo insita nell’impugnazione, si difende in ogni momento del processo per il solo fatto di mantenere ferma la richiesta di reiezione del ricorso, e in questo modo determina l'interruzione e la correlativa sospensione della prescrizione fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (v. Cass. civ. Sez. III 21 ottobre 2022 n. 31259;
Cass. civ. Sez. III 20 dicembre 2021 n. 40845;
Cass. civ. Sez. Lav. 29 luglio 2021 n. 21799). In conseguenza del rovesciamento speculare delle posizioni rispetto alla fattispecie descritta nell’art. 2945 comma 3 c.c., l’estinzione del processo, a cui è assimilabile la perenzione nel processo amministrativo (v. Cass. civ. SU 31 maggio 2022 n. 17619), non provoca la perdita dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione in danno dell’amministrazione convenuta. La cancellazione dell’effetto interruttivo permanente è in realtà una sanzione per il creditore che abbia agito in giudizio senza poi svolgere l’attività processuale necessaria per arrivare a una pronuncia di merito. Tale sanzione, pertanto, non può essere estesa per analogia quando il creditore sia invece l’amministrazione convenuta, la quale abbia chiesto la reiezione del ricorso con una domanda implicita di accertamento positivo del credito (ossia di negazione dell’accertamento negativo), e intenda procedere, una volta estintosi il giudizio, alla riscossione coattiva. Altrimenti detto, nel caso di estinzione del giudizio, o di perenzione, non è applicabile l’art. 2945 comma 3 c.c., e si conserva invece l’effetto interruttivo permanente della prescrizione, in quanto al venir meno dell’interesse del ricorrente per l’accertamento negativo del credito si contrappone il persistente interesse dell’amministrazione alla conservazione e alla riscossione del credito stesso. L’esito processuale in rito, trasformando in definitivi i provvedimenti difesi in giudizio dall’amministrazione, mantiene intatto anche il diritto di credito incorporato nei medesimi provvedimenti (v. Cass. civ. Sez. Trib. 15 febbraio 2023 n. 4813).

28. Esaminando sotto un diverso profilo il problema della prescrizione nel corso del giudizio, si osserva che l’amministrazione convenuta si trova di fronte a un impedimento ex art. 2935 c.c. all’esercizio del diritto. È vero che la riscossione coattiva è bloccata solo da un’ordinanza cautelare di sospensione (v. art. 8- quinquies commi 1 e 2 del DL 5/2009), ma la pendenza di un giudizio determina comunque incertezza del diritto, e non permette di considerare definitivo l’accertamento intervenuto in sede amministrativa. Per tale ragione, la norma appena richiamata, pur considerando esigibili le imputazioni di prelievo non sospese in sede giurisdizionale, qualifica l’esigibilità come presupposto per la presentazione della domanda di rateizzazione da parte del debitore, implicando quindi l’attesa di una decisione di quest’ultimo e la correlativa sospensione delle procedure di riscossione coattiva.

29. Essendo necessario disincentivare comportamenti che potrebbero costituire abuso del diritto, occorre escludere in via interpretativa il decorso della prescrizione nei periodi in cui il legislatore ha sospeso le procedure di iscrizione a ruolo e quelle di riscossione coattiva per consentire ai produttori di aderire alle rateizzazioni, previste rispettivamente dall’art. 10 commi 34-39 del DL 49/2003 e dagli art. 8- quater e 8- quinquies del DL 5/2009 (v. TAR Brescia Sez. II 27 maggio 2020 n. 400). Non va poi trascurato che i termini di decadenza e di prescrizione sono stati prorogati di ventiquattro mesi nel periodo della pandemia per i carichi affidati all'agente della riscossione dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2021 (v. art. 68 comma 4- bis del DL 17 marzo 2020 n. 18). Con riguardo al prelievo supplementare, questa proroga si somma alla sospensione della prescrizione dal 1 aprile al 15 luglio 2019, specificamente introdotta per consentire l'ordinato passaggio all'agente della riscossione dei residui di gestione (v. art. 8- quinquies comma 10- ter del DL 5/2009).

30. Quando il prelievo supplementare relativo a una determinata campagna sia stato accertato mediante una sentenza di merito, decorre poi un nuovo termine decennale di prescrizione (peraltro coincidente con il termine dell’ actio iudicati ex art. 2953 c.c.). Un nuovo termine decennale decorre tuttavia anche nel caso di estinzione del giudizio o di perenzione. In proposito, occorre sottolineare che il prelievo supplementare non è un credito avente natura tributaria, e dunque non è sottoposto al termine di decadenza previsto dall’art. 25 comma 1-c del DPR 602/1973. Quest’ultima norma richiede che le cartelle di pagamento delle imposte sui redditi siano notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo, condizione che si verifica appunto con l’estinzione del giudizio o con la perenzione, in quanto tali pronunce non sostituiscono l'accertamento amministrativo con uno giudiziale. È vero che un rinvio all’art. 25 del DPR 602/1973 era contenuto nel previgente art. 8- quinquies comma 10- bis del DL 5/2009, ma il richiamo era riferibile al solo strumento della cartella di pagamento come modalità di riscossione coattiva, oltre che alla competenza dell’AGEA, e in mancanza di qualsiasi specificazione di diritto sostanziale non poteva implicare né la rinuncia dello Stato al termine di prescrizione ordinario né il subentro di un termine decadenziale breve. Conferme successive sono ravvisabili sia nella nuova formulazione del comma 10- bis dell’art. 8- quinquies del DL 5/2009, che non contiene più alcun rinvio all’art. 25 del DPR 602/1973 ma disciplina direttamente i termini e le modalità di trasmissione telematica dei residui all'agente della riscossione, sia nella nuova formulazione del comma 10- ter , che fa riferimento ai termini di prescrizione, disponendone la sospensione, come si è visto sopra.

31. Pertanto, tenendo conto dell’effetto interruttivo e sospensivo derivante dai ricorsi sopra descritti, nonché della notifica di un’intimazione di pagamento, e computando infine anche la proroga e la sospensione ex lege dei termini di prescrizione, si ritiene che l’azienda agricola ricorrente, non possa invocare la prescrizione del credito dell’AGEA.

Sul contrasto con il diritto dell’Unione

32. I profili di contrasto della normativa italiana con il diritto europeo sono stati accertati per gradi dalla Corte di Giustizia, fino alla campagna 2006-2007. In un primo momento, la pronuncia di C.Giust. Sez. VII 27 giugno 2019 C-348/18 ( B ) ha dichiarato l’incompatibilità della compensazione nazionale ex art. 1 comma 8 del DL 1 marzo 1999 n. 43, nonché ex art. 1 comma 5 del DL 4 febbraio 2000 n. 8, in vigore fino alla campagna 2002-2003, con l’art. 2 par. 1, comma 2, del Reg. CEE 28 dicembre 1992 n. 3950/92. La pronuncia di C.Giust. Sez. II 11 settembre 2019 C-46/18 ( S R ) ha poi dichiarato l’incompatibilità del meccanismo di rimborso del prelievo in eccesso ex art. 9 comma 3 del DL 49/2003, in vigore a partire dalla campagna 2003-2004, con l’art. 2 par. 4 del Reg. CEE 3950/92, in combinato con l’art. 9 par. 1 del Reg. CE 9 luglio 2001 n. 1392/2001. Entrambi questi regolamenti sono rimasti in vigore fino alla campagna 2003-2004.

33. Il contrasto con il diritto dell’Unione riguarda (a) nel caso della compensazione nazionale, la redistribuzione delle quote inutilizzate secondo categorie prioritarie anziché in modo proporzionale;
(b) nel caso del rimborso del prelievo in eccesso, l’esclusione dal rimborso dei produttori che non hanno versato il prelievo.

34. Relativamente al rimborso del prelievo in eccesso, il contrasto tra l’art. 9 comma 3 del DL 49/2003 e il diritto dell’Unione si è ripresentato anche con il subentrante Reg. CE 29 settembre 2003 n. 1788/2003, in vigore per le campagne dal 2004-2005 al 2007-2008, in combinato con il Reg. CE 30 marzo 2004 n. 595/2004. In effetti, vi è corrispondenza, da un lato, tra l’art. 2 par. 4 del Reg. CEE 3950/92 e l’art. 13 par.

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