TAR Catania, sez. I, sentenza 2021-07-26, n. 202102446

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2021-07-26, n. 202102446
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202102446
Data del deposito : 26 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/07/2021

N. 02446/2021 REG.PROV.COLL.

N. 03521/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3521 del 2002, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P M M, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, viale Ruggero di Lauria,29;

contro

Comune -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. -OMISSIS-del Comune -OMISSIS-, comunicata in data -OMISSIS-, con cui è stata rigettata la domanda di concessione in sanatoria del ricorrente e si è ingiunta la demolizione del relativo manufatto;

di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ivi compreso, ove occorra, il verbale dell’U.T.C. del -OMISSIS-;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 14 giugno 2021 svoltasi tramite collegamento simultaneo da remoto in videoconferenza, ai sensi degli artt. 25 del d.l. n. 137/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, il dott. P M S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1). Con ricorso notificato il -OMISSIS-

In data -OMISSIS- ha avanzato istanza di concessione in sanatoria relativamente al suddetto fabbricato.

Con il provvedimento impugnato del -OMISSIS-, il Comune intimato ha negato la concessione in sanatoria richiesta dal ricorrente, motivando la decisione con la circostanza che “l’opera ricade in una fascia di inedificabilità in quanto area destinata a verde attrezzato del p.r.g.” e ha ingiunto la demolizione.

Avverso tale atto parte ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

I) Violazione dell’art. 33, comma 1, l. n. 47/85 in relazione all’art. 23 l.r. n. 37/85 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria – Eccesso di potere per travisamento della realtà – Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.

Assume parte ricorrente che i vincoli contenuti nel P.R.G. vigente, essendo quest’ultimo entrato in vigore nel 2001, sono successivi alla realizzazione dell’opera per cui è causa e alla presentazione dell’istanza di condono e, pertanto, ai sensi della normativa richiamata, non può non rilevarsi che sarebbero inapplicabili alla fattispecie in esame.

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l.r. n. 10/1991 – Eccesso di potere per difetto di motivazione.

Ha sostenuto parte ricorrente che la destinazione a verde pubblico non vieta l’edificazione di quei manufatti che siano indispensabili all’effettivo godimento della zona da parte della collettività e comunque non esclude, almeno in astratto, la realizzabilità di manufatti che, per dimensioni o destinazione, non compromettono il vincolo di P.R.G.

Ne discende che, comunque, il comune avrebbe dovuto enunciare in che termini è stata ritenuta la non conformità della costruzione abusiva alle prescrizioni dello strumento urbanistico e quale pregiudizio il manufatto arrecherebbe alla fruibilità del verde da parte della collettività e alle caratteristiche panoramiche e ambientali del luogo.

III) Violazione dell’art. 35, comma 12, l. n. 47/1985 in relazione all’art. 26, comma 15, della l.r. n. 37/85 – Eccesso di potere per mancato annullamento in autotutela del silenzio assenso – Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione sotto altro profilo.

Sostiene parte ricorrente che decorsi ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta, né vi sarebbero ostacoli alla formazione del silenzio assenso atteso che al momento della presentazione della istanza di sanatoria non sussisteva nell’area di pertinenza dell’edificio un valido vincolo di inedificabilità assoluta;
al più l’amministrazione avrebbe potuto annullare la concessione edilizia assentita.

IV) Violazione dell’art. 8 della l.r. n. 10/91 – Vizio del procedimento – invalidità derivata.

L’amministrazione non ha dato avviso all’odierno ricorrente del diniego, il che acquista maggior rilevanza se si considera che nella fattispecie il procedimento di demolizione è stato avviato parecchio tempo dopo l’ultimazione della fase istruttoria, quando ormai si era determinato un fondato convincimento circa l’accoglimento dell’istanza di condono.

L’amministrazione resistente, regolarmente evocata, non si è costituita in giudizio.

Con Ordinanza istruttoria -OMISSIS- è stato disposto che il Comune intimato specificasse se l’immobile de quo fosse inserito in una fascia che è stata destinata per la prima volta a verde attrezzato in forza del Piano Regolatore Generale entrato in vigore nell’anno 2001 o se tale destinazione (o altra comunque implicante l’inedificabilità) risultasse anche da strumenti urbanistici di data anteriore.

Con atto depositato il 21.9.2020, l’Amministrazione ha rappresentato che all’area in questione era già stato impresso il vincolo a verde pubblico con piano particolareggiato approvato con D.A. n. 178 del 24.6.1980, successivamente integrato con D.A. n. 216 del 26.6.1981;
successivamente è stato adottato il vigente P.R.G. approvato con D.A. n. 546/DRU del 28.12.1999.

All’udienza di smaltimento del 14.6.2021, tenutasi da remoto, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

Va premesso che con memoria depositata il 13.5.2021, parte ricorrente ha preso atto che i vincoli di inedificabilità per cui è causa preesistevano al P.R.G. del 2001, nonostante l’Ente, nel provvedimento impugnato, avesse indicato detto strumento urbanistico quale ragione del rigetto della domanda di concessione in sanatoria e ha insistito nelle altre difese e censure e, segnatamente, sul secondo motivo di ricorso con il quale si è doluta della circostanza che l’ordinanza con cui è stata respinta la richiesta di rilascio di concessione in sanatoria è stata motivata solo sul dato che l’immobile insiste in un’area destinata a verde attrezzato, non avendo l’Amministrazione seguito il procedimento di valutazione dell’ammissibilità dell’opera sopra descritto, in violazione della circolare n. 2 del 31/8/1985 dell’Assessorato Territorio ed Ambiente.

Ciò posto, il ricorso è infondato per le ragioni che seguono.

Con il primo motivo di ricorso, che, comunque, viene esaminato, si deduce che, poiché l’attuale piano regolatore generale del Comune -OMISSIS- è stato approvato nel 2001, il vincolo di inedificabilità da esso previsto per l’area in cui ricade l’immobile abusivo non potrebbe produrre gli effetti di impedimento alla sanatoria previsti dall’art. 33 l. n. 47 del 1985, in quanto successivo all’istanza di sanatoria.

Il motivo è infondato.

Va intanto premesso che in Sicilia gli artt. 32 e 33 l. n. 47/1984 sono stati sostituiti dall’art. 23 l.r. n. 37/1985, mentre le censure svolte da parte ricorrente in ricorso – ancorché nella rubrica si faccia riferimento anche alla legge regionale – assumono come parametro normativo di riferimento esclusivamente la normativa nazionale e la giurisprudenza in relazione ad essa sviluppata.

Tanto sarebbe sufficiente al rigetto del ricorso, trattandosi di contestazioni non pertinenti alla luce del citato art. 23 l.r. citata.

Né peraltro può giovare la circostanza che con la memoria da ultimo prodotta (del 10.7.2020) si faccia riferimento alla detta legge regionale e alla procedura ivi prevista, assumendone il mancato rispetto da parte dell’amministrazione comunale;
ciò in quanto non è possibile introdurre con memoria non notificata motivi nuovi e tardivi, tali essendo quelli svolti alla luce della normativa regionale anziché quella nazionale, assunta a riferimento nel ricorso.

Tuttavia, per completezza, va rilevato che, seguendo il ragionamento di parte ricorrente, se pure è vero che il piano regolatore generale vigente al momento del diniego di sanatoria sia stato approvato nel 2001 (e quindi successivamente all’istanza di condono), nondimeno non è dedotto in ricorso, ed è anzi stato smentito dalla disposta istruttoria, che in precedenza l’area de qua fosse edificabile, sicché rimane acclarato che anche in passato sussistesse il vincolo di inedificabilità di cui si tratta, circostanza, questa, che il ricorrente avrebbe potuto agevolmente contrastare, ove rispondente al vero, producendo apposita certificazione di destinazione urbanistica.

Con il secondo motivo si deduce, nel solco della giurisprudenza amministrativa maturata sull’art. 33 della legge n. 47/1985, che la destinazione a verde dell’area non impone un vincolo di inedificabilità assoluta. Secondo il ricorrente, allora, l’amministrazione avrebbe dovuto indicare in concreto le ragioni dell’incompatibilità del fabbricato con la destinazione urbanistica dell’area.

Fermo restando quanto sopra detto circa l’applicazione della normativa nazionale citata in Sicilia come sostituita dalla normativa regionale di riferimento, con riguardo alla quale non vengono formulate specifiche censure in ricorso (salvo poi a introdurle inammissibilmente con la successiva memoria non notificata), per completezza, comunque, va rilevato quanto segue.

Come già affermato da questo Tribunale (sezione I, sentenza n. 1581 del 29 giugno 2020) in vicenda contenziosa analoga a quella in esame, la giurisprudenza invocata dal ricorrente afferma che la disposizione contenuta nella lett. d) art. 33 l. 28 febbraio 1985 n. 47, secondo cui non sono suscettibili di sanatoria quelle opere che hanno utilizzato aree sulle quali grava "ogni altro vincolo che comporti l'inedificabilità", intende fare riferimento, nel suo carattere residuale, a tutti quei vincoli d'inedificabilità assoluta che non siano apposti in virtù di apposita previsione normativa statale, regionale, comunale, a tutela degli specifici interessi di cui alle lett. a), b) e c) art. 33 l. n. 47 del 1985.

Per tale ragione, la norma in questione non è applicabile ai manufatti costruiti all'interno di zone vincolate a verde pubblico attrezzato, trattandosi, in quest'ultimo caso, di vincolo - di tipo urbanistico- che non è indissolubilmente inerente all'area sulla quale si è intervenuti abusivamente, ma che può, al contrario, essere soddisfatto contemplando anche altrove la realizzazione di opere destinate ai fini pubblici.

Conseguentemente, la destinazione a verde pubblico non vieta l'edificazione di quei manufatti che siano indispensabili all'effettivo godimento della zona da parte della collettività e comunque non esclude, almeno in astratto, la realizzabilità di manufatti che, per dimensioni e destinazione, non compromettono il vincolo di piano regolatore generale (cfr. TAR Lazio - Latina, 17 febbraio 2000, n.103;
TAR Puglia – Bari, Sez. I, 23 maggio 2000, n. 2173).

Nel caso di specie, nondimeno, l’immobile oggetto di richiesta di sanatoria è, in base a quanto risulta dal provvedimento impugnato, destinato ad autorimessa e deposito (conformemente, per altro, a quanto indicato in ricorso rispetto alle categorie catastali impresse, vale a dire C/2 e C/6) e a quanto rappresentato nella domanda di condono, ove l’abuso viene relazionato a “deposito”.

Orbene, a fronte del rigetto per inedificabilità in quanto area destinata a verde attrezzato, non viene fornito alcun elemento che consenta di ipotizzare la compatibilità della costruzione abusiva con la detta destinazione urbanistica dell’area, non essendo essa evidentemente finalizzata al godimento della zona da parte della collettività e avendo caratteristiche (come sopra puntualmente descritte) tali da compromettere la destinazione a verde attrezzato della stessa (cfr. TAR Catania, I, 29.6.2020, n. 1581;
28.7.2020, n. 1936, su casi analoghi relativi allo stesso Comune) .

Anche sotto questo profilo, quindi, le contestazioni non evidenziano né dimostrano l’illegittimità sostanziale del provvedimento impugnato.

E ancora, parte ricorrente non si sofferma sulla natura del vincolo in questione (conformativo o espropriativo) e comunque non fornisce elementi per desumere la sua portata a supporto della propria tesi. Peraltro non risulta agli atti alcuna impugnativa di parte ricorrente avverso il detto vincolo.

Con il terzo e il quarto motivo di ricorso parte ricorrente, sul presupposto che sull’istanza di sanatoria si fosse formato il silenzio assenso, deduce che al rigetto dell’istanza di sanatoria e all’ingiunzione di demolizione avrebbe dovuto essere premesso l’annullamento in autotutela del titolo formatosi per silentium e comunque la demolizione avrebbe dovuto essere anticipata da avviso di avvio del procedimento.

I motivi sono infondati.

Il titolo abilitativo tacito può formarsi per effetto del silenzio assenso soltanto ove la domanda sia conforme al relativo modello legale e quindi sia in grado di comprovare che ricorrano tutte le condizioni previste per il suo accoglimento (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 luglio 2015 n. 3661;
TAR Campania Napoli, Sez. IV, 25 febbraio 2016 n. 1032;
da ultimo T.A.R. Napoli, IV Sezione, 19 settembre 2018 n. 5445;
Tar Napoli, VI, n. 341/2019);
ma nel caso di specie, non permangono dubbi sulla detta conformità alla luce della documentazione acquisita in sede istruttoria, laddove è stata chiarita, tra l’altro, la destinazione dell’area al momento della realizzazione dell’abuso.

Inoltre, come ricordato dalla su citata sentenza di questo Tribunale, non si forma il silenzio - assenso ex art. 35, comma 12 l. 28 febbraio 1985 n. 47 (come sostituito dall’art. 26 della l.r. n. 35/1985) sulle domande di concessione in sanatoria che riguardano aree soggette a vincolo di inedificabilità quale quello derivante dalla destinazione a verde dell’area (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 dicembre 1996, n.1493).

Quanto al difetto di previa comunicazione di avvio di procedimento, conformemente alla prevalente giurisprudenza, va riaffermato che l’ordinanza di demolizione non necessita di tale preavviso in quanto atto vincolato che non potrebbe avere un contenuto diverso (cfr., fra le più recenti, Cons. Stato, sez. II, 24 marzo 2020, n. 2051;
Cons. Stato, sez. II, 23 gennaio 2020, n. 561;
Cons. Stato, sez. II, 11 dicembre 2019, n. 8422;
T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 3 giugno 2020, n. 1259).

Inoltre, è stato condivisibilmente chiarito che l'ordine di demolizione conseguente all'accertamento della natura abusiva delle opere edilizie realizzate, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto;
l'ordinanza va emanata senza indugio e in quanto tale non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento trattandosi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto cioè l’abuso di cui peraltro l'interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo (arg. ex Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 25 novembre 2019, n. 976;
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 25 marzo 2020, n. 396;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 18 febbraio 2020, n. 297).

Peraltro, poiché l'ordinamento tutela l'affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione e il consapevole mantenimento in loco di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del privato “ contra legem ”, ne consegue che il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso, con la precisazione che il principio in questione non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso (cfr., da ultimo, T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 06 settembre 2018, n. 5406).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

La mancata costituzione dell’amministrazione intimata esime dalla pronuncia sulle spese.

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