TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-04-05, n. 201604097

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-04-05, n. 201604097
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201604097
Data del deposito : 5 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07512/2015 REG.RIC.

N. 04097/2016 REG.PROV.COLL.

N. 07512/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7512 del 2015, proposto da:
Soc C Srl, rappresentata e difesa dagli avv. B B, P F, L P, con domicilio eletto presso Studio Libertini Fabbio Philipp in Roma, Via Boezio, 14;

contro

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Soc Calcestruzzi Spa, rappresentata e difesa dagli avv. M S, F M M, Marco Zotta, con domicilio eletto presso Studio Legale Cleary &
C in Roma, piazza di Spagna, 15;

per l'annullamento

- del provvedimento dell'AGCM n. 25401 del 25.03.2015, nella parte in cui ha comminato alla ricorrente una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad Euro 331.332;
- del provvedimento presupposto e connesso dell'AGCM n. 25152 del 22.10.2014;- di ogni altro atto amministrativo antecedente o susseguente, comunque connesso a quelli impugnati, ivi compresa la Comunicazione delle risultanze istruttorie trasmessa alle parti il 21.11.2014;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust e della Società Calcestruzzi Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2016 il dott. R S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - La ricorrente

COBETON

SrL è una società che opera nella produzione e commercializzazione di calcestruzzo attiva nella Regione Friuli Venezia Giulia, e fa parte delle società che, con separati ricorsi, hanno impugnato il provvedimento, meglio individuato in epigrafe, con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato un’intesa restrittiva del mercato del calcestruzzo fra le medesime società in violazione dell'art. 101 TFUE e dell'art. 2 legge n.287/1990.

2 – In particolare, l’impugnato provvedimento è stato adottato dall'AGCM all’esito del procedimento avviato in data 22 gennaio 2014, ai sensi dell'art. 14, comma 1, legge n. 287/1990 , nei confronti delle società General Beton Triveneta S.p.A., Calcestruzzi Zillo S.p.A., Friulana Calcestruzzi S.p.A., SuperBeton S.p.A., C S.p.A. (successivamente divenuta C S.r.l.), Calcestruzzi S.p.A., La Nuova Calcestruzzi S.r.l., Calcestruzzi Trieste Nord Est S.r.l., Concrete Nordest S.r.l., Intermodale S.r.l. e Nord Est Logistica S.r.l. a seguito di una richiesta di ammissione al programma di clemenza della società Calcestruzzi, la quale il 17 dicembre 2013 ha presentato una dichiarazione orale in cui si faceva riferimento a due "tavoli" di concertazione tra produttori di calcestruzzo in Friuli Venezia Giulia (uno nelle provincia di Udine, ed uno in provincia di Trieste) con la partecipazione anche di una società di consulenza, Intermodale S.r.l., considerata dall'AGCM l'organizzatore materiale della concertazione, e di una società di trasporti, Nord Est Logistica S.r.l. (da ultimo ritenuta estranea alla vicenda), che vedevano riunioni di norma su base settimanale per scambiarsi informazioni confidenziali in relazione all'avvio di nuovi cantieri.

3 - Le condotte indicate nella dichiarazione di Calcestruzzi non vengono contestate dalla ricorrente (né dalle altre imprese coinvolte nel Procedimento), che tuttavia chiede che le stesse siano qualificate giuridicamente in modo corretto e vengano inquadrate nel contesto della gravissima crisi, ancora in atto, del settore delle costruzioni e del calcestruzzo in particolare, con il conseguente annullamento –o quanto meno con la riduzione- della sanzione irrogata (pari per la ricorrente ad Euro 145.663) sulla base di plurime censure di legittimità.

4 – L’intimata Autorità si è costituita in giudizio per difendere la piena legittimità del proprio operato. Tutte le Parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive ragioni con ampie memorie.

Il ricorso è stato esaminato da questo Tribunale congiuntamente ai separati ricorsi presentati da altre imprese sanzionate e, in sede cautelare, con ordinanze del 18 giugno 2015, nn. 2528 e 2527, nonché del 2 luglio 2015, nn. 2783 e 2787, ha accolto in parte le domande cautelari proposte, sospendendo l'efficacia del provvedimento impugnato nel limiti di un importo pari a un terzo della sanzione inflitta dall'Autorità. Per la riforma delle suddette ordinanze, le società General Beton, Calcestruzzi Zillo e Superbeton, oltre alla ricorrente Calcestruzzi Trieste Nord Est, hanno proposto appello cautelare innanzi al Consiglio di Stato, che ha respinto confermando la riduzione della sanzione già disposta in via cautelare da questo Tar (ordinanze CdS 31 agosto 2015 nn. 3893, 3894 e 3897;
nonché del 27 agosto 2015, n. 3896). A seguito della pubblica udienza del 10 febbraio 2016 il ricorso è stato infine introitato per la decisione e deciso, congiuntamente agli altri predetti ricorsi, in più camere di consiglio, in relazione alla complessità delle questioni ed all’intreccio con ulteriori ricorsi concernenti le medesime questioni giuridiche.

5 – Nel merito considera il Collegio che, così come espressamente affermato dalla ricorrente, il ricorso in epigrafe non è rivolto a contestare la sussistenza dell'infrazione accertata dall'AGCM, avendo la ricorrente non solo ammesso di avere partecipato all'intesa, ma anche utilmente collaborato all’istruttoria, bensì a contestare il quantum della sanzione, che sarebbe stata irrogata alla ricorrente in modo illegittimo ed ingiusto.

6 – La ricorrente, dunque, contesta in primo luogo (I motivo di ricorso) la violazione e falsa applicazione dei punto 34 delle Linee guida sulle modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autorità, nonché dell'ari. 11 della legge n. 689/1981 e dell'art. 101 TFUE unitamente ai vizi di eccesso di potere per disparità di trattamento, erroneità dei presupposti e illogicità manifesta nonché, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione degli art. 3, 23, 25, 97 e 117, comma 1, della Costituzione, dell'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dell'art. 1 della legge n. 689/1981 e, ancora in subordine, la violazione e falsa applicazione del punto 12 delle Linee guida e dell'ari. 11 della legge n. 681/1981 sotto altro profilo e del principio di proporzionalità.

In particolare, la sanzione impugnata sarebbe illegittima in quanto l'Autorità ha irrogato alla ricorrente il massimo edittale, in violazione dei principi fissati dall'art. 11 della legge n. 689/1981 e di quelli fissati in sede comunitaria per le imprese mono-prodotto e localizzate localmente come la ricorrente, nonché in violazione delle proprie stesse Linee guida.

Infatti, afferma la ricorrente, la legge Antitrust prevede per le sanzioni in oggetto un massimo edittale fino al 10% del fatturato proprio per fissare un tetto che consenta di tener conto, nei singoli casi, di tutte le circostanze soggettive e oggettive, ed invece la sanzione irrogatale è stata proprio quella massima del 10%, senza tenere conto di alcuna delle numerose circostanze attenuanti che la ricorrente aveva dimostrato, avendo l'Autorità erroneamente applicato il "meccanismo" di calcolo determinato con le Linee guida sulle modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autorità, peraltro illegittimo, stabilendo di conseguenza l’"importo-base" della sanzione in € 613.771, cioè quasi il doppio rispetto alla sanzione massima irrogabile, considerando il 15% del fatturato interessato dall'infrazione, che però in questo caso coincide con il fatturato totale dell'impresa, poi elevato ad € 2.349.617 in base alla durata dell'infrazione (3,83 anni) e solo alla fine ridotto di quasi 7 volte fino al massimo edittale (10% del fatturato nel 2014), in violazione dell'art. 11 della legge n. 689/1981 e del punto 34 delle stesse Linee guida che impone di tenere conto delle «specifiche circostanze del caso concreto» parafrasando l'art. 37 degli Orientamenti comunitari, che è volto ad evitare conseguenze abnormi come nel caso di specie, come confermato dalla giurisprudenza comunitaria (citando Tribunale UE, sent. 16 giugno 2011, causa T-211/08 Putters vs Commissione), e come auspicato dalla Risoluzione del 2 febbraio 2012 del Parlamento europeo, che ha rappresentato l'importanza e l'urgenza di una revisione delle sue linee-guida in materia di sanzioni antitrust alla Commissione Europea, che a propria volta in numerosi casi ha disposto riduzioni significative della sanzione "teorica", al di sotto della soglia del 10% del fatturato totale.

Secondo la ricorrente l’Autorità, non recependo la predetta prassi, è incorsa anche in un vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità manifesta, erroneità dei presupposti e violazione del principio di proporzionalità ma, in ogni caso,anche ove si ritenesse il predetto criterio appropriato, lo stesso sarebbe comunque illegittimo in quanto retroattivo, essendo stato adottato solo il 22 ottobre 2014 mentre l’infrazione è stata commessa dall'aprile 2010 al gennaio 2014, conseguendone anche l’illegittimità del punto 35, che prevede che lo stesso criterio di applichi o anche retroattivamente «ai procedimenti in corso, nei quali non sia stata notificata alle parti la comunicazione delle risultanze istruttorie», in violazione dell’art. 23 Cost., dell’art. art. 1 legge n. 689/1981 e dell’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

In ogni caso, afferma la ricorrente in via ulteriormente subordinata, il calcolo abnorme della sanzione di base ad essa applicabile sarebbe altresì illegittimo per non aver considerato la possibilità di scostamento dal criterio (che secondo il punto 12 delle Linee guida vale solo “di regola”), in presenza di effetti sul mercato contraddittoriamente stimati come “contenuti” dalla stessa Autorità, con una conseguente abnorme e illogica discriminazione delle imprese localizzate monoprodotto, come la ricorrente.

7 – In secondo luogo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell 'art 11 della legge n. 689/1981 e dell'art. 101 TFUE e l’eccesso di potere per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, erroneità dei presupposti, contraddittorietà e illogicità manifesta per l’omessa considerazione, come attenuante, della collaborazione prestata dalla ricorrente, in difformità da precedenti univoci, in aperto contrasto gli orientamenti della Commissione Europea e in forza di Linee guida illegittimamente retroattive, avendo l'Autorità escluso l'attenuante in assenta

applicazione del punto 23, secondo trattino, delle Linee guida secondo cui «per le fattispecie che ricadono nell'ambito di applicazione del programma di clemenza dell'Autorità, la cooperazione delle imprese sarà valutata esclusivamente secondo le disposizioni del programma di clemenza», quando invece era palese che la clausola riguardava esclusivamente l’impresa collaborante al programma.

Secondo la ricorrente, inoltre, nella denegata e non creduta ipotesi in cui il citato punto 23 delle Linee guida fosse ritenuto ostativo alla mitigazione della sanzione tale disposizione dovrebbe ritenersi illegittima in quanto retroattiva, irragionevolmente restrittiva in violazione del principio costituzionale di buon andamento e contrastante con la prassi costante e gli orientamenti applicativi della Commissione Europea.

8 – In terzo luogo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 11 della legge n. 689/1981 e dell'art. 101 TFUE ed il vizio di eccesso di potere per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, erroneità dei presupposti, contraddittorietà e illogicità manifesta, per l’omessa considerazione, come attenuante, della dimensione economica particolarmente contenuta dell'impresa.

Infatti la ricorrente sarebbe qualificabile come piccola impresa, secondo le definizioni legislative generali tanto del diritto comunitario quanto del diritto nazionale e ciò costituirebbe di per sé un'attenuante ai fini della sanzione secondo i principi comunitari, in particolare secondo la Risoluzione del Parlamento Europeo del 2 febbraio 2012 (2011/2094(INI)) e secondo la prassi decisionale della Commissione Europea e, contraddittoriamente, della stessa Autorità nazionale..

9 – Con il quarto motivo d’impugnazione la ricorrente afferma ancora la violazione e falsa applicazione dell'art. 11 della legge n. 689/1981 e dell'art. 101 TFUE, oltreché il vizio di eccesso di potere per carenza d'istruttoria, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, erroneità dei presupposti, contraddittorietà e illogicità manifesta per l’omessa considerazione, come attenuante, del ruolo solo parziale avuto dalla ricorrente nell’intesa, non avendo la stessa impresa assunto partecipazioni nella società di trasporti e logistica Nord Est Logistica S.r.l. (NEL), pur considerata dalla stessa Autorità come uno strumento di rafforzamento dell'intesa sanzionata.

Secondo la ricorrente, la propria mancata partecipazione ad uno meccanismi fondamentali attraverso i quali si è realizzata l'intesa sanzionata doveva viceversa costituire un'autonoma attenuante (richiamando la recente decisione della Commissione Europea del 2 aprile 2014, caso AT.39792 - Steel abrasives, par. 104 Ss., che in un caso di cartello pluriennale ha riconosciuto a due delle imprese sanzionate una riduzione rispettivamente di dieci e quindici punti percentuali, specificamente per non avere le stesse partecipato "ad alcune delle pratiche adottate per assicurare la tenuta del cartello"), essendo l'AGCM tenuta, nell'esercizio della sua potestà sanzionatoria, ad osservare prassi e orientamenti applicativi della Commissione Europea quale autorità della concorrenza (citando Cons. Stato, sent. 9575/2010), a fortiori per un'infrazione qualificata dalla stessa AGCM come violazione dell'art. 101 TFUE.

Anche in questo caso la ricorrente deduce altresì, in via subordinata, che nella denegata ipotesi in cui il riconoscimento dell'attenuante in oggetto fosse precluso dal meccanismo di calcolo di cui alle Linee guida nazionali, dovrebbe comunque ritenersi illegittima l'applicazione retroattiva di tale disciplina al caso di specie, ed in ulteriore subordine, la illegittimità delle Linee guida nazionali alla stregua del primo motivo di ricorso.

10 – Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente si duole, ancora, della violazione e falsa applicazione dell'art. 11 della legge n. 68911981 e dell'art. 101 TFUE, oltreché dei vizi di eccesso di potere per carenza d'istruttoria, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, erroneità dei presupposti, contraddittorietà e illogicità manifesta, per l’omessa considerazione del ruolo solo marginale di C nell'intesa sanzionata, considerato che la quota "conferita" da C nel coordinamento, e che il coordinamento sarebbe dovuto servire a mantenere, raggiungeva appena il 6% del fatturato aggregato di tutte le imprese partecipanti, e che la stessa impresa è rimasta estranea alla nascita ed alal gestione della società di consulenza Intermodale S.r.l., avendo quindi C solo aderito ad un meccanismo già organizzato da altri ed i cui precedenti partecipanti, ovverosia le altre imprese, largamente maggioritarie, avrebbero in precedenza usato trattamenti discriminatori lesivi nei suoi confronti inducendola ad aderire giocoforza all’intesa, peraltro per lei riferita (al contrario di altri partecipanti) al solo "tavolo di Udine” e non anche al contiguo "tavolo" di Trieste.

Anche in relazione al motivo in esame, viene peraltro dedotta in via subordinata l’illegittimità dell’operato dell’Autorità sotto il profilo dell’applicazione retroattiva delle linee guida e per le ulteriori censure già dedotte con il primo motivo.

11 – Con gli ultimi due motivi la ricorrente deduce le medesime censure già argomentate in via principale ed in via subordinata in relazione ai precedenti motivi di ricorso, rispettivamente in relazione alla omessa considerazione come attenuante della situazione di grave crisi del settore, pur senza precedenti per gravità e durata, in contraddizione con le risultanze dell'istruttoria e in contrasto, oltre che con la disciplina in rubrica, con propri precedenti, anche recenti e relativi ai medesimo settore produttivo del calcestruzzo, ed alla mancata considerazione delle proprie condizioni economiche disagiate , in violazione della disciplina in rubrica e sulla base di un'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 11 della legge n. 689/1981, pur avendo la ricorrente puntualmente rappresentato e documentato il drastico calo del fatturato, una gravissima perdita di esercizio nel 2014 (l'ultimo esercizio chiuso prima della notifica della sanzione), la riduzione del numero di dipendenti, il ricorso massiccio alla cassa integrazione guadagni ed un’alta esposizione debitoria nei confronti della banche.

12 – Infine, con l’ultimo motivo la ricorrente deduce i vizi di violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e di eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza d'istruttoria, per non aver debitamente dato conto delle circostanze dalla stessa allegate in corso d’istruttoria e meglio individuate nei predenti motivi di ricorso.

13 - A giudizio del Collegio, alla stregua della più recente giurisprudenza della Sezione il ricorso in epigrafe, che non contesta la sussistenza di una pratica anticoncorrenziale ma la valutazione della sua gravità in un contesto di crisi economica, ed inoltre la quantificazione ed applicazione della sanzione irrogata, non è fondato e quindi non può trovare accoglimento.

Al riguardo, occorre evidenziare che le plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere fin qui sommariamente sintetizzate sembrano in realtà afferire tutte ad un’unica doglianza della ricorrente, concernente la mancata riduzione della sanzione irrogatale, in relazione:

- alla scarsa gravità ed ai modesti effetti dell’intesa anticoncorrenziale cui ha partecipato;

- al modesto ruolo da essa avuto nell’ambito della medesima intesa;

- alla mancata considerazione della sua natura d’impresa c.d. mono-prodotto ai fini del calcolo della sanzione base;

- alla mancata riduzione della sanzione finale pur in presenza di un suo atteggiamento collaborativo, e di una sua condizione di grave crisi nell’ambito della più generale crisi economica del settore.

Pertanto, anche a fini di migliore chiarezza espositiva, il Collegio ritiene opportuno procedere all’esame delle medesime censure secondo l’ordine indicato, che del resto corrisponde ad una graduazione della diversa satisfattività del loro accoglimento alla stregua di un criterio di tutela sostanziale degli interessi fatti valere in sede giurisdizionale.

14 – Avviando dunque l’esame delle plurime censure dedotte secondo il predetto ordine, il Collegio ritiene quindi necessario premettere, in primo luogo, che il Consiglio di Stato e questa Sezione (Sez. VI, 4.9.15, n. 4123 e Tar Lazio, Sez. I, 4.11.15, n. 12416) hanno precisato che la fattispecie dell’accordo ricorre qualora le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo e la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza. I criteri del coordinamento e della collaborazione, che consentono di definire tali nozioni, vanno intesi alla luce dei principi in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato. Pur non escludendo la suddetta esigenza di autonomia il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti, essa vieta però rigorosamente che fra gli operatori abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non rispondenti alle condizioni normali del mercato. In particolare l’intesa restrittiva della concorrenza mediante pratica concordata richiede comportamenti di più imprese, uniformi e paralleli, che costituiscano frutto di concertazione e non di iniziative unilaterali, sicché nella pratica concordata manca, o comunque non è rintracciabile da parte dell’investigatore, un accordo espresso, il che è agevolmente comprensibile, ove si consideri che gli operatori del mercato, ove intendano porre in essere una pratica anticoncorrenziale, ed essendo consapevoli della sua illiceità, tenteranno con ogni mezzo di celarla, evitando accordi scritti o accordi verbali espressi e ricorrendo, invece, a reciproci segnali volti ad addivenire ad una concertazione di fatto. La giurisprudenza, consapevole della rarità dell’acquisizione di una prova piena, ritiene che la prova della pratica concordata, oltre che documentale, possa anche essere indiziaria, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti. Nella pratica concordata l’esistenza dell’elemento soggettivo della concertazione deve perciò desumersi in via indiziaria da elementi oggettivi, quali la durata, l’uniformità e il parallelismo dei comportamenti;
l’esistenza di incontri tra le imprese;
gli impegni, ancorché generici e apparentemente non univoci, di strategie e politiche comuni;
i segnali e le informative reciproche;
il successo pratico dei comportamenti, che non potrebbe derivare da iniziative unilaterali, ma solo da condotte concertate, ed al riguardo, la giurisprudenza comunitaria e nazionale distingue tra parallelismo naturale e parallelismo artificiosamente indotto da intese anticoncorrenziali, di cui la prima fattispecie da dimostrare sulla base di elementi di prova endogeni, ossia collegati alla stranezza intrinseca delle condotte accertate e alla mancanza di spiegazioni alternative, nel senso che, in una logica di confronto concorrenziale, il comportamento delle imprese sarebbe stato sicuramente o almeno plausibilmente diverso da quello riscontrato, e la seconda sulla base di elementi di prova esogeni, ossia di riscontri esterni circa l’intervento di un’intesa illecita al di là della fisiologica stranezza della condotta in quanto tale. La differenza tra le due fattispecie e correlative tipologie di elementi probatori – endogeni e, rispettivamente esogeni – si riflette sul soggetto, sul quale ricade l’onere della prova: nel primo caso, la prova dell’irrazionalità delle condotte grava sull’Autorità, mentre, nel secondo caso, l’onere probatorio contrario viene spostato in capo all’impresa. In particolare, qualora, a fronte della semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, il ragionamento dell’Autorità sia fondato sulla supposizione che le condotte poste a base dell’ipotesi accusatoria oggetto di contestazione non possano essere spiegate altrimenti se non con una concertazione tra le imprese, a queste ultime basta dimostrare circostanze plausibili che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dall’Autorità e che consentano, così, di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta nell’impugnato provvedimento. Qualora, invece, la prova della concertazione non sia basata sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti, ma dall’istruttoria emerga che le pratiche possano essere stati frutto di una concertazione e di uno scambio di informazioni in concreto tra le imprese, in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese l’onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (sulla ricostruzione della fattispecie delle pratiche concordate anticoncorrenziali, sotto il profilo sostanziale e probatorio, v., per tutte, Cons. St., Sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2925, con ampi richiami giurisprudenziali, comunitari e nazionali).

In sostanza, l’esistenza di una pratica concordata, considerata la (estremamente) difficile acquisibilità della prova di un accordo espresso tra i concorrenti, viene quindi ordinariamente desunta dalla ricorrenza di determinati indici probatori dai quali inferire la sussistenza di una sostanziale finalizzazione delle singole condotte ad un comune scopo di restrizione della concorrenza e in materia è dunque ammesso il ricorso a prove indiziarie, purché le stesse, come più volte affermato in giurisprudenza, si fondino su indizi gravi, precisi e concordanti (per tutte: TAR Lazio, Sez. I, 18.12.15, n. 14281).

15 - Nella fattispecie in esame, in data 17 dicembre 2013 la società Calcestruzzi S.p.A. presentava all'Autorità una domanda di ammissione al programma di clemenza ai sensi dell'art. 15, Co. 2bis, della legge n. 287/90 e della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, auto-denunciando la propria partecipazione a due tavoli di concertazione restrittivi della concorrenza tra produttori di calcestruzzo in due aree geografiche del Friuli: Udine e Trieste. Dalla predetta deposizione si apprendeva quindi che Calcestruzzi e i suoi concorrenti erano soliti riunirsi regolarmente, di solito settimanalmente, e scambiarsi informazioni confidenziali di natura commerciale comprendenti l'indicazione da parte di ciascun partecipante dei cantieri riforniti (o in corso di fornitura) di calcestruzzo e relativi volumi;
la segnalazione sull'avvio di nuovi cantieri, sui volumi presunti di calcestruzzo da fornire e sulle quotazioni di prezzo effettuate dall'impresa segnalante all'impresa cliente. Il coordinamento includeva la fase di assegnazione e ripartizione tra le Parti delle forniture di calcestruzzo sulla base di dati storici di produzione e vendite (quote di mercato) di ciascuna impresa;
la circolazione di indicazioni del prezzo di vendita e delle altre condizioni contrattuali da praticare al cliente in relazione ai cantieri segnalati assegnati;
la valutazione del rispetto delle assegnazioni e ripartizioni concordate tra i partecipanti;
il monitoraggio circa il rispetto del principio di non reciproca aggressione su imprese identificate come "esclusive" di ciascun partecipante;
l'individuazione di un sistema sanzionatorio che puniva i trasgressori che rifornivano un cantiere assegnato ad altri partecipanti;
la disponibilità dei partecipanti a effettuare quotazioni di appoggio in caso di richiesta di offerta da parte di un cliente a un'impresa non "assegnataria" del cantiere;
le discussioni su eventuali conflittualità in merito a specifici cantieri o su eventuali problemi attinenti all'ingresso sul mercato da parte di nuove imprese. Calcestruzzi, nell'ambito della domanda di clemenza, forniva altresì all'Autorità numerose copie di tabulati che venivano distribuiti alle riunioni organizzate dalla società di consulenza Intermodale srl.

Sulla base delle circostanziate informazioni fornite da Calcestruzzi nella domanda di clemenza nonché di quelle ottenute a seguito di accertamenti pre-istruttori, il 22 gennaio 2014 l'Autorità avviava il procedimento istruttorio 1772 (doc. 1) nei confronti, oltre che di Calcestruzzi, delle società Generai Beton Triveneta S.p.A. («Generai Beton» o «GBT»), La Nuova Calcestruzzi S.r.l. («Nuova Calcestruzzi» o «LNC»), Calcestruzzi Zillo S.p.A. («Zillo»), Calcestruzzi Trieste Nord Est S.r.l. («Calcestruzzi Trieste Nord Est» o «CTNE»), Friulana Calcestruzzi S.p.A. («Friulana» o «FC»), SuperBeton S.p.A. («SuperBeton»), C S.r.l. («C»), Concrete Nordest S.r.l. («Concrete»), nonché Intermodale S.r.l. («Intermodale»), una società di consulenza organizzatrice materiale della concertazione, e Nord Est Logistica S.r.l. («NEL»), una società di trasporti costituita da tre partecipanti ai cartello (Zillo, General Beton e Friulana Calcestruzzi), onde accertare l'esistenza di violazioni dell'articolo 2 della legge n. 287/1990 e dell'articolo 101 TFUE, nell'ambito delle forniture di calcestruzzo in un'area pluri-provinciale dell'Italia settentrionale, in particolare nelle province di Udine e Trieste, per un periodo di tempo decorrente almeno dal giugno 2011.

Il 30 gennaio 2014 venivano svolte ispezioni e presso Intermodale venivano rinvenuti anche database e file riguardanti ulteriori aree geografiche e imprese, con riguardo alle quali il 7 maggio 2014 veniva avviato un diverso procedimento istruttorio (1780 Mercato del calcestruzzo in Veneto).

Sulla base delle informazioni acquisite, il 13 maggio 2014 l'Autorità deliberava altresì di estendere il procedimento de quo alle aree geografiche della provincia di Pordenone, Treviso e Gorizia e a ulteriori condotte di coordinamento poste in essere a partire dal 2010.

Nel corso del procedimento le Parti venivano sentite più volte in audizione davanti agli uffici ed effettuavano l'accesso agli atti del fascicolo. Su richiesta avanzata da tutte le Parti, 1' 11 dicembre 2014 veniva deliberata la proroga del procedimento al 31 marzo 2015.

16 - Dall’istruttoria svolta emergeva dunque la sussistenza di due intese restrittive della concorrenza: un coordinamento avente a oggetto l'intera aera delle province di Udine, Pordenone, Gorizia e la parte della provincia. di Treviso a sinistra del Piave (il c.d. Tavolo di Udine), iniziato nell'aprile 2010 e protrattosi almeno fino alla fine di gennaio 2014, e che vedeva coinvolte oltre a Intermodale, GBT, Zillo, SuperBeton, C, Calcestruzzi, LNC e Friulana, ed un coordinamento avente a oggetto l'area di Trieste (il c.d. Tavolo di Trieste), iniziato nell'estate 2011 e protrattosi almeno fino a giugno 2013, che vedeva coinvolte oltre a Intermodale e Calcestruzzi, Concrete Nord-Est e Calcestruzzi Trieste Nord Est del gruppo Zillo, che presentavano un sistema di funzionamento simile, mediante la comunicazione a Intermodale, con cadenza generalmente settimanale, da parte di ciascun partecipante, di tutti i cantieri in fase di avvio e quelli di cui si prevedeva l'avvio e i relativi quantitativi di calcestruzzo da fornire, e mediante il rigoroso rispetto delle assegnazioni concordate collettivamente al tavolo (basate essenzialmente sui criteri del fornitore storico, della prossimità e del rispetto della quota storica), con l’elaborazione, da parte di Intermodale, di tabulati riepilogativi esaminati nelle stesse riunioni, che fissavano anche il prezzo di riferimento della fornitura, tale da orientare il comportamento dell'assegnatario e dei concorrenti nella trattativa con il cantiere (pertanto una volta deciso il fornitore di un cantiere, le altre imprese, qualora richieste di formulare un'offerta, avrebbero dovuto proporre un prezzo meno conveniente, c.d. prezzo o quotazione "d'appoggio"), configurandosi in tal modo la più grave violazione (c.d. hardcore) del diritto della concorrenza, mediante una reciproca collaborazione allo scopo di sostituire la concorrenza con un meccanismo di concertazione delle rispettive politiche di prezzo e spartizione della clientela tale da eliminare l'incertezza derivante dal dispiegarsi del libero gioco della concorrenza, mantenendo la clientela storica e prezzi più elevati

17 – Pertanto, a seguito dell'invio alle Parti della Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (CRI) il 21 novembre 2014 nonché dell'audizione finale del 25 febbraio 2015, l'Autorità deliberava in data 25 marzo 2015 il provvedimento di chiusura del procedimento, n. 25401(doc. 3), oggetto dell’odierno ricorso, in cui deliberava:

a) che le società Generai Beton Triveneta S.p.A., Calcestruzzi Zillo S.p.A., Friulana Calcestruzzi S.p.A., SuperBeton S.p.A., C S.r.l., Calcestruzzi LS.p.A., La Nuova Calcestruzzi S.r.l. e Intermodale S.r.l. hanno posto in essere una complessa e continuata intesa orizzontale in violazione dell'articolo 101 del TFUE, avente per oggetto il coordinamento del comportamento commerciale di vendita del calcestruzzo nei mercati rilevanti della provincia di Udine, Pordenone e Gorizia in Friuli Venezia Giulia e della parte sinistra del Piave in provincia di Treviso in Veneto;

b) che le società Calcestruzzi S.p.A., Intermodale S. r. i., Calcestruzzi Trieste Nord Est S.r.l. e Concrete Nordest S.r.l. hanno posto in essere una complessa e continuata intesa orizzontale in violazione dell'articolo 101 del TFUE, avente per oggetto il coordinamento del comportamento commerciale di vendita del calcestruzzo nel mercato rilevante della provincia di Trieste;

c) che le società Generai Beton Triveneta S.p.A., Calcestruzzi Zillo S.p.A., Friulana Calcestruzzi S.p.A., SuperBeton S.p.A., C S.r.l., Calcestruzzi S.p.A., La Nuova Calcestruzzi S.r.l., Calcestruzzi Trieste Nord Est S.r.l., Concrete Nordest S.r.l., Intermodale S.r.l. si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto delle infrazioni accertate;

d) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società Calcestruzzi S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

e) che, in ragione della gravità e durata delle infrazioni di cui ai punti a) e b), alle società di cui al punto c) sia irrogata una sanzione pecuniaria amministrativa pari a:

1. Calcestruzzi Zillo S.p.A. = Euro 3.454.587

2. Calcestruzzi Trieste Nord Est S.r.l. = Euro 145.663

3. SuperBeton S.p.A. = Euro 6.463.242

4. Concrete Nordest S.r.l. = Euro 130.994

5. Generai Beton Triveneta S.p.A. = Euro 1.782.660

6. La Nuova Calcestruzzi S.r.l. = Euro 46.011

7. C S.r.l. = Euro 331.322

8. Friulana Calcestruzzi S.p.A. = Euro 504.952

9. Intermodale S.r.l. = Euro 10.484,

18 - Dagli atti di causa risulta, dunque, che l’Autorità ha svolto un’accurata istruttoria ai fini dell’individuazione di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (neppure contestati dalla ricorrente) ai fini della individuazione di una prassi di collaborazione tra imprese al fine di istituire un meccanismo di ripartizione del mercato e di concertazione delle rispettive politiche di prezzo, senza necessità di valutarne gli effetti concreti, dato che l’illiceità in questione discende dall’oggettiva idoneità della condotta ad alterare potenzialmente la concorrenza (Cons. Stato, Sez. VI, n. 896/11 e TAR Lazio, Sez. I, 11.4.12, n, 3268).

19 - Accertata la non illegittima individuazione, da parte dell’AGCM, di un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza nei termini indicati nel provvedimento impugnato - e quindi di una infrazione di particolare gravità delle norme comunitarie e nazionali di tutela della concorrenza - ne discende peraltro la legittima applicazione della relativa disciplina sanzionatoria secondo i vigenti parametri espressamente previsti per la fattispecie in esame.

20 – In primo luogo, osserva dunque il Collegio in relazione alla contestata applicazione del limite minimo del 15% del fatturato specifico secondo le Linee guida nazionali, che l’intesa “orizzontale” di cui al caso di specie è stata ragionevolmente e legittimamente qualificata dall’Autorità come "molto grave", secondo gli orientamenti della Commissione europea e della Corte di Giustizia, le quali hanno più volte ribadito l’intrinseca e per così dire “ontologica” gravità delle intese orizzontali fra operatori economici volte alla spartizione del mercato, in relazione al conseguente forte pregiudizio per il rapporto di libera concorrenza indipendentemente dalla quantificazione dei relativi effetti rapportabili alle singole imprese facenti parte dell’intesa, effetti comunque riscontrati, nella fattispecie in esame, nell'andamento dei prezzi medi dei prodotti e dei servizi prima e dopo la sussistenza dell’intesa e nel riallineamento dei prezzi al mercato nel periodo successivo di riferimento.

21 - La ricorrente e le altre società coinvolte lamentano che la predetta valutazione di gravità e quindi l’importo della sanzione avrebbero dovuto essere attenuati dalla considerazione della crisi del settore del calcestruzzo e dalla dimensione dei mercati interessati, nonché alla luce della mancata dimostrazione degli effetti economici della violazione, ma a giudizio del Collegio la doglianza è priva di fondamento, in presenza di pratiche, come quelle sopradescritte, che configurano le più gravi restrizioni della concorrenza già per il loro oggetto, senza bisogno che ne sia provato l'effetto, così come ampiamente argomentato dell’Autorità, che al riguardo richiama una copiosa giurisprudenza (fra le altre, Consiglio di stato 27 giugno 2014, n. 3252, Logistica (ITK);
Consiglio di Stato 23 giugno 2014, n. 3168, Logistica (AV Spa), che richiama Corte di Giustizia 3 settembre 2009, C-534/07, William Prym GmbH;
Consiglio di Stato, 13 giugno 2014, n. 3032, Gare ASL campane;
Cons. Stato 23 maggio 2012, n. 3026, GPL;
Cons. Stato 9 febbraio 2011, n. 896, Listino prezzi della pasta, che richiama Cons. Stato 17 gennaio 2008, n. 102, Prezzi del latte per l'infanzia;
Cons. Stato 17 dicembre 2007, n. 6469, Sisal/Lottomatica).Cons. Stato 8 febbraio 2008,. n. 424, Rifornimenti aeroportuali, Cons. Stato n. 760/2008, Prodotti disinfettanti).

22 - Quanto alle censure concernenti la mancata riduzione della sanzione in relazione alle condizioni di crisi del mercato ed alla dimensione dei mercati coinvolti, osserva il Collegio che la peculiarità della situazione economica del settore non può comunque consentire pratiche, come quella in esame, di concertazione delle politiche di prezzo e di spartizione della clientela (Consiglio di Stato 9 febbraio 2011, n. 896, Listino prezzi della pasta;
Consiglio di Stato 23 giugno 2006, n. 4017, Imballaggi metallici), e che l'eventuale situazione di crisi di un settore economico non è contemplata tra i criteri rilevanti nell'ambito del giudizio di gravità dell'infrazione né negli Orientamenti UE 2006 né nelle Linee Guida, né figura negli uni e nelle altre quale circostanza attenuante, e che neppure la dimensione geografica solo locale ed infraregionale dei mercati interessati può incidere sulla valutazione di gravità dell'infrazione effettuata dall'Autorità, che ha invece del tutto correttamente considerato come le imprese coinvolte nell'intesa di Udine/Pordenone rappresentassero 1'80% di tale mercato rilevante, mentre le imprese coinvolte nell'intesa di Trieste rappresentassero oltre il 60% di tale mercato rilevante.

Inoltre, poiché nel caso de quo, poiché i partecipanti alle due intese, che hanno avuto una rilevante durata, costituivano nei due mercati geografici rilevanti la parte preponderante degli operatori attivi, del tutto ragionevolmente l’Autorità ha ritenuto che la concertazione avesse, per essi, una particolare valenza in termini di risultati conseguibili, e la mera presenza di marginali "deviazioni", ovvero di trattamenti a propria volta discriminatori da parte delle imprese maggiori in danno della ricorrente, rispetto all’intesa cui la stessa ricorrente ha volontariamente aderito e dalla quale non si è per tempo dissociata, non vale certo a contraddire che l'intesa sia stata attuata, con l’attiva partecipazione anche della ricorrente, considerati l’ampiezza e la durata dell’intesa ed il livello di dettaglio dei tabulati spartitori. Le stesse parti del procedimento hanno inoltre ammesso che le intese hanno permesso di aumentare, in entrambi i casi, il prezzo del calcestruzzo rispetto al periodo precedente, e L’Autorità rappresenta che il prezzo del calcestruzzo preconfezionato venduto in Friuli ha registrato un aumento compreso tra l'8% e il 17% durante il periodo coperto dal cartello, passando da 60-62 Euro/mc a circa 67-70 Euro/mc., nettamente superiore all’andamento del prezzo del calcestruzzo preconfezionato registrato su base nazionale tra l'inizio del 2010 e la fine del 2013, stimabile in poco più del 4%, dati questi ben più significativi, ai fini della valutazione degli effetti della pratica restrittiva, rispetto ai singoli fatturati, che possono risentire di altri fattori riferiti alle singole imprese ed estranei alle predette pratiche.

23 – Va altresì considerato che il predetto consolidato orientamento comunitario e nazionale circa la intrinseca gravità delle intese orizzontali è stato esplicitato anche nel p. 12 delle Linee Guida sulle modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, deliberate dall'Autorità il 22 ottobre 2014, in linea con il p. 23 degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte, 2006/C 210/02 della Commissione UE, e ciò ha anche ripercussioni sia sull'esclusione della possibilità di accettare impegni ex art. 14 ter della legge n. 287/90 - in parallelo all'art. 9 del Reg. CE n. 1/2003 (considerando 13), nonché sull'esclusione della necessità di una valutazione di consistenza delle intese stesse (Comunicazione della Commissione europea c.d. de minimis 2001/C 368/07, punto 11;
Documento di consultazione del 25 giugno 2015 «Guidance on restrictions of competition "by object" for the purpose of defining which agreements may benefit from the De Minimis Notice»).

Di conseguenza, alcuna rilevanza può essere attribuita neppure al diverso grado di partecipazione della ricorrente alla produzione degli obiettivi comunemente sperati dall’intesa o alle minori dimensioni della ricorrente, stante la comune responsabilità di tutti i partecipanti alla complessiva intesa anticoncorrenziale e, comunque, la commisurazione del limite edittale della sanzione proprio al fatturato complessivo di ciascuna impresa..

24 – Venendo ora all’esame delle censure riferite alla quantificazione dell’importo base della sanzione, a giudizio del Collegio, non sono condivisibili le censure di violazione dei principi generali di logicità, ragionevolezza, proporzionalità e graduazione della pena in funzione dell'elemento soggettivo e oggettivo e dei criteri di quantificazione delle sanzioni “antitrust” fissati delle Linee Guida AGCM in argomento e dagli Orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende, in relazione all'irrogazione della sanzione nella misura massima edittale pari al 10% del fatturato.

Si osserva, infatti, che l’invocata graduazione della sanzione secondo i criteri declinati dalla legge n. 689 del 1981 (richiamata dalla legge n. 287 del 1990) non può evidentemente prescindere da una valutazione di adeguatezza, anche sotto il profilo della deterrenza, in relazione allo specifico al caso concreto, e deve quindi avvenire, in un caso -come quello in esame - di violazione delle norme europee di tutela della concorrenza (valore peraltro munito anche di tutela costituzionale ai sensi degli artt. 2 e 41 della Costituzione), alla stregua degli Orientamenti della Commissione UE per il calcolo delle ammende, con la conseguante necessità di applicare quale parametro di partenza il “range” del 15-30% del fatturato riferito all’attività sanzionata, alla stregua della giurisprudenza della Corte di Giustizia che ritiene la oggettiva responsabilità di tutte le imprese partecipanti all’intesa restrittiva orizzontale, che viene valutata di intrinseca rilevante gravità, in quanto capace di alterare irrimediabilmente il libero gioco della concorrenza, indipendentemente dalle sue concrete ripercussioni sul mercato, come detto in precedenza.

25 - Proprio alla stregua dei principi di logicità e ragionevolezza che regolano l'azione amministrativa (artt. 97 Cost., 41 Carta di Nizza e 1 1egge n. 241 del 1990), quindi, il Collegio ritiene che l’AGCM abbia legittimamente dato attuazione ai principi (costituzionali e comunitari) di proporzionalità e graduazione della pena in funzione dell'elemento soggettivo e oggettivo della violazione (artt. 3 Cost., 49 Carta di Nizza e 7 CEDU), applicando le proprie Linee Guida del 2014 e, quindi, un parametro iniziale di calcolo della sanzione pari al minimo edittale comunitario del 15% del fatturato riferito all’attività sanzionata, peraltro poi ridotto, in ossequio al limite edittale posto dalla legge nazionale, al minore importo corrispondente al 10% del fatturato complessivo dell’impresa, restando in tal modo assorbita anche la –minore- riduzione che secondo la ricorrente avrebbe dovuto essere disposta in relazione al grado del proprio coinvolgimento ed al proprio comportamento collaborativo nel corso del procedimento davanti all’Autorità.

La sanzione comminata dall’Autorità nell’osservanza delle proprie linee guida risulta pertanto conforme, da un lato, agli Orientamenti comunitari in materia sanzionatoria e, dall’altro, ai principi comunitari e nazionali di gradualità e proporzionalità della sanzione, misurata nella sua oggettiva gravità secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di intese orizzontali restrittive della concorrenza.

26 – A tale riguardo, osserva altresì il Collegio che la commisurazione della sanzione alla oggettiva gravità della partecipazione ad un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza, consentita dall’utilizzo del fatturato interessato come parametro di riferimento, non muta qualora tale fatturato esaurisca o quasi il fatturato complessivo dell’impresa (c.d. impresa monoprodotto), in quanto anche in tal caso l’impresa sarà ugualmente sanzionata in relazione al fatturato interessato dall’infrazione entro il limite edittale di legge del 10% del fatturato complessivo, al pari di ogni altra impresa, anche se in realtà la predetta garanzia opererà in modo più incisivo, stante la tendenziale coincidenza fra fatturato specifico e generale e –quindi- la tendenziale automatica riduzione della sanzione massima applicabile al 10% del fatturato specifico, oltreché del fatturato generale, configurandosi in tal modo, a giudizio del Collegio, una fattispecie di favore per la c.d. impresa monoprodotto, peraltro meramente eventuale ed in via di fatto, e quindi priva di alcun rilievo giuridico. Anche il termine “di regola” presente nei predetti Orientamenti comunitari con riferimento al range previsto, osserva il Collegio, è già stata ampiamente declinato dalla prassi applicativa e dalla giurisprudenza comunitarie, che l’hanno riferito alla possibilità di procedere ad una riduzione della sanzione concretamente irrogata qualora, anche in relazione alle condizioni economico-finanziarie dell’impresa, una somma minore risulti a giudizio dell’Autorità procedente comunque sufficiente a garantire l’effetto di deterrenza, con la conseguente attribuzione di un ampio margine di discrezionalità, sindacabile da questo Giudice solo sotto il profilo della ragionevolezza.

27 – In altri termini, la congruità e proporzionalità della sanzione impugnata a giudizio del Collegio non viene meno neppure avuto riguardo alla natura dell’impresa c.d. mono-prodotto, in quanto in tale ipotesi l'impresa pone in essere l'illecito attendendo di ricavare dalla violazione posta in essere maggiori vantaggi relativi all'intera attività da essa svolta, e quindi per la determinazione della sanzione deve essere utilizzata la medesima base di calcolo, anche al fine di mantenere l’effetto di deterrenza in relazione ai vantaggi ottenibili con il comportamento illecito (TAR Lazio, sent. 9 gennaio 2013, n. 125, Posta elettronica ibrida), in linea con quanto previsto in ambito europeo dagli Orientamenti della Commissione, al cui punto 32 è previsto che «L'importo finale dell'ammenda da infliggere a ciascuna impresa e associazione di impresa che ha partecipato all'infrazione non deve in ogni caso superare il 10% del fatturato totale realizzato nel corso dell'esercizio sociale precedente, come stabilito all'art. 23, par. 2, del reg. CE n. 112003». Solo ove detto ammontare finale superi il limite edittale, pertanto, la Commissione - come l'Autorità - è tenuta ad applicare una decurtazione dell'importo eccedente, ed in tal senso si è espressa più volte anche la giurisprudenza nazionale (per tutte, Cons. Stato, sentenza del 4 settembre 2014, n. 4506, Albini &
Pitigliani).

28 - Va infine esclusa la violazione dell'art. 7 CEDU sotto il profilo di una possibile introduzione retroattiva di un trattamento sanzionatorio peggiorativo rispetto alla consolidata prassi precedente, considerato che le Linee Guida sono applicabili, per loro espressa previsione, ai procedimenti "in corso" al momento della loro adozione, ovvero «nei quali non sia stata notificata alle parti la comunicazione delle risultanze istruttorie” (e nel caso in esame la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie è stata trasmessa alle parti solo il 21 novembre 2014), secondo il medesimo regime transitorio già adottato dalla Commissione per gli Orientamenti sulle ammende 2006, la cui legittimità è stata confermata anche dal giudice amministrativo (tra le altre, Tar Lazio 7 aprile 2008, n. 2900, confermata da Consiglio di Stato 20 aprile 2011, n. 2438, Telecom-Vodafone-Wind), fermo restando che le stesse Linee Guida si sono limitate a formalizzare orientamenti giurisprudenziali oramai noti e consolidati sul carattere dissuasivo e sull'efficacia deterrente della sanzione antitrust e sulla gravità delle c.d. intese hardcore, impedendo di individuare la violazione di un legittimo affidamento della ricorrente.

29 – Venendo infine all’esame delle censure contro la mancata considerazione di una serie di circostanze che avrebbero dovuto condurre ad una riduzione della sanzione finale, considera il Collegio, quanto alla durata della partecipazione della ricorrente all’intesa, che la stessa risulta essere stata determinata dall'Autorità alla luce degli elementi probatori al fascicolo ed in un'ottica cautelativa e favorevole per la ricorrente, considerando solo il periodo intercorrente fra le prime riunioni (indipendentemente da precedenti scambi di dati e per il primo cartello l’ultimo incontro, per il secondo cartello l’uscita di Calcestruzzi dall’intesa indipendentemente da ulteriori incontri, ferma l’irrilevanza, al riguardo, del formale contratto di consulenza con Intermodale, che non ha fatto venir meno il contestato scambio d’informazioni e la contestata concertazione fra le imprese.

30 – Quanto al mancato riconoscimento delle possibili circostanze attenuanti connesse alla collaborazione prestata dalla ricorrente nel corso del procedimento istruttorio, osserva il Collegio che l’Autorità ha debitamente motivato la mancata applicazione, nell’ambito della propria ampia discrezionalità in materia (riconosciuta da Consiglio di Stato, 3 giugno 2014, n. 2838, logistica Internazionale;
Consiglio di Stato, 9 febbraio 2011 n. 896, Listino Prezzi della Pasta).con l’esigenza di rispettare il punto 23, secondo trattino, delle Linee Guida sulle sanzioni dell'Autorità, secondo cui «Per le fattispecie che ricadono nell'ambito di applicazione del programma di clemenza dell'Autorità, la cooperazione delle imprese sarà valutata esclusivamente secondo le disposizioni del programma di clemenza». Tale previsione a propria volta, da un lato, risulta conforme agli Orientamenti della Commissione (punto 29, secondo cui la collaborazione, per essere riconosciuta come attenuante, deve avvenire «al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole») ed alla finalità di incentivare le imprese nazionali a collaborare efficacemente alla individuazione e repressione delle intese, e dall’altro, prevedendo oltre all'immunità da sanzione per la prima impresa che abbia fornito piena collaborazione, la possibilità di beneficiare di una riduzione delle sanzioni applicabili per le altre imprese che forniscano un'effettiva collaborazione nell’ambito del medesimo programma di clemenza, appare idonea ad assicurare i medesimi effetti della prassi della Commissione europea che riconosce in alcuni casi la riduzione per efficace collaborazione anche in fattispecie in cui vi era stata applicazione del programma di clemenza, imponendo alle imprese interessate –a giudizio del Collegio in modo non irragionevole o vessatorio o discriminatorio, e quindi non illegittimo- l’onere di aderire al programma di clemenza al fine di poter beneficiare di una riduzione della pena in ragione del proprio atteggiamento collaborativo nel corso del procedimento.

31 – Quanto al mancato riconoscimento del “ravvedimento operoso” che sarebbe stato ampiamente dimostrato dalla ricorrente e da altre imprese interessate dal procedimento, osserva altresì il Collegio che l’Autorità ha debitamente motivato di ritenere le predette circostanze inidonee ai fini del riconoscimento di un'attenuante secondo quanto previsto dal punto 23, primo trattino, delle proprie Linee Guida (conformemente al punto 29 degli Orientamenti), secondo cui affinché un "ravvedimento operoso" possa condurre a una riduzione della sanzione, la società deve aver tempestivamente adottato iniziative adeguate per mitigare gli effetti della violazione, ripristinando le condizioni di concorrenza precedenti all'infrazione o attuando misure risarcitorie in favore dei soggetti danneggiati dall'illecito, non essendo quindi rilevante la mera interruzione, come nel caso considerato, del comportamento illecito (in tal senso Consiglio di Stato 24 ottobre 2014, n. 5276, Cosmetici;
23 maggio 2012, n. 3026, GPL), anche se avvenuta in data anteriore all'avvio dell'istruttoria (in tal senso Consiglio di Stato 24 ottobre 2014, n. 5276, Cosmetici;
23 maggio 2012, n. 3026, GPL).

32 - Analogamente, la mancata considerazione, quale circostanza attenuante, dei programmi di compliance antitrust di talune delle imprese coinvolte viene debitamente motivata dall’Autorità con la circostanza che si tratta di iniziative successive all'invio della Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (CRI) alle parti, non consentendo un'adeguata valutazione da parte dell'Autorità, in merito all’effettivo impegno al loro rispetto ed all'efficacia della loro attuazione.

Viceversa, l’Autorità dimostra di aver debitamente considerato, nel provvedimento sanzionatorio, le misure di governance e comportamentali adottate dalle società interessate con riguardo alla comune impresa di trasporto NEL, avendo escluso, per l’effetto, sia la partecipazione di NEL all'intesa, sia la rilevanza della circolazione di informazioni fra i soci produttori di calcestruzzo all'interno del C.d.A. di NEL.

33 – Quanto, infine, alla contestata mancata considerazione delle condizioni economiche disagiate

allegate dalla ricorrente così come da talune altre imprese partecipanti all’intesa, nonché della incapacità contributiva (inability to pay) affermata anche da talune altre imprese partecipanti all’intesa (Zillo, CTNE, Superbeton, Generai Beton e LNC), in via generale considera il Collegio che, secondo costante giurisprudenza, l'Autorità di tutela della concorrenza non è tenuta, in sede di determinazione dell'importo delle sanzioni pecuniarie, a prendere in considerazione la situazione economica dell'impresa interessata, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno efficienti e adattate alle condizioni del mercato (CGUE, 19 marzo 2015, causa C-286/13 P, Dole Food Company Inc.;
CGUE, sentenza 26 novembre 2013, causa C-58/12 P, Groupe Gascogne SA), ed a maggior ragione un riconoscimento più esteso di riduzioni delle sanzioni finali nell’eccezionale caso di inabilily to pay si porrebbe in contrasto con l'obiettivo primario di ottenere un sufficiente effetto di deterrenza tramite l'irrogazione delle sanzioni e rischierebbe di riconoscere un ingiustificato vantaggio a imprese che si trovano in una situazione finanziaria precaria in ragione della loro inefficienza e che, in assenza del comportamento illecito imputato (es. un cartello di prezzo) sarebbero già uscite dal mercato.

Ciò premesso, a giudizio del Collegio non appare affatto illegittimo l’operato dell’Autorità, che con il proprio provvedimento, «tenuto conto della non esaustività delle attenuanti previste dalle Linee Guida», secondo la propria consolidata prassi ha ritenuto di poter riconoscere una riduzione dell'importo-base della sanzione in considerazione delle condizioni economiche delle parti, anche in applicazione del riferimento alle "condizioni economiche" previsto dall'art. 11 della legge n. 689/81, solo in presenza, in ciascuno degli ultimi tre esercizi di impresa, di una perdita di bilancio e di un risultato operativo negativo, in quanto la perdita di esercizio lamentata dalla ricorrente, di per sé, non depone in modo univoco nel senso della sussistenza di un pericolo di pregiudizio irrimediabile della redditività dell'impresa (in tal senso Consiglio di Stato, 3 giugno 2014, n. 2838, 1722 - Rhenus Logistica), e che, quanto alla incapacità contributiva (inability to pay), si è attenuta al punto 31 delle Linee Guida, in base al quale «L'impresa che intende avanzare tale istanza deve produrre evidenze complete, attendibili e oggettive da cui risulti che l'imposizione di una sanzione, determinata secondo quanto delineato nelle presenti Linee Guida, ne pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica, potendo pertanto determinarne l'uscita dal mercato», in conformità alla consolidata prassi UE secondo cui il riconoscimento di una riduzione della sanzione per la c.d. inabilily to pay ha carattere del tutto eccezionale, posto che la previsione di un tetto massimo alla sanzione irrogabile, pari al 10% del fatturato, già assicura che la sanzione di regola non sia eccessiva rispetto alla capacità contributiva dell'impresa, ritenendo che nessuna delle società richiedenti avesse titolo per ottenere una riduzione della sanzione finale.

34 - Alla luce di quanto illustrato, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento. Le spese di lite possono comunque eccezionalmente compensarsi per la complessità della fattispecie.

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