TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-03-27, n. 202305254

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2023-03-27, n. 202305254
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202305254
Data del deposito : 27 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/03/2023

N. 05254/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01656/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1656 del 2016, proposto da
D S.s.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati L Q e R R, con domicilio eletto presso lo studio legale Leozappa in Roma, via G. Antonelli, 15;

contro

Gse S.p.A. - Gestore dei Servizi Energetici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati C S M e A P, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Guido D'Arezzo, 2;

per l'annullamento

del provvedimento prot. GSE/P20150087080 in data 19.11.2015, di declaratoria della decadenza ed annullamento in autotutela dell’ammissione alle tariffe incentivanti di cui al DM 5.5.2011 di cui al precedente provvedimento del 12.6.2012 prot. FTV_540779, nonché, in parte qua, del DM 5.5.2011, con riferimento all’art. 21 comma 2, nonché ogni altro atto o provvedimento presupposto, conseguente ovvero altrimenti connesso, ancorché non conosciuto allo stato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Gse S.p.A. - Gestore dei Servizi Energetici;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2023 la dott.ssa P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’odierna ricorrente, società agricola proprietaria di un impianto fotovoltaico di potenza pari a 99,36 kW sito nel Comune di Montelibretti (RM), ha adito questo TAR per ottenere l’annullamento del provvedimento con cui il GSE ha disposto la decadenza del suddetto impianto dalle tariffe incentivanti di cui al DM 5 maggio 2011.

1.1. Espone in fatto che una volta realizzato l’impianto “chiavi in mano” attraverso una ditta terza, veniva riconosciuta, su domanda presentata in data 28 maggio 2012, la tariffa incentivante prevista dal DM 2011, comprensiva della maggiorazione ex art. 14, comma 1, lett. d) dello stesso decreto, per gli impianti realizzati con l'utilizzo di componenti prodotti nell’Unione Europea e nei Paesi dello Spazio Economico Europeo, stipulando successiva convenzione col GSE (del 19 luglio 2012).

Con nota del 12 dicembre 2014, il Gestore comunicava alla ricorrente l’avvio di un procedimento di verifica, con effettuazione di sopralluogo, poi avvenuto il successivo 19 dicembre attraverso l’ICIM S.p.A.

Nel verbale di sopralluogo, si dava atto che i moduli campionati, in taluni casi, mostravano scollature delle targhe che, una volta rimosse, presentavano una dicitura “Made in China”;
che “il numero di matricola presenta un seriale del tipo: 2612025002939, costituito da “n° 13 digit con i primi due riportanti il numero “26” indicante il sito di produzione polacco della Revolution 6 così come stabilito nella Factory Ispection in atti (n° 44 799 12 405176-100 del 13.02.2012) e che la sequenza seriale di cui sopra rispetta la regola sequenziale stabilita in detta Factory Inspection, dove si stabilisce che il 3°e 4° digit indicano l’anno di produzione, il 5° e 6° il mese della stessa e le restanti il numero di matricola (26YYMMxxxxxxx)”;
che era fornito “un Certificato di Conformità alla CEI EN 61215 rilasciato dalla TUV Intercert in data 03.04.2012 (n° cert. 11-PPV-0000007/01-M01-TIC) con scadenza 08.02.2016”, oltre a una fattura relativa all’acquisto dei moduli fotovoltaici da parte della ditta installatrice ITER s.r.l. del 5 aprile 2012;
nello stesso verbale, venivano altresì riportate le dichiarazioni del legale rappresentante della ITER.

Con nota del 7 ottobre 2015, il GSE comunicava alla società D le risultanze emerse nel corso dell’attività di controllo, rappresentando in particolare quanto segue:

- in fase di qualifica, la Società aveva dichiarato di aver installato presso il proprio impianto moduli fotovoltaici di marca Axitec GmbH, modello AC-240 P/156-60S, prodotti in Polonia;

- in merito alla conformità di tali moduli alla norma CEI EN 61215, presentava: un Certificato identificato con il n. PV60040899, emesso dal Tuv Rheinland Products GmbH, da cui “non è possibile identificare il produttore originario dei moduli in quanto in corrispondenza dello stabilimento produttivo (‘manufacturing plant’) è presente un codice ‘0001-21144895001’” e un Certificato OEM identificato con il codice n. 11-PPV-0000007/01-M01-TIC. In base alle informazioni ivi contenute e a quelle già in possesso del GSE, “è possibile affermare che i moduli di cui al suddetto certificato (n. 11-PPV-0000007/01-M01-TIC) sono stati originariamente prodotti dalla società Solvis d.o.o.” il cui sito produttivo è ubicato in Croazia, derivando dalle circostanze sopra dette la non riferibilità di tali certificazioni ai moduli fotovoltaici installati presso l’impianto;
- relativamente all’origine europea dei moduli, per il riconoscimento della maggiorazione del 10%, in fase di qualifica, la Società presentava il Factory Inspection Attestation n. 4479912405176-100, emesso dall’ente Tuv Nord Cert GmbH il 13 febbraio 2012, riferibile a moduli, modello AC-240P/156-60, prodotti in Polonia e distribuiti dalla società Axitec GmbH che, tuttavia, non corrispondono a quelli installati presso l’impianto che sono di modello AC-240P/156-60S;

- con riferimento al sistema di etichettatura, era emerso che alcuni moduli presentavano una doppia etichetta, sia con dicitura Made in EU , sia con dicitura Made in China ;
inoltre, alcuni moduli mostravano evidenti difetti di incollaggio, “associabili alla rimozione di etichette originariamente presenti”;
un modulo, poi, era risultato privo di targa, con evidenti residui di colla;

- confrontando le due tipologie di targa, è emerso, altresì, che la targa Made in EU reca un numero identificativo di un Certificato di conformità n. 4479911399804, rilasciato dall’ente Tuv Nord Cert con il logo di tale ente. Da ulteriori accertamenti, è risultato che “detto certificato riguarda moduli caratterizzati da 54 celle e pertanto non è riferibile ai moduli installati presso l’impianto, composti da 60 celle”. Su tale targa, inoltre, è presente il logo relativo al Consorzio PV Cycle che, tuttavia, non è conforme a quello originale in quanto privo della lettera “e” finale. La targa - sottostante – Made in China, riporta le medesime informazioni della targa sovrastante Made in EU, ad eccezione della provenienza e del logo del Consorzio PV Cycle, conforme all’originale. Riporta, inoltre, una differente identificazione della marcatura “CE” e non include alcun riferimento al certificato di conformità del Tuv Nord ;

- il numero di matricola dei moduli installati presso l’impianto è costituito da 13 cifre ed è caratterizzato dalla struttura “261XXXXXXXXXX”, con l’indicazione del fornitore “AXITEC”: dal confronto tra il Factory Inspection Attestation n. KIP-075322/01, emesso dall’ente Kiwa Italia S.p.A. il 12 ottobre 2012, riferibile a moduli prodotti e immatricolati in Cina, distribuiti dalla Axitec GmbH e il Factory Inspection Attestation n. 4479912405176-200, emesso dall’ente Tuv Nord Cert GmbH il 25 giugno 2012, riferibile a moduli installati e immatricolati in Polonia, le regole sequenziali dei seriali risultano indistinguibili. Pertanto, “i moduli caratterizzati da seriali del tipo ‘261XXXXXXXXXX’ e prodotti a partire dal 2010 potrebbero essere stati prodotti in entrambi i suddetti stabilimenti”.

Alla luce di tali rilievi, il GSE rilevava pertanto di non essere “nelle condizioni di poter verificare il rispetto dei requisiti previsti dal Decreto, sia ai fini del riconoscimento delle tariffe incentivanti, sia per il riconoscimento della maggiorazione per impiego di componentistica europea”, invitando la società a fornire osservazioni.

Nel dare riscontro, la ricorrente ribadiva la propria estraneità all’intera vicenda e chiedeva un differimento del termine per la conclusione del procedimento al fine di acquisire da terzi ulteriore documentazione.

Con provvedimento del 19 novembre 2015, infine, il Gestore, rilevato che: - durante il sopralluogo, è stata riscontrata, su alcuni moduli installati presso l’impianto, una doppia etichettatura (una con dicitura Made in EU, un’altra con dicitura Made in China), riportante informazioni contrastanti in merito all’origine, “in difformità a quanto dichiarato all’atto della richiesta di ammissione alle tariffe incentivanti (paese di produzione: Polonia);
- la documentazione trasmessa dalla Società, unitamente a quella in possesso del Gestore, “non consente di identificare univocamente il sito di produzione dei moduli fotovoltaici, a partire dal numero di matricola”;
- “non è stato presentato alcun certificato valido ed efficace ad attestare la conformità alla norma CEI EN 61215 relativo ai moduli installati presso l’impianto”;
- un modulo è risultato privo di un sistema di etichettatura conforme alle prescrizioni della norma CEI EN 50380 “la cui osservanza è espressamente prevista dall’allegato 1 al Decreto”, accertava le violazioni rilevanti di cui all’Allegato 1 del DM 31 gennaio 2014, lettera a ), “presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi”, e lettera n ) “utilizzo di componenti contraffatti o rubati”, disponendo conseguentemente la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti e la restituzione degli incentivi indebitamente percepiti, da quantificare con successiva comunicazione.

2. In punto di diritto, la ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di decadenza per i seguenti motivi, sinteticamente riportati:

I. violazione e falsa applicazione del DM 5 maggio 2011, del d.lgs. n. 28/2011 del DM 31 gennaio 2014;
Illegittimità del DM 5 maggio 2011 in parte qua con riferimento all’art. 21 comma 2
, con cui lamenta l’asserita applicazione retroattiva della sanzione decadenziale introdotta solo col DM 31 gennaio 2014, entrato in vigore dopo l’ammissione alle tariffe dell’impianto in questione. Il provvedimento di decadenza non si giustificherebbe nemmeno con l’art. 21 del DM 2011, posto che la norma primaria - l’art. 42 del d.lgs. n. 28/2011 - demanda a un successivo decreto l’indicazione delle violazioni rilevanti, il cui accertamento sarebbe il presupposto logico e necessitato per disporre la decadenza.

II. violazione e falsa applicazione del DM 31 gennaio 2014;
eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti;
violazione art. 3 legge n. 241/1990;
eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria
, con cui contesta la ricorrenza nella specie delle violazioni evidenziate dal GSE. I pannelli sarebbero invero conformi alla normativa CEI EN 61215 e realizzati nello stabilimento polacco, come attestato da Certificazione Kiwa del 7 gennaio 2015, non avendo quindi la società fornito alcuna falsa dichiarazione, né utilizzato componenti rubati o contraffatti. La circostanza, verificatasi per due moduli, della presenza di un’altra etichetta non visibile, portata alla luce attraverso la rimozione della prima, non ne farebbe venir meno la provenienza dallo stabilimento sito in Polonia, né contrasterebbe con le disposizioni tecniche in materia di etichettatura, poiché “la sovrapposizione dell’etichetta visibile su quella resa invisibile non è null’altro che un modo per correggere all’erronea apposizione di un’etichetta sbagliata”, dovuta verosimilmente all’erroneo invio di un lotto di etichette destinato ad un altro sito di produzione. Il concetto di durevolezza e inamovibilità delle etichette non potrebbe comunque intendersi rigidamente, potendo intervenire fattori estranei e indipendenti dalla volontà del soggetto a determinare lo scollamento. Anche il Factory Inspection Certificate prodotto deve ritenersi riferibile ai pannelli installati dalla ricorrente essendo l’apposizione della “S” finale un mero errore, poi corretto con un altro Factory Inspection Certificate del 25 giugno 2012, come pure irrilevante sarebbe l’assenza della lettera “e” finale nella denominazione del Consorzio PV Cycle.

III. violazione dei fondamentali principi in materia di autotutela ;

IV. violazione del DM 31 gennaio 2014, eccesso di potere per sviamento e istruttoria carente, con cui lamenta l’inosservanza del termine di conclusione del procedimento di verifica e la mancata partecipazione allo stesso di Axitec, società produttrice dei pannelli.

2.1. La ricorrente ha infine formulato, in via istruttoria, domanda CTU per l’accertamento della conformità dei pannelli.

3. Costituitosi in giudizio, il GSE ha argomentato con memoria per rigetto.

4. In replica, la ricorrente ha insistito per l’accoglimento delle proprie argomentazioni citando a sostegno delle proprie tesi la sentenza del Consiglio di Stato, n. 2006/2016.

5. Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2023, la causa è infine passata in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

2. Il provvedimento di decadenza è stato adottato dal GSE in applicazione dell’allegato 1 del DM 31 gennaio 2014, avendo il Gestore accertato le violazioni rilevanti di cui alle lettere a) e n), che prevedono rispettivamente la decadenza dagli incentivi:

-in caso di “presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi”;

- in caso di “utilizzo di componenti contraffatti o rubati” .

3. Nella vicenda per cui è causa, il GSE ha invero riscontrato la sussistenza di diverse e numerose criticità incidenti, non solo sulla spettanza della maggiorazione ex art. 14 DM 5 maggio 2011, bensì sulla stessa sussistenza dei requisiti di accesso al regime incentivante espressamente richiesti dalla normativa regolamentare di riferimento.

4. L’art. 11, comma 1, lettera b) del DM 5 maggio 2011, nel definire i requisiti degli impianti fotovoltaici ai fini dell’accesso agli incentivi, richiede espressamente «la conformità alle pertinenti norme tecniche richiamate nell'allegato 1 e alle disposizioni di cui all'art. 10 del decreto legislativo n. 28 del 2011, ove applicabili;
in particolare i moduli fotovoltaici dovranno essere certificati in accordo con la norma CEI EN 61215 se realizzati con silicio cristallino».

4.1. A sua volta, l’Allegato 1 al Decreto, nello stabilire che «[i] moduli fotovoltaici devono essere provati e verificati da laboratori accreditati, per le specifiche prove necessarie alla verifica dei moduli, in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025. Tali laboratori devono essere accreditati da Organismi di certificazione appartenenti all’EA (European Accreditation Agreement) o che abbiano stabilito accordi di mutuo riconoscimento con EA o in ambito ILAC (International Laboratory Accreditation Cooperation)», prescrive per gli impianti fotovoltaici e i relativi componenti l’osservanza di specifiche norme tecniche quali, per quanto qui d’interesse, la norma CEI EN 61215, già citata, e la norma CEI EN 50380 (CEI 82-22), riguardante “ Fogli informativi e dati di targa per moduli fotovoltaici ”, secondo la quale «[t]utte le etichette e le targhe sono in materiale duraturo dentro o sopra il modulo fotovoltaico. Tutte le etichette devono essere scritte in inglese»;
inoltre, «Una identificazione con numero di serie contenente il nome del costruttore ed il numero di serie deve essere apposto in modo tale da non essere amovibile (preferibilmente mediante protezione e leggibile dopo l’installazione). Questa identificazione con numero di serie può essere collocata ad es. sul bordo del modulo fotovoltaico». In particolare, sui dati di targa devono essere indicati il “nome e marchio del costruttore o del fornitore” e la “designazione di tipo”.

4.2. Per quanto riguarda il riconoscimento della maggiorazione del 10% della tariffa incentivante, il DM 2011 stabilisce inoltre che l’investimento sostenuto per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico debba essere per non meno del 60% riconducibile ad una produzione realizzata all’interno dell’Unione Europea (UE) o di un paese membro dello Spazio Economico Europeo (SEE) (art. 14, comma 1, lettera d ).

4.3. Per comprovare l’avvenuta certificazione dei moduli fotovoltaici, le Regole Applicative per il riconoscimento delle tariffe incentivanti di cui al DM 5 maggio 2011, pubblicate dal GSE, precisano, all’Appendice D, che è necessario inviare uno dei seguenti documenti: «il certificato di approvazione di tipo, rilasciato direttamente da un laboratorio di prova accreditato, in seguito all’esecuzione delle prove descritte nella normativa di riferimento sopra riportata» oppure «il certificato di conformità, rilasciato da un Organismo di certificazione, in seguito a prove di tipo eseguite presso un laboratorio di prova accreditato. In questo caso il certificato deve contenere indicazioni in merito al laboratorio che ha effettuato le prove e deve riportare il numero del rapporto di prova del modulo», specificando che «[l]e tariffe incentivanti possono essere riconosciute solo se i moduli sono stati prodotti nel periodo di validità del certificato».

È altresì previsto che «Una società che intenda commercializzare dei moduli prodotti da un altro costruttore, modificandone il marchio, dovrà fornire, oltre al certificato originario dei moduli, anche un certificato rilasciato da un Organismo di certificazione, con gli stessi requisiti sopra specificati, attestante la rispondenza dei moduli a quelli originariamente prodotti e certificati (OEM – Original Equipment Manufacturer). In alternativa, la nuova società distributrice può far certificare autonomamente i moduli che sta commercializzando con il proprio marchio. Il nome della società produttrice e il tipo di modulo specificatamente indicati nel certificato di qualificazione, o nel certificato OEM, dovranno corrispondere con quanto indicato sui dati di targa del modulo fotovoltaico».

4.4. Infine, le stesse Regole Applicative, con riguardo alla maggiorazione per l’utilizzo di componenti prodotti nell’Unione Europea, dopo aver definito i criteri per la determinazione delle componenti di costo, richiede che la verifica delle condizioni relative alla realizzazione dei moduli sia provata attraverso un “Attestato di controllo del processo produttivo in fabbrica (Factory Inspection Attestation/Declaration) ai fini dell’identificazione dell’origine del prodotto, rilasciato da un Organismo di certificazione avente i requisiti indicati nella Guida CEI 82-25 e contenente determinate informazioni (“a) indicare il sito produttivo UE/SEE mediante un codice identificativo (oltre all’indirizzo completo) del sito stesso che dovrà essere riportato nell’etichetta del modulo unitamente al Logo dell’ente di certificazione;
b) indicare la regola sequenziale per identificare il sito produttivo stesso mediante il numero di serie del modulo;
c) indicare le fasi del processo produttivo realizzate all’interno del sito stesso”).

5. Dunque, alla luce della normativa sopra riportata, al fine di attestare i requisiti di accesso agli incentivi dell’impianto, in particolare dei moduli, il richiedente è tenuto a trasmettere le certificazioni indicate, il cui rispetto non può ritenersi condizione meramente formale, come invece sostenuto dalla parte.

6. La verifica dei requisiti di accesso ai benefici spetta, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011, al GSE il quale verifica i dati forniti dai soggetti responsabili”, proprio attraverso il controllo della documentazione trasmessa”, oltre che mediante “controlli a campione sugli impianti.

7. In attuazione del predetto art. 42, il DM 31 gennaio 2014, cd. Decreto controlli, ha ribadito all’art. 11 che «[i]l GSE dispone il rigetto dell'istanza ovvero la decadenza dagli incentivi con l'integrale recupero delle somme già erogate, qualora, in esito all'attività di controllo o di verifica documentale, vengano accertate le violazioni rilevanti di cui all'allegato 1, parte integrante del presente decreto», il quale annovera - per quanto qui rileva - alla lettera a), la presentazione di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero la mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi, e alla lettera n), l’utilizzo di componenti contraffatti ovvero rubati.

8. Discende da ciò il potere-dovere spettante al GSE di disporre “la decadenza dagli incentivi con l’integrale recupero delle somme già erogate” nel caso in cui, “in esito all’attività di controllo o di verifica documentale, vengano accertate le violazioni rilevanti di cui all’allegato 1”.

9. Ciò detto, non può accogliersi il primo motivo di ricorso, in quanto il GSE, contrariamente all’assunto ricorrente, non ha applicato retroattivamente alcuna “sanzione” decadenziale.

9.1. Va infatti osservato, da un lato, che il potere del Gestore si fonda nella previsione di cui all’art. 42 sopra richiamato, nonché nel DM Controlli, già in vigore al momento dell’adozione dell’atto impugnato, sicché non potrebbe lamentarsi alcuna applicazione retroattiva dello stesso;
dall’altro, che la decadenza non si connota affatto di alcuna natura sanzionatoria, differenziandosi dalla sanzione “sia sul piano dell’elemento soggettivo, non richiedendo né dolo né colpa, sia sul piano dell’effetto ablatorio, che è limitato e coincide “al massimo” con l’utilità già concessa mediante il provvedimento ampliativo” (in tali termini, Adunanza Plenaria n. 18/2020).

La decadenza non ha quindi natura sanzionatoria, ma piuttosto ripristinatoria di un assetto procedimentale alterato dalla erronea asseverazione della presenza di requisiti viceversa mancanti, con la conseguenza che è del tutto inconferente il principio di non retroattività delle sanzioni.

10. Va parimenti respinto il secondo motivo di ricorso, secondo cui la determinazione del GSE si sarebbe illegittimamente basata su una serie di incongruenze formali, che non avrebbero di fatto inficiato la conformità delle certificazioni prodotte.

10.1. Al riguardo, va in primo luogo evidenziato che, nella fattispecie in esame, il GSE non ha contestato esclusivamente irregolarità relative al Factory Inspection Certificate, incidenti sulla sola maggiorazione, ma ha altresì, e prima ancora, rilevato la non conformità dei pannelli alle norme tecniche CEI EN 61215 e CEI EN 50380, determinanti per l’accesso all’intero meccanismo incentivante.

10.2. In altri termini, diversamente dalla vicenda esaminata dal precedente invocato a difesa dalla ricorrente (Cons. Stato, sentenza n. 2006/2016) e dalla stessa Adunanza Plenaria n. 18/2020, le criticità riscontrate nel caso in esame vanno oltre il riconoscimento della premio, trattandosi di difformità relative all’identificazione stessa dei componenti installati e della loro provenienza da produttori aventi i requisiti di legge richiesti.

10.3. Il GSE, all’esito dell’attività di controllo, dalla valutazione incrociata della documentazione prodotta dalla società D con la documentazione in proprio possesso relativa ai moduli commercializzati dalla società Axitec GmbH , nonché dalle risultanze del sopralluogo, ha infatti riscontrato l’impossibilità a identificare la provenienza dei moduli installati sull’impianto della ricorrente e a verificare la conformità degli stessi alla normativa tecnica di riferimento.

10.4. Invero, oltre ai vari e non certo irrilevanti difetti relativi all’etichettatura, per la quale la norma tecnica richiede espressamente le caratteristiche di durevolezza e inamovibilità, i certificati di conformità alla norma CEI EN 61215, esibiti dalla Società nel corso del procedimento di verifica, non erano riferibili ai moduli installati di marca Axitec GmbH , modello AC-240 P/156-60S , prodotti in Polonia. La stessa società ha dichiarato di aver fornito in sede di sopralluogo un certificato errato e che la conformità sarebbe stata provata dal successivo certificato KIP 076675/01, che risulta tuttavia essere stato emesso in epoca successiva alla presunta data di produzione dei pannelli e all’entrata in esercizio dell’impianto, pertanto non può rilevare ai fini della loro attestazione di conformità.

10.5. Quanto al Factory Inspection - sebbene questo, in base alla normativa di riferimento, non sia un requisito per l’accesso al meccanismo incentivante per gli impianti entrati in esercizio entro il 30 giugno 2012 (come quello per cui è causa), ma solo per il riconoscimento del premio (v. art. 11, comma 6, lettera c, DM 2011 e argomenta Cons. Stato, sentenza n. 2139 /2021, nonché questa Sezione, sentenze n. 5770/2021 e n. 6795/2022) - va osservato come le criticità sopra indicate, relative, si ribadisce, alla non conformità alle norme tecniche CEI EN 61215 e 50380, siano assorbenti e incidenti sugli stessi presupposti dell’accesso agli incentivi, determinando la decadenza dal meccanismo in ragione delle violazioni di cui alle lettere a) e n) dell’Allegato al DM Controlli.

11. Ai sensi del D. Lgs. n. 28/2011 e dei D.M. recanti la disciplina dei vari Conti Energia, il regime di incentivazione è fondato, come noto, sulle dichiarazioni rese dall’istante sulla base del principio di “autoresponsabilità”, con la conseguenza che è onere dell’istante, al fine di non incorrere nella decadenza, presentare al GSE la documentazione adeguata e sufficiente ad attestare la sussistenza dei presupposti per l’ammissione alla tariffazione incentivante, ricadendo sullo stesso eventuali carenze o difformità incidenti sul perfezionamento della fattispecie agevolativa, al di là della buona fede e dello stato soggettivo del richiedente relativo all’incolpevole affidamento.

12. Come è stato recentemente ricordato dal Consiglio di Stato per una vicenda simile, la violazione di cui alla lettera a) “è sicuramente imputabile all’appellante, al di là dell’elemento soggettivo dell’intenzionalità, in base al principio di autoresponsabilità secondo cui grava sull’interessato l’onere di fornire tutti gli elementi documentali e dichiarativi idonei a dar prova della sussistenza delle condizioni per l'ammissione ai benefici, ricadendo sullo stesso eventuali carenze che incidano sul perfezionamento della fattispecie agevolativa (T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, 05/10/2018, n. 9774, T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, 13/03/2018, n. 2804;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-ter, nn. 7295 e 9807 del 2017);
allo stesso modo non è configurabile la fattispecie del cosiddetto “falso innocuo”. La produzione di documentazione non veritiera non configura una violazione meramente formale, ma integra una violazione rilevante che osta all'erogazione degli incentivi in quanto impedisce all'amministrazione di riscontrare, in capo all'impianto, la presenza dei requisiti indispensabili per il riconoscimento del beneficio (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 8838 del 2018;
Consiglio di Stato, sez. IV, n. 50 del 2017).

In proposito la Sezione ha recentemente osservato che tutto il meccanismo di riconoscimento degli incentivi postula, infatti, una corretta autodichiarazione da parte degli interessati dei requisiti tecnici necessari per ottenere il beneficio richiesto, essendo chiaro che, se si consentisse l’uso in materia di criteri difformi da quanto il GSE ha stabilito, la possibilità di abusi aumenterebbe in modo tale da pregiudicare l’esistenza del sistema (Consiglio di Stato, Sez. II, 21/12/2022, n. 11159).

La non corrispondenza al vero dei dati dichiarati ha di per sé rilievo decadenziale dei benefici, giacché in un sistema basato sulle autodichiarazioni la funzionalità delle operazioni, le esigenze di celerità procedimentale e di parità di trattamento, nonché il principio di autoresponsabilità impongono un onere di veritiera dichiarazione di tutti i dati in possesso dell'interessato.

La stessa Sezione ha sempre recentemente (Consiglio di Stato, Sez. II, 2/12/2022, n. 10595 e n. 10594) affermato che considerata la primazia dell’interesse pubblico al regolare e proficuo funzionamento del sistema delle autodichiarazioni rispetto all’interesse del privato”, la non corrispondenza al vero dei dati dichiarati (fatto emergente per tabulas) ha di per sé rilievo decadenziale dei benefici, giacché in un sistema basato sulle autodichiarazioni la funzionalità delle operazioni, le esigenze di celerità procedimentale e di parità di trattamento nonché il principio di autoresponsabilità impongono un onere di veritiera dichiarazione di tutti i dati in possesso dell’interessato.

L’affidabilità dei dati comunicati e dei documenti consegnati ai fini dell’acquisizione degli incentivi è, pertanto, centrale ai fini del funzionamento dell’intero sistema delle tariffe incentivanti e la sua violazione deve connotarsi con caratteristiche di gravità.

In tal caso non può nemmeno formarsi un legittimo, in quanto incolpevole, affidamento da parte del soggetto che ha chiesto gli incentivi» (in tali termini, Consiglio di Stato, Sezione Seconda, sentenza n. 127/2023).

13. Ne deriva nella specie la corretta individuazione delle violazioni rilevanti indicate dal GSE nel provvedimento impugnato e la conseguente decadenza, impregiudicati i rapporti tra la società ricorrente e la ditta realizzatrice dell’impianto, nonché la possibilità prevista dal legislatore per l’operatore in buona fede di essere riammesso al beneficio, seppure a tariffa decurtata, su apposita istanza alle condizioni di cui all’art. 42, comma 4bis e ss., d.lgs. n. 28/2011.

13. Quanto all’ulteriore censura sull’autotutela, va evidenziato che, conformemente alla consolidata giurisprudenza della Sezione, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dall’Amministrazione, l’impugnato provvedimento non ha natura di atto di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, ma è un provvedimento di decadenza dai benefici già accordati per originaria presentazione di dati non veritieri che trova fondamento, come detto, nella norma speciale di cui all’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 (nonché, per lo specifico settore degli impianti fotovoltaici, c.d. quarto conto, all’art. 21 del d.m. 5 maggio 2011).

14. Non merita infine accoglimento l’ultimo motivo relativo all’inosservanza dei termini procedimentali per la verifica, in ragione della natura meramente acceleratoria e non perentoria degli stessi (Consiglio di Stato, sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 462);
quanto alla mancata partecipazione al procedimento del terzo produttore dei pannelli, anche a prescindere dalla carenza di interesse della ricorrente sul punto, essendo il rapporto pubblicistico intercorrente esclusivamente tra il GSE e la società D quale Soggetto Responsabile, risulta che il GSE ha interpellato direttamente la società Axitec GmbH con nota del 18 settembre 2014 chiedendo chiarimenti in merito alle criticità emerse dall’analisi delle certificazioni intestate alla stessa.

15. In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, il ricorso non può essere accolto.

16. Le spese di lite seguono la soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi