TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2021-11-22, n. 202112041

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2021-11-22, n. 202112041
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202112041
Data del deposito : 22 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/11/2021

N. 12041/2021 REG.PROV.COLL.

N. 10407/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10407 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Nicola D'Andrea, rappresentato e difeso dagli avvocati P M, Antonio Maurizio D'Orta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Caracuzzo in Roma, via di Villa Pepoli N 4;

contro

Miur, - Consorzio Interuniversitario Cineca, non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Maria Teresa Fimognari, Paola Martino, non costituiti in giudizio;

Decreto prot. n. m_pi.AOODPIT.REGISTRO DECRETI DIPARTIMENTALI.R.0001134. del 24-07-2018, del Direttore Generale del Ministero dell'Istruzione, dell' Università e della Ricerca, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del corso-concorso e ulteriori atti indicati in ricorso;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 novembre 2021 il dott. R T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio la parte ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti indicati in ricorso nella parte in cui comportavano la propria esclusione dalla procedura concorsuale in oggetto.

Si costituiva l’amministrazione resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

2. Il ricorso proposto deve essere dichiarato improcedibile.

Il ricorrente non superava le prove scritte del concorso nazionale per dirigenti scolastici raggiungendo il punteggio di 70,10 a fronte di un punteggio minimo richiesto di 71,70 punti.

2.1. Come evidenziato con memoria da parte resistente – circostanza non contestata da parte ricorrente, né sono richieste istanze di rimessioni in termini o altro – il ministero ha rilevato la mancata impugnazione delle ultime rettifiche subite dalla graduatoria di merito con

DPIT

998 del 14 agosto 2020 e

DPIT

1357 del 12 agosto 2021. La graduatoria del 2019 originariamente impugnata da parte ricorrente è stata infatti rettificata nell’agosto del 2020 e, quindi, nuovamente nell’agosto del 2021.

Tali atti non sono stati impugnati da parte ricorrente, con la conseguente improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

2.2. In ogni caso, nel merito, come da costante orientamento della giurisprudenza della sezione e come evidenziato anche nell’ordinanza cautelare, il ricorso non potrebbe trovare accoglimento.

In particolare, con l’ordinanza cautelare è stato evidenziato che “ Considerato - che l’accoglimento dell’istanza cautelare può essere disposta solo per coloro che vantino un impedimento oggettivo, riconducibile a forza maggiore, alla conclusione della redazione della prova preselettiva (es. blackout);- che, prima facie, le censure afferenti l’illogicità dell’art. 8 del d.m. n. 138 del 2017, non appaiono fondate;- che le censure relative al merito delle risposte considerate esatte dalla p.a. e alla formulazione del testo, trattandosi di quesiti resi disponibili con congruo termine per consentire la preparazione dei concorrenti, non possono ritenersi fondate;che peraltro, al ridetto profilo, va associata la prevalente giurisprudenza ( cfr. parere n.644/2017 Cds sez II) secondo cui “Per quanto concerne le censure di cui al punto 3 del gravame - relative all’erroneità, sotto molteplici profili, di numerosi quesiti della prova de qua - la Sezione osserva, in via preliminare, che in base alla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dalla quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, qualora sia dedotto l'errore che l'Amministrazione ha compiuto nel ritenere esatte alcune risposte “si sconfina nel merito amministrativo, ambito precluso al giudice amministrativo, il quale non può sostituirsi ad una valutazione rientrante nelle competenze valutative specifiche degli organi dell'Amministrazione a ciò preposti e titolari della discrezionalità di decidere quale sia la risposta esatta ad un quiz formulato;
e ciò secondo la propria visione culturale, scientifica e professionale che ben può essere espressa in determinazioni legittime nei limiti, complessivi, dell’attendibilità obiettiva, nonché … della sua non manifesta incongruenza/travisamento rispetto ai presupposti fattuali assunti o della sua non evidente illogicità” (Cons. di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4670).In altri termini, l’individuazione dei quesiti da sottoporre ai candidati e l’indicazione delle risposte ritenute corrette sono il frutto di valutazioni tecnico-discrezionali riservate all’Amministrazione, esaminabili dal giudice amministrativo esclusivamente qualora risultino affette da gravi vizi di legittimità ictu oculi rilevabili.

Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non ha evidenziato la sussistenza di tali vizi, atteso che la medesima ha rilevato la sussistenza di quesiti formulati in maniera ambigua o che potevano dare adito a più risposte corrette, sovrapponendo in tal modo - in maniera non consentita - la propria valutazione in ordine alla correttezza dei quiz a quella compiuta, sotto il profilo tecnico, dai competenti organi di amministrazione attiva. Ne deriva, quindi, che tali censure - essendo volte a chiedere alla Sezione un non ammesso riesame delle scelte di merito compiute dall’Amministrazione - non possono che ritenersi prive di pregio.Peraltro, anche volendo prescindere da quanto esposto, le richiamate censure non potrebbero comunque comportare l’illegittimità della procedura, e ciò in quanto, come rilevato da un consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Sezione, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, “l’erroneità o la equivocità di alcuni quesiti deve ritenersi inconferente atteso che quand’anche essi fossero incerti o sbagliati nella risposta, i medesimi non inciderebbero sulla par condicio dei concorrenti, tutti chiamati a rispondere sugli stessi quesiti bene o male confezionati” (Cons. di Stato, Sez. II, 5 febbraio 2014, n. 1141/2014), con la conseguenza che l’ eventuale erronea formulazione dei quesiti avrebbe un effetto sostanzialmente neutro sull’esito della prova. “  - che, inoltre, non può dedursi l’illogicità della fissazione del termine di svolgimento delle prove perché coincidente con altre attività dei concorrenti né che entro lo stesso termine alcuni partecipanti fossero impegnati in commissione di esami di stato o nella normale attività didattica, posto che non si può individuare con certezza un momento nel quale dette attività non siano in concreto espletate, al fine di definire le date ottimali per lo svolgimento della prova.Ritenuta l’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti per disporre l’ammissione con riserva o la predisposizione di una nuova prova preselettiva.Ritenuta la sussistenza dei presupposti per compensare le spese di lite alla luce della novità della questione ”.

In particolare, il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento per le ragioni di seguito precisate, così come già in gran parte enunciate nella sentenza n. 8655/2019 di questo T.A.R., solo in parte riformata dalla recente sentenza n. 395/2021 del Consiglio di Stato per il solo aspetto relativo all’incompatibilità di alcuni commissari che, tuttavia, non giova alle ragioni dell’odierna ricorrente.

Sempre con la richiamata sentenza n. 8655/2019 questa Sezione ha già avuto modo di statuire che in “ tutti i casi posti in discussione e nei quali si contestano le risposte ritenute esatte o inesatte dal Ministero a vari quesiti, propone e sollecita a questo Giudice un sindacato di merito sulla discrezionalità tecnica che in subietta materia è riservata costituzionalmente all’Amministrazione ”. In altri termini, è possibile affermare che nella scelta delle domande da somministrare ai candidati e nella successiva valutazione delle risposte fornite “ la Commissione di concorso formula un giudizio tecnico-discrezionale espressione di puro merito, come tale di norma non sindacabile in sede di legittimità, salvo che esso risulti viziato ictu oculi da macroscopica illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento del fatto ” (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, 2 dicembre2013, n. 10349).

Sul punto, il Consiglio di Stato, con la richiamata sentenza n. 395/2021, ha avuto modo di confermare le conclusioni cui è giunta questa Sezione, ritenendo che la specifica doglianza “ con cui si lamenta l’erronea reiezione della censura relativa alla incongruenza dei quesiti, strutturati non come domande a risposta aperta ma come “casi pratici” da risolvere […] si rileva che il motivo impinge nel merito delle determinazioni rimesse alla discrezionalità tecnica della commissione, in parte qua non inficiate da macroscopica illogicità o irragionevolezza ”. Nel caso di specie, tra l’altro, la presenza di una griglia e della analoga posizione in cui si trovavano gli altri concorrenti consente di ritenere a maggior ragione infondata la pretesa di parte ricorrente.

Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, deve al contrario ritenersi che l’amministrazione non abbia il dovere di procedere in via preliminare alla valutazione della sussistenza dei requisiti di tutti i concorrenti prima dello svlgimento delle prove. Tale tesi contrasta in modo chiaro con il principio di buon andamento ed efficienza che deve necessariamente caratterizzare l’operato in relazione a procedure concorsuali con numerosi candidati. Ne discende che alcuna violazione è dato riscontrare con riferimento alla verifica successiva dei requisiti partecipativi.

Per quanto riguarda poi la soglia minima di sbarramento, è da rilevare anzitutto, che la giurisprudenza è concorde nel ritenere la conformità dell’espletamento delle procedure preselettive ai principi di buona organizzazione, efficienza e razionalità dell’azione della Pubblica Amministrazione.

In particolare, con riferimento ad altro concorso ma con principi applicabili anche al caso di specie, è stato precisato che la previsione, a scopi di semplificazione ed accelerazione dell’iter concorsuale, della necessità di sottoporre i candidati ad una prova preliminare preordinata ad accertare il possesso da parte loro di requisiti culturali di base non appare irragionevole;
essa, infatti, consente di ridurre il numero dei partecipanti alle prove scritte, con conseguente riduzione della complessità e dei tempi della procedura, attraverso un meccanismo semplice e tale da garantire la parità di trattamento degli interessati (cfr. sent. 12982/2015, Tar Lazio).

La previsione della prova preselettiva nell'ambito di una procedura concorsuale è un modulo organizzativo che l'Amministrazione può adottare laddove il numero di domande di partecipazione sia esorbitante o comunque tale da determinare delle sensibili lungaggini procedimentali.

Questi principi sono stati poi recepiti anche nel decreto concretezza che, proprio ai fini del conseguimento della semplificazione, le procedure concorsuali possono prevedere “1 ) la facoltà di far precedere le prove di esame da una prova preselettiva, qualora le domande di partecipazione al concorso siano in numero superiore a due volte il numero dei posti banditi;
2) la possibilità di svolgere prove preselettive consistenti nella risoluzione di quesiti a risposta multipla, gestite con l'ausilio di enti o istituti specializzati pubblici e privati e con possibilità di predisposizione dei quesiti da parte degli stessi
” (comma 6).

La previsione per cui l’accesso alle prove scritte è consentito a un numero di candidati pari al doppio dei posti disponibili, oltre a essere conforme alla legge, non è neppure particolarmente rigorosa e rientra nella sfera, assai ampia, di discrezionalità rimessa al Ministero resistente, funzionale all’esigenza di compiere, anche in questo caso, una semplificazione dell’iter procedimentale, riducendo così la complessità dei tempi delle procedure e ottenendo, inoltre, una semplificazione dell’organizzazione della procedura.

In particolare, il d.m. 30 settembre 2011 all’art. 6 prevedeva che “ la prova di accesso è predisposta da ciascuna università e si articola in: a) un test preliminare;
b) una o più prove scritte ovvero pratiche;
c) una prova oral
e”, e per il comma 4 del medesimo articolo “ è ammesso alla prova, ovvero alle prove di cui al comma 2 lettera b) (cioè le prove scritte), un numero di candidati, che hanno conseguito una votazione non inferiore a 21/30 nella prova di cui al comma 3, pari al doppio dei posti disponibili per gli accessi ”.

Il d.m. 92/2019 ha eliminato la necessità del conseguimento della votazione non inferiore a 21/30, stabilendo che “ è ammesso alla prova, ovvero alle prove di cui all'articolo 6 comma 2, lettera b) del DM sostegno, un numero di candidati pari al doppio dei posti disponibili nella singola sede per gli accessi. Sono altresì ammessi alla prova scritta coloro che, all'esito della prova preselettiva, abbiano conseguito il medesimo punteggio dell'ultimo degli ammessi ”.

Pertanto, pur avendo eliminato la necessità di una votazione superiore alla sufficienza per poter partecipare al corso in questione, rimane il sistema di preselezione diretto a limitare la partecipazione alle prove scritte di un numero di candidati che non superi il doppio dei posti disponibili, infatti per poter accedere alle prove scritte è comunque necessario aver conseguito un punteggio che non sia inferiore a quello dell’ultimo degli ammessi.

Inoltre, l’ammissione di un numero superiore a due volte il numero dei posti banditi, non può essere ritenuta illogica, posto che, come detto, anche il decreto concretezza individua questo numero come soglia ai fini dell’ammissione dei concorsi.

Per quanto riguarda poi le presunte distorsioni in ordine al fatto che a fronte di una prova identica un concorrente è escluso con 20 ed un altro ammesso con zero solo per aver scelto, in maniera del tutto casuale o per esigenze territoriali un Ateneo rispetto ad un altro è stato osservato che “ quanto poi alla possibilità che lo stesso punteggio consenta il superamento della selezione in una regione e non in un'altra, ciò appare come logica conseguenza della circostanza che il concorso è bandito su scala regionale: ogni regione ha una propria dotazione organica e quindi un diverso numero di disponibilità da mettere a concorso........Essenziale, ai fini della parità di trattamento, è che sia unico per tutte le regioni il criterio di valutazione: d'altra parte gli interessati possono scegliere in quale regione presentare la domanda di partecipazione al concorso ” (Tar Lazio sez. III, 23 giugno 2010, n.20257).

Con la previsione di un sistema di graduatorie per ciascun Ateneo, agli aspiranti è data la possibilità alternativa di puntare sulla sede più ambita (che però potrebbe presentare un minore numero di posti disponibili rispetto ad altre sedi) oppure di sostenere la prova presso una sede ritenuta meno appetibile, ma di più facile accesso in ragione del maggiore numero di posti disponibili;
dunque viene in considerazione il principio di autoresponsabilità, in quanto ciascuno dei candidati assume nella propria sfera giuridica le conseguenze di tale scelta (cfr. Tar Lazio sez. III, 19 luglio 2019, n.9603).

Come da costante giurisprudenza di questa Sezione, peraltro avallata dal Consiglio di Stato, “ l'art. 400 comma 11 d.lg. n. 297 del 1994, nel prevedere che, in materia di concorsi per titoli ed esami, […] l’attribuzione ad una prova di un punteggio che, riportato a decimi, sia inferiore a sei preclude la valutazione della prova successiva, si limita a stabilire una soglia minima non raggiunta la quale non è mai consentito l'accesso alla prova successiva. Esso, tuttavia, impedendo di scendere sotto la soglia dei 6/10, non preclude invece la possibilità che, per concorsi come quello in esame, sia stabilita una soglia minima più alta, ciò che in sé corrisponde all'esigenza, ragionevole ed apprezzabile favorevolmente, di effettuare - soprattutto nei concorsi caratterizzati da un altro numero di partecipanti e di posti banditi - una stringente selezione dei più meritevoli, in perfetta linea con i principi scolpiti dall'art. 97 Cost.” (cfr. Cons. Stato, sent. 5639 del 2015;
ex plurimis T.A.R. Lazio, Roma, Sez. Terza Bis sent. n. 4735/2014 e 13407/2020).

Come già statuito con la richiamata sentenza n. 8655/2019 di questa Sezione, confermata sul punto in appello, “ le eccezioni al principio di unicità della prova sono ammesse in casi eccezionali, tra i quali sicuramente deve farsi rientrare l’improvvisa ed imprevedibile chiusura delle scuole disposta dalla competente autorità in Sardegna. Irragionevole sarebbe infatti risultato disporre lo slittamento della prova su tutto il territorio nazionale a cagione della oggettiva impossibilità di svolgimento nella data prestabilita, della disponibilità delle sedi inerenti la sola Regione Sardegna. Né la ricorrente offre, ancora principio di prova in ordine all’indebito vantaggio che a suo dire avrebbero fruito i concorrenti sardi, avuto presente, altresì, che il Ministero ha specificato che le domande proposte alla sessione del dicembre 2018 erano diverse ”.

Per quanto concerne le aree tematiche oggetto della prova preselettiva non risultano esservi le violazioni contestate da parte ricorrente posto che la norma in questione non preveva un obbligo di inserimento di tutte le aree tematiche né che le stesse andavano applicato per ogni candidato.

Con altra censura, parte ricorrente lamenta la violazione del principio dell’anonimato.

Anche tale censura non può trovare accoglimento.

La questione del rispetto del principio dell’anonimato nella prova selettiva in questione è stata attentamente vagliata da questo T.A.R. con la richiamata sentenza n. 8655/2019, trovando l’avallo del giudice amministrativo di appello.

L’Amministrazione resistente, dal canto suo, nella relazione depositata in atti ha avuto modo di evidenziare il complesso delle misure adottate per garantire il rispetto dell’anonimato e della par condicio di tutti i candidati.

La lex specialis, invero, prevedeva che durante la prova il candidato inserisse codice personale e scheda anagrafica in busta internografata senza sigillarla, seguendo il seguente schema: “ Il candidato estrae un codice personale anonimo dall’urna (…);
• Al candidato viene consegnato e fatto firmare il proprio modulo anagrafico;
• Si consegna al candidato una busta internografata e gli si comunica di conservarvi all’interno entrambi i moduli ricevuti senza sigillare la busta;
• Il candidato viene fatto accomodare e, subito dopo, inserisce il codice personale anonimo per sbloccare la postazione. Il candidato ripone il codice personale anonimo nella busta internografata a lui consegnata senza sigillarla (…)
”. Tuttavia, a garanzia dell’anonimato, veniva altresì prescritto che al termine della prova “ Il candidato ripone il modulo anagrafico ed il modulo contenente il codice personale anonimo all’interno della busta internografata che gli è stata consegnata all’atto della registrazione e la sigilla ”.

Come già evidenziato da questa Sezione nella sentenza richiamata, pertanto, “ Ne consegue che alcuna violazione del principio dell’anonimato è dato al Collegio cogliere nelle descritte operazioni concorsuali posto che al termine della prova le generalità del candidato e il suo codice personale identificativo venivano inserite in una busta della quale era prescritta la sigillatura. Il Miur ha poi dettagliatamente allegato con la relazione del direttore generale28240 del 14.6.2019, che i moduli risposte e quello anagrafico consegnati ai candidati venivano riposti in una busta internografata parimente consegnatagli, sigillata dal candidato e a sua volta inserita in una busta A4parimenti sigillata e siglata sui lembi. Quest’ultima busta già sigillata veniva poi inserita insieme alla chiavetta USB contenente il file delle risposte, ai codici personali agli originali dei verbali d’aula e del registro cartaceo, in un plico formato A3 sui cui lembi di chiusura il comitato di vigilanza apponeva firma e data. Tutti tali plichi finali contenenti tutta la documentazione della prova in due buste più piccole sigillate, venivano poi consegnati in sicurezza ai Direttori degli USR regionali e da questi recapitati al Ministero affinché venissero assunti in custodia dai carabinieri fino alla conclusione della correzione. Emerge pertanto la presenza di ben tre buste sigillate racchiuse una all’interno dell’altra.

La relazione del Miur del 14.6.2019 ha altresì contrastato la doglianza secondo cui il codice personale ancorché anonimo consegnato a ciascun candidato potesse essere rivelato a qualche membro della commissione prima della correzione delle prove.

Invero emerge dalla citata relazione come gli elaborati di ciascun candidato venissero conservati in una piattaforma informatica detenuta dal Cineca incaricato dell’organizzazione logistica del concorso. I commissari accedevano poi collegialmente agli elaborati del candidato al momento della correzione delle prove ma il file contenente le stesse non consentiva anche l’individuazione del codice anonimo, ma si apriva una schermata recante solo la prova svolta, che veniva contrassegnata con un numero ma senza che potesse essere visionato il codice anonimo. Solo alla fine delle operazioni di correzione degli elaborati e al momento dello scioglimento dell’anonimato, alla presenza dei carabinieri venivano effettuatele attività di associazione dei codici anonimi identificativo della prova con i codici fiscali dei candidati e la relativa identità di ciascuno di essi.

Il Miur con relazione del 25.6.2019 versata in atti ha precisato che alla fine della prova, il candidato, cui era stato consegnato il codice anonimo, lo ha inserito sull’applicativo, codice che è stato salvato nel tracciato record del file.BAC (si ricorda che il file.BAC è criptato). Il file.BAC (contenente il solo codice anonimo e NON i dati anagrafici del candidato) è stato caricato attraverso un canale sicuro, garantito dalle credenziali del responsabile d’aula, sulla piattaforma CINECA, che ne ha controllato l’integrità (se anche un solo bit del file fosse stato danneggiato o mancante, il file sarebbe risultato indecifrabile e sarebbe stato segnalato un errore al responsabile d’aula).Una volta terminati tutti i caricamenti per ogni file.BAC in un database protetto cui può accedere il solo personale tecnico di CINECA autorizzato a gestire la procedura, sono state caricate le informazioni in esso contenute tra cui: codice anonimo, risposta alla domanda 1, risposta alla domanda 2,eccetera. Tutti i compiti sono stati quindi caricati in questo database e ad ogni compito è stato associato un numero progressivo di caricamento (univoco e non ricollegabile al codice anonimo). Solo una volta effettuata la correzione e al momento dello scioglimento dell’anonimato ognuna delle 38 subcommissioni attraverso un unico pc collegato alla piattaforma del Cineca svolgeva le operazioni di associazione del codice personale anonimo identificativo della prova con il codice fiscale del candidato riportato in una bustina internografata sigillata, custodita all’interno di un’altra busta parimenti sigillata, buste tutte custodite dai carabinieri (sent. n. 8655/2019, confermata in appello con pronuncia n. 395/2021 del Consiglio di Stato).

Le argomentazioni che precedono determinano pertanto il rigetto del ricorso.

3. In cosiderazione delle peculiarità e della parziale novità delle questioni oggetto del giudizio devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

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