TAR Palermo, sez. IV, sentenza 2024-08-09, n. 202402420

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. IV, sentenza 2024-08-09, n. 202402420
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202402420
Data del deposito : 9 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/08/2024

N. 02420/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01454/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1454 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Presidenza della Regione Siciliana, l’Assessorato Regionale per i Beni Culturali e l’Identità Siciliana - Dipartimento Regionale per i Beni Culturali e l’Identità Siciliana - la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in P, via Mariano Stabile 182;
il Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Onofrio Campione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

a) quanto al ricorso introduttivo:

- dell'ordine di rimessione in pristino prot. n. -OMISSIS- con cui la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di -OMISSIS- ha ordinato agli odierni istanti, “... quali aventi il possesso e la detenzione dell'immobile in oggetto, il ripristino dello stato dei luoghi che dovrà essere eseguito entro il termine di novanta giorni dalla data di notifica del presente ordine ...”;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, per i quali si fa riserva di promuovere ulteriori motivi aggiunti.

b) quanto al ricorso per motivi aggiunti:

- del provvedimento prot. n. -OMISSIS- con cui il Comune di -OMISSIS- ha intimato ai Sigg.ri -OMISSIS- “... il rispetto dell'ordinanza di rimessione in pristino, prot. n. -OMISSIS-, emessa dalla Soprintendenza BB.CC.AA. ai sensi dell'art. 167 del D.Lgs 42/2004”.

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS- e della Regione Siciliana - Presidenza della Regione, e dell’Assessorato Regionale per i Beni Culturali e l’Identità Siciliana, del Dipartimento Regionale per i Beni Culturali e l’Identità Siciliana e della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 il dott. Guido Gabriele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Si premette in fatto che:

- in data -OMISSIS-, il Sig. -OMISSIS-presentava alla Soprintendenza BB.CC.AA. di -OMISSIS- una richiesta di nulla osta per la costruzione di una casa di campagna, di mq. 114,40, da realizzare in -OMISSIS- a -OMISSIS- (-OMISSIS-) in area sottoposta a vincolo paesaggistico in quanto ricadente all'interno dei 150 mt. della fascia di rispetto del -OMISSIS- ai sensi dell'art. 146 lett. c) del D. Lgs. n. 490/99.

- in data -OMISSIS-, con nota prot. n. -OMISSIS-, il suddetto progetto veniva respinto dalla Soprintendenza in quanto " l'opera da realizzare, per caratteristiche tipologiche e morfologiche, si porrebbe in netto contrasto con la tradizione costruttiva dei fabbricati rurali dell'entroterra siciliano ed in particolare con quelli di -OMISSIS- ". Nello stesso provvedimento venivano suggerite al Sig. -OMISSIS-, per il caso di eventuale riproposizione del progetto, le linee da seguire per ottenere l’autorizzazione;

- in data-OMISSIS-, il ricorrente presentava dunque un altro progetto, da realizzarsi sempre nel medesimo luogo sottoposto a vincolo paesaggistico, per la costruzione di una casa di campagna di mq. 72,60;

- con provvedimento del -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS-, la Soprintendenza autorizzava il suddetto progetto con prescrizioni riguardanti il manto di copertura, i colori del prospetto, gli infissi, etc., precisando che " Ogni eventuale variante dovrà essere, preventivamente, sottoposta ai parere della Soprintendenza per non incorrere nelle sanzioni previste a carico dei trasgressori ai sensi dell'art. 163 e 164 del D. L.vo n. 490/99 ”);

- in data -OMISSIS-, il ricorrente presentava una richiesta di autorizzazione in sanatoria ai sensi dell'art. 13 della L.47/85 per i lavori di ampliamento del fabbricato realizzato sulla base del predetto nulla osta del 2002, ma detta istanza veniva ritirata dallo stesso interessato, per rappresentate esigenze di “ rielaborazione ” progettuale, in data-OMISSIS-;

- successivamente, il ricorrente presentato una nuova istanza di rilascio di concessione edilizia in sanatoria al Comune di -OMISSIS-, il cui progetto veniva inoltrato dalla stessa amministrazione comunale all’Autorità paesaggistica ai fini del prescritto parere di competenza in data -OMISSIS-;

- la Soprintendenza, esaminato il progetto, rilevava che le opere per le quali si agiva in sanatoria determinavano un aumento di superficie del fabbricato di mq. 67,00 così suddivisi: - un vano di mq. 25,20 (maggiore, per estensione, agli altri preesistenti locali del fabbricato), denominato come “soggiorno” nella planimetria allegata all’istanza;
- un'altra struttura in muratura con tetto in legno individuata con la voce "tettoia" di mq. 14,08;
- una tettoia in legno in aderenza di mq. 7,98;
- un portico di mq. 19,74;

- in sostanza, la Soprintendenza constatava che le opere così abusivamente realizzate riproponessero, sostanzialmente, il progetto originario già ritenuto nel 2001 incompatibile con i valori tutelati e che esso contrastasse con l’esigenza già rappresentata dall’Autorità paesaggistica nel rigetto con indicazioni progettuali di cui alla nota n. -OMISSIS- del -OMISSIS- e, inoltre, che il fabbricato presentasse un volume compatto, senza possibilità di portici e verande;

- pertanto, considerato altresì che il fabbricato in questione ricadeva all'interno dei 150 mt. della fascia di rispetto del -OMISSIS-, iscritto al-OMISSIS-nel 1° elenco delle acque pubbliche pubblicato nella Gazzetta n. 238 del 21/09/1971 e tutelato dalla ex Legge Galasso n. 431 del 08/08/1985, nonché, all’epoca, dall'art. 146 lett. c) del D. Lgs. n. 490/99, e, comunque, su area vincolata in epoca antecedente all’entrata in vigore del Piano Paesistico, la Soprintendenza BB.CC.AA. respingeva, con nota n. -OMISSIS- l’istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria per le sopra indicate opere, tutte realizzate nel 2003, in piena vigenza del vincolo;

- avverso tale diniego il ricorrente proponeva dapprima ricorso gerarchico, respinto con Decreto n. -OMISSIS- del Dirigente Generale del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana Servizio Tutela, e, successivamente, il ricorso nrg -OMISSIS-proposto innanzi al Tar P;

- nel medesimo giudizio veniva altresì impugnata la successiva nota n. -OMISSIS-di rigetto, da parte della Soprintendenza BB.CC.AA., dell’istanza di riesame presentata dal Sig. -OMISSIS-e di conferma del diniego di nulla osta in sanatoria del -OMISSIS-;

- il ricorrente successivamente rappresentava in giudizio il venir meno dell’interesse alla decisione del citato ricorso nrg -OMISSIS-, e ciò in ragione della sopravvenienza rappresentata dal rilascio di concessione edilizia in sanatoria da parte del Comune di -OMISSIS-, e il Tar P, I Sezione, con sentenza del -OMISSIS-, preso atto della predetta dichiarazione, pronunciava l’improcedibilità del gravame proposto per sopravvenuta carenza di interesse;

- in particolare, dopo aver ottenuto l’accoglimento, da parte del Comune di -OMISSIS-, di una nuova istanza di riesame, parte ricorrente riceveva dalla Soprintendenza BB.CC.AA. (nota del -OMISSIS-) l’ennesimo diniego di nulla osta in sanatoria, sicché essa si determinava ad attivare un’operazione tecnica, di variazione catastale della destinazione d’uso del vano abusivo di 25 mq da “ soggiorno ” a “ deposito attrezzi agricoli ”, in modo tale da poter, a suo dire, far rientrare gli abusi in questione nell’ipotesi di intervento non più soggetto ad autorizzazione paesaggistica ai sensi della voce “A.31” dell’Allegato A al D.P.R. n. 31 del 13 febbraio 2017 (e cioè “ opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell'area di sedime ”);

- tale interpretazione era condivisa dal Comune di -OMISSIS-, che rilasciava al ricorrente il permesso di costruire in sanatoria n. -OMISSIS-, nel quale si evidenziava che la sopra descritta operazione tecnica di mutamento della destinazione d’uso della porzione abusiva di fabbricato sarebbe stata idonea a determinare una “ riduzione della volumetria ” dell’abuso utile a non superare il sopra citato limite normativo del 2% della cubatura o superficie previsto dal regime liberalizzato delle autorizzazioni paesaggistiche;

- l’Ente locale riteneva dunque che la diversa classificazione del vano abusivo in questione (incidente ai fini del computo delle volumetrie assentibili sotto il profilo edilizio) assumesse rilevanza anche ai fini della integrazione degli abusi “ minori ” cui fa riferimento l’invocata lettera A.31 dell’Allegato A al DPR 13 febbraio 2017 n. 68;

- sennonché, la Soprintendenza, con la nota prot. n. -OMISSIS-, preso atto della sentenza di improcedibilità pronunciata dal Tar P, ha ingiunto ai ricorrenti la rimessione in pristino dell’immobile, attraverso la demolizione degli ampliamenti realizzati sine titulo , sotto il profilo paesaggistico.

2. Avverso tale ultimo provvedimento, i ricorrenti proponevano il gravame introduttivo sostenuto dal seguente motivo di ricorso:

- “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della Legge n. 47 del 28 febbraio 1985 e s.m.i. (oggi art. 36 del DPR n. 380/2001, come recepito dall’art. 14 della Legge Regionale n.16/2016) – Violazione e falsa applicazione dell’Allegato A, punto 31, del D.P.R. del 13 ottobre 2017, n.31 – Eccesso di potere per difetto di motivazione – Eccesso di potere per carenza d’istruttoria – Illogicità manifesta ”.

In sostanza, come evidenziato in punto di fatto, a dire dei ricorrenti il mutamento catastale dei locali abusivamente realizzati farebbero ritenere “ superata ” la questione dell’autorizzazione paesaggistica, non più necessaria alla luce del d.P.R. n. 31/2017, come avvalorato anche dal rilascio da parte del Comune di -OMISSIS- del permesso di costruire in sanatoria n. -OMISSIS-;
di qui la dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse depositata agli atti del giudizio nrg -OMISSIS-.

3. Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che previa analitica e documentata ricostruzione in fatto della vicenda in esame, instava per il rigetto del ricorso nel merito.

4. Il Tar P, II Sezione, con ordinanza del -OMISSIS-, rigettava la richiesta di adozione di misure cautelari sulla base della seguente motivazione: “ Ritenuto, ad un primo sommario esame proprio della fase cautelare, che l’iter argomentativo della resistente Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di -OMISSIS- sembra resistere alle censure prospettate, apparentemente irrilevanti i diversi presupposti di carattere urbanistico richiamati dal Comune -OMISSIS- nell’ultimo permesso di costruire;

- di dover respingere l’istanza cautelare di parte ricorrente con compensazione delle spese della presente fase di giudizio in ragione degli specifici profili della stessa. ”.

4.1 Il Cga, con ordinanza del -OMISSIS-, confermava il rigetto disposto dal Tar con la predetta ordinanza sulla base della seguente motivazione: “ L’appello cautelare deve essere respinto difettando il requisito del fumus boni iuris:

-oggetto del presente processo è unicamente l'ordine di rimessione in pristino prot. n. -OMISSIS- con cui la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di -OMISSIS- ha ordinato agli odierni istanti, “... quali aventi il possesso e la detenzione dell'immobile in oggetto, il ripristino dello stato dei luoghi che dovrà essere eseguito entro il termine di novanta giorni dalla data di notifica del presente ordine ...”;

-il provvedimento della Soprintendenza è adeguatamente motivato risultando accertato che “che il sito oggetto dei lavori ricade all'intento del Paesaggio Locale -OMISSIS- del Piano Paesaggistico della provincia di -OMISSIS-, in area sottoposta a tutela paesaggistica ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera "e", in quanto insiste entro la fascia di 150 metri dall'argine del corso d'acqua denominato "-OMISSIS-", iscritto al-OMISSIS-dell'elenco delle acque pubbliche della provincia di -OMISSIS-;

- la zona in esame è individuata come area con livello di tutela 1 di cui alle Norme di Attuazione del Piano Paesaggistico;

-per costante giurisprudenza tra i provvedimenti emessi dalla p.a. cui compete la tutela del vincolo paesaggistico ed i provvedimenti edilizi sussiste il rapporto di condizione a condizionato, così che l’esigenza di tutela del vincolo prevale sulle scelte urbanistico-edilizie di segno contrario. “.

5. Sennonché, a seguito dell’ordinanza del Cga citata, il Comune di -OMISSIS-, con provvedimento prot. n. -OMISSIS- intimava ai ricorrenti “ il rispetto dell’ordinanza di rimessione in pristino, prot. n. -OMISSIS-, emessa dalla Soprintendenza BB.CC.AA., ai sensi dell’art. 167 del D. Lgs. 42/2004 “.

6. Avverso detta determinazione, i ricorrenti proponevano ricorso per motivi aggiunti, con il quale essi riproponevano in virtù del principio della illegittimità derivata la censura contenuta nel ricorso introduttivo, e con cui essi censuravano anche in via autonoma il provvedimento comunale sulla base dei seguenti motivi:

- “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 della Legge n. 47 del 28 febbraio 1985 e s.m.i. (oggi art. 36 del DPR n. 380/2001, come recepito dall’art. 14 della Legge Regionale n. 16/2016) - violazione e/o falsa applicazione dell’Allegato A, punto 31, del D.P.R. del 13 ottobre 2017, n. 3 – Eccesso di potere per difetto d’istruttoria ”.

- “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 della Legge n. 47 del 28 febbraio 1985 e s.m.i. (oggi art. 36 del DPR n. 380/2001, come recepito dall’art. 14 della Legge Regionale n. 16/2016) - Violazione e/o falsa applicazione dell’Allegato A, punto 31, del D.P.R. del 13 ottobre 2017, n. 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 380 del 2001 e s.m.i. - Violazione e falsa applicazione del principio di irrevocabilità del permesso di costruire - Eccesso di potere per contraddittorietà ”.

7. Si costituiva in giudizio il Comune di -OMISSIS-, con una memoria in cui erano rassegnate le seguenti conclusioni: “ Si chiede pertanto che l’On. TAR adito accolga il ricorso di-OMISSIS--OMISSIS-e-OMISSIS--OMISSIS-con ogni effetto di legge, confermando anche la legittimità dei provvedimenti comunali. ”;
in sostanza, la difesa comunale, con comportamento processuale anomalo e singolare e andando contra factum proprium , chiedeva l’accoglimento del ricorso avverso il quale detto ente avrebbe dovuto resistere, e ciò attraverso una distorsione dell’oggetto del giudizio, costituita dalla esigenza di salvaguardare il permesso di costruire in sanatoria, che tuttavia non costituiva (e non costituisce), nemmeno in via mediata, il thema decidendum della presente controversia.

8. Il Tar P, con ordinanza del -OMISSIS-, rigettava la proposta istanza cautelare sulla base della seguente motivazione: “ Ritenuto che l’impugnato provvedimento nulla aggiunga agli effetti spiegati dall’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo (cfr. ordinanza cautelare di questo Tribunale n. -OMISSIS-e ordinanza Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. -OMISSIS-) e che difettano sia i presupposti di fumus boni iuris che l’allegato pregiudizio … “.

9. All’udienza del 9 maggio 2024 la causa è stata posta in decisione.

10. Il ricorso introduttivo è manifestamente infondato sulla base delle seguenti ragioni.

11. Con il gravame introduttivo parte ricorrente ha impugnato l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi adottato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-, in conseguenza della definitività del provvedimento di rigetto dell’istanza di nulla osta paesaggistico del 2010, derivante dalla declaratoria di improcedibilità del ricorso proposto avverso tale ultima determinazione disposta dal TAR Sicilia con sentenza del -OMISSIS-.

11.1 Nella prospettazione attorea, considerato che la pronuncia di improcedibilità è conseguita alla dichiarazione di parte ricorrente relativa al rilascio da parte del Comune di -OMISSIS- della concessione in sanatoria nel 2021, ergo l’ordine di ripristino sarebbe illegittimo perché riguardante opere in ampliamento assentibili, anche sul piano paesaggistico sulla base del d.P.R. n. 31/2017.

11.2 La censura così ricostruita è destituito di fondamento.

11.2.1 Invero, deve osservarsi che la pronuncia di improcedibilità per carenza sopravvenuta di interesse è stata resa su espressa dichiarazione della parte ed essa costituisce pronuncia in rito che non contiene alcun accertamento in ordine ai fatti costitutivi della domanda.

Detta osservazione trova puntuale riscontro nella “ geografia ” codicistica, che colloca la sentenza di declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse nell’alveo delle pronunce di rito (cfr. art. 35, comma 1, lett. c), cpa), inidonee in quanto tali a generare giudicato sostanziale esterno, e ciò a differenza delle sentenza di cessata materia del contendere, che, ricomprese nell’ambito delle sentenze di merito dall’art. 34, comma 5, cpa, hanno idoneità al giudicato sostanziale.

Le prefate considerazioni costituiscono ius receptum nella giurisprudenza amministrativa, che sul punto afferma costantemente che: “ La cessazione della materia del contendere presuppone invero il pieno soddisfacimento dell’interesse fatto valere in giudizio, laddove la sopravvenuta carenza di interesse presuppone invece la mancanza di interesse alla decisione, ossia una situazione di fatto o di diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso tale da togliere al ricorrente interesse alla rimozione dell’atto impugnato.

La decisione che dichiara la cessazione della materia del contendere è caratterizzata dal contenuto di accertamento nel merito della pretesa avanzata e dalla piena soddisfazione eventualmente arrecata ad opera delle successive determinazioni assunte dalla Pubblica amministrazione. Tale decisione non ha valenza meramente processuale, ma contiene l’accertamento relativo al rapporto amministrativo controverso e alla pretesa sostanziale vantata dall’interessato.

La diversità tra le due tipologie di sentenze rileva anche ai fini della definizione del perimetro del giudicato. La sentenza che dichiara cessata la materia del contendere, in quanto pronuncia di merito, è idonea al giudicato sostanziale, accertando in maniera incontrovertibile l’attuazione di un assetto sostanziale di interessi favorevole al ricorrente, sopravvenuto in pendenza del giudizio, interamente satisfattivo della pretesa azionata in sede giurisdizionale, come tale non più revocabile in dubbio. ” (Consiglio di Stato, V Sezione, sentenza del 7 aprile 2023, n. 3620).

11.2.2 Peraltro, si osserva ancora come la predetta ricostruzione sia coerente con il carattere soggettivo della giurisdizione amministrativa, che comporta la sua “ sottomissione ” al principio dispositivo, così come affermato in giurisprudenza: “ in caso di espressa dichiarazione del ricorrente di non aver più alcun interesse alla decisione del ricorso, il giudice non può decidere la controversia nel merito, né procedere d’ufficio, né sostituirsi nella valutazione dell’interesse ad agire, ma può solo adottare una pronuncia in conformità alla dichiarazione resa, poiché nel processo amministrativo, in assenza di repliche e di diverse richieste ex adverso, vige il principio dispositivo in senso ampio, nel senso, cioè, che la parte ricorrente, sino al momento in cui la causa è trattenuta in decisione, ha la piena disponibilità dell’azione e può dichiarare di non avere interesse alla decisione medesima, in tal modo provocando la presa d’atto del giudice, che può solo dichiarare l’improcedibilità del ricorso (ex plurimis, Cons. Stato, VI, 5 giugno 2023, n. 5503;
Cons. Stato, VII, 23 maggio 2023, n. 5159;
Cons. Stato, V, 15 febbraio 2023, n. 1599;
Cons. Stato, II, 4 gennaio 2023, n. 120;
Cons. Stato, III, 21 maggio 2021, n. 3981;
Cons. Stato, VI, 6 marzo 2018, n. 1446).
” ( ex multis : Tar P, IV Sezione, sentenza del 3 maggio 2024, n. 1502).

11.3 Da tutto quanto precede deriva che la declaratoria di improcedibilità disposta da questo Tribunale con la sentenza n. -OMISSIS-su espressa dichiarazione di carenza di interesse del ricorrente ha comportato la definitività degli atti impugnati con il corrispondente ricorso, correttamente assunti dall’amministrazione resistente a presupposto del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo.

11.4 Inoltre, deve anche rilevarsi come sia ininfluente ai fini della decisione la circostanza che il Comune di -OMISSIS- abbia rilasciato nelle more la concessione edilizia in sanatoria dell’immobile, stante la sostanziale autonomia del procedimento di rilascio del parere di compatibilità paesaggistica con il procedimento di rilascio del titolo edilizio, in ragione dei separati (anche se collimanti) ambiti di valutazione, determinati dai diversi interessi pubblici perseguiti dalle autorità competenti.

11.4.1 Circa i rapporti tra il titolo edilizio e il parere di compatibilità paesaggistica va precisato che essi si esplicano in termini di collegamento provvedimentale recante un rapporto di presupposizione in senso lato, così come ricostruito anche in tempi recenti dalla giurisprudenza amministrativa, che ha affermato che: “ Il rapporto tra l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire è stato ampiamente approfondito dalla giurisprudenza amministrativa.

Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che l’autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, costituisca atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio: essa dà luogo ad un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e valutazioni urbanistiche, in modo tale che questi due apprezzamenti sono destinati ad esprimersi sullo stesso oggetto in stretta successione provvedimentale, con la conseguenza che l’autorizzazione paesaggistica va acquisita prima di intraprendere il procedimento edilizio, il quale non può essere definito positivamente per l’interessato in assenza del previo conseguimento del titolo di compatibilità paesaggistica.

Altra parte della giurisprudenza invece ha ritenuto che il permesso di costruire possa essere rilasciato anche in mancanza di autorizzazione paesaggistica, fermo restando che esso è inefficace e i lavori non possono essere iniziati, finché non interviene il nulla osta paesaggistico;
in questa seconda prospettiva, l’autorizzazione paesaggistica si configura, quindi, come condizione di efficacia del permesso di costruire.

Tra l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire vi è dunque un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale.

I due atti di assenso si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, ma l’uno in termini di compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto, l’altro in termini di sua conformità urbanistico-edilizia. Operando, dunque, su piani diversi, il rilascio di uno dei due atti di assenso non comporta il necessario rilascio anche dell’altro e, sul piano normativo, questo rapporto si traduce, per espressa previsione normativa, in un condizionamento sul versante dell’efficacia dei provvedimenti e non della rispettiva legittimità (cfr. art. 146, commi 2 e 4, d. lgs. del 22 gennaio 2004, n. 42). Si è affermato che ciascuno dei due provvedimenti “ha un proprio regime, propri parametri di giudizio e proprie vicende” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 8 del 1988, pagina 11).

Tale conclusione, per le ragioni ora dette, è certamente valida quando viene annullata l’autorizzazione paesaggistica che è “atto a monte” del permesso di costruire. In altri termini, è bene distinguere due ipotesi: il solo annullamento del permesso di costruire e il solo annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. Nel primo caso, l’annullamento del permesso di costruire non necessariamente riverbera i suoi effetti sull’autorizzazione paesaggistica a monte, autorizzazione quest’ultima che ben potrebbe rimanere valida, pur non essendo possibile realizzare l’opera sino all’ottenimento di un nuovo permesso. Diversamente, nel secondo caso, quando ad essere annullata è l’autorizzazione paesaggistica, per le ragioni prima evidenziate, tale annullamento non può non spiegare effetti sul permesso di costruire “a valle”. ” (Consiglio di Stato, IV Sezione, sentenza del 21 maggio 2024, n. 4527).

11.5 Conclusivamente, il ricorso introduttivo è infondato e meritevole di rigetto.

12. Del pari infondato è il ricorso per motivi aggiunti e ciò sulla base dei seguenti rilievi.

12.1 Con detto gravame, parte ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di -OMISSIS-, con cui l’ente locale gli ha intimato l’esecuzione dell’ordine di ripristino adottato dalla Soprintendenza nel 2010, oramai, come detto, definitivo.

12.2 Anzitutto, parte ricorrente ha proposto avverso il provvedimento comunale impugnato il medesimo motivo proposto con il ricorso introduttivo, a titolo di illegittimità derivata.

12.2.1 Sul punto, assume portata dirimente l’osservazione secondo cui, una volta delibata l’infondatezza del predetto motivo per le viste ragioni, non sussiste la denunciata illegittimità in via derivata del provvedimento comunale impugnato.

12.3 Anche il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti è infondato.

12.3.1 Con il mezzo in esame parte ricorrente censura il provvedimento impugnato, perché ritenuto atto di recepimento acritico dei provvedimenti cautelari adottati dal giudice amministrativo sulla base della non condivisibile ricostruzione della vicenda operata dall’Avvocatura dello Stato.

12.3.2 Il motivo di ricorso è “ fuori fuoco ”, perché, diversamente da quanto assunto, il Comune ha doverosamente dato seguito a provvedimenti giurisdizionali, la cui non condivisione da parte del ricorrente è sostanzialmente irrilevante.

12.3.3 In sostanza, il provvedimento del Comune di -OMISSIS- si atteggia quale atto dovuto, a fronte di provvedimenti cautelari che risultano fondati sulla inoppugnabilità di precedenti provvedimenti della Soprintendenza, così come già rilevato nella parte motiva di rigetto del ricorso introduttivo.

12.3.4 Il motivo di ricorso è pertanto infondato.

12.4 Del pari infondato è il terzo motivo di ricorso, nel quale parte ricorrente riporta, a mò di censura, quanto dedotto in giudizio dal Comune di -OMISSIS- nella sua memoria di costituzione.

12.4.1 O, va anzitutto evidenziato come il Comune di -OMISSIS- ha proposto una difesa in giudizio contraddittoria, con cui sostanzialmente, anziché contrastare la pretesa attorea, come era da attendersi, esso “ difende ” la concessione edilizia a suo tempo rilasciata ai ricorrenti, che, a suo dire, non potrebbe essere inficiata dal provvedimento della Soprintendenza.

In sostanza, sembra che il Comune, in modo affatto singolare, aderisca alla prospettazione di parte ricorrente instando per l’annullamento dell’atto impugnato.

12.4.2 Ciò posto, va ribadito che la valutazione della Soprintendenza incide sulla eseguibilità dell’intervento, e in tal senso sulla efficacia lato sensu intesa della concessione edilizia in sanatoria, senza che possano cogliere nel segno le deduzioni di parte ricorrente, sulla base dei già visti rapporti che esistono tra il parere di compatibilità paesaggistica e la concessione edilizia.

12.5 In altre parole, il provvedimento comunale impugnato con i motivi aggiunti è atto consequenziale e doveroso rispetto alla necessità di adeguare lo stato di fatto allo stato di diritto, così come risultante dal provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi adottato dalla Soprintendenza di -OMISSIS- nel 2010 e divenuto, per le ragioni viste, inoppugnabile.

12.6 Conclusivamente, anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato e da rigettare.

13. In relazione al regolamento delle spese di giudizio, esse vanno poste a carico di parte ricorrente nei confronti della costituita Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-, mentre esse vanno compensate nei confronti del costituito Comune di -OMISSIS-, per il carattere “ ondivago ” e “ ambiguo ” della difesa in giudizio da esso dispiegata.

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