TAR Napoli, sez. I, sentenza 2019-12-09, n. 201905795

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2019-12-09, n. 201905795
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201905795
Data del deposito : 9 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/12/2019

N. 05795/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02971/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2971 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Centro Medico Oplonti S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A U M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ed elettivamente domiciliato in Napoli, alla Via Melisurgo, 4;

contro

Comune di Torre Annunziata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio eletto presso lo studio S C in Napoli, via Atri, 23;
Commissario ad Acta per l'Attuazione del Piano di Rientro Sanitario Regione Campania, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;
Asl Napoli 3 Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Rosa Anna Peluso, Giovanni Rajola Pescarini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

a) della determinazione del Comune di Torre Annunziata, a firma del dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive, n. 1025 del 22.06.2017, prot. n. 440 del 19.06.2017, pubblicata in albo pretorio n. 1807 del 23.6.2017, notificata alla ricorrente in data 27.06.2017, e avente ad oggetto “Riscontro avviso di avvio procedimento preordinato all'adozione delle misure previste per legge relative all'attività socio sanitaria svolta nella struttura ubicata in Torre Annunziata alla Via Roma 9-11 - Determinazione conclusiva”;

b) della nota della Asl Na 3 Sud, n. 5448 dell'11.07.2017, a firma del Direttore del Distretto sanitario n. 56, avente ad oggetto “sospensione attività sanitaria e socio sanitaria” notificata a mezzo pec in pari data;

c) della nota del Comune di Torre Annunziata, prot. SUAP n. 288 del 13.03.2017 (allegata alla nota

SUAP

348 del 21.03.2017), avente ad oggetto “Accertamento tecnico in Torre Annunziata alla Via Roma n.

9-11 angolo Via Filippini – Struttura sociosanitaria “C.M.O. srl” Centro di Medicina Nucleare. Amm.re Marulo Luigi nato a Castellammare di Stabia il 12.03.1985 e residente in Torre Annunziata al Corso Umberto I n. 221”;

d) della nota del Comune di Torre Annunziata, prot. SUAP n. 348 del 21.03.2017, avente ad oggetto “Verbale di accertamento tecnico prot. Suap n. 288 del 13.03.2017 – Precisazioni – errata corrige”;

e) della determinazione del Comune di Torre Annunziata, prot Suap n. 440 del 31.03.2017, avente ad oggetto “avvio procedimento ai sensi dell'art. 7 legge 214/90 ss.mm.ii. preordinato al divieto di prosecuzione di attività sanitaria “Medicina Nucleare in vivo” in Torre Annunziata alla Via Roma 9/11”;

f) dell'ordinanza di demolizione del Comune di Torre Annunziata, a firma del dirigente UTC, n. 20 del 15.06.2017, quest'ultima notificata in data 16.06.2017;

g) nonché di tutti gli altri atti, ancorché interni e non noti, comunque connessi, presupposti e/o consequenziali, e lesivi degli interessi del ricorrente e con espressa riserva di azione per il risarcimento del danno, da proporsi con separato giudizio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 30 del D.lgs n. 104/2010.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dalla ricorrente il 17\1\2018:

a) della deliberazione della Asl Na 3 Sud, prot. n. 768 del 25.10.2017, avente ad oggetto l'attestato di non accreditabilità ai sensi della L.R. n. 23 del 14.12.2011 e L.R. n. 5 del 06.05.2013 per trasferimento della struttura gestita da CMO dalla sede di Corso Umberto I a quella di Via Roma n. 9/11 del Comune di Torre Annunziata;

b) della nota delle ASL prot. n. 11681 del 27 ottobre 2017, inviata a mezzo pec in data 27.10.2017, con la quale è stata comunicata la suddetta deliberazione;

c) della relazione finale motivata del CCAA trasmessa dal Coordinatore del C.C.A.A. al Direttore Generale con nota prot. n. 11380 del 23.10.2017, richiamata dalla suddetta deliberazione e non conosciuta;

d) del verbale n. 32 del 28.09.2017 del Comitato di Coordinamento Aziendale per l'Accreditamento, richiamato nella suddetta deliberazione e non conosciuto, con il quale il CCAA ha espresso parere non favorevole all'aggiornamento dell'attestato di accreditamento istituzionale per trasferimento;

e) nonché di tutti gli altri atti, ancorchè interni e non noti, comunque connessi, presupposti e/o consequenziali, e lesivi degli interessi del ricorrente

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dalla ricorrente il 9\10\2018:

a) dell'ordinanza n. 10 del 09.07.2018, notificata il successivo 11, con la quale il Dirigente dell'Area II Tecnico - Urbanistica - Suap del comune di Torre Annunziata ha ordinato l'acquisizione a patrimonio indisponibile delle opere abusive realizzate dalla ricorrente;

b) della successiva ordinanza n. 16 del 10.07.2018, notificata in pari data, con la quale il medesimo Dirigente ha ordinato la chiusura ad horas delle attività socio assistenziali svolte nei locali, parti di detto immobile, di cui alle ordinanze d'ingiunzione della demolizione emesse, sempre dal medesimo dirigente con i nn. 14, 18,19 e 20 emesse tra l'aprile ed il giugno 2017 e mai notificate alla ricorrente;

c) della deliberazione n. 197 del 13.07.2018 con la quale la giunta comunale di Torre Annunziata, su proposta dell'Assessore ai LL. PP e conforme istruttoria dell'Ufficio, ha approvato il computo metrico estimativo dei lavori necessari a pervenire alla demolizione delle opere contestate come abusive presenti nell'immobile in questione;

d) del provvedimento n. 3229 dello 06.09.2018, notificato il successivo 10, con il quale il RUP Area Tecnico - Urbanistica II - Suap ha espresso parere sfavorevole alla sanatoria richiesta dal condutture dell'immobile CMO srl per le difformità contestate;

e) della pec del Segretario Generale del comune di Torre Annunziata di comunicazione al CMO del parere di cui sub d);

f) della nota indirizzata al conduttore dell'Immobile CMO srl n. 2012/Sind. Del 14.09.2018, con cui il sindaco della Città di Torre Annunziata ha denegato la richiesta revoca del provvedimento di acquisizione e successivi atti qui impugnati;

g) delle citate ordinanze di demolizione 14, 18,19 e 20 emesse tra l'aprile ed il giugno 2017 dal Dirigente dell'Area II Tecnico - Urbanistica - Suap del comune di Torre Annunziata;

h) di ogni altro atto preordinato connesso o conseguenziale, comunque lesivo degli interessi del ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2019 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il centro ricorrente, ricadente nel territorio dell’A.S.L. Napoli 3 Sud ed attivo, tra l’altro, nel Comune di Torre Annunziata alla via Roma 9/11, impugnava il provvedimento n. 1025 del 22.06.2017, prot. n. 440 del 19.06.2017, con cui il Comune di Torre Annunziata, dopo avere adottato l’ordinanza di demolizione n. 20 del 15.06.2017 (anch’essa oggetto di impugnazione), ha sospeso con effetto immediato, ai sensi dell’art. 19 co. 3 della legge n. 241/90, l’attività di medicina nucleare in vivo-PET/TC svolta nei locali di Torre Annunziata alla Via Roma 9/11, e regolarmente autorizzata con decreto sindacale n. 16 del 14.05.2015, assegnando un termine di 60 giorni per “la rimozione di ogni impedimento alla continuazione dell’intrapresa attività”.

Il Centro ricorrente contestava i predetti provvedimenti, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione del dca n. 32/2016 – violazione e falsa applicazione dell’art 19, co. 3 l. 241/90 - abuso di potere – ingiustizia manifesta – difetto assoluto di presupposto – violazione e falsa applicazione dell’art. 6 d.p.r. n. 380/2001 - lesione dei principi di correttezza, buona fede, legittimo affidamento – violazione e falsa applicazione dell’art. 8 ter del d. lgs. n. 502/92 -violazione e falsa applicazione della d.g.r.c. 7301/2001 – violazione dell’art. 32 Cost – violazione e falsa applicazione dell’art.21 nonies l. 241/90 - eccesso di potere per illogicità e incongruità, manifesta sproporzione - abnormità.

Il Comune di Torre Annunziata, il Commissario ad Acta per l'attuazione del Piano di Rientro Sanitario Regione Campania, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e l’Asl Napoli 3 Sud si costituivano regolarmente in giudizio, contestando l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza cautelare n. 1380/2017, il T.a.r. respingeva la domanda cautelare articolata dalla società ricorrente;
il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4334/2017, respingeva l’appello cautelare.

2. Con ricorso per motivi aggiunti depositati dalla ricorrente il 17\1\2018 veniva impugnata la deliberazione della Asl Na 3 Sud, prot. n. 768 del 25.10.2017 - avente ad oggetto l'attestato di non accreditabilità, ai sensi della L.R. n. 23 del 14.12.2011 e L.R. n. 5 del 06.05.2013, per trasferimento della struttura gestita da CMO dalla sede di Corso Umberto I a quella di Via Roma n. 9/11 del Comune di Torre Annunziata e gli atti propedeutici - oltre che per illegittimità derivata dai provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo, anche per i seguenti ulteriori motivi:

Violazione e falsa applicazione della dgrc 7301/2001 - violazione e falsa applicazione della l.r. n. 23 del 14.12.2011 – violazione e falsa applicazione della l.r. n. 5 del 06.05.2013 - violazione e falsa applicazione del dca n. 90/ 2012 – violazione e falsa applicazione del regolamento regionale n. 1 /2007 – violazione del principio del tempus regit actum - eccesso di potere - difetto di motivazione - arbitrarietà – irragionevolezza - contraddittorietà – ingiustizia manifesta.

3. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti depositato dalla ricorrente il 9\10\2018 venivano impugnati i seguenti ulteriori provvedimenti:

1) l'ordinanza n. 10 del 09.07.2018, con la quale il Dirigente dell'Area II Tecnico - Urbanistica - Suap del Comune di Torre Annunziata ha ordinato l'acquisizione al patrimonio indisponibile delle opere abusive realizzate sull’immobile sito in Torre Annunziata alla via Roma 9/11;

b) la successiva ordinanza n. 16 del 10.07.2018, con la quale il medesimo Dirigente ha ordinato la chiusura ad horas delle attività socio assistenziali svolte nei locali, parti di detto immobile;

c) la deliberazione n. 197 del 13.07.2018 con la quale la Giunta comunale di Torre Annunziata, su proposta dell'Assessore ai LL. PP e conforme istruttoria dell'Ufficio, ha approvato il computo metrico estimativo dei lavori necessari a pervenire alla demolizione delle opere contestate come abusive presenti nell'immobile in questione;

d) il provvedimento n. 3229 del 06.09.2018, con il quale il RUP Area Tecnico - Urbanistica II - Suap ha espresso parere sfavorevole alla sanatoria richiesta dal condutture dell'immobile CMO srl per le difformità contestate (e per le quali non si era richiesta l'autorizzazione alla demolizione);

e) la nota indirizzata al conduttore dell'Immobile CMO srl n. 2012/Sind. Del 14.09.2018, con cui il Sindaco della Città di Torre Annunziata ha denegato la richiesta di revoca del provvedimento di acquisizione e successivi atti qui impugnati.

La società ricorrente ha articolato i seguenti motivi di censura:

I – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 bis L.241/1990;

II – Violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 – illogicità e vizio del procedimento;

III – Violazione dell’art. 107 d.lgs. 267/2000 – incompetenza e contraddittorietà sotto molteplici

profili – difetto di motivazione;

IV – Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 dpr 380/2001 – violazione dei principi fondamentali in tema d’imputazione delle responsabilità negli ordinamenti giuridici occidentali quali evincibili dagli artt. 2 e 27 cost. e 2043 ss.c.c. – violazione del principio di proporzionalità;

V – Violazione dell’art. 36 dpr 380/2001 – violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa – contraddittorietà;

VI – Eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento e violazione dell’art. 36 dpr 380/01 – violazione dell’art. 28 del regolamento edilizio del comune di Torre Annunziata – difetto d’istruttoria e di motivazione – violazione del dpr 31/2017;

VII – Violazione dell’art. 23 bis dpr 380/01 – eccesso di potere.

Con ordinanza cautelare n. 1537/ 2018 veniva respinta l’ulteriore domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 25 settembre 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

4. Con il ricorso introduttivo il centro ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 1025 del 22.06.2017, prot. n. 440 del 19.06.2017 con il quale il Comune di Torre Annunziata ha sospeso con effetto immediato l’attività di medicina nucleare in vivo-PET/TC svolta nei locali di Torre Annunziata alla Via Roma 9/11, e regolarmente autorizzata con decreto sindacale n. 16 del 14.05.2015, assegnando un termine di 60 giorni per “la rimozione di ogni impedimento alla continuazione dell’intrapresa attività”.

Come esposto nel ricorso, il provvedimento gravato è stato adottato per l’esistenza di molteplici abusi edilizi, che hanno dato vita alle ordinanze di demolizione n. 19 e 20/2017.

Il ricorrente espone che il Comune ha sollevato le seguenti contestazioni:

1) CMO, rispetto ai titoli edilizi assentiti, avrebbe realizzato modifiche abusive in quanto consistenti in opere che avrebbero comportato la modifica dell’originaria destinazione;
in particolare per quanto riguarda il primo livello (piano seminterrato) – destinato alle prestazioni Pet/tc – sarebbe stato trasformato da locale tecnico a locale ove sono state allocate le due PET/TC;

2) i grafici allegati alla richiesta autorizzazione sanitaria prodotti alla ASL sarebbero difformi da quelli allegati al titolo autorizzativo edilizio, e, pertanto, la situazione di fatto, come risultante dagli accertamenti esperiti, e gli elaborati grafici planimetrici depositati presso il SUAP, non sarebbero coerenti. Più precisamente sono stati rilevati: a) al primo livello, una modifica degli ambienti ove erano allocati il serbatoio della riserva idrica antincendio e dei serbatoi per utilizzo di acque derivanti dal funzionamento dei macchinari, nonché a pompe idrauliche, con una diversa utilizzazione dello spazio che avrebbe comportato anche l’aumento delle superfici utili e dei volumi;
b) al secondo livello la realizzazione ex novo di alcuni manufatti, ovvero una cabina elettrica, un locale alloggio serbatoi di acqua, una copertura della rampa scale e una pensilina aperta;
c) al terzo livello, un ampliamento sul terrazzo nord mediante la creazione di un ufficio e un contiguo wc;
d) sul terrazzo di copertura, un aumento della superficie dell’ingombro del preesistente torrino scale di circa mq 3 e un innalzamento della quota del solaio di copertura di circa cm 50;

3) i dedotti incrementi di volume e le variazioni realizzate inficerebbero, in primis, le norme di salvaguardia e tutela del territorio, nonché i requisiti e i parametri igienico-sanitari, di sicurezza statica e di normativa antincendio ex dgrc 7301/2001, ai fini dell’uso cui sono destinati, ovvero l’erogazione di prestazioni di medicina nucleare.

Il Centro ricorrente si duole, in particolare, della circostanza che la sospensione dell’attività “non è fondata su alcun presupposto idoneo a giustificare la stessa, per il semplice motivo per il quale nessuno degli ipotetici abusi contestati, ed oggetto del provvedimento di convalida del sequestro preventivo, incide, ovvero riguarda, in alcun modo gli ambienti dell’intero immobile nei quali è esercitata l’attività sanitaria di Medicina Nucleare, né, tampoco, elide quei requisiti per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione sanitaria”.

4.1 Ciò posto il ricorso è infondato.

Il provvedimento di sospensione dell’autorizzazione emesso dal Comune di Torre Annunziata si fonda sostanzialmente su due motivazioni:

1) gli abusi edilizi perpetrati, e peraltro non sanabili, inciderebbero anche sulla tutela della salute, della sicurezza sanitaria, nonché della privata e pubblica incolumità;

2) sarebbe venuto meno il rapporto fiduciario tra p.a. ed il soggetto privato, in quanto gli elaborati grafici di rilievo e descrittivi presentati dalla società ricorrente e inoltrati all’Asl per la conseguente autorizzazione non sarebbero conformi al titolo edilizio rilasciato.

In via preliminare va chiarito che il provvedimento di sospensione impugnato, anche se richiama l’art. 19, co. 3, legge 241/1990, in realtà si fonda sull’art. 21 quater della l. 241/1990 che prevede il potere dell’amministrazione di sospensione dell’efficacia o dell’esecuzione di un precedente provvedimento amministrativo. Il richiamo all’art. 19, co. 3, invece, non è pertinente, perché nella fattispecie l’attività sanitaria è legittimata da un provvedimento di autorizzazione e non da una Scia, cui è, invece, dedicato il predetto art. 19.

L’errore da parte del Comune nell’individuazione della norma applicabile non comporta, tuttavia, l’illegittimità del provvedimento che, comunque, è immune dalle censure articolate dal Centro ricorrente, come emergerà qui di seguito.

4.2. Lo stesso ricorrente, nel ricorso introduttivo, sostiene che “dalla perizia tecnica e dalle considerazioni innanzi espresse emerge che ci troviamo di fronte a delle difformità che sono del tutto irrilevanti rispetto a quanto asserito dal Comune con il provvedimento di sospensione, ovvero la maggior parte di esse ( difformità ) non eludono i parametri in materia igienico-sanitaria , la sicurezza statica e la normativa antincendio, oggetto tra l‘altro del progetto di ripristino dello stato dei luoghi presentato da CMO, mentre per il primo livello (piano seminterrato) si tratta di una semplice modifica della disposizione interna”.

Orbene, anche il centro ricorrente ammette che alcuni abusi, anche se non tutti, hanno inciso sui parametri igienico-sanitari. Lo stesso ricorrente, peraltro, evidenzia che “in riferimento ai nuovi volumi realizzati sul terrazzo e tra il secondo e il terzo livello, sarà ripristinato lo stato dei luoghi non appena il Comune di Torre Annunziata autorizzerà la richiesta inoltrata da C.M.O.”.

Emerge quindi già dalla semplice lettura del ricorso introduttivo che il centro ricorrente ha commesso plurimi abusi edilizi, alcuni suscettibili di creare nuovi volumi e di violare i parametri igienico sanitari. In relazione al piano seminterrato, in cui si svolgeva l’attività sanitaria, il centro ricorrente sostiene, invece, che si è trattato di semplice modifica della disposizione interna.

Tale ricostruzione è però smentita dalle seguenti circostanze.

Dalla procedura di accertamento degli abusi comunali è scaturita l’ordinanza di demolizione n. 20 del 15/6/2017 delle opere edilizie riguardanti il piano interrato “interessato da rilevanti opere strutturali (quali l’abbassamento mediante scavo della quota di calpestio di circa un metro) che hanno comportato la modifica dell’originaria destinazione (da locale tecnico a locale ove viene esercitata attività sanitaria) con notevole aumento di volumetria”. L’ordinanza motiva anche in relazione alla difformità delle opere rispetto ai titoli rilasciati con incremento delle superfici e dei volumi in contrasto con le norme edilizie urbanistiche vigenti, in quanto ricadono in zona B del vigente PRG e zona R.U.A. del Piano paesistico, nonché in zona sismica S9, Legge Regionale n. 21 del 10-12-2003.

La predetta ordinanza di demolizione era stata preceduta dalla comunicazione dell’Ufficio Antiabusivismo prot. n. 288 18/25/17 del 13/3/2017, che, in seguito a sopralluogo svoltosi presso la struttura sanitaria della società ricorrente, previa “comparazione dei titoli edilizi agli atti e lo stato attuale dei luoghi”, riscontrava difformità così descritte: “Al livello primo, sito ad una quota di circa meno mt 3,00 rispetto a quella stradale, si è accertata che lo stesso è utilizzato interamente a centro di medicina nucleare con attrezzature specifiche specializzate per il trattamento di patologie. Gli ambienti risultano modificati nell’utilizzo per la porzione ove erano allocati il serbatoio della riserva idrica antincendio e dei serbatoi per utilizzo di acque derivanti dal funzionamento dei macchinari, nonché a pompe idrauliche”;
“Tale diversa utilizzazione dello spazio ha comportato l’aumento delle superfici utili e dei volumi”.

Nello stesso senso, il G.I.P. presso il Tribunale di Torre Annunziata, con una prima ordinanza di convalida del sequestro preventivo del 16 marzo 2017, ha riscontrato gravi indizi di colpevolezza a carico del legale rappresentante del Centro Medico Oplonti per i reati di cui all’art. 44, co. 1 d.p.r. 380/2001 in quanto l’indagato, “su bene paesaggistico, in assenza del permesso di costruire e della prescritta autorizzazione [titolo edilizio necessario in quanto trattasi di ristrutturazione edilizia ex art. 10, lett. c) dpr 380/2001, che ha comportato modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti, delle superfici, mutamento di destinazione d’uso, cfr., relazione tecnica UTC], in violazione delle norme sulla tutela sismica e mediante l’impiego di conglomerato cementizio e strutture in ferro, faceva realizzare” le opere menzionate nell’allegato provvedimento di sequestro che poi sono riprese nelle ordinanze di demolizione.

Successivamente, sempre il G.I.P. presso il Tribunale di Torre Annunziata, che, in un primo momento aveva negato il sequestro preventivo per il piano seminterrato, non avendo riscontrato abusi edilizi, ma solo una diversa distribuzione degli ambienti interni, successivamente, con decreto emesso in data 5/6/2017 (n.1936/17 R.G. notizie di reato, n. 1652/17 R.G. G.I.P.), ha mutato radicalmente impostazione e ha disposto anche il sequestro preventivo del citato locale. In particolare dal decreto di sequestro preventivo citato si legge che: ”ritenuto, con riferimento alle opere edilizie del 'primo livello', diversamente da quanto ritenuto nel citato provvedimento, che sussiste invece violazione di norme urbanistiche e di norme poste a tutela del paesaggio, posto che le opere in questione non riguardano soltanto una diversa distribuzione degli spazi interni. Come emerso dalle attività di investigazione svolte dal P..M. dopo il provvedimento di sequestro (sono stati acquisiti tutti gli atti delle procedure amministrative che hanno riguardato il fabbricato;
sono stati altresì escussi i tecnici comunali A e Di Donna;
cfr. verbali del 2.5 e del 5.5 .20 17), in vero, il piano seminterrato in questione è stato interessato da rilevanti opere strutturali (quali l'abbassamento, mediante scavo, della quota di calpestio di circa un metro) che hanno comportato la modifica dell'originaria destinazione (da locale tecnico a locale ove viene esercitata attività sanitaria) con notevole aumento di volumetria. Anche in tal caso devono ritenersi sussistenti precisi e concreti indizi dei seguenti reati: A) art. 44, co. 1°, lett. c), D.P.R. 6/6/2001, n. 380;
B) art. 95 D.P.R. 6/6/2001, n. 380;
C) artt. 71-72, in relazione agli artt. 64 e 65, D.P.R. 6/6/2001, n. 380;
D) art. 181 D.Lgs. 22/01/04 n. 42. Dunque, le opere in questione, non sanabili alla luce della vigente normativa (cfr. ancora dichiarazioni Di Donna ed A), necessitavano del permesso di costruire e della prescritta autorizzazione abilitativo necessario in quanto trattasi di "ristrutturazione edilizia" ex art. 10, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, che ha comportato modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti, delle superfici, mutamento di destinazione d'uso.

In seguito ai predetti accertamenti si rilevava anche che i grafici allegati alla richiesta di autorizzazione sanitaria inviata all’A.S.L., erano difformi da quelli allegati al titolo autorizzativo edilizio.

Né può ritenersi che tali opere siano state autorizzate con i permessi di costruire n. 1 e n. 4 del 2013 emessi dal Comune di Torre Annunziata che, pur avendo autorizzato “l’ampliamento ai fini dell’adeguamento tecnologico del piano interrato”, sono stati rilasciati esclusivamente per l’eliminazione delle barriere architettoniche, “senza comportare l’incremento dei volumi/superfici preesistenti”.

Di fronte alla concordanza degli accertamenti effettuati da pubblici ufficiali recatisi direttamente sul luogo interessato, nonché in linea con le conclusioni del G.I.P. presso il Tribunale di Torre Annunziata, non rilevano le contrarie argomentazioni della ricorrente, in quanto non può essere messo in discussione l’esistenza dei citati abusi edilizi, anche di notevole gravità, in quanto suscettibili, peraltro, di incidere anche sulla statica dell’edificio, e quindi sulla sicurezza pubblica e privata.

4.3. Va poi evidenziato che, comunque, è immune da censure il provvedimento anche in relazione al secondo profilo motivazionale, in quanto la circostanza che gli elaborati grafici di rilievo e descrittivi depositati dalla CMO non siano conformi al titolo edilizio rilasciato è suscettibile di incrinare la fiducia tra amministrazione e amministrati che ottengono autorizzazioni amministrative per lo svolgimento di determinate attività.

Va, peraltro, evidenziato che per l’ottenimento dell’autorizzazione sanitaria è necessario comunque rispettare le regole edilizie.

Del resto, la delibera n. 7301/2001 della Regione Campania (Definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per la realizzazione e l’esercizio delle attività sanitarie e socio-sanitarie delle strutture pubbliche e private della Regione Campania - procedure di autorizzazione), peraltro, richiamata proprio dal Centro ricorrente nel primo ricorso per motivi aggiunti, prevede che attraverso l’istituto dell’autorizzazione si perseguono, tra le altre, anche finalità volte a “garantire il rispetto dei piani e dei regolamenti edilizi di cui sono dotati i Comuni nei quali si vanno a realizzare strutture, anche attraverso la verifica ed il rilascio di idonee certificazioni da parte del Comune, in assenza degli strumenti urbanistici occorrenti”. Inoltre, nella stessa delibera è previsto che l’art.8 ter del decreto legislativo 19 giugno 1999 n°229, al comma 3, prevede che “per la realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie il Comune acquisisce, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all’art.4 del D.L. 5 ottobre 1993, n°398, convertito dalla L. 4 dicembre 1993 n°493 e successive modificazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture”. Da tale disposto ne consegue che l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione di che trattasi è il Comune in cui si ubicherà la struttura sanitaria e/o socio-sanitaria da realizzare. Ne discende, altresì, che detta autorizzazione si sostanzia in due distinti provvedimenti, ancorché da rilasciare contestualmente, e, precisamente, la concessione o autorizzazione edilizia e la vera e propria autorizzazione alla realizzazione.

La prima, per la verifica del rispetto - della progettata realizzazione - dei piani e regolamenti urbanistici di cui è dotato il Comune;
la seconda, per la verifica sia del rispetto dei requisiti minimi fissati nel presente documento sia della compatibilità della realizzazione stessa con il fabbisogno complessivo in ambito regionale e con la carenza di strutture e di capacità produttiva.

Anche dalla lettura della citata delibera deriva, quindi, che nella Regione Campania il rilascio dell’autorizzazione sanitaria presuppone la regolarità urbanistica dell’immobile.

Nello stesso senso si colloca, peraltro, la sentenza del T.A.R. Napoli, n. 5215/2017, che, anche se in relazione all’autorizzazione all’esercizio per l’attività commerciale, ha evidenziato che la legittimità edilizia e la conforme destinazione urbanistica di un immobile costituiscono indefettibile presupposto dell’autorizzazione commerciale, precisando che “Conformemente al dettato normativo di cui all'art. 24 comma 3 l. 11 giugno 1971 n. 426, nonché alla previsione, ancor più precisa e restrittiva, introdotta dall'art. 3 comma 7 l. 25 agosto 1991 n. 287, in sede di rilascio di autorizzazioni commerciali e per l'apertura di esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande l'autorità preposta al rilascio deve verificare la sussistenza anche degli ulteriori parametri indicati dalla legge quali, in particolare, la conformità della destinazione d'uso dell'immobile da destinare all'attività commerciale e il rispetto delle norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia e urbanistica” (T.A.R. Veneto, Sez. III, 2 novembre 2004, n. 3839)”.

Ne consegue che l’accertata abusività dei locali destinati all’esercizio dell’attività commerciale non può che comportare la revoca dell’autorizzazione commerciale, senza che residui spazio a valutazioni di interessi o al disimpegno di attività discrezionale, atteggiandosi la revoca ad atto dovuto” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 5.12.2012 n. 4938;
in tal senso anche Cons. di Stato, Sez. V, 28.5.2009, n. 3269).

Nel caso di specie, essendo acclarata l’esistenza di abusi edilizi che hanno caratterizzato l’intero immobile e, in particolar, anche il piano seminterrato in cui si svolgeva l’attività sanitaria, il provvedimento di sospensione impugnato è immune dalle censure articolate dalla ricorrente.

5. Con il primo ricorso per motivi aggiunti il centro ricorrente ha, altresì, impugnato il provvedimento della Asl Na 3 Sud, prot. n. 768 del 25.10.2017, avente ad oggetto l’attestato di non accreditabilità ai sensi della L.R. n. 23 del 14.12.2011 e L.R. n. 5 del 06.05.2013 per trasferimento della struttura gestita da CMO dalla sede di Corso Umberto I a quella di Via Roma n. 9/11 del Comune di Torre Annunziata.

L’Asl ha respinto l’istanza di accreditabilità “alla luce di quanto hanno determinato i provvedimenti da parte del Comune di Torre Annunziata”.

L’Asl ha, quindi, ritenuto che gli evidenziati abusi edilizi e la sospensione dell’autorizzazione sanitaria non consentissero di rilasciare l’attestato di accreditabilità in favore del centro ricorrente.

Ritiene il Collegio che anche tale provvedimento si sottragga alle censure mosse dalla ricorrente.

Se, infatti, l’autorizzazione sanitaria presuppone la conformità edilizia, nondimeno, per ottenere l’accreditabilità della struttura, è quantomeno necessaria l’esistenza dello stesso requisito, in quanto l’accreditamento della struttura integra una concessione di servizi che instaura un duraturo rapporto con la concedente, fondato sul rapporto fiduciario che sarebbe certamente incrinato nel caso di consumazione di abusi edilizi.

Di recente è stato, peraltro, precisato che “il rapporto di accreditamento, a metà strada tra concessione di servizio pubblico e abilitazione tecnica idoneativa, non è strutturato in base a principi di mercato, ma a criteri di servizio pubblico di erogazione delle prestazioni sanitarie a carico dell'erario pubblico;
il rapporto di accreditamento del soggetto accreditato non si sottrae quindi al preminente esercizio del potere autoritativo e conformativo dell'Amministrazione diretto ad assicurare la certezza dei volumi, della tipologia dell'attività e dello standard qualitativo delle servizi sanitari;
la particolarità del rapporto sinallagmatico va ravvisata proprio nel fatto che il dovere di diligenza e correttezza, ordinariamente esigibile nei comuni rapporti obbligatori, impone al privato accreditato precisi doveri di leale collaborazione con l'amministrazione;
è proprio la natura dell'accreditamento che, in casi di inadempimento, giustifica l'assoggettamento delle strutture private accreditate a peculiari meccanismi sanzionatori diretti a garantire il rispetto delle rilevanti finalità pubbliche affidate ai soggetti privati normativamente connessi con l'esercizio dei poteri di supremazia tipici del concessionario” (cfr., Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2019, n.5216).

Il peculiare rapporto che lega accreditato e P.a. non può che accentuare gli obblighi del primo e far sì che gli abusi edilizi rilevino quantomeno alla stessa stregua di quanto rilevano nell’autorizzazione sanitaria.

5.1 In considerazione delle conclusioni appena raggiunte nessun rilievo può essere attribuito alla circostanza che inizialmente il nucleo di valutazione dell’Asl Na 3 Sud aveva espresso parere favorevole al rilascio della voltura di accreditabilità, trattandosi di atto endoprocedimentale che ben può essere superato in considerazione di accertamenti successivi, come è avvenuto nel caso di specie.

5.2 Parimenti alcun rilievo ai fini della legittimità del provvedimento impugnato può avere la circostanza che lo stesso sia stato assunto a notevole distanza di tempo dall’istanza di voltura dell’accreditabilità, in quanto, come è noto, la circostanza che il provvedimento amministrativo non rispetti il termine di conclusione del procedimento rileva ai soli fini della regolarità, ma non certo ai fini della legittimità del provvedimento.

Ne consegue che il primo ricorso per motivi aggiunti va respinto.

6. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, il centro ricorrente ha impugnato i seguenti provvedimenti:

1) ordinanza n. 10 del 09.07.2018, notificata il successivo 11, con la quale il Dirigente dell'Area II Tecnico - Urbanistica - Suap del comune di Torre Annunziata ha ordinato l'acquisizione al patrimonio indisponibile delle opere abusive realizzate dalla ricorrente in relazione all’immobile sito in Torre Annunziata alla via Roma 9/11;

b) ordinanza n. 16 del 10.07.2010, notificata in pari data, con la quale il medesimo Dirigente ha ordinato la chiusura ad horas delle attività socio assistenziali svolte nei locali, parti di detto immobile, di cui alle ordinanze d'ingiunzione della demolizione emesse, sempre dal medesimo dirigente con i nn. 14, 18,19 e 20 emesse tra l'aprile ed il giugno 2017;

c) deliberazione n. 197 del 13.07.2018 con la quale la Giunta comunale di Torre Annunziata, su proposta dell'Assessore ai LL. PP e conforme istruttoria dell'Ufficio ha approvato il computo metrico estimativo dei lavori necessari a pervenire alla demolizione delle opere contestate come abusive presenti nell'immobile in questione;

d) provvedimento n. 3229 dello 06.09.2018, con il quale il RUP Area Tecnico - Urbanistica II - Suap ha espresso parere sfavorevole alla sanatoria richiesta dal condutture dell'immobile CMO srl per le difformità contestate.

6.1. La società ricorrente contesta il provvedimento di acquisizione delle opere abusive al patrimonio del Comune e quelli successivi qui impugnati, perché sussisterebbe una situazione di conflitto di interessi in capo ai dirigenti N A e G Di Donna, firmatari dei citati provvedimenti che sono imputati insieme al legale rappresentante del CMO proprio per la vicenda edilizia per cui è causa.

In particolare, il centro ricorrente evidenzia che all'ing. A è contestato di avere favorito il CMO per aver revocato una precedente ordinanza di demolizione e all'ing. Di Donna il non avere rilevato difformità tra i grafici presentati ai fini della dichiarazione di agibilità e quelli assentiti con i permessi di costruire 1 e 4 del 2013 già citati.

Sul punto la giurisprudenza ha chiarito che le cause d'incompatibilità sancite dall'art. 51 c.p.c., sono estensibili, proprio in rispetto al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell'azione amministrativa, in quanto presunzioni di doverosa declinatoria eccepibile dalla parte interessata. L'obbligo di astensione figura altresì tra i doveri che il Codice di comportamento dei pubblici dipendenti, approvato con d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, configura tra i doveri d'ufficio la cui violazione è fonte, ferme restando le ipotesi di responsabilità civile, penale e amministrativa, di responsabilità disciplinare (cfr., T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 19/05/2016, n.517).

La circostanza che il funzionario pubblico sia sottoposto ad indagine penale non comporta di per sé un obbligo di astensione, in assenza di altri elementi idonei a profilare tale situazione.

Nel caso di specie, si tratterebbe, peraltro, di un’astensione facoltativa per grave ragione di convenienza, ma va rilevato che il provvedimento di acquisizione al patrimonio dello Stato è firmato anche dall’arch. S F, Capo della Sezione Edilizia Abusiva, mentre l’ing. A si è limitato solo a controfirmare l’atto in quanto dirigente dell’Area Tecnico Urbanistica. L’ing. G di Donna, invece, non risulta coinvolto nell’emanazione del citato atto. Già la circostanza che il provvedimento emanato non sia di esclusiva paternità dell’ing. A comporterebbe la reiezione del relativo motivo di ricorso.

Ancor più rilevante, però, è la circostanza che il provvedimento di acquisizione al patrimonio dello Stato è un provvedimento a carattere strettamente vincolato, che neutralizza in radice il pericolo di parzialità del funzionario.

Ed invero, l'acquisizione al patrimonio comunale del manufatto e dell'area pertinente, conseguente all'inottemperanza all'ordine di demolizione delle opere abusive impartito al contravventore dallo stesso ente comunale si verifica ope legis all'inutile scadenza del termine fissato per detta ottemperanza ( ex plurimis , Cons. Stato sez. IV, 10/05/2018, n.2799, Cass. pen., Sez. III, 8 aprile 2016, n. 23718). L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista dall'art. 7, comma 3, della l. 28 febbraio 1985 n. 47 (ora art. 31, comma 3, d.p.r. n. 380 del 2001) è un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale ed è subordinato unicamente all'accertamento dell'inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi (Cons. Stato, sez. IV, 29/09/2017, n.4547).

Per le stesse ragioni la successiva ordinanza n. 16 del 10.07.2018, con la quale, questa volta, entrambi i funzionari indagati hanno ordinato la chiusura ad horas delle attività socio assistenziali svolte nei locali, parti di detto immobile, rappresenta un logico e vincolato sviluppo dell’evoluzione procedimentale fin qui descritta.

Le caratteristiche dei citati provvedimenti consentono, quindi, di non dare rilievo al denunciato potenziale conflitto di interessi dei predetti funzionari.

6.2. Egualmente immune dalle dedotte censure appare la nota n. 2012/Sind. del 14.09.2018, con cui il Sindaco della Città di Torre Annunziata ha comunicato alla C.M.O. s.r.l. il diniego della chiesta revoca del provvedimento di acquisizione e successivi atti qui impugnati.

6.3. Il centro ricorrente evidenza che non gli sarebbe imputabile l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, che poi avrebbe condotto all’ordinanza di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale, poiché l'immobile interessato è stato sottoposto a sequestro preventivo su richiesta della Procura della repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata;
inoltre, la società ricorrente ha precisato che ha richiesto per ben sette volte il dissequestro del bene al fine di eseguire la demolizione della gran parte delle contestate difformità e che per ben sette volte l'istanza è stata respinta.

Tale argomento, a parer del Collegio, non è sufficiente per ritenere illegittimo il citato provvedimento di acquisizione.

La giurisprudenza ha precisato che “l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione dell'opera abusiva ed alla rimessione in ripristino dello stato dei luoghi, entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire emessa dall'autorità amministrativa, determina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e dell'area pertinente, anche qualora il manufatto sia gravato da sequestro e, pertanto, l'ordine di demolizione si debba ritenere sospeso nella sua efficacia, poiché l'interessato può rimuovere la condizione di inagibilità derivante da tale provvedimento, chiedendo all'autorità giudiziaria la revoca del vincolo per dar corso a detto ordine” (cfr., Cass. Pen. sez. III, 31/05/2018, n.41722).

Invero, la ricorrente ha chiesto il dissequestro dell’immobile, per poter demolire solo parte delle opere abusive contestate;
tale atteggiamento ha quindi impedito il dissequestro dell’immobile, come emerge chiaramente nel decreto di rigetto dell’istanza di dissequestro emesso dalla Procura presso il Tribunale di Torre Annunziata del 6 luglio 2018.

Ne consegue, dunque, che non può convenirsi con il Centro ricorrente che l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione non sia allo stesso imputabile, essendo, comunque, dipesa da un comportamento non pienamente collaborativo con l’autorità amministrativa che ha, peraltro, adottato una linea di condotta del tutto sovrapponibile a quella del G.I.P. presso il Tribunale di Torre Annunziata

6.4. Parimenti immune dalle censure articolate in ricorso è il provvedimento n. 3229 dello 06.09.2018, con il quale il RUP Area Tecnico - Urbanistica II - Suap ha espresso parere sfavorevole alla sanatoria richiesta dal condutture dell'immobile CMO srl per le difformità contestate.

Il centro ricorrente ha chiesto al Comune la sanatoria delle opere condizionata al ripristino di parte delle opere abusive o, in alternativa, la sanatoria parziale delle opere abusive realizzate.

La giurisprudenza consolidata, cui questo Collegio intende dare continuità, ha evidenziato che “non possano essere rilasciati permessi di costruire in sanatoria subordinati all'esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica o avente oggetto solo una parte delle opere” (cfr., T.A.R. Marche, 03/06/2016, n.358).

Sulla stessa scia si colloca quell’orientamento, condiviso da questa Sezione, secondo cui “il permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni è in contrasto con l'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 poiché postulerebbe non già la cd. doppia conformità delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni, mentre sul punto la legge non prevede che un titolo edilizio possa essere condizionato al di fuori dei casi di espressa convenzione, né che il mancato adempimento delle prescrizioni possa comportare la decadenza dell'assenso dell'amministrazione” (cfr., T.A.R. Liguria, sez. I, 15/01/2016, n.45).

Nel caso di specie, il Centro ricorrente ha sostanzialmente richiesto il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato alla demolizione di alcuni abusi perpetrati che, alla luce delle coordinate ermeneutiche sopra tracciate, non è ammissibile.

In relazione poi alla richiesta di ottenere una sanatoria parziale delle opere, il Comune di Torre Annunziata, ha evidenziato che le opere realizzate in difformità ai titoli autorizzativi edilizi n. 1/2013 e successiva variante in corso d’opera n. 4/2003, oggetto di istanza in sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/2001, non sono autorizzabili (e neppure sanabili) perché non rispondono alla prescrizione nella “doppia conformità” alla normativa edilizia vigente all’epoca della loro realizzazione ed al momento della presentazione delle domande di sanatoria (11.11.2017) in quanto sia l’art. 21 del P.R.G., che la normativa del P.R.G.I. vigente per la zona omogenea “B” non consentono incrementi di volume che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, sono stati realizzati non solo al terzo livello dell’immobile in contestazione, ma anche nei restanti livelli.

Va, sul punto, ricordato che il vigente art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004 preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria, quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura, anche interrati. Il divieto di incremento di volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno. Rispetto al dato letterale della disposizione di cui all'art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 42 citato, non è consentito all'interprete ampliare la portata di tale norma, che costituisce eccezione al principio generale della necessità del previo assenso codificato dal precedente art. 146, per ammettere fattispecie letteralmente, e senza distinzione alcuna, escluse (cfr., T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 05/08/2019, n.1821).

Nel caso di specie non si può dubitare che, ad esempio, le opere realizzate al secondo livello, e ben descritte nell’ordinanza di demolizione n. 19/2017, che richiama il verbale dell’Ufficio Edilizia Abusiva prot. 1597 del 3.5.2017, integrino un volume tecnico, come tale nella fattispecie non sanabile.

Inoltre, l’art. 31, co. 1, D.P.R. 380/2001 definisce come “totalmente difformi” gli interventi eseguiti con volumi edilizi eccedenti i limiti indicati nel progetto;
ancora, l’art. 32, co. 3, D.P.R. 380/2001 definisce come “variazione essenziale” il mutamento della destinazione d’uso che implichi variazioni degli standard previsti dal D.M. 2.4.1968, fattispecie che ricorre nel caso in esame.

L’incremento di volume utile a fini urbanistici, con modifiche dei prospetti e delle destinazioni d’uso, realizzato ai tre livelli dell’immobile in questione, in eccesso a quanto autorizzato con permessi di costruire nn. 1/2013 e 4/2013, è infatti pari a mc 662,55 (come risulta dalla relazione del C.T.U., ing. Anacleto Fuschetti, nominato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata, in data 27.9.2017).

Ne deriva che anche questo motivo di ricorso va in definitiva respinto.

7. Né avrebbe potuto essere rilasciato un permesso in sanatoria solo in relazione ad alcuni abusi che hanno caratterizzato l’immobile, stante la complessiva unitarietà degli stessi.

Sul punto la Sezione condivide quell’impostazione ermeneutica secondo cui “Non è consentita la sanatoria parziale di un immobile abusivo, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto, non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono, per ritenerne sanabili singole porzioni della stessa” (cfr, T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 06/05/2019, n.75).

Né rileva la dedotta violazione dell’art.10 bis della l. 241/1990 in quanto, pur applicandosi tale onere procedimentale ai procedimenti di sanatoria edilizia (cfr., Consiglio di Stato sez. IV, 29/09/2017, n.4547), nel caso di specie, il centro ricorrente è stato messo in condizioni più volte di esporre il proprio punto di vista, come è emerso dalla complessiva vicenda procedimentale appena esposta.

Ne consegue che il ricorso introduttivo e quelli per motivi aggiunti vanno in definitiva respinti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidati come da dispositivo.

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