TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2015-01-22, n. 201500436

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2015-01-22, n. 201500436
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201500436
Data del deposito : 22 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04293/2006 REG.RIC.

N. 00436/2015 REG.PROV.COLL.

N. 04293/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4293 del 2006, proposto da: C M,
rappresentata e difesa dall'avv. L G, con domicilio eletto presso in Napoli, Via Monte di Dio, 5 c/o Cento-Sabino;

contro

Comune di Massa Lubrense, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G E, con domicilio ex lege in Napoli, Segreteria T.A.R. Campania, P.zza Municipio;

per l'annullamento,

quanto al ricorso introduttivo:

dell’ordinanza di demolizione n. 217 del 10/04/2006, notificata il 14/04/2006, con cui si è ordinata la demolizione di opere abusive concernenti lavori di ampliamento con realizzazione di stanza adibita ad ingresso/soggiorno in relazione a fabbricato preesistente, sito in via Severo Caputo n. 3, oggetto della richiesta di condono edilizio ai sensi della L. 47/85, prot. 7255 del 30/04/1986, non ancora definita, e della richiesta di sanatoria prot. 17997 del 11/11/92 e dei relativi atti presupposti, fra cui il verbale di accertamento del 28/02/2006 redatto dall’Ufficio Tecnico Comunale, richiamato nell’ordinanza di demolizione e mai comunicato;

quanto al ricorso per motivi aggiunti:

della nota prot. 5027/07 con la quale il Servizio Urbanistica – Ufficio Urbanistica del Comune di Massa Lubrense informava che “ il giorno 16/03/2007 alle ore 9,00 si procederà al rilievo e alla misurazioni, al fine di determinare la spesa necessaria, per la demolizione d’ufficio delle opere abusivamente realizzate dalla S.V. in località Monticchio – Via Severo Caputo n. 3 – come meglio individuate nell’ingiunzione di demolizione n. 217 del 10/04/2006” e della nota prot. n. 4145/2007 del 20/02/2007 con cui si invitava la ricorrente a predisporre perizia da sottoporre alla G.C. per la demolizione delle opere di cui all’ordinanza di demolizione n. 217/2006;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Massa Lubrense;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 7 giugno 2006 e depositato il successivo 23 giugno C M ha impugnato l’ordinanza di demolizione n. 217 del 10/04/2006, a firma del Dirigente del settore Urbanistica del Comune di Massa Lubrense, notificatagli il 14/04/2006, con cui gli si ingiungeva la demolizione di opere abusive concernenti lavori di ampliamento - con realizzazione di stanza adibita ad ingresso/soggiorno - in relazione a fabbricato preesistente, sito in via Severo Caputo n. 3, oggetto della richiesta di condono edilizio ai sensi della L. 47/85, prot. 7255 del 30/04/1986, non ancora definita e della richiesta di sanatoria prot. 17997 del 11/11/92 e i relativi atti presupposti, fra cui il verbale di accertamento del 28/02/2006 redatto dall’Ufficio Tecnico Comunale, richiamato nell’ordinanza di demolizione, mai comunicatole.

2. Assume in fatto che dalla stessa ingiunzione di demolizione si evincerebbe che le opere contestate sarebbero state realizzate mediante la creazione di uno spazio coperto, sfruttando tre pareti preesistenti, finalizzato a creare un collegamento tra un preesistente ambiente adibito a cucina/letto con un modesto wc e di avere successivamente presentato istanza di accertamento di conformità in relazione alle opere contestate.

3. Ciò posto, la ricorrente ha articolato in sei motivi di ricorso le seguenti censure avverso gli atti oggetto di impugnativa:

1) Violazione art. 3, 29 e 37 D.P.R. n. 380/01;
eccesso di potere per presupposto erroneo;
violazione art. 29 D.P.R. 380/01;
violazione art. 2 L.r. C. n. 19/01;
eccesso di potere per presupposto erroneo;
omessa istruttoria.

Parte ricorrente deduce in via principale l’illegittimità dell’ingiunzione di demolizione in quanto adottata sul falso presupposto che le opere contestate fossero state realizzate sine titulo , laddove le stesse dovevano considerarsi come mere opere di completamento di opere sub condono , sostanziandosi in una mera copertura, al fine di consentire l’accesso della zona notte all’unico locale wc dell’abitazione. Pertanto, nella prospettazione attorea, le stesse erano realizzabili mercè la presentazione di semplice d.i.a. e sanzionabili al più con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, ex art. 37 D.P.R. 380/01.

2) Pertinenzialità delle opere realizzate.

Secondo parte ricorrente gli interventi contestati dovevano del pari intendersi sottratti al regime del permesso di costruire e alla regime sanzionatorio di carattere demolitorio in considerazione del loro carattere pertinenziale.

3) Violazione e falsa applicazione art. 7 l. 47/85;
violazione e falsa applicazione art. 31 D.P.R. 380/01;
violazione l. 241/90;
eccesso di potere;
violazione del principio del giusto provvedimento;
sviamento.

Assume parte ricorrente in ogni caso l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione per mancata indicazione dei presupposti di fatto e di diritto in relazione all’uso dei poteri di cui all’art. 31 D.P.R. 380/01 ed in relazione al contrasto con specifiche norme e strumenti urbanistici nonché in relazione alla possibile sanabilità delle opere.

4)Violazione dell’art. 31 D.P.R. 380/01;
Carenza di istruttoria, illegittimità del provvedimento sanzionatorio;

Deduce poi la ricorrente la violazione della normativa in rubrica, per non essere stata indicata l’area da acquisirsi al patrimonio comunale in ipotesi di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione.

5) Violazione di legge: art. 3 l. 241/90;
eccesso di potere;
insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto.

Assume ancora parte ricorrente il difetto di motivazione dell’ingiunzione di demolizione in ordine alle ragioni di pubblico interesse ad essa sottese.

6) Violazione e falsa applicazione art. 3 comma III l. 241/90;
eccesso di potere;
carenza di motivazione e violazione del giusto procedimento.

Nella prospettazione attorea l’ordinanza gravata sarebbe affetta da deficit motivazione anche da altro punto di vista, rinviando la stessa ad un atto di accertamento dell’Ufficio Tecnico non messo nella sua disponibilità.

4. Con atto notificato in data 9 marzo 2007 e depositato il successivo 14 marzo parte ricorrente ha impugnato a mezzo di motivi aggiunti la nota prot. 5027/07 con la quale il Servizio Urbanistica – Ufficio Urbanistica del Comune di Massa Lubrense la informava che “ il giorno 16/03/2007 alle ore 9,00 si procederà al rilievo e alla misurazioni, al fine di determinare la spesa necessaria, per la demolizione d’ufficio delle opere abusivamente realizzate dalla S.V. in località Monticchio – Via Severo Caputo n. 3 – come meglio individuate nell’ingiunzione di demolizione n. 217 del 10/04/2006” e la nota prot. n. 4145/2007 del 20/02/2007 con cui si invitava la ricorrente a predisporre perizia da sottoporre alla G.C. per la demolizione delle opere di cui all’ordinanza di demolizione n. 217/2006.

5. Avverso gli atti gravati ha articolato in due motivi di ricorso le seguenti censure:

1) Illegittimità derivata.

Con il primo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità derivati di tali atti, in considerazione dell’illegittimità dell’ordinanza di demolizione oggetto di impugnativa con il ricorso introduttivo, di cui costituirebbero applicazione.

2) Violazione e falsa applicazione art. 31 e 36 D.P.R. 380/01;
violazione l. 241/90;
eccesso di potere;
violazione del giusto procedimento;
sviamento.

Assume la ricorrente l’illegittimità degli atti adottati, con i quali si sarebbe portato ad esecuzione l’ordine di demolizione oggetto di impugnativa con il ricorso introduttivo, in quanto adottati senza alcuna previa istruzione e definizione né della pratica di condono, né dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/01. Assume in ogni caso l’illegittimità degli atti adottati medesimi per violazione dell’art. 10 bis l. 241/90, ovvero per mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Assume in ogni caso che a seguito della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità l’ingiunzione di demolizione - oggetto di impugnativa con il ricorso introduttivo e portata ad esecuzione con gli atti oggetto del ricorso per motivi aggiunti – doveva intendersi privata di efficacia;
da ciò l’ulteriore illegittimità degli atti esecutivi di tale ordinanza, volti alla demolizione d’ufficio.

6. Si è costituito il Comune resistente, con deposito di memoria di mero stile.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del ruolo straordinario del 4 dicembre 2014, previo avviso alle parti, ex art. 73 comma 3 c.p.a., dei profili di possibile inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, venendo in rilievo atti di carattere endoprocedimentale, non immediatamente lesivi.

8. In via preliminare va vagliata la procedibilità del ricorso introduttivo relativo all’impugnativa dell’ingiunzione di demolizione ex art. 31 D.P.R. n. 380/01, a seguito dell’avvenuta presentazione ad opera di parte ricorrente, in relazione alle opere oggetto della medesima ingiunzione di demolizione, dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380/01, circostanza questa posta da parte ricorrente anche a fondamento del ricorso per motivi aggiunti avverso gli atti con cui si sarebbe data esecuzione alla medesima ingiunzione di demolizione.

8.1. Il ricorso è procedibile secondo l’orientamento giurisprudenziale di recente seguito dalla Sezione, in base al quale la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità determina la mera sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione, che si consolida e riacquista efficacia a seguito del rigetto tacito, per formarsi del silenzio rigetto al decorso del termine di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza, ex art. 36 D.P.R. 380/01 sull’istanza medesima, senza che all’occorrenza sia necessaria l’adozione di una nuova ordinanza di demolizione (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, VII, 28.10.2013, n. 4508 secondo cui “ L'inutile decorso del prescritto termine comporta dunque, inesorabilmente, la reiezione dell'istanza del privato (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 13.12. 2011, n. 5759) e in mancanza di impugnativa del silenzio provvedimentale ovvero della prova di tale reazione processuale, l'atto tacito di rigetto della domanda di sanatoria si consolida e diviene inoppugnabile, con conseguente piena riespansione dell'efficacia dell'ingiunzione di demolizione, non occorrendo in alcun modo a tali effetti la reiterazione comunale dell'ordine demolitorio (cfr T.A.R. Campania, Napoli, III, 7.11.2011, n. 5157)”).

8.1.1. Questo orientamento è stato di recente condiviso anche dal Consiglio di Stato con sentenza n. 02307 del 6 maggio 2014, nella quale il Supremo Consesso, esprimendosi in senso contrario a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione VIII, 9 ottobre 2013, n. 4525, ha affermato che “ la consolidata giurisprudenza cui fa riferimento la sentenza impugnata si è formata in tema di condono edilizio (Cons. Stato VI, 26 marzo 2010, n. 1750), ossia di richiesta che trova il suo fondamento in una norma di carattere legislativo, che, innovando alla disciplina urbanistica vigente, consente, a determinate condizioni e per un limitato periodo di tempo, la sanatoria degli abusi commessi.

Quei principi non possono trovare applicazione al caso di specie, in cui il ricorrente ha formulato istanza ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ossia ai sensi di una norma che, prevedendo quella che, sinteticamente, si definisce doppia conformità, limita la valutazione dell’opera sulla base di una disciplina preesistente.

Sostenere, come affermato dalla sentenza impugnata, che, nell’ipotesi di rigetto, esplicito o implicito, dell’istanza di accertamento di conformità, l’amministrazione debba riadottare l’ordinanza di demolizione, equivale al riconoscimento in capo a un soggetto privato, destinatario di un provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale annullamento, quel medesimo provvedimento.

La ricostruzione dell’intero procedimento nei termini suddetti non può essere effettuata in via meramente interpretativa, ponendosi essa al di fuori di ogni concezione sull’esercizio del potere, e richiede un’esplicita scansione legislativa, allo stato assente, in ordine ai tempi e ai modi della partecipazione dei soggetti del rapporto”.

8.2. In ogni caso, a prescindere da tali assorbenti rilievi, le opere di cui è causa non sarebbero comunque sanabili ex art. 36 D.P.R. 380/01, in difetto della necessaria autorizzazione paesaggistica, che, come noto, non può essere rilasciata ex post in relazione ad interventi, come nella specie, caratterizzati da aumento di volumetria e superficie, ex art. 167 comma 4 Dlgs. 42/04.

Da ciò l’ulteriore irrilevanza dell’istanza di accertamento di conformità presentata da parte ricorrente, da ritenersi inammissibile in relazione agli interventi contestati, in considerazione del vincolo paesaggistico sussistente sull’area de qua , in forza del P.U.T. dell’area Sorrentino Amalfitana, approvato con l.r. C. n. 35/87. Si deve infatti evidentemente ritenere che, in presenza del richiamato divieto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, sia preclusa anche la possibilità di ottenere il permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001 (Cons. Stato, Sez. IV, 8 ottobre 2007, n. 5203).

9. Ciò posto e venendo all’esame nel merito del ricorso introduttivo, il Collegio esaminerà la censure in ordine logico, con disamina congiunta delle censure connesse, in quanto fondate sui medesimi presupposti.

A tale stregua possono esaminarsi congiuntamente i primi due motivi di ricorso, in quanto con entrambi la ricorrente deduce l’illegittimità dell’ingiunzione di demolizione poichè adottata in relazione ad opere accessorie e di completamento di opere sub condono (primo motivo) e comunque di carattere pertinenziale e quindi non sanzionabili con l’applicazione del disposto dell’art. 31 D.P.R. 380/01 (secondo motivo).

9.1. Entrambe le censure sono infondate e vanno pertanto disattese, alla stregua dei seguenti rilievi.

9.2. Quanto al primo profilo è sufficiente richiamare il costante orientamento della Sezione, secondo il quale le opere di completamento delle opere sub condono , in mancanza della prescritta autorizzazione ex art. 35 l. 47/85, debbono considerarsi attratte nel regime sanzionatorio delle opere principali, cui accedono, da considerarsi abusive fino alla definizione in senso positivo dell’istanza di condono.

La giurisprudenza ha al riguardo ritenuto che l'ingiunzione di demolizione è del tutto legittima atteso che " in presenza di manufatti abusivi non condonati né sanati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione. Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l'immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35, l. n. 47 del 1985” ( T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 3 dicembre 2010, n. 26788;
T.A.R. Campania Napoli, VII, 19 aprile 2012 n. 3617 ).

Pertanto deve ritenersi legittima l’irrogazione di una sanzione demolitoria in presenza di opere accessorie eseguite sine titulo su di una volumetria non ancora condonata, ripetendo, come innanzi precisato, le opere accessorie, a prescindere dalla loro qualificazione urbanistica, le medesime caratteristiche di illegittimità dell’opera principale cui accedono ed essendo pertanto sottoposte al medesimo regime sanzionatorio.

9.3. Da tali considerazione discende anche l’infondatezza della censura riferita al carattere pertinenziale dell’intervento sanzionato, potendo il regime delle pertinenze applicarsi rispetto ad opere principali urbanisticamente legittime e non pertanto rispetto ad opere che, fino alla definizione in senso positivo dell’istanza di condono, devono considerarsi del tutto abusive, alla stregua di quanto innanzi precisato.

10. Del pari prive di fondamento sono le ulteriori censure articolate nei successivi motivi di ricorso, che in quanto riconducibili sotto diversi profili al difetto di motivazione, possono esaminarsi congiuntamente.

Ed invero ad avviso del Collegio, facendo proprio il consolidato indirizzo giurisprudenziale concernente i punti controversi (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 2013, n. 4470;
sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4086;
sez. II, 26 giugno 2013, n. 649/13;
sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1268;
sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 915;
sez. VI, 8 febbraio 2013, n. 718;
sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615, Cass. pen., sez. fer., 1 settembre 2011, n. 33267;
Cass. pen., sez. III, 26 giugno 2013, n. 42330;
Consiglio di Stato, sez. V, sent. 28/04/2014 n. 2196):

I) Presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere abusive è soltanto la constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo tale ordine un atto dovuto, esso è sufficientemente motivato con l’accertamento dell’abuso, e non necessita di una particolare motivazione in ordine all’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso stesso - che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato - ed alla possibilità di adottare provvedimenti alternativi.

Pertanto l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.

II) Del pari la P.A. nell’irrogare la sanzione demolitoria delle opere realizzate sine titulo non deve motivare sulla conformità delle opere medesime alla normativa urbanistica ed edilizia, e sulla sanabilità delle opere medesime,sussistendo tale onere solo a fronte di istanze di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/01 previamente presentate (istanza che nella specie è stata solo successivamente presentata e che comunque, alla stregua di quanto sopra specificato, in ragione della sussistenza sull’area de qua del vincolo paesaggistico, non avrebbe potuto trovare accoglimento).

III) A fronte della motivazione in re ipsa che incontra l’ordine di demolizione all’esito dell’accertamento dell’abuso edilizio, il lasso temporale che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’amministrazione - ma sempre in presenza di circostanze eccezionali rigorosamente provate da chi le invoca (come non verificatosi nel caso di specie) - non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio ma quello che intercorre tra la conoscenza dell’illecito e il provvedimento sanzionatorio adottato;
in mancanza di conoscenza della violazione da parte dell’amministrazione non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente apprezzato in sede motivazionale:

IV) Peraltro il Collegio ritiene, rifacendosi al proprio orientamento giurisprudenziale che laddove, come nella specie, le opere abusive insistano su zona paesaggisticamente vincolata la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato deve considerarsi in re ipsa, in considerazione del rilievo costituzionale del Paesaggio, ex art. 9 comma 2 Cost., assurgente a principio fondamentale, con conseguente primazia su gli altri interessi, pubblici e privati, del pari considerati dalla Costituzione, ma non annoverati fra i principi fondamentali. (Come afferma la Consulta, la demolizione si impone, nelle zone vincolate, stante la “ straordinaria importanza della tutela «reale» dei beni paesaggistici ed ambientali ” (cfr., C. Cost. ord.za 12/20 dicembre 2007 nr. 439).

E' dunque per tali ragioni che, “ in relazione appunto ai vincoli paesaggistici, non possono trovare spazio applicativo i peculiari principi in base ai quali la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n° 2705 del 6.6.2008;
Cons. di Stato sez. V, n° 883 del 4.3.2008;
Cons. di Stato sez. IV, n° 2441 del 14.5.2007;
Cons. di Stato sez. V, n° 247 del 12.3.1996;
T.A.R. Liguria n° 4127 del 31.12.2009;
T.A.R. Calabria Catanzaro n° 1026 del 6.10.2009;
T.A.R. Piemonte n° 2247 del 4.9.2009;
T.A.R. Campania Napoli n° 504 del 29.1.2009) ha individuato una posizione di affidamento tutelabile (quanto meno con il richiedersi nel provvedimento sanzionatorio una motivazione specifica, ulteriore rispetto a quella fondata sul mero perseguimento di un ripristino della legalità, in ordine alla necessità della demolizione dei manufatti e al connesso sacrificio dell'interesse privato) per colui che, pur avendo posto in essere abusi edilizi, abbia visto trascorrere un lungo lasso di tempo dalla loro commissione con inerzia dell'Amministrazione preposta alla vigilanza
” (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-06-2010, n. 14156, cui si rinvia).

V) L’irrogazione della sanzione demolitoria ex art. 31 D.P.R. 380/01 discende nell’ipotesi di specie dall’annoverabilità, secondo quanto in precedenza osservato, dell’intervento di cui è causa, realizzato senza permesso di costruire, fra le nuove costruzioni in considerazione del suo carattere accessorio rispetto ad opere di nuova costruzione, ancora sub condono , da ritenersi abusive, fino alla definizione in senso positivo dell’istanza di condono.

VI) Parimenti infondata è la deduzione sulla mancata allegazione degli atti istruttori e segnatamente dell’accertamento tecnico richiamato nell’ingiunzione di demolizione in quanto, per costante giurisprudenza, l’art. 3 della legge n. 241/1990 consente l’uso della motivazione per relationem con riferimento ad altri atti dell’Amministrazione, che devono essere comunque indicati e resi disponibili, fermo restando che questa disponibilità dell’atto va intesa nel senso che all’interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne ed ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, sicché non sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di notificare all’interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell’interessato (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 18 maggio 2005, n. 6500;
18 gennaio 2005, n. 178).

VII) Secondo una consolidata giurisprudenza ( ex multis , T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 6 febbraio 2008, n. 117;
T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 17 dicembre 2007, n. 16311), nella motivazione dell’ordine di demolizione è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, mentre non è necessaria la descrizione precisa della superficie occupata e dell’area di sedime destinata ad essere gratuitamente acquisita al patrimonio comunale in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, perché tali elementi afferiscono all’eventuale successiva ordinanza di acquisizione al patrimonio comunale.

11. In considerazione dell’infondatezza di tutte le censure il ricorso introduttivo va rigettato.

12. Venendo al ricorso per motivi aggiunti, il Collegio, secondo quanto evidenziato in udienza, ex art. 73 comma 3 c.p.a., ritiene che lo stesso sia inammissibile per difetto di interesse a ricorrere, venendo in rilievo atti per un verso esecutivi dell’irrogata sanzione demolitoria, oggetto del ricorso introduttivo, per altro verso di carattere meramente endoprocedimentale rispetto alla preannunciata demolizione in danno, come evincibile claris verbis dal tenore degli atti impugnati che fanno riferimento ad una successiva delibera di G.C. (evidentemente ai sensi dell’art. 31 comma 5 D.P.R. 380/01).

13. Peraltro il ricorso medesimo sarebbe comunque infondato, alla stregua di quanto innanzi osservato.

14. Quanto alla censura di illegittimità derivata, articolata nel primo motivo di ricorso, la stessa in considerazione della legittimità dell’ordinanza di demolizione gravata con il ricorso introduttivo, è evidentemente da disattendersi.

15. Del pari da disattendere sono le ulteriori censure riferite alla pendenza di condono - in quanto relativa ad altre opere e non alle opere in contestazione, che si atteggiano come opere di completamento di quelle sub condono , alla stregua di quanto innanzi osservato, eseguite senza la prescritta autorizzazione di cui all’art. 35 l. 47/85 - e alla pendenza dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/01 (da ritenersi in ogni caso inammissibile in relazione alle opere di cui è causa, in quanto comportanti aumento di volumetria e non suscettibili di sanatoria paesaggistica postuma), in quanto definita con silenzio rigetto, secondo quanto in precedenza osservato.

15.1. Pertanto l’Amministrazione, al maturare del silenzio rigetto ed in assenza di un’ordinanza cautelare di sospensione degli effetti dell’ordinanza di demolizione, non poteva che portare ad esecuzione l’irrogata sanzione demolitoria.

15.2. Del tutto in conferente è poi il richiamo all’art. 10 bis L. 241/90 - da ritenersi riferito al procedimento attivato ad istanza di parte ex art. 36 D.P.R. 380/01 - in relazione al silenzio rigetto maturato, non potendo detta norma ontologicamente applicarsi al silenzio provvedimentale.

16. Il ricorso per motivi aggiunti, in ogni caso infondato, va pertanto dichiarato inammissibile per difetto di interesse a ricorrere.

17. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, avendo riguardo alle difese spiegate dal Comune resistente.

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