TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2023-12-11, n. 202318570

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2023-12-11, n. 202318570
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202318570
Data del deposito : 11 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/12/2023

N. 18570/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04386/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4386 del 2018, proposto da
A P, L F, D M, M P, A G, V C, F S, F L, M D B, S S, rappresentati e difesi dall'avvocato G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Buccari 3;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del D.M. n.995 del 15/12/2017 pubblicato in G.U. il 9/02/2018 recate le modalità di espletamento della procedura concorsuale di cui all'art.17 del D.lgs. n.59/2017 per “il reclutamento a tempo indeterminato di personale docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado in possesso di titolo per l'abilitazione all'insegnamento o di specializzazione all'insegnamento di sostegno per i medesimi gradi di istruzione”;

- ovvero, per quanto di ragione, del Bando di concorso emanato con decreto del Direttore Generale per il Personale Scolastico del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca dell'1/02/2018, pubblicato in G.U. n.14 del 16/02/2018 avente ad oggetto l'indizione del “Concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento a tempo indeterminato del personale docente delle scuole secondarie di primo e secondo grado nonché per il sostegno della scuola secondaria riservato ai soggetti in possesso dei requisiti di cui all'art.3”;

- di ogni altro atto connesso, anteriore e conseguente, del procedimento, anche se non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 novembre 2023 il dott. D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’odierno ricorso collettivo i ricorrenti in epigrafe hanno impugnato il bando di concorso per l’arruolamento di personale docente, emesso dal Ministero intimato con il d.d.g. n. 85/2018, unitamente agli atti presupposti, nella parte in cui, con statuizioni immediatamente escludenti, non sarebbe stata consentita la partecipazione alla procedura selettiva ai diplomati AFAM, in quanto ritenuti docenti non abilitati e, dunque, sprovvisti del requisito di partecipazione previsto dalla lex specialis .

2. L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio.

3. All’udienza smaltimento dell’arretrato il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4. Il Collegio deve anzitutto rilevare come i ricorrenti non abbiano provveduto ad impugnare, in via successiva rispetto all’atto introduttivo del giudizio, le graduatorie finali del concorso di cui trattasi, venendo in rilievo un tipico caso di improcedibilità del gravame per sopravvenuto difetto di interesse.

Come più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, invero, anche di recente (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sent. n. 16533/2023), “ la mancata impugnazione della graduatoria finale del concorso comporta la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del giudizio, poiché l'eventuale accoglimento della domanda di annullamento dell’esclusione [...] non può incidere sulla citata graduatoria, una volta che questa sia divenuta inoppugnabile. (così Tar Lazio, Roma, I, 1° febbraio 2023, n. 1786;
in termini v. Cons. Stato, III, 21 dicembre 2022, n. 11148;
id. VI, 23 marzo 2022, n. 2119, e 12 novembre 2020, n. 6959;
id. II, 14 maggio 2021, n. 3792). […] infatti il partecipante ad un concorso, che ha impugnato il proprio atto di esclusione, ha l’onere di impugnare la graduatoria conclusiva del procedimento, la cui inoppugnabilità consolida le posizioni dei candidati ivi inseriti (Tar Lazio, Roma, I, 1° febbraio 2023, n. 1786;
v. anche: Cons. Stato, sez. III, 21 dicembre 2022, n. 11148)
”.

5. In disparte il profilo di rito sopra evidenziato, il ricorso di palesa comunque anche infondato nel merito, alla luce dell’ormai consolidata giurisprudenza sulla non equipollenza tra diploma AFAM e abilitazione all’insegnamento, oggetto di conferma anche in sede di appello (cfr., ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, sentenze n. 8289 del 2019 e n. 620 del 2020).

6. Infatti, l'art. 17, co. 3 del d.lgs. n. 59 del 2017, per quanto inerisce al requisito dell'abilitazione, stabilisce che: " la procedura di cui al comma 2, lettera b), bandita in ciascuna regione e per ciascuna classe di concorso e tipologia di posto entro febbraio 2018, è riservata ai docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di titolo abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione, in deroga al requisito di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b) e articolo 5, comma 2, lettera b) ".

A sua volta, l'art. 4 della legge 21 dicembre 1999, n. 508 (Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati) ha previsto che: i) i diplomi rilasciati, tra l'altro, dagli istituti di Alta formazione artistica e musicale in base all'ordinamento previgente " mantengono la loro validità ai fini dell'accesso all'insegnamento, ai corsi di specializzazione e alle scuole di specializzazione " (comma 1);
ii) fino all'entrata in vigore di specifiche norme di riordino del settore, i diplomi conseguiti al termine dei corsi di didattica della musica, compresi quelli rilasciati prima della data di entrata in vigore della legge in esame " hanno valore abilitante per l'insegnamento dell'educazione musicale nella scuola e costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie, purché il titolare sia in possesso del diploma di scuola secondaria superiore e del diploma di conservatorio " (comma 2).

7. Tale disposizione è stata interpretata nel senso che essa opera un’espressa distinzione tra validità dei diplomi ai fini " dell'accesso all'insegnamento " e validità abilitante di diplomi quale " titoli di ammissione ai concorsi per l'insegnamento ";
in forza di ciò, soltanto i diplomi in didattica della musica e conservatorio, uniti, altresì al diploma di scuola secondaria superiore, sono considerati dalla norma in esame come titoli abilitanti all'insegnamento;
al contrario, ai soli diplomi degli istituti AFAM di cui all'art. 1 della L. n. 508/1999 (anche congiunti al diploma di scuola secondaria superiore) l'ordinamento non riconosce valore abilitante. In sostanza, la norma in commento ha, cioè, distinto tra il valore del diploma cd. "vecchio ordinamento" ai fini dell'"accesso all'insegnamento" e valore di tale diploma ai fini "dell'abilitazione all'insegnamento" (Cons. Stato, n. 1548/2020, n. 7994/2020, n. 8392/2020).

8. A fronte di quanto sopra, non vale neppure osservare che i ricorrenti sarebbero stati impossibilitati a conseguire l’abilitazione all’insegnamento, non essendo mai stato attivato un TFA ordinario cui accedere. La necessità di subordinare la partecipazione ad una procedura concorsuale al possesso del titolo di abilitazione non appare contraria alla Costituzione;
infatti, in primo luogo, l'art. 51 Cost. non attribuisce un diritto indiscriminato ad accedere ai pubblici impieghi e non è nemmeno decisivo il rilievo per cui i percorsi abilitanti previsti dalla L. n. 341 del 1990 e dalle norme successive non sarebbero stati in concreto attivati: quest'ultimo aspetto, oltretutto, attiene ad una circostanza di fatto insuscettibile di inficiare la norma primaria come innanzi interpretata.

Non appare, infatti, irragionevole la scelta di escludere la valenza abilitante all’insegnamento del titolo in possesso ricorrenti, seppur equiparato dall’art. 1, comma 107, della legge n. 228 del 2012, ai diplomi accademici di II livello. In particolare, non rileva che quest’ultimo costituisce attestato idoneo a certificare una formazione superiore, di livello universitario avanzato, classificato quale titolo di secondo ciclo. Ciò che infatti importa ai fini dell’assimilazione ad un titolo abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo e secondo grado è l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche, come si desume chiaramente dall’art. 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, nonché dagli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 59 del 2017.

9.Chiarito ciò, in relazione alla conformità della norma primaria alla Costituzione, la questione si appalesa manifestamente infondata.

Non appare irragionevole la scelta di escludere la valenza abilitante all’insegnamento del titolo in possesso dei ricorrenti, seppur equiparato dall’art. 1, comma 107, della legge n. 228 del 2012, ai diplomi accademici di II livello.

In particolare, non rileva che quest’ultimo costituisca attestato idoneo a certificare una formazione superiore, di livello universitario avanzato, classificato quale titolo di secondo ciclo, comportante l’attribuzione di almeno 120 crediti formativi per la piena padronanza di metodi e tecniche artistiche e per l’acquisizione di competenze professionali adeguate.

Invero, ciò che importa ai fini dell’assimilazione ad un titolo abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo e secondo grado è l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche, come si desume chiaramente dall’art. 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, nonché dagli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 59 del 2017.

Su tale questione deve, inoltre, rilevarsi che in un caso analogo - avente ad oggetto la mancata previsione del dottorato di ricerca, quale titolo per l’ammissione al concorso di cui alla disposizione censurata - la Corte Costituzionale, con sentenza n. 130 del 2019, ha escluso l’irragionevolezza della norma, precisando che: “abilitazione all’insegnamento e dottorato di ricerca costituiscono il risultato di percorsi diretti a sviluppare esperienze e professionalità diverse, in ambiti differenziati e non assimilabili” , aggiungendo che “in considerazione della finalità della procedura concorsuale, volta a selezionare le migliori e più adeguate capacità rispetto all’insegnamento, ciò che rileva è l’avere svolto un’attività di formazione orientata alla funzione docente, che abbia come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti” ;
tale funzione, ha precisato ancora la Corte, “esige la capacità di trasmettere conoscenze attraverso il continuo contatto con gli allievi, anche sulla base di specifiche competenze psico-pedagogiche” ;
è in vista dell’assunzione “di tali rilevantissime responsabilità, affidate dall’ordinamento ai docenti della scuola secondaria, che le attività formative indicate costituiscono un fondamento ‘ontologicamente diverso’, rispetto a quello che caratterizza il percorso e il fine del titolo di dottorato” .

10. Neppure è ravvisabile un contrasto con il diritto dell’Unione europea, stante la non pertinenza delle norme invocate;
la direttiva 2005/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE, si limita a fissare le regole con cui uno Stato membro, che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione;
definisce altresì le regole relative all’accesso parziale a una professione regolamentata nonché al riconoscimento di tirocini professionali effettuati in un altro Stato membro.

Per tale motivo, la predetta direttiva si applica esclusivamente ai cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali, ovvero a tutti i cittadini di uno Stato membro che hanno effettuato un tirocinio professionale al di fuori dello Stato membro d’origine.

11. Alla luce delle considerazioni esposte, tenuto conto della natura sostanzialmente vincolata del decreto ministeriale e del bando di concorso impugnati, perdono di ogni apprezzabile consistenza tutte i diversi profili di censura dedotti.

Si osserva, peraltro, che neppure si configura un interesse meritevole di tutela a contestare le modalità di svolgimento di una procedura alla quale la parte ricorrente non può partecipare.

12. Per le suesposte ragioni il ricorso, in disparte i profili di rito, va comunque respinto in quanto infondato.

13. Le spese di lite possono essere compensate, stante la peculiarità delle questioni trattate.

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