TAR Trento, sez. I, sentenza 2022-11-28, n. 202200199

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2022-11-28, n. 202200199
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 202200199
Data del deposito : 28 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/11/2022

N. 00199/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00122/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 122 del 2022 proposto da:
M B, rappresentata e difesa dall’avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, via Paradisi, n. 15/5 presso lo studio del predetto avvocato L;

contro

Comune di Trento, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato A C dell’Avvocatura del Comune di Trento, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonché con domicilio eletto in Trento, via Belenzani, n. 19, presso la sede dell’Avvocatura medesima;
Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Bernardi, Marialuisa Cattoni e Viviana Biasetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, piazza Dante n. 15, presso l’avvocato Viviana Biasetti, nella sede dell’Avvocatura provinciale;

nei confronti

C N, rappresentata e difesa dall’avvocato Erica Vicentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

- del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Trento in data 20.05.2021 pratica 208235/20 avente ad oggetto la ristrutturazione e ampliamento della p.ed. 438 e p.ed. 1457 C.C. Mattarello ed ancora della Delibera della Giunta Provinciale 3 settembre 2010 n. 2023 allegato 2 e per quanto occorrer possa dell’art. 4 delle norme del PRG di Trento nonché per l’annullamento di tutti gli atti connessi, presupposti e derivati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e le memorie difensive del Comune di Trento, della Provincia Autonoma di Trento e della controinteressata;

Viste le ulteriori memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il decreto n. 9 del 2 maggio 2022 del Presidente del T.R.G.A. di Trento;

Relatore nella udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il consigliere Antonia Tassinari e uditi per la ricorrente l’avvocato A L, per il Comune di Trento l’avvocato A C, per la Provincia Autonoma di Trento l’avvocato Marialuisa Cattoni e per la controinteressata l’avvocato Erica Vicentini.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. L’odierna ricorrente, signora M B, è proprietaria delle pp.mm. 2 e 4 della p.ed. 721 C.C. Mattarello, particella composta anche dalle pp.mm. 1 e 3 di proprietà del signor M B, derivata a seguito di frazionamento realizzato nel 1965 della p.ed. 438 C.C. Mattarello di proprietà dell’odierna controinteressata, signora C N. I due edifici, i quali sono stati interessati da vari interventi, di ampliamento e sopraelevazione nonché - successivamente - di manutenzione straordinaria, sono realizzati in aderenza e, nello specifico - riferisce testualmente la ricorrente - l’edificio insistente sulla p.ed. 438 di proprietà della controinteressata sarebbe “ addossato ” al fabbricato della ricorrente insistente sulla p.ed. 721. In particolare, il muro che delimita i due fabbricati p.ed. 438 e p.ed. 721 non è un muro comune, ma è un muro di proprietà esclusiva della p.ed. 721 secondo quanto incontestatamente affermato dalla ricorrente. Al secondo e ultimo piano dell’edificio di cui alla p.ed 721 si trovano inoltre, due terrazze, le quali prospettano sul tetto e sul piazzale della p.ed. 438, a carico della quale risulta intavolata una servitù di veduta a favore della p.ed. 721. Gli edifici suddetti ricadono in area B3 – Zone edificate di integrazione e completamento disciplinata dall'art. 38 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano regolatore generale (PRG) di Trento.

2. Allo scopo di realizzare lavori di ristrutturazione e sopraelevazione della p.ed. 438, nonché della limitrofa p.ed. 1457, la controinteressata il 18 settembre 2020 ha richiesto il relativo titolo abilitativo, perfezionatosi per silenzio - assenso il 3 maggio 2021 secondo quanto ha dato atto il Comune di Trento con provvedimento del 20 maggio 2021. In particolare, il suddetto permesso di costruire prevede la sostituzione della struttura di copertura e la realizzazione di opere di sopraelevazione di una porzione del fabbricato - il cui colmo è attualmente situato a un livello di 50 cm inferiore al parapetto della veduta della p.ed 721 - nonché la creazione a ridosso della suddetta veduta di un nuovo volume destinato a “ deposito-ripostiglio ”. Secondo il titolo edilizio è prevista anche la realizzazione tra il ripostiglio ed il corpo in elevazione di un terrazzo, nonché la posa del cappotto di coibentazione.

3. La signora Barberi, ritenendosi pregiudicata dall’intervento assentito dal Comune di Trento, ha avanzato il ricorso in esame sostenendo l’illegittimità del permesso di costruire per violazione delle disposizioni del codice civile e urbanistico-edilizie sulle distanze, nonché in ragione del mancato rispetto della servitù di veduta. Il ricorso, nello specifico, risulta affidato ai seguenti motivi di diritto:

1. Carenza di legittimazione, violazione dell’art. 81 della l.p. 15/15.

Il confine tra le pp.edd. 438 e 721 C.C. Mattarello è stato creato con frazionamento 1439 redatto il 10 novembre 1965 e non è mai stato nel tempo modificato. Il confine indicato nel progetto allegato al permesso di costruire qui impugnato è posizionato diversamente, e non corrisponde al predetto frazionamento del 1965 come emerge dall’elaborato peritale predisposto dal tecnico di fiducia della ricorrente. Le opere assentite con il permesso di costruire impugnato non riguardano la p.ed. 438 di proprietà della controinteressata, ma interessano la p.ed 721 di proprietà della ricorrente stessa. Infatti non si tratta solo di lavori da svolgersi al confine delle due proprietà, ma di invasione della particella di proprietà della ricorrente, rispetto alla quale nessun titolo ha la controinteressata, con conseguente violazione dell’art. 81 della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15.

2. Violazione in ogni caso erronea applicazione di legge (art. 907 del codice civile) – carenza di legittimazione, difetto di istruttoria e conseguente eccesso di potere

La p.m. 2 della p.ed. 721 di proprietà della ricorrente gode di una servitù intavolata di veduta a carico della p.ed. 438 che l’intervento progettato non permette viceversa di rispettare nei sensi previsti dall’art. 907 del codice civile (“ quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino il proprietario di questi non può fabbricare a distanza minore di 3 metri misurata a norma dell’art. 905…… se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono dette vedute dirette e oblique essa deve arrestarsi almeno a 3 metri sotto la loro soglia ”). Infatti è prevista l’edificazione in aderenza al parapetto della terrazza della ricorrente di un nuovo volume adibito a ripostiglio che si prevede verrà ad avere un’altezza al colmo pari a quella del parapetto.

3. Violazione in ogni caso erronea applicazione di legge (artt. 8 e 4) delle norme dello Statuto della Regione Trentino Alto Adige, violazione dell’art. 117 della Costituzione, violazione dell’art. 9 del D.M. 1444/68 e art. 2 e 2 bis del testo unico dell’edilizia

L’allegato 2 della deliberazione della Giunta Provinciale 3 settembre 2010 n. 2023, disciplinando il tema delle distanze, prevede esclusivamente il rispetto, quanto alla possibilità di sopraelevare i fabbricati sul sedime, dell’art. 873 del codice civile (“ Art. 3…..2. Gli interventi di sopraelevazione degli edifici esistenti alla data di approvazione della presente deliberazione, qualora ammessi dagli strumenti urbanistici, possono essere realizzati esclusivamente nel rispetto del sedime esistente e delle disposizioni del Codice civile in materia di distanze. ”) senza considerare le distanze del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 che viceversa indica in non meno di 10 metri il distacco tra costruzioni e senza prevedere le ipotesi in cui potervi derogare in coerenza con l’art. 9, ultimo comma, del medesimo decreto , e cioè con riferimento ad una pluralità di fabbricati (“ gruppi di edifici ”) e fondando la deroga su previsioni planivolumetriche che evidenzino una capacità progettuale tale da definire i rapporti spazio-dimensionali e architettonici delle varie costruzioni considerate come se fossero un edificio unitario. Poiché il tema delle distanze concerne la materia dell’ordinamento civile attribuita allo Stato la deliberazione provinciale è illegittima, in particolare per contrasto con l’art. 117 della Costituzione. Anche le norme di attuazione del Piano regolatore generale di Trento che richiamano l’allegato della suddetta deliberazione sono viziate negli stessi termini del provvedimento provinciale.

4. Il Comune di Trento si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, in primo luogo evidenziando che il potere di controllo da parte dell’Amministrazione sul titolo edilizio, fatto salvo il caso in cui prima facie risulti l'inesistenza di un titolo giuridico che fondi la legittimazione attiva del richiedente il titolo edilizio, non può essere esercitato a tutela di diritti di terzi non riconducibili a quelli connessi con interessi di natura pubblicistica, quali ad esempio il rispetto delle distanze dai confini di proprietà o del distacco dagli edifici. Il Comune ha poi evidenziato di aver condotto l’istruttoria sulla base della documentazione progettuale depositata in allegato alla domanda di permesso di costruire, dalla quale non emerge la carenza di titolo sollevata dalla ricorrente, né il contrasto con l’art. 907 c.c. D’altra parte, il permesso di costruire è comunque rilasciato rimanendo salvi i diritti dei terzi, e la controversia odierna è di natura prettamente civilistica. Il Comune ha pure rappresentato che la parte in ampliamento dell’edificio rispetta quanto previsto dall’art. 5 comma 1 lett. b) dell’Allegato 2 della deliberazione della Giunta provinciale n. 2023 di data 3 settembre 2010, attuando la sopraelevazione nel rispetto del sedime dell'edificio e garantendo - altresì - le distanze previste dal Codice Civile. A dire del Comune, poi, sugli edifici esistenti la realizzazione del cappotto termico ai sensi dell’art. 86 della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1 non rileva ai fini delle distanze, salvo il rispetto del codice civile.

5. La Provincia Autonoma di Trento, quanto all’annullamento o disapplicazione invocata dalla difesa della ricorrente dell’Allegato 2 della deliberazione della Giunta Provinciale 3 settembre 2010 n. 2023, ha previamente rilevato che l’articolo delle NTA del PRG che rinvia alle disposizioni provinciali vigenti in materia di distanze è l’art.3, punto 4, rubricato “ Distanze ” e non l’art. 4 di tale testo normativo. La Provincia ha quindi contestato fermamente l’assunto della ricorrente circa l’inosservanza delle distanze del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444. La Provincia ha anche osservato che la sopraelevazione in questione non costituisce una nuova costruzione ed, altresì, che la parte ricorrente ha descritto gli edifici dei proprietari su fondi finitimi coinvolti in causa come realizzati “ in aderenza, o meglio addossati l’uno all’altro ”.

6. Anche la controinteressata è intervenuta in giudizio eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione di questo giudice in favore del giudice ordinario in quanto nonostante con il ricorso siano stati dedotti vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, nella sostanza questi si traducono in questioni attinenti a rapporti fra privati essenzialmente disciplinati dalle norme civilistiche. Infatti l’individuazione del confine fra proprietà finitime, dei contenuti e limiti del diritto di servitù di veduta ex art. 907 c.c. in rapporto al diritto di costruire del titolare del fondo servente, nonché il rispetto delle distanze fra costruzioni rappresentano temi di competenza del giudice ordinario anche nell’ipotesi in cui sia necessario valutare un permesso di costruire, la cui eventuale illegittimità in tal caso viene accertata incidenter tantum . Sempre in via preliminare, la controinteressata ha eccepito l’assenza - allo stato - di un interesse concreto e attuale da parte della ricorrente ad agire in giudizio, non essendo ancora stati eseguiti gli interventi asseritamente in contrasto con le norme urbanistiche ed idonei ad arrecare un danno alla medesima. Con riferimento al confine individuato dal tecnico di fiducia della ricorrente, la controinteressata ha osservato a sua volta, sulla base della relazione del proprio perito, che tale linea deriva da rilievi ormai storici che non hanno più alcuna rispondenza con lo stato di fatto delle proprietà, né con le mappe catastali validate e in uso. Il frazionamento del 1965 era stato invero realizzato senza misurazioni in loco , ma attraverso le mappe catastali all’epoca a disposizione che risalivano al 1860. Il frazionamento medesimo non può dunque superare il reale stato dei luoghi, nonché le misurazioni effettuate in loco e mai sino ad oggi messe in discussione fra le parti. D’altra parte, la medesima ricorrente nel corso del 2019, in occasione della presentazione di una domanda di permesso di costruire in sanatoria, ha indicato come linea di confine fra i due edifici un dato ancora diverso, desumibile dal successivo frazionamento del 1979. Quanto alla servitù di veduta dalle terrazze che si collocano all’interno del confine insistente a carico della p.ed. 438, la controinteressata sottolinea che il ripostiglio, non ancora realizzato, risulta posizionato correttamente all’interno del confine che divide la p.ed. 438 dalla p.ed. 721 e che la sua altezza non supera il parapetto della terrazza della medesima p.ed. 721. Infine, secondo la controinteressata – che, allo scopo, ha versato in atti un elaborato di un proprio tecnico - la sopraelevazione presente nel progetto inserita nella documentazione depositata al Comune di Trento per l’ottenimento del titolo abilitativo non dista 6 metri rispetto al fabbricato della p.ed. 721 bensì 10 metri, nel pieno rispetto della normativa, anche nazionale, vigente.

7. Alla camera di consiglio del 15 settembre 2022 la ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare a fronte dell’impegno della parte controinteressata a non eseguire i lavori di sopraelevazione contestati sino al deposito della sentenza di merito.

8. Nel prosieguo tutte le parti hanno depositato ulteriori memorie per lo più ribadendo le ragioni già precedentemente e rispettivamente rappresentate.

9. All’odierna pubblica udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I) In limine litis il Collegio ritiene priva di fondatezza l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla controinteressata. Vige, infatti, in tema di individuazione del confine fra proprietà finitime e dei contenuti e limiti del diritto di servitù di veduta nonché delle distanze fra costruzioni o di queste con i confini, il regime della c.d. “ doppia tutela ”. Il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è infatti in tali frangenti titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell’autore dell’attività edilizia illecita, con la conseguente sussistenza al riguardo della giurisdizione del giudice ordinario. In tale ipotesi il giudice ordinario, qualora accolga la domanda di tale titolare di diritto soggettivo, disapplica il titolo edilizio emesso dall’Amministrazione ai sensi degli artt. 4 e 5 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ossia prescinde dal suo contenuto al fine della definizione della causa. Dall’altro, il soggetto medesimo è anche concomitantemente titolare dell’interesse legittimo all’annullamento del provvedimento illegittimamente emesso dell’Amministrazione allorquando tale attività sia stata autorizzata, consentita o comunque permessa dall’Amministrazione medesima: posizione, questa ,da far viceversa valere innanzi al giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. II, n. 3485 del 3 giugno 2020;
Cons. Stato, sez. IV, n. 81 del 14 gennaio 2016;
Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 2010, n. 25475;
T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, n. 1129 del 16 maggio 2022;
T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, n. 854 del 14 aprile 2022;
T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, n. 2837 del 17 dicembre 2021) nell’ambito della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a. In particolare “ il giudice ordinario investito di una controversia relativa alla violazione delle distanze fra costruzioni, nell’ambito della propria giurisdizione può sempre accertare incidentalmente l’eventuale illegittimità dei provvedimenti amministrativi in virtù dei quali la costruzione sia stata assentita e fare luogo alla loro disapplicazione, senza tuttavia che la pronuncia così adottata produca effetti di giudicato, trasformando la relativa questione in pregiudiziale ai sensi dell’art. 34 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4490, e i precedenti ivi richiamati). In modo speculare, la pronuncia del giudice amministrativo investito della domanda di annullamento di un titolo edilizio concerne esclusivamente il profilo pubblicistico relativo al corretto esercizio del potere amministrativo, e non ha efficacia di giudicato nell’eventuale controversia civilistica in cui le parti private facciano valere i rispettivi diritti (cfr. Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2017, n. 6855) ” (cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, n. 993 del 10 agosto 2022). In conclusione, discende da quanto precede che pur facendosi in questa sede questione di tematiche prettamente civilistiche quali - si ribadisce - l’individuazione del confine fra proprietà finitime, i contenuti e limiti del diritto di servitù di veduta, nonché le distanze fra costruzioni, l’illegittimità del titolo edilizio evocata nella prospettiva caducatoria del medesimo radica in ogni caso la giurisdizione di questo Tribunale, e a ciò consegue la reiezione dell’eccezione in rito avanzata dalla controinteressata.

II) Ciò posto, il Collegio ritiene peraltro di prescindere dall’eccezione di inammissibilità ancora una volta prospettata dalla controinteressata per la pretesa carenza di un interesse concreto e attuale da parte della ricorrente ad agire in giudizio. Alla luce delle considerazioni che seguono nessun motivo di ricorso merita infatti di essere accolto.

III) Non merita favorevole apprezzamento il primo motivo con il quale la ricorrente deduce la carenza di legittimazione ex art. 81 della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15 in capo alla controinteressata ai fini della richiesta di permesso di costruire, poiché i lavori assentiti non riguarderebbero la p.ed. 438 ma interesserebbero invece la p.ed 721 di proprietà della ricorrente stessa. Sulla base di una relazione peritale predisposta dal proprio tecnico di fiducia la ricorrente in particolare sostiene che il confine reale tra le due proprietà non corrisponderebbe a quello indicato nel progetto allegato al permesso di costruire qui impugnato, sussistendo al riguardo uno spostamento della dividente “ in una misura variabile da 0,30 a 0,50 metri rispetto alla linea di confine ”.

In disparte il fatto che un contributo peritale di parte non costituisce un mezzo di prova e che, pertanto non fornisce dimostrazione della rispondenza al vero di quanto affermato (cfr. Cons. Stato, sez. II, n. 3485 del 3 giugno 2020;
Cons. Stato, sez. IV, 31 agosto 2018, n. 5128), in ogni caso il primo motivo sconta un errore di fondo. Viene infatti sottesamente preteso dal Comune, in sede di rilascio del titolo edilizio ai sensi dell’art. 81, comma 1, della l.p. n. 15 del 2015 (“ Possono chiedere il permesso di costruire i proprietari dell’immobile e i soggetti in possesso di un altro titolo idoneo ”), l’esercizio di un controllo sulla pratica edilizia secondo un’estensione cui l’Ente non è tenuto.

Tale essendo la materia del contendere, costituisce allora ius receptum che “.. la questione della titolarità del bene in ordine al quale viene chiesto un titolo abilitativo al Comune, è questione incidentale che non può farsi coincidere con l’accertamento della titolarità reale, la quale non compete funditus, né alla amministrazione competente in materia edilizia, né al giudice amministrativo in sede di controllo di legittimità, ma al giudice ordinario. Come evidenziato dalla giurisprudenza consolidata (ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 2397 del 2018 e n. 2116 del 2016;
sez. V, n. 1990 del 2012), ai fini del rilascio del titolo, l’amministrazione è onerata del solo accertamento della sussistenza del titolo astrattamente idoneo alla disponibilità dell’area oggetto dell’intervento edilizio, desunta dagli atti pubblici prodotti ed, in via residuale, dalle risultanze catastali. L’attività istruttoria che l’amministrazione deve svolgere, essendo finalizzata alla verifica dell’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull’immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, non è diretta a risolvere i conflitti di interesse tra le parti in ordine all’assetto proprietario degli immobili interessati e, pertanto, non deve effettuare complesse indagini e ricognizioni giuridico-documentali sul titolo di proprietà. In definitiva, se il Comune, e poi il giudice in sede di controllo di legittimità, non può esimersi dal verificare il rispetto dei limiti privatistici sull’intervento proposto, condizione è che questi siano realmente conosciuti o immediatamente conoscibili e non contestati, così che il controllo da parte del Comune (e del giudice amministrativo) si traduce in una mera presa d’atto, senza necessità di procedere a un’accurata e approfondita disamina dei rapporti tra privati. D’altra parte, gli effetti dei titoli edilizi sono confinati sul solo versante pubblicistico, non interferendo sui rapporti di natura privata connessi o implicati nelle vicende immobiliari che riguardano l’attività urbanistico – edilizia, come è stabilito in modo chiaro, dall’art. 11, comma 3, del testo un. edil., in riferimento al permesso di costruire
.” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2019, n. 3522).

Questo Tribunale, a sua volta, (cfr.T.R.G.A. Trento, n. 29 del 19 febbraio 2020;
T.R.G.A. Trento, n. 89 del 15 giugno 2020;
T.R.G.A. Trento, n. 138 del 13 agosto 2020) ha già avuto modo di esprimere la propria convinta adesione, da confermarsi anche in questa sede, rispetto al suddetto orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. IV, n. 1302 del 24 febbraio 2022;
Cons. Stato, sez. IV, n. 5407 del 19 luglio 2021), puntualizzando altresì: “ Al riguardo il Collegio ritiene che la disposizione dell’art. 81, comma 1, della legge provinciale n. 15/2015 vada interpretata (al pari dell’analoga disposizione dell’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001) alla luce dei generali principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e, soprattutto, di funzionalizzazione dell’esercizio del potere pubblicistico al perseguimento dello specifico interesse pubblico predeterminato dalla legge. In particolare la disposizione dell’art. 81, comma 1, della legge provinciale n. 15/2015 (come quella dell’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001) impone al Comune soltanto di accertare che il richiedente sia in possesso di un titolo civilistico astrattamente idoneo in relazione alla tipologia dell’intervento proposto. Invece, diversamente opinando, si finirebbe per ammettere che il potere pubblicistico sia stato attribuito anche al fine di dirimere questioni di natura esclusivamente privatistica ”.

Neppure va sottaciuto che ai sensi dell’art. 11, comma 3, del Testo Unico approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, “ il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi ”, e la relativo norma “ per certo configura un principio generale di diritto precettivo anche nel contesto della competenza primaria della Provincia autonoma di Trento in materia urbanistico-edilizia (cfr. l’art. 8, n. 5, dello Statuto della Regione autonoma Trentino – Alto Adige/ Südtirol, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e che il legislatore statale ha introdotto nel proprio testo unico disciplinante l’attività edilizia derivandolo da una connotazione propria del precedente istituto della concessione edilizia di cui all’art. 4 della l. 28 gennaio 1977, n. 10 già ad esso riconosciuta dalla coeva giurisprudenza (cfr. al riguardo, ad es., Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 1997, n. 699, e 30 aprile 1997, n. 425) e che ha determinato e determina a tutt’oggi la prassi della tralatizia inclusione della relativa clausola nel testo dei titoli edilizi rilasciati dalle amministrazioni comunali ” (cfr. sul punto T.R.G.A. Trento, n. 138 del 13 agosto 2020). E, del resto, anche il provvedimento qui impugnato reca la surriferita clausola che salvaguarda gli eventuali diritti di terzi circoscrivendo l’ambito di efficacia del provvedimento medesimo.

Ebbene, nel caso di specie il Comune si è - per l’appunto - trovato ad assentire lavori, “ fatti salvi i diritti dei terzi”, nel contesto di una controversia insorta tra proprietari limitrofi di carattere fondamentalmente civilistico e che, di per sé - segnatamente con riguardo alla posizione giuridica di diritto soggettivo qui concomitantemente dedotta dalla ricorrente medesima e che, a ben vedere, è stata formulata nella presente sede di giudizio nella sostanziale prospettazione di una posizione legittimante dell’interesse legittimo qui fatto valere, per l’appunto, in forza della titolarità di un diritto soggettivo – risulterebbe, se considerata per se stante, di naturale competenza del giudice ordinario, ma che – per effetto della normativa urbanistica ed edilizia – si riflette sul procedimento amministrativo per il rilascio del titolo. Ciò posto, va allora riconosciuto che è in effetti probabile che il Comune non abbia avuto contezza della diatriba fino alla notificazione del presente gravame: e ciò a fortiori , tenuto conto dei limiti di indagine posti all’Amministrazione come sopra evidenziati, nonché della effettiva complessità della questione come qui emerge (solo) dall’elaborato peritale che la ricorrente ha versato in atti al fine di dimostrare le proprie ragioni, così come da quello che ha presentato per il medesimo motivo anche la controinteressata. Peraltro prima facie ed in astratto la richiesta del titolo edilizio e la documentazione allegata non potevano che condurre il Comune a riconoscere nella controinteressata la proprietaria dell’immobile, come tale legittimata a richiedere rebus sic stantibus il rilascio del permesso di costruire. Si aggiunga che anche volendo solo in ipotesi considerare la perizia della ricorrente non può che rilevare negativamente la risalenza temporale del frazionamento su cui la stessa si basa.

E allora, alla luce degli arresti giurisprudenziali dianzi richiamati, l’istruttoria nella specie compiuta dal Comune, priva di valutazioni civilistiche che appartengono alla competenza dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, appare tuttavia essere quella necessaria e sufficiente nella circostanza. In altri termini, la ritenuta legittimazione della controinteressata a richiedere il permesso di costruire ex art. 81 della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15, sfugge alle censure della ricorrente.

Per concludere è appena il caso di rilevare “ che la realizzazione dell’opera edilizia assentita dall’Amministrazione comunale, se non costituisce illecito amministrativo proprio in quanto munita del correlativo titolo edilizio, ben potrebbe costituire allo stesso tempo illecito civile ove risulti incidere su diritti di terzi che per se stanti possono rivelarsi estranei all’applicazione delle norme urbanistico-edilizie, ossia su di una sfera di rapporti cui l’Amministrazione comunale non può – per l’appunto - che rimanere a sua volta estranea. Ed ecco dunque il motivo per cui le eventuali limitazioni alle facoltà del proprietario (o del comproprietario) riferibili sia alla “piena” titolarità del suo diritto, sia al concreto esercizio dello ius aedificandi in relazione a diritti di terzi (anche comproprietari), rimangono estranee rispetto al profilo della legittimità del provvedimento amministrativo, ma per converso rimangono dal provvedimento medesimo impregiudicate e sono conseguentemente tutelabili innanzi al giudice di tali posizioni giuridiche assodatamente sostanzianti diritti soggettivi, ossia il giudice ordinario ” (T.R.G.A. Trento, n. 138 del 13 agosto 2020);
ovvero –-e detto altrimenti – “una pratica edilizia può essere intestata a chiunque possegga un titolo su quell’immobile e le comunicazioni rilevanti devono essere inviate dall’amministrazione esclusivamente nei confronti di chi risulta essere ‘'intestatario della pratica medesima, a nulla rilevando gli specifici assetti proprietari di dettaglio dell’immobile in questione;
infatti l’indagine della p.a. sulla disponibilità dell’immobile deve avvenire in base ad un principio di ragionevolezza e di presumibile verosimiglianza, non potendosi pretendere che il Comune eserciti d'ufficio una puntuale investigazione per verificare in modo incontestabile che il richiedente abbia un titolo legittimo per l’uso dell'area nei sensi di cui alla richiesta di rilascio del titolo edilizio”
(così, ex plurimis e tra le più recenti, T.A.R. Lazio, Latina,, 6 giugno 2022, n.517, anche sulla scorta di Cons. Stato, Sez. II, 12 marzo 2020, n. 1766).

III) Neppure coglie nel segno il secondo motivo con cui la ricorrente sostiene che l’intervento autorizzato sulla p.ed. 438 violerebbe l’art. 907 del codice civile andando a pregiudicare la servitù di veduta di cui beneficia la sua proprietà confinante, e ciò attraverso la realizzazione di un volume all’ultimo piano dell’edificio e la prevista collocazione del cappotto termico. Posto che il cappotto termico ai sensi dell’art. 86 della legge provinciale 4 marzo 2008 n.1 non rileva ai fini delle distanze salvo il rispetto del codice civile, ostano in ogni caso all’accoglimento del mezzo in esame le medesime ragioni esposte nel motivo che precede. In tal senso, vale infatti evidenziare che dalla documentazione progettuale prodotta ai fini del rilascio del titolo edilizio non emerge alcun elemento da cui dedurre la sussistenza della servitù di veduta a favore della p. ed. 721 e a carico della p.ed. 438. L’asserito contrasto con l’art. 907 del codice civile per certo nella specie non risalta immediatamente, permettendo di concludere per la legittimità dell’agire dell’Amministrazione comunale. Né comunque , rebus sic stantibus , il volume destinato a ripostiglio prima facie non pare superare il parapetto della terrazza della p.ed 721: e, se così è, la lesione della posizione giuridica qui fatta valere dalla ricorrente, non rilevandosi allo stato nella sua materialità, rende comunque inattuale il suo interesse presentemente fatto valere in questo giudizio.

Esso potrà peraltro concretizzarsi, ove del caso, soltanto nell’ipotesi in cui la ricorrente medesima accerti che il manufatto realizzato dalla controinteressata superi l’altezza dell’anzidetto parapetto, con conseguente sua possibilità di adire il Giudice ordinario a tutela della propria posizione giuridica di diritto soggettivo in tal modo - e solo a quel momento - lesa.

Tale notazione di fondo consente quindi di concludere, anche con riguardo al motivo di ricorso ora disaminato, che il permesso di costruire è inidoneo a incidere sui diritti di terzi, che sono sempre fatti salvi e conservano comunque adeguata tutela giurisdizionale dinanzi al Giudice ordinario, il solo chiamato a dirimere funditus le questioni che attengono ai rapporti privatistici tra vicini.

IV) Infine non ha miglior sorte il terzo motivo che si appunta sull’Allegato 2 alla deliberazione della Giunta provinciale n. 2023 di data 3 settembre 2010, avente ad oggetto “ Disposizioni attuative della legge urbanistica provinciale 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio) e del Piano urbanistico provinciale, approvato con legge provinciale 27 maggio 2008, n. 5, in materia di metodi di misurazione degli elementi geometrici delle costruzioni, distanze, spazi di parcheggio, fasce di rispetto cimiteriale, variazioni di lieve entità apportate in corso d'opera al progetto assentito, aree produttive del settore secondario nonché attrezzature di servizio e infrastrutture strettamente connesse allo svolgimento degli sport invernali ”. Il vizio in esame avversa anche l’art. 4 ( rectius art. 3) delle NTA del PRG che rinvia alle disposizioni provinciali vigenti in materia di distanze. Alla riscontrata fondatezza del motivo conseguirebbe pertanto, in via derivata, l’illegittimità del titolo edilizio qui impugnato..

Al riguardo vale evidenziare che il suddetto Allegato 2 viene censurato per non aver considerato, quanto agli interventi di sopraelevazione le distanze del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 indicate in non meno di 10 metri e di aver invece previsto le distanze di 3 metri stabilite dal codice civile. La censura muove dall’assunto che la sopraelevazione costituisca una nuova costruzione.

A tacere dell’aderenza - o meno - dei manufatti qui considerati, atteso che la parte ricorrente ha descritto gli edifici dei proprietari su fondi finitimi coinvolti in causa, come realizzati “ in aderenza, o meglio addossati l’uno all’altro ” (pag. 2) e che nello specifico l’intervento proposto dalla controinteressata ed assentito dal Comune (pag. 12) come un “ volume destinato a ripostiglio in aderenza al parapetto della p.m. 2 della p.ed. 721 e la creazione in posizione retrostante rispetto a detto volume e inferiore rispetto a 10 metri rispetto alla p.ed. 721 di una sopraelevazione rispetto alla precedente struttura di copertura di circa m. 2,70 ”, rimane il fatto che la sopraelevazione in questione non costituisce una nuova costruzione alla luce dell’impianto legislativo complessivo vigente in provincia di Trento. Invero, il citato Allegato 2 risulta adottato in attuazione della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1 (art. 58), configurandosi - altresì - quale esecuzione della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15. Tali fonti legislative, incontestate anche dalla ricorrente, oltre a richiamare l’art. 2 bis del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, distinguono, anche ai fini delle distanze, tra sopraelevazione e nuova costruzione, come emerge in tutta evidenza dall’art. 59 e dall’art. 77 dell’anzidetta l.p. n. 15 del 2015. Non giova quindi alla ricorrente richiamare per il caso di specie quella giurisprudenza costituzionale che, con riferimento alla legislazione di altre Regioni, ha ritenuto da un lato inammissibile differenziare tra sopraelevazione e nuova costruzione ai fini delle distanze e, dall’altro, che queste ultime rientrino nella materia “ ordinamento civile ” attribuita alla competenza statale dall’art. 117 comma 2 lett. l) della Costituzione.(cfr. ad es., ex plurimis , la sentenza 16 giugno 2013, n. 6232 cfr. tuttavia, in senso contrario, la più recente Corte Cost., 23 giugno 2020, n. 119).

Ciò posto, quanto agli interventi di sopraelevazione e alle distanze tra edifici e dai confini da rispettarsi, rilevano in buona sostanza l’art. 3, comma 2, l’art. 5 comma 1 lettera b) e l’art. 8 comma 2 lettera a) o b), dell’anzidetto Allegato 2, tutti articoli che si riferiscono alle disposizioni del Codice civile sulle distanze.

In definitiva, la ricorrente non ha motivo di dolersi della deliberazione provinciale impugnata poiché tale fonte secondaria risulta in coerente rapporto con le sue fonti primarie, vale a dire la l.p. n. 1 del 2008 e la l.p. n. 15 del 2015, vigenti ed incontestate. D’altra parte, rispetto a queste ultime disposizioni legislative il Collegio neppure ravvisa i presupposti per sollevare in via incidentale la questione di legittimità costituzionale, non solo in termini di non manifesta infondatezza ma anche sotto il profilo della stessa rilevanza ai fini del decidere (cfr. art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87). Infatti - e a ben vedere - proprio l’imprecisa e contraddittoria - a tratti pure fuorviante - descrizione della situazione dei due immobili e degli interventi che ivi si prospettano, così come equivocamente esposta nel ricorso (basti considerare a tal riguardo la questione “ aderenza ” dei fabbricati e delle opere) induce più di un dubbio circa la materiale sussistenza nella specie dei presupposti fattuali per proporre la questione medesima. Quanto alla sua non manifesta infondatezza, non va sottaciuto che alla Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell’art. 8 comma 1 numero 5 dello Statuto speciale di autonomia della Regione Trentino - Alto Adige/Südtirol, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e successive modifiche è attribuita una competenza legislativa primaria, soggetta ai limiti indicati nell’art. 4, (armonia con la Costituzione, con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociale della Repubblica) segnatamente disposti in materia di urbanistica e piani regolatori. Anche riconducendo alla materia “ ordinamento civile ” la disciplina sulle distanze, l’intreccio di competenze determinatosi risulta peraltro risolto a mezzo di un ragionevole punto di equilibrio dagli artt. 59 e 77 della l.p. n. 15 del 2015 e, conseguentemente, dall’Allegato 2 della deliberazione della Giunta Provinciale 3 settembre 2010 n. 2023 che, disciplinando il tema delle distanze nelle ipotesi di sopraelevazione, ha previsto i 3 metri stabiliti dal codice civile.

Tenuto conto di quanto precede anche il terzo motivo è privo di fondatezza.

V) All’infondatezza dei motivi consegue la reiezione del ricorso.

VI) Le spese e gli onorari del giudizio seguono la regola della soccombenza di lite e sono liquidati nel dispositivo.

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