TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-06-03, n. 202402068

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-06-03, n. 202402068
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202402068
Data del deposito : 3 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/06/2024

N. 02068/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02040/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2040 del 2023, proposto da
G G, rappresentato e difeso dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana (Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri Giustizia;

nei confronti

Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della nota della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina n. 0013432 in data 20/07/2023, con cui è stata respinta l’istanza di nulla-osta in relazione al procedimento di condono ai sensi dell’artt. 32 della legge n. 326/2003, dell’art. 23 della legge regionale n. 37/85 e della legge regionale n. n. 15/2004, disponendosi il “rigetto” della “pratica” e la “rimessione in pristino dello stato dei luoghi” entro novanta giorni.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2024 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato la nota della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina n. 0013432 in data 20/07/2023, con cui è stata respinta l’istanza di nulla-osta in relazione al procedimento di condono ai sensi dell’artt. 32 della legge n. 326/2003, dell’art. 23 della legge regionale n. 37/85 e della legge regionale n. n. 15/2004, disponendosi il “rigetto” della “pratica” e la “rimessione in pristino dello stato dei luoghi” entro novanta giorni.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) il ricorrente è proprietario di un fabbricato ubicato nel Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, nella Via Malaspina 60, edificato in zona agricola “E1” a “rischio archeologico” secondo il vigente Piano Regolatore Generale, in relazione al quale è stata presentata istanza di condono n. 860 in data 5 gennaio 2005 con riferimento ai lavori di sopraelevazione del secondo piano del manufatto;
b) con istanza in data 13 dicembre 2007, reiterata in data 8 luglio 2009, è stata presentata richiesta del nulla-osta paesaggistico alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina;
c) con la nota in questa sede impugnata la Soprintendenza ha omesso di esprimere il proprio avviso e ha respinto la domanda di condono, ordinando la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali ha adottato un atto provvedimentale, esorbitando dalle proprie competenze consultive;
b) il procedimento di condono inizia e termina a livello comunale e la Soprintendenza non può pronunciarsi in luogo del Comune, cui parimenti spetta l’eventuale ordine di riduzione in pristino, il quale non può comunque essere adottato quando il procedimento di sanatoria è ancora pendente;
c) in ogni caso, l’ordine avrebbe potuto riguardare le sole parti difformi rispetto all’originario fabbricato, previa concessione alla parte interessata della possibilità di dimostrare l’oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione di tali parti difformi senza incidere sulla stabilità dell’intero edificio;
d) il parere della Soprintendenza sulla compatibilità paesaggistica di un intervento edilizio, pur essendo espressione di discrezionalità tecnica, è sindacabile in sede giurisdizionale per difetto di motivazione, illogicità manifesta o errore di fatto;
e) in particolare, la motivazione del diniego deve far riferimento alla descrizione dell’edificio e del progetto, del contesto paesaggistico e del rapporto tra edificio, non potendo utilizzarsi formule stereotipate;
f) il fabbricato si trova in zona agricola “E1” a semplice “rischio archeologico” e non ricorre un’ipotesi di vincolo di inedificabilità;
g) l’art. 35 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune contempla, oltre aree archeologiche e di interesse archeologico, anche aree a rischio archeologico, ove sono consentite nuove costruzioni;
g) anche ammesso che l’area sia vincolata, la sanatoria è consentita se la realizzazione delle opere abusive ha avuto luogo prima dell'imposizione del vincolo e se le opere siano comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
h) il cosiddetto “terzo condono” è precluso solo qualora sussista un vincolo di inedificabilità assoluta, mentre nel caso di vincoli relativi la sanatoria è ammessa purché ricorrano le condizioni contemplare dall'art. 32, comma 27, lettera d, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/ 2003;
i) nel caso di specie il presunto vincolo è stato introdotto dal Piano Regolatore Generale approvato con decreto assessoriale in data 8 febbraio 2007, mentre le opere sono state realizzate in data anteriore al 31 marzo 2003;
l) inoltre, il citato art. 35 ammette la realizzazione di nuove costruzioni e il successivo art. 56 consente in zona E1 interventi di ampliamento, sopraelevazione e nuova edificazione;
m) sotto il profilo volumetrico, la cubatura risulta di metri cubi 422,64, mentre la disciplina ammette la sanatoria di costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi;
n) il provvedimento impugnato contiene un generico riferimento alla circolare assessoriale n. 2/2022 in data 30 dicembre 2022, che richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 252/2022 in data 19 dicembre 2022, con cui è stato dichiarato illegittimo l’art. 25-bis della legge regionale n.. 16/2016, introdotto con legge regionale n. 19/2021;
o) tale pronuncia, tuttavia, non intacca la ricostruzione della disciplina di cui al parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 291/2010, reso nell’Adunanza del 31 gennaio 2012;
p) alla Corte Costituzionale spetta, invero, statuire sulla incostituzionalità delle leggi, mentre compete al giudice interpretare queste ultime;
q) l’unica interpretazione corretta della normativa relativa al terzo condono conduce alla conclusione che il divieto di cui lettera d) del 32 del decreto legge n. 269/2003, deve considerarsi riferito ai vincoli “assoluti”, non a quelli “relativi”;
per i quali può ottenersi la sanatoria ove sussistano le condizioni stabilite dagli art. 32 e 33.

L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi quanto segue: a) è intervenuta la realizzazione di volumi e superfici utili e, come affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 252/2022 del 19 dicembre 2022, nelle zone vincolate paesaggisticamente non è possibile in tale caso la sanatoria contemplata dal cosiddetto terzo condono;
b) nell’area è stato apposto il vincolo paesaggistico con il Piano Paesaggistico, Ambito 9, approvato con decreto assessoriale n. 90 del 23 ottobre 2019;
c) è irrilevante che il vincolo sia stato apposto in epoca successiva alla realizzazione dei manufatti abusivi, essendo nondimeno necessaria l'acquisizione del parere della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali ove il vincolo sussista al momento dell'esame della domanda di sanatoria;
d) l’abuso in questione ricade nella tipologia 1 (opere non conformi alla strumento urbanistico), poiché in zona E1, con indice di fabbricabilità metri cubi 0,03 per metro quadro, per la sola sopraelevazione sarebbe necessario un fondo di almeno 15.000 metri quadrati;
e) il provvedimento è motivato per relationem e non era necessaria alcuna specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale in ordine all'intervento repressivo, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile del privato alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare;
f) il preavviso di diniego trova applicazione solo per le nuove opere edilizie da realizzare, in relazione alle quali possono essere apportate modifiche o prodotte memorie in ipotesi utili ad una più approfondita valutazione del caso di specie, mentre le opere già realizzate sono ormai immodificabili;
g) non era necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, in quanto l’atto presentava natura vincolata.

Con memoria in data 26 aprile 2024 il ricorrente, nel ribadire le proprie difese anche alla luce della sentenza del T.A.R. Sicilia, Catania, II, 7 dicembre 2023, n. 3692, ha osservato, in particolare, quanto segue: b) non può condividersi la tesi dell’Amministrazione secondo cui, nonostante la normativa speciale contempli il limite di 750 metri cubi, dovrebbe applicarsi l’indice di fabbricabilità relativo alla zona agricola;
c) va anche menzionata l’ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 357/2023 in data 9 novembre 2023, con cui è stato affermato che il tema da approfondire per la soluzione della problematica oggetto del ricorso attiene alle ricadute della declaratoria di incostituzionalità della nuova legge regionale rispetto al pregresso assetto, giurisprudenzialmente consolidatosi ;
d) in subordine, si sollecita il Tribunale a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, commi 26 e 27, lettera d, del decreto legge n. 269/2003 per violazione degli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione, in quanto, pur in presenza di opere abusive suscettibili di positiva valutazione di compatibilità paesaggistica in presenza di vincolo relativo, l’automatica non sanabilità delle tipologie di illecito di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1 del decreto legge determina una palese violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza poiché, di fatto, cittadini che si trovano in situazione sostanzialmente eguale sono sottoposti ad un trattamento diverso;
e) invero, abusi implicanti aumento di superficie e di volume realizzati in aree non vincolate possono beneficiare del condono, mentre gli stessi abusi posti in essere in aree con vincolo relativo di inedificabilità non potrebbero ottenere la sanatoria;
f) tale conclusione è, peraltro, confortata dalla giurisprudenza indicata in memoria (Consiglio di Stato, Sezione VII, 27 luglio 2023, n. 7381;
Consiglio di Stato, Sezione VI, 9 giugno 2023, n. 5663), nonché dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 75/2022.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio osserva quanto segue.

Il nucleo fondamentale della vicenda è già stato ripetutamente affrontato dalla Sezione con recenti pronunce (cfr., ad esempio, le sentenze n. 1794/2024 e n. 1791/2024, in data 14 maggio 2024;
n. 1765/2024, n. 1764/2024, n. 1763/2024, n. 1762/2024, n. 1761/2024, n. 1760/2024, n. 1755/2024, n. 1755/2024 in data 10 maggio 2024;
n. 1627/2024, n. 1626/2024, n. 1621/2024, n. 1629/2024 e n. 1619/2024 in data 3 maggio 2024;
n. 1581/2024 in data 30 aprile 2024;
n. 1561/2024 in data 29 aprile 2024;
n. 1330 in data 8 aprile 2024;
n. 1279/2024 in data 3 aprile 2024;
n. 1102/2024, n. 1101/2024, n. 1094/2024, n. 1091/2024 e n. 1090/2024 in data 19 marzo 2024).

Confermando le valutazioni espresse in tali circostanze, la Sezione osserva che con circolare dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente n. 02 in data 30 dicembre 2022 è stato correttamente precisato quanto segue: a) la Corte Costituzionale, con sentenza n. 252/2022, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, primo comma, della legge regionale n. 19/2021 e in via consequenziale degli artt. 1, secondo comma, e 2 della stessa legge;
b) ne consegue, con riferimento al cosiddetto terzo condono, l’inammissibilità delle domande di sanatoria per abusi commessi in zona soggetta a vincolo di inedificabilità relativa;
c) la decisione della Corte Costituzionale è conforme, peraltro, all’orientamento già espresso sul punto dalla Corte di Cassazione;
d) pertanto, nelle aree sottoposte a vincolo sono sanabili, ai sensi del cosiddetto terzo condono, solo gli interventi edilizi di minore importanza (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, opere che non comportino nuovi volumi o superfici).

Tali affermazioni sono conformi alla conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza amministrativa sul punto, potendo farsi menzione dei seguenti precedenti del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, nonché del T.A.R. Sicilia, Sede di Palermo e Sezione Distaccata di Catania: a) Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 836/2023 in data 27 novembre 2023 e n. 288/2023 in data 19 aprile 2023;
b) T.A.R. di Palermo, I, 22 dicembre 2023, n. 3832;
1 dicembre 2023, n. 3586;
27 novembre 2023, n 3541;
c) T.A.R. di Catania, II, n. 3692/2023, n. 3694/2023 e n. 3695/2023 in data 7 dicembre 2023;
n. 3304/2023 in data 7 novembre 2023;
n. 3222/2023 in data 30 ottobre 2023;
n. 3182/2023 in data 27 ottobre 2023.

In particolare, nelle decisioni indicate è stato precisato che: a) per consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, VI, 30 gennaio 2023, n. 1036;
Consiglio di Stato, I, 18 gennaio 2023, n. 90;
Consiglio di Stato, VI, 14 ottobre 2022, n. 8781), ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003 (terzo condono), sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico), purché ricorrano “ congiuntamente ” determinate condizioni: - che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo (e non necessariamente che comporti l’inedificabilità assoluta);
- che pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
- che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illeciti di cui ai numeri 4, 5, e 6 dell’allegato 1 al decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria);
- che sia intervenuto il parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo.

Più analiticamente le affermazioni della giurisprudenza (e dell’Assessorato Regionale) si giustificano sulla base delle seguenti argomentazioni.

L’art. 32, comma 26, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, recita come segue:

Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1:

a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;

b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio .

Nell’allegato 1 sono contemplate le tipologie di opere suscettibili di sanatoria alle condizioni di cui all'articolo 32:

Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;

Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del presente provvedimento;

Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'articolo 3, comma 1, lettera d) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;

Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;

Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3, comma 1, lettera c) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;

Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite all'articolo 3, comma 1, lettera b) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.

L’art. 32, comma 27, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, per quanto in questa sede interessa, prevede, invece, quindi, segue:

Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:

d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;

e) siano state realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

Come si evince da quanto esposto, l'art. 32, comma 27, lettera d), del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, confermando le previsioni di cui agli artt. 32 e 33 della legge n. 47/1985, esclude dalla sanatoria le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (sul punto, cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 17 settembre 2015, n. 599).

L’art. 24 della legge regionale n. 15/2003 ha, peraltro, disposto quanto segue:

Dalla data di entrata in vigore della presente legge è consentita la presentazione dell'istanza per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003, n. 326 e successive modificazioni e integrazioni. Sono fatte salve le istanze di sanatoria già presentate e le anticipazioni versate ai sensi della predetta legge alle quali si applicano le disposizioni di cui al presente articolo .

A sua volta, l’art. 1 della legge regionale n. 19/2021 ha introdotto l’art. 25-bis alla legge regionale n. 16/2016, il cui primo comma stabiliva che:

L'articolo 24 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15 si interpreta nel senso che sono recepiti i termini e le forme di presentazione delle istanze presentate ai sensi dall'articolo 32 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e pertanto resta ferma l'ammissibilità delle istanze presentate per la regolarizzazione delle opere realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta nel rispetto di tutte le altre condizioni prescritte dalla legge vigente .

Con sentenza n. 252/2022 la Corte Costituzionale ha, tuttavia, dichiarato “ costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 29 luglio 2021, n. 19, secondo cui, nel fornire l'interpretazione autentica dell'art. 24 della L.R. Sicilia n. 15/2004, che ha recepito in Sicilia il terzo condono edilizio, previsto dall'art. 32 del D.L. n. 269/2003, è ammissibile la sanatoria delle opere abusive "realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta ", ritenendo la disciplina regionale lesiva della riserva allo Stato della tutela dell’ambiente in quanto in contrasto con la normativa statale di riferimento (art. 32, comma 27, lettera d, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003).

Con la menzionata sentenza in data 19 dicembre 2022, n. 252, la Corte Costituzionale - nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del citato art. 1, primo comma, della legge regionale n. 19/2021, nonché, in via conseguenziale, degli artt. 1, secondo comma, e 2 della medesima legge - ha chiarito che: a) l’art. 24 della legge regionale n. 15/2004 richiama espressamente l’art. 32 del decreto legge n. 269/2003, come convertito, nella sua integralità;
b) di conseguenza, il rinvio riguarda non solo i termini e le forme della richiesta di concessione in sanatoria, ma anche i limiti entro i quali il titolo può e deve essere rilasciato, tra cui quello previsto dal citato comma 27, lettera d , dell’art. 32, il quale attribuisce “carattere ostativo alla sanatoria anche in presenza di vincoli che non comportino l’inedificabilità assoluta”;
c) in tal senso si era ripetutamente espressa, tra l'altro, la Corte di Cassazione Penale, chiarendo che la legge regionale n. 37/1985, nel recepire il primo condono edilizio, che ammetteva la sanatoria in presenza di vincoli relativi, non poteva prevalere sulla normativa statale sopravvenuta, la quale disciplina in ogni suo aspetto il terzo condono edilizio e che è anch’essa recepita dalla legge regionale n. 15/2004, non apparendo condivisibile il diverso avviso espresso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con parere n. 291/2010, reso nell’Adunanza del 31 gennaio 2012, secondo cui in ambito regionale continuerebbe a trovare applicazione la disciplina attuativa del primo condono edilizio, preclusiva della sanatoria solo a fronte di vincoli di inedificabilità assoluta;
d) deve, dunque, escludersi che l’applicabilità del condono edilizio in presenza di vincoli relativi possa rientrare “tra le possibili varianti di senso del testo originario” dell’art. 24 della legge regionale n. 15/2004;
e) assurgono a norme di grande riforma economico-sociale le previsioni statali relative alla determinazione massima dei fenomeni condonabili, cui devono senz’altro ricondursi quelle che individuano le tipologie di opere insuscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 32 del decreto legge n. 269/2003, come convertito, incluso il limite di cui alla lettera d .

Alla luce del superiore quadro normativo e giurisprudenziale, nelle aree sottoposte a vincolo relativo, sono, quindi, sanabili, anche in ambito regionale, i soli interventi edilizi di minore importanza (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, opere che non comportino nuovi volumi o superfici).

In particolare, non è ammesso il condono nel caso di realizzazione di nuovi volumi o superfici.

Per ciò che attiene al profilo paesaggistico, rileva, in particolare, la creazione di ogni tipo di volume, come precisato dalla giurisprudenza: sul punto, cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, VI, 2 luglio 2015, n. 3289 ( coerentemente alla natura degli interessi perseguiti e della norma stessa, il divieto di incremento dei volumi esistenti imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisca a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume );
Consiglio di Stato, II, 24 aprile 2023, n. 4123 ( non è rilevante, sotto il profilo paesaggistico, la distinzione tra volumi e volumi tecnici, tra volumi interrati e fuori terra;
ai fini di tutela del paesaggio, il divieto di incremento dei volumi esistenti si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, non potendo distinguersi tra volume tecnico ed altro tipo di volume, interrato o meno
);
Consiglio di Stato, VI, 14 novembre 2022, n. 9950 ( in area sottoposta a vincolo paesaggistico la realizzazione di un nuovo volume ulteriore va qualificato come nuova costruzione che modifica irreversibilmente lo stato dei luoghi;
hanno una indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull'area sottoposta a vincolo, anche se trattasi di volumi tecnici ed anche se si tratta di una eventuale pertinenza
);
Consiglio di Stato, VI, 21 febbraio 2022, n. 1213 ( nell'ambito dei territori vincolati a livello paesaggistico è da ritenersi preclusa la sanatoria di qualsivoglia nuovo volume, anche di natura tecnica, o di qualsivoglia superficie ).

Considerazioni in parte analoghe valgono in relazione alla nozione di superficie, avendo la giurisprudenza condivisibilmente affermato che in ambito paesaggistico la “ superficie utile ” va “ intesa in senso ampio e finalistico, ossia non limitata agli spazi chiusi o agli interventi capaci di provocare un aggravio del carico urbanistico, quanto piuttosto considerando l'impatto dell'intervento sull’originario assetto del territorio e, quindi, l’idoneità della nuova superficie, qualunque sia la sua destinazione, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio, ragion per cui di superficie utile deve parlarsi in presenza di qualsiasi opera edilizia calpestabile o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia " (T.A.R. Campania, Salerno, I, 4 marzo 2019, n. 358, nonché Consiglio di Stato, VI, 21 febbraio 2022, n. 1213, già citata).

Non vi è, quindi, ragione di disattendere la granitica giurisprudenza (sul punto, cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, I, 18 gennaio 2023, n. 90;
e Consiglio di Stato, VI, 14 ottobre 2022, n. 8781;
Consiglio di Stato, VI, 9 giugno 2023, n. 5663) secondo cui, come è stato già evidenziato, sono insanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico), a meno che non ricorrano congiuntamente le condizioni che già sono state indicate: a) opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo assoluto o relativo;
b) opere che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) opere che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illeciti di cui ai n. 4, n. 5, e n. 6 dell’allegato 1 al decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 236/2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria).

Deve, peraltro, osservarsi che il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza cautelare n. 357/2023 in data 9 novembre 2023, nel disporre la sollecita fissazione dell’udienza di merito innanzi al giudice di primo grado, ha osservato, in relazione a fattispecie parzialmente analoga (e per quanto in questa sede interessa), che il tema da approfondire per la soluzione della problematica oggetto del ricorso attiene alle ricadute della declaratoria di incostituzionalità della nuova legge regionale rispetto al pregresso assetto, giurisprudenzialmente consolidatosi .

Sul punto occorre, però, considerare che la giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi Regionali di Palermo e di Catania trova conforto e fondamento proprio nelle già menzionate ed esplicite pronunce del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che appare opportuno riportare testualmente: a) sulla scorta della recente pronuncia del giudice delle leggi (Corte Costituzionale, 19 dicembre 2022, n. 252), deve infatti ritenersi ormai superato quanto prospettato nel parere di questo Consiglio (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sezioni Riunite, n. 291/10 del 31 gennaio 2012) evocato dall’appellante, sicché, in Sicilia, il terzo condono edilizio, a differenza dei precedenti, non è ammissibile non solo in presenza di vincoli assoluti, ma anche in presenza di vincoli relativi (cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 836/2023 in data 27 novembre 2023);
b) …anche per la natura vincolata degli atti [si] ritiene di poter prescindere dall’esame delle ulteriori censure… anche con riferimento alla sopraggiunta sentenza della Corte Costituzionale n. 252 del 23 novembre-19 dicembre 2022, inerente la piena applicabilità in Sicilia della normativa inerente il cosiddetto terzo condono (cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 288/2023 in data 10 aprile 2023).

Quindi, lo stesso Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha già escluso, in sede di merito (cioè a cognitio plena ) che vi fosse necessità di “approfondire le ricadute della declaratoria di incostituzionalità”, come si desume dalle inequivocabili enunciazioni contenute nelle due sentenze che sono state indicate, con cui è stata affermata la piena applicabilità della disciplina nazionale relativa al cosiddetto terzo condono in ambito regionale.

La formulazione, peraltro, non del tutto esplicita contenuta nella citata ordinanza cautelare n. 357/2023 in data 9 novembre 2023 (approfondire le “ ricadute della declaratoria di incostituzionalità della nuova legge regionale rispetto al pregresso assetto, giurisprudenzialmente consolidatosi ”), sebbene comprensibile avuto riguardo alla natura della decisione adottata (a cognizione sommaria), non appare, allo stato, idonea a giustificare un mutamento dell’indirizzo interpretativo che si è già andato delineando e consolidando alla luce delle non equivoche indicazioni rese dalla Corte Costituzionale, potendo, altresì, farsi menzione sul punto dell’ordinanza cautelare del giudice di appello n. 256/2023 in data 24 luglio 2023, dove parimenti si afferma in modo esplicito che alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale esistente in materia (sent. Corte costituzionale n. 252/2022, che ha dichiarato “costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 29 luglio 2021, n. 19, secondo cui, nel fornire l'interpretazione autentica dell'art. 24 della L.R. Sicilia n. 15/2004, che ha recepito in Sicilia il terzo condono edilizio, previsto dall'art. 32 del D.L. n. 269/2003, è ammissibile la sanatoria delle opere abusive "realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta", ritenendo la disciplina regionale lesiva della riserva allo Stato della tutela dell’ambiente in quanto in contrasto con la normativa statale di riferimento, art.32, comma 27, lett. d), D.l. n.269/2003 conv. in L. 326/2003) e della circolare 02/2022 del Dipartimento regionale dei Beni Culturali che, in applicazione del divieto di condonabilità in aree vincolate ex L. 326/2003, sono sanabili soltanto gli interventi edilizi di minore importanza (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, opere che non comportino nuovi volumi o superfici) .

Ne consegue, quindi, che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, VI, 5 dicembre 2023, n. 10512), nel caso di cosiddetto terzo condono, l’abuso edilizio su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, di natura relativa o assoluta, può essere condonato quando ricorrano, contemporaneamente , le seguenti condizioni: - il vincolo sia stato imposto prima della esecuzione delle opere;
- le opere siano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
- vengano in rilievo solo abusi formali.

Nel caso in esame non ricorrono certamente la seconda e la terza delle condizioni indicate (le quali, si ripete, devono sussistere contemporaneamente ), in quanto, non solo l’abuso non è formale, ma l’opera non è conforme alle prescrizioni dello strumento urbanistico, tenuto conto dell’indice di edificabilità vigente in zona agricola.

In disparte, poi, ulteriori considerazioni, il rilievo di parte ricorrente in ordine alla presunta illegittimità costituzionale della disciplina appare al Collegio manifestamente infondato, in quanto: a) in sede di condono il legislatore non è tenuto a consentire la sanatoria di tutte le opere che avrebbero potuto, in ipotesi, essere assentite se le relative richieste autorizzatorie fossero state tempestivamente formulate;
b) nell’esercizio della propria discrezionalità, certamente non sindacabile dal giudice, il legislatore può ben operare distinzioni che attengano al concreto rilievo dell’abuso, atteso che un illecito edilizio in zona vincolata risulta di maggiore gravità rispetto ad un illecito commesso in zona non vincolata e, pertanto, può essere ragionevolmente ritenuto non meritevole di sanatoria.

In ordine alle ulteriori censure sollevate dalla parte ricorrente occorre anche aggiungere quanto segue: a) il procedimento di condono, allorquando sia necessario il cosiddetto “parere” (in senso atecnico) dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, presenta, in realtà, natura co-decisoria, posto che il Comune non può rilasciare la sanatoria in difformità dalla valutazione espressa da tale autorità;
b) l’area di cui si tratta risulta vincolata in forza del Piano Paesaggistico approvato con decreto assessoriale n. 90 del 23 ottobre 2019 ed è irrilevante che il Piano ammetta eventuali interventi edilizi, perché la circostanza influisce esclusivamente sull’intensità del vincolo, che si configura, appunto, come relativo e non assoluto;
c) è, quindi, ininfluente il rilievo, invero condivisibile, secondo cui il Comune non può porre, né creare ex novo, presunti vincoli di natura archeologica, denominando un’area come a “rischio archeologico”, posto che tale potere spetta all’Amministrazione dei Beni Culturali e Ambientali;
d) a fronte di un atto vincolato in materia di repressione degli abusi edilizi, non si richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale in ordine all’intervento repressivo, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile del privato alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (sul punto, cfr., fra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, IV, n. 3110/2020;
Consiglio di Stato, II, n. 3485/2020, n. 1765/2020, n. 549/2020;
Consiglio di Stato, VI, n. 7793/2019 e n. 3685/2019;
nonché Consiglio di Stato, Ad. Plen., 17 settembre 2017, n. 9);
e) nel caso in esame, pertanto, il provvedimento impugnato risulta adeguatamente motivato attraverso il richiamo, ex art. 3, terzo comma, della legge n. 241/1990, alla circolare assessoriale, la quale precisa chiaramente l’impossibilità di assentire in zona vincolata abusi che abbiano dato luogo alla creazione di nuovi volumi o superfici paesaggisticamente intesi.

Tutto ciò premesso, si rileva con sentenza n. 3692/2023 in data 7 dicembre 2023 la che la Sezione ha già osservato come la giurisprudenza (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, VI, 1 marzo 2023, n. 2194) abbia chiarito che il procedimento di condono edilizio si conclude con la decisione formale del Comune, al quale anche spetta l’adozione di eventuali provvedimenti repressivi e sanzionatori, posto che le autorità preposte alla tutela dei vincoli intervengono in tale procedimento al (solo) fine di esprimere il loro - pur vincolante - avviso.

Nessuna norma relativa a tale specifico provvedimento attribuisce, invero, a tali autorità il potere di definire formalmente il procedimento o di ingiungere la riduzione in pristino.

I poteri repressivi e sanzionatori nella specifica materia paesaggistica sono disciplinati, invero, con riferimento alle diverse fattispecie procedimentali contemplate dal decreto legislativo n. 42/2004 (cfr., in particolare gli artt. 160 e seguenti, nonché gli artt. 167 e 168), nonché nelle particolari ipotesi normate dal D.P.R. n. 380/2001 (cfr., ad esempio, gli artt. 33, terzo comma, e 35 secondo comma), mentre nel caso di condono edilizio che sia definito con provvedimento di diniego, il successivo ordine di demolizione è di competenza del Comune, trovando applicazione l’ordinaria disciplina di cui all’art. 31 e potendo ipotizzarsi una competenza dell’autorità preposta alla tutela del vincolo solo nell’ipotesi - che in questa sede non rileva - di cui al comma 4-bis.

In conclusione, il ricorso appare infondato, salvo per quanto attiene allo specifico ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi contenuto nel provvedimento della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina n. 0013432 in data 20/07/2023, sicché tale atto va annullato nella sola parte in cui dispone, appunto, il ristabilimento dello status quo ante .

Tenuto conto della reciproca soccombenza, della particolare articolazione della questione e anche dei contrasti giurisprudenziali che si sono registrati in materia, le spese di lite vanno compensate.

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