TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2012-02-13, n. 201200147

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2012-02-13, n. 201200147
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Reggio Calabria
Numero : 201200147
Data del deposito : 13 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00446/2010 REG.RIC.

N. 00147/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00446/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 446 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-., rappresentata e difesa dall'avv. Manuela Buffon, con domicilio eletto presso Manuela Buffon Avv. in Reggio Calabria, via C. Portanova Dir. Rausei N. 120;

contro

U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Reggio Calabria, domiciliata per legge in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;

nei confronti di

Salerno-Reggio Calabria Societa' Consortile Per Azioni, -OMISSIS- Costruzioni S.p.A.;

per l'annullamento

-- del provvedimento di cui alla nota della Prefettura di Reggio Calabria – UTG, del 4.05.2010, prot. n. 0029461 (all. n.1), comunicato il 7.05.2010 alla “Salerno-Reggio Calabria - Società Consortile per Azioni” (di seguito, per brevità, solo “SA-RC S.c.p.A.”) che, a sua volta, in data 11.05.2010, l’ha trasmesso alla “-OMISSIS-(per brevità, solo “-OMISSIS-”), con cui si dava atto essere stata emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria, informativa di carattere interdittivo, ai sensi dell’art. 10 DPR 252/1998, nei confronti della -OMISSIS-. (all. n.2);

-- della comunicazione inviata dalla -OMISSIS-, con raccomandata AR del 12.05.2010 e ricevuta il 15.05.2010 (all. n.3) con la quale, preso atto dell’informazione interdittiva resa dalla Prefettura ai sensi dell’art. 10 del DPR 252/1998, dichiarava l’intervenuta risoluzione di diritto di ogni rapporto contrattuale intercorrente con la -OMISSIS-. e, in particolare, degli ordini di fornitura n. CS090000378/1069 del 22.09.2009 e n. CS090000378/1069, con espressa riserva di applicare la penale prevista, a titolo di liquidazione dei danni;

-- della nota nr. 20102-09 AP/AFF/am/SR2 del 23.10.2009 (all. n.4) con la quale la SA-RC S.c.p.A., aveva indirizzato alla Prefettura la richiesta di informazioni di cui all’art. 10 del DPR 252/1998, con riferimento al contratto di subfornitura stipulato con la -OMISSIS-. per l’importo di ¿ 20.000,00;

-- del procedimento amministrativo avviato dal Ministero dell’Interno-Prefettura di Reggio Calabria per l’acquisizione degli elementi atti alla censurata informativa;

-- di ogni altro atto connesso, presupposto, precedente e consequenziale..

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2012 il dott. S G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente impugna gli atti ed i provvedimenti con i quali è stata dichiarata a suo carico la sussistenza di rischi di condizionamento dell’impresa ai sensi dell’art. 10 del DPR 252/1998 ed è stata disposta la risoluzione di contratti in essere con le parti odierne controinteressate.

Con articolati motivi di gravame, dedotti in ricorso e riproposti nei motivi aggiunti, deduce l’illegittimità delle informative prefettizie e degli accertamenti operati dalle Forze dell’Ordine per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Più precisamente, la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 4 del D.Lvo n. 490/1994 e dell’art. 10 del DPR n. 252/1998, la violazione/falsa applicazione della circolare n. 559/1998, con espresso riferimento all’inapplicabilità, alla fattispecie de qua, della disposizione di cui all’art. 10 DPR 252/1998, considerato che il valore complessivo del subcontratto in ordine al quale l’informativa è stata emessa (intercorso tra la -OMISSIS-. e la -OMISSIS- S.p.A.) era di € 16.873,50, al di sotto della cd. soglia comunitaria. Con il secondo motivo, ha rilevato che i provvedimenti impugnati avrebbero dovuto ritenersi viziati da eccesso di potere per carenza di istruttoria – travisamento dei fatti - contraddittorietà e irragionevolezza – difetto di motivazione, contestando, in fatto e diritto, le ragioni addotte dalla P.A., che ritiene di aver confutato con documentazione versata in atti.

Ha poi chiesto la condanna, in via solidale e/o ciascuno dei resistenti per quanto di ragione, al risarcimento di tutti i danni cagionati a seguito della risoluzione contrattuale determinata dall’ informativa richiesta e poi rilasciata dalla Prefettura di Reggio Calabria.

Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio, a difesa degli atti impugnati, e hanno chiesto il rigetto del gravame.

Con ordinanza nr. 207 del 28 luglio 2010, il Tribunale ha respinto la domanda cautelare (ordinanza confermata in appello: v. ord. 5130/2010 della VI Sez. del Consiglio di Stato).

Le parti hanno scambiato memorie.

Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

I) Secondo la giurisprudenza, in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. “c”, del DPR 252/98 è necessario e sufficiente, ai fini della loro adozione, la concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo comune esperienza, possano far presumere non una attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari, ma una effettiva possibilità che tale ingerenza sussista o possa sussistere (ex multis, da ultimo, Consiglio Stato , sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1254;
T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2010 , n. 248;
TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943).

In tal senso, a titolo esemplificativo, è stata ritenuta rilevante la circostanza che un numero congruo di dipendenti di una Cooperativa sociale sia direttamente ricollegato o ricollegabile a sodalizi criminali operanti nel territorio e che tali sodalizi siano essenzialmente omogenei tra loro (TAR Reggio Calabria, 23 marzo 2011, nr. 192);
sono state ancora ritenute rilevanti fattispecie nelle quali venivano accertati interessi comuni nella gestione di affari (Consiglio di Stato, sez. VI, 14 aprile 2009 , n. 2276), offerte di lavoro rivolte dall’imprenditore a soggetto controindicato (TAR Reggio Calabria 7 aprile 2009, nr. 224), una stratificata situazione di parentele dirette tra gli amministratori della società e partecipanti di organizzazione camorristica tratti in arresto (Consiglio di Stato, sez. IV, 02 ottobre 2006 , n. 5753), compartecipazioni sociali o societarie (TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943;
TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 66;
Consiglio di Stato, sez. VI, 21 ottobre 2005 , n. 5952), più situazioni tra quelle descritte concorrenti tra loro (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 66, che tratta una fattispecie nella quale due soci accomandatari dell’impresa ricorrente versavano in una serie di stretti legami parentali con soggetti pluripregiudicati, l’impresa era socia accomandataria di altra impresa attinta da certificazione antimafia, un altro socio accomandatario risultava gravato da più precedenti penali).

Questo Tribunale ha anche avuto modo di chiarire che nell’analisi del contesto imprenditoriale, vanno tenuti presenti la dimensione ed il contesto aziendale (TAR Reggio Calabria, 19 novembre 2010, nr. 1339) ed altri elementi obiettivi, quali la eventuale disponibilità di mezzi dell’impresa, una condizione di interrelazioni tra i soggetti frequentati, qualora risultino, ad esempio, essere tutti affiliati ad una medesima famiglia o contesto mafioso, e dunque associati o comunque contigui tra di loro (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 54), o ancora l’ambito finanziario dei rapporti tra soggetti notati o controllati, posto che ai fini del condizionamento mafioso di una impresa è certamente significativo l’approvvigionamento di mezzi finanziari, il rapporto tra impresa e beni impiegati appartenenti ai terzi, come i noli, o le modalità dell’impiego degli utili e dei proventi e così via (per tutti, si veda TAR Reggio Calabria 28 gennaio 2011, nr. 60).

E’ stato recentemente ritenuto insufficiente, ai fini dell’istituto in esame, un contesto di informazioni risalente nel tempo, rendendosene necessaria una congrua attualizzazione (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 53), così come una mera relazione di parentela tra l’imprenditore ed il suocero, quest’ultimo ritenuto gravitante nell’orbita di una cosca locale (TAR Reggio Calabria, 20 aprile 2011, nr. 350).

II) Così ricostruiti i tratti salienti dell’elaborazione giurisprudenziale dell’istituto, giova osservare che parte ricorrente espone quanto segue:

1) La -OMISSIS-. è stata costituita il 20.10.2006 (atto n. 15447 di rep. e n. 8865 di racc.) tra i soci sigg. G -OMISSIS-nato a Reggio Calabria il 6.07.1983), Rosaria -OMISSIS-) e G -OMISSIS-nato a Scilla il 30.05.1986) e nominato Amministratore Unico il socio sig. G -OMISSIS-cl. 1983).

2) In data 22.09.2009, la -OMISSIS-. ha stipulato con la ditta -OMISSIS- due contratti di fornitura per opere da realizzare a favore della Autostrada SA-RC, e, precisamente, quello portante il n. CS090000377/1068 per la realizzazione di “parete per arco rovescio in lamiera e cassero per murette” per l’importo di € 9.625,00 e quello n. CS090000378/1069 per la fornitura di “parete per arco rovescio in lamiera e piastre in ferro”, per l’importo di € 7.248,50, vale a dire complessivi € 16.873,50. L’art. 13 dei predetti contratti prevede l’accettazione, da parte della -OMISSIS-., del Protocollo d’Intesa siglato tra la Prefettura-UTG di Reggio Calabria, l’ANAS S.p.A. e la Società di Progetto SA-RC S.c.p.A. ai fini di prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata, relativo ai lavori di adeguamento ed ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria (5^ macrolotto: Gioia Tauro-Scilla) del 1° aprile 2005 e l’integrazione dell’11 marzo 2008. La -OMISSIS-., ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., ha inoltre espressamente sottoscritto la clausola risolutiva espressa – verifiche antimafia, ove si prevedeva la risoluzione di diritto del contratto “(...) ove le informazioni antimafia di cui all’art. 10 del DPR 252/1998 abbiano dato esito positivo, anche in caso di informazione atipica”.

3) Le forniture oggetto dei predetti contratti, sono state regolarmente eseguite e fatturate, sebbene altri rapporti intercorrano con la -OMISSIS-, impegnata nel predetto cantiere, per la manutenzione dei mezzi (sostituzione e riparazione gomme) e la fornitura di altro materiale di consumo (ferro).

4) A seguito di dimissioni dell’Amministratore della -OMISSIS-., sig. -OMISSIS-G (assunto ad impieghi della PA a far data dall’11.01.2010), con verbale di assemblea ordinaria del 30.12.2009, l’Assemblea dei soci della -OMISSIS-., ha nominato nuovo Amministratore la sig.na -OMISSIS-M C (nata a Reggio Calabria il 9.04.1987).

5) Con raccomandata del 15.05.2010, la -OMISSIS- apprendeva della nota prot. n. 24056-10 AP/ST/mt dell’11.05.2010, con cui il Contraente Generale comunicava l’intervenuta emissione, da parte della Prefettura di Reggio Calabria, dell’informazione interdittiva ai sensi dell’art. 10 del DPR 252/1998, dichiarava l’intervenuta risoluzione di diritto di ogni rapporto contrattuale intercorrente con la -OMISSIS-. e, in particolare, degli ordini di fornitura n. CS090000377/1068 del 22.09.2009 e n. CS090000378/1069, riservando di applicare la prevista penale a titolo di liquidazione di danni, nella misura del 10% del valore dei richiamati contratti.

6) L’informativa è stata emanata dalla Prefettura su richiesta della SA-RC S.c.p.A., ex art. 10 del DPR 252/1998 giusta Protocollo d’Intesa del 1.04.2005, con riferimento al subcontratto stipulato con la -OMISSIS- per la fornitura di beni il cui importo veniva indicato in € 20.000,00 (parte ricorrente evidenzia che, in realtà, il valore del negozio era pari ad euro 16.873,00);

7) secondo l’Autorità emanante, “(...) la complessiva valutazione di tutti gli elementi acquisiti mediante gli accertamenti disposti per il tramite delle Forze di Polizia, induce a ritenere sussistente il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nell’ambito della società in argomento, ai sensi dell’art. 10 DPR 252/1998, in quanto il genitore della nominata in oggetto (n.d.r. la sig.na -OMISSIS-M C, Amministratore della -OMISSIS-.), condannato per associazione di tipo mafioso e sottoposto a misura di prevenzione, risulta contiguo a cosca mafiosa. Inoltre la giovane età dell’Amministratore non offre sufficiente garanzia che le scelte e gli indirizzi dell’impresa possa essere determinate dal prossimo congiunto, peraltro convivente ”. Tale considerazione fonda la motivazione dell’interdittiva impugnata.

III) Alla luce delle risultanze di giudizio, ed in esito al più maturo ed accurato giudizio proprio della fase del merito, rimeditando il contrario avviso espresso in sede cautelare, il Collegio ritiene che il ricorso è fondato e merita accoglimento.

In merito alla circostanza dell’emissione della certificazione interdittiva per un contratto sotto soglia (primo dei motivi di ricorso), il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che il potere interdittivo del Prefetto ex art. 10, comma 7 del DPR 252/1998 opera solamente al di sopra delle soglie di rilevanza prefissate dalla legge (euro 154.937,07 ex art. 10 DPR 252/1998;
C.S., VI, 29 gennaio 2008, n. 240;
C.S., V, 19 settembre 2008, n. 4533). A tale indicazione, fornita in sede di riforma di sentenze di questo Tribunale, quest’ultimo si è adeguato (v. ad esempio TAR RC 11 agosto 2011, nr. 658, nella quale si afferma che l’espressa previsione dettata dall’art. 1 lett. e) del D.P.R. n. 252/1998, secondo cui le informative non sono "comunque" richieste al di sotto della soglia di 300 milioni di lire, non lascia adito a dubbi interpretativi).

Ad ulteriore conferma di quanto ritenuto nei precedenti del Tribunale, va qui ribadito che non può condividersi il contrario orientamento maturato dal giudice di appello “siciliano”, il quale ammette la possibilità da parte dell’Amministrazione appaltante di chiedere l’informativa antimafia per contratti di importo sotto soglia (CGA, 17 gennaio 2011, nr. 26), non solo per quanto già esposto nella sentenza nr. 658/2011 prima richiamata (che evidenzia la natura meramente assertiva di tale orientamento), ma anche perché l’estensione generalizzata del potere della PA di interdire la contrattazione con la PA – alle condizioni tipiche dell’informativa antimafia del genere di quella qui in esame – a tutte le fattispecie negoziali quali che siano i relativi importi, collide con i più generali principi che informano il sistema sanzionatorio nel nostro Ordinamento sotto i seguenti profili.

1) L’informativa antimafia ex art. 10, comma 7 lett. “c”, del DPR 252/1998 ha per oggetto la individuazione di circostanze dalle quali l’Autorità Prefettizia trae un giudizio che è di sola “possibilità” che le organizzazioni criminali esercitino influenza nella gestione dell’impresa. In forza di tale giudizio, qualora giustificato da circostanze oggettive (come richiesto dalla giurisprudenza richiamata prima sub “I”), l’Ordinamento ammette che la ordinaria capacità d’agire dell’operatore economico venga sottoposta ad un limite autoritativo, che impedisce la conclusione di contratti con la PA. Tuttavia, in quanto volto a prevenire un rischio, l’apprezzamento dell’Autorità ha ad oggetto tipicamente un giudizio di pericolo, che concretizza l’anticipazione della soglia di tutela ad un livello di sicurezza particolarmente elevato, fondato su presupposti di carattere prognostico e probabilistico, ma non di certezza, né – quanto all’oggetto - di accertamento di una condizione effettiva di interrelazione tra l’imprenditore ed ambienti criminali. In altre parole, l’effetto tipico dell’interdittiva è non già l’accertamento della “criminalità” dell’imprenditore o della sua vicinanza collaborativa con organizzazioni criminali, bensì la individuazione del solo “rischio” che l’impresa non sia libera di determinarsi.

2) Trattandosi di un giudizio circa un pericolo concreto e non astratto (attesa la natura dei presupposti dell’esercizio del potere che la giurisprudenza richiede essere dotati di oggettività e conducenza, i quali dunque pongono l’onere della prova della sussistenza del rischio a carico dell’Autorità emanante), esso va condotto secondo i rigorosi limiti che il legislatore attribuisce all’istituto, tra i quali (oltre quello già menzionato che richiede, in presenza di una fattispecie di illecito a forma libera, una motivazione “forte” del provvedimento, a bilanciamento di una previsione normativa corrispondentemente “povera”, ossia non compiutamente tipizzata dal legislatore) quello che prevede che l’esercizio del potere interdittivo sia riservato a contratti di valore al di sopra di una certa soglia.

3) L’individuazione della soglia non è disponibile (ovvero è precettiva e non possiede natura meramente indicativa, come l’interpretazione del CGA implicitamente ma necessariamente presuppone), perché costituisce il punto di equilibrio del bilanciamento di opposti interessi operato dal legislatore. Tale limite è posto, infatti, per contemperare in maniera ragionevole e proporzionata l’esigenza di assicurare le ragioni di interesse pubblico alla prevenzione (ossia a che non interloquiscano con la PA e non usufruiscano così di rimesse pubbliche operatori commerciali che, pur incensurati, possono comunque essere direttamente o indirettamente controllati dalla criminalità) con l’ altrettanto qualificata esigenza di consentire libertà di impresa e speditezza degli affari ad operatori che comunque non sono colpiti da condanne o soggetti a conseguenti interdizioni sanzionatorie di natura penale, ed, al contempo, la celere effettuazione da parte della PA di spese, ordinativi e contratti di uso comune e di minore complessità (secondo logiche di efficienza rilevanti in base ai principi generali di cui all’art. 97 della Costituzione).

4) Al di sotto delle soglie di riferimento, dunque, il legislatore “accetta il rischio” che, sopra soglia, intende, invece, sia preservato con l’uso dei poteri eccezionali che conferisce all’Autorità preposta alla custodia dell’ordine pubblico, perché il controllo e la prevenzione hanno, a loro volta, un costo (in termini economici, sociali e di procedimenti) che si giustifica solamente in ragione di un criterio di adeguatezza e proporzionalità con le dimensioni degli affari che la soglia di rilievo presuppone ed individua.

5) La soglia di rilievo così come fissata dal legislatore è il principale elemento normativo che àncora la previsione - e dunque l’esercizio - di un potere così incisivo, quale quello interdittivo, ad un presupposto di tassatività e determinatezza della fattispecie normativa, il cui rispetto si rivela di centrale importanza per assicurare che la giusta funzione general-preventiva dell’istituto non tramuti – nella sua applicazione pratica - in una generalizzante tendenza repressiva, solo apparentemente rispettosa del principio di legalità e di tipicità (analoga funzione è assegnata dalla giurisprudenza alla motivazione dell’accertamento).

6) La tassatività della previsione normativa ha effetto erga omnes e dunque si impone non solo al Prefetto (di cui vincola il potere), bensì anche alle parti di un negozio di diritto pubblico (che sono i destinatari degli effetti dell’esercizio del potere interdittivo, al pari dell’impresa oggetto di accertamento) e dunque rende illegittima non solo l’emissione, ma anche la richiesta di certificazione per importi sotto soglia (concorrendo entrambe le condotte alla violazione del precetto).

Alla luce di tali principi, il primo motivo di ricorso è fondato, conseguendone l’annullamento degli atti impugnati, perché la controinteressata dante causa dell’odierna ricorrente non avrebbe potuto richiedere e la Prefettura non avrebbe dovuto emanare l’informativa impugnata.

IV) Quanto al secondo motivo di ricorso, con cui si fa valere il difetto di motivazione sostanziale del provvedimento impugnato sotto diversi profili, il Collegio ne ravvisa la fondatezza.

Al più attento esame delle risultanze istruttorie versate in giudizio, l’unica circostanza che ha effettivamente fondato il giudizio di disvalore espresso dalla Prefettura è la parentela diretta tra la giovane amministratrice dell’impresa ed il di lei padre, a sua volta condannato per fatti di mafia: l’età dell’amministratrice della società è quindi assunta dalla Prefettura quale elemento rivelatore della possibilità di una intestazione fittizia, anche in considerazione della convivenza di fatto tra i due.

Si è già detto (v. sub I) che la giurisprudenza è ferma nel ritenere insufficiente il mero rapporto di parentela tra l’imprenditore ed un soggetto controindicato, al fine di giustificare il grave effetto interdittivo che consegue all’informativa antimafia.

In relazione all’odierna fattispecie va poi aggiunto che i contenuti del giudizio espresso nell’atto impugnato si prestano ad essere ulteriormente censurati perché, come la difesa di parte ricorrente ha evidenziato, le condanne del padre dell’amministratrice, seppure per gravi fatti di mafia (associazione a delinquere, omicidio continuato in concorso e detenzione illegale di armi in concorso) sono comunque risalenti nel tempo;
lo stesso genitore, nello scontare la pena, è stato ammesso a vari benefici premiali che presuppongono la sua buona condotta (regime di semilibertà dal 2006 ed affidamento ai servizi sociali dal 2010), non registrandosi a suo carico ulteriori denuncie, né segnalazioni di alcun genere di frequentazioni o di ripresa delle precedenti attività illecite, con la conseguenza che la sua “contiguità” a cosche mafiose prospettata negli accertamenti istruttori utilizzati dalla Prefettura non è fondata su elementi attuali;
la “giovane età” dell’amministratrice non consente, in assenza di altri riscontri oggettivi relativi alla gestione dell’impresa, di ritenere alcunché in ordine alla possibilità di una intestazione fittizia (che dovrebbe scaturire da ben altri elementi in fatto, che, peraltro, la Prefettura non ha ritenuto di trarre dalla pur prospettata circostanza che il genitore dell’Amministratrice, durante la semilibertà, è risultato lavorare per stessa -OMISSIS-;
tale aspetto, a parere del Collegio, avrebbe dovuto essere adeguatamente approfondito).

In altri termini, allo stato attuale, il giudizio della Prefettura veicola nulla di più che una prospettazione di pericolo fondata sul mero timore e sulla condizione soggettiva dell’amministratrice dell’impresa assunta in senso sostanzialmente abrogativo della sua capacità d’agire per condotte non proprie, alla stessa non riferibili e, soprattutto, che la stessa non potrebbe neppure rimuovere se lo volesse. Ciò è inaccettabile perché, in estrema sintesi, così come articolata, la motivazione del provvedimento valorizza la prospettazione di un illecito “per tipo di autore” che riconnette la sanzione ad una mera qualità e non ad un comportamento specifico del soggetto ad essa sottoposto, così contravvenendo al principio fondante di ogni potere sanzionatorio, sia penale che amministrativo dell’ordine pubblico, negli ordinamenti liberali e democratici, e cioè quello della individualità della responsabilità, in forza del quale la sanzione è apprestata in relazione ad una “scelta”, ovvero ad un comportamento a natura antigiuridica, posto in essere in maniera libera e consapevole.

Va dunque ritenuto che è illegittima, per carenza di motivazione ed eccesso di potere, secondo le censure dedotte, l’informativa antimafia fondata su un mero rapporto di parentela dell’amministratrice con soggetto condannato per fatti di mafia in tempi risalenti e la cui condotta successiva durante l’esecuzione della pena è risultata immune da censure ulteriori avendo peraltro usufruito di varie misure premiali;
e che, in presenza di tale presupposto inequivoco, è insufficiente a giustificarne l’emissione la condizione di giovane età dell’amministratrice stessa, la quale, in assenza di ulteriori riscontri di natura oggettiva circa la conduzione dell’impresa, è elemento asintomatico di ipotizzate intestazioni fittizie dell’impresa medesima.

Da quanto esposto, dunque, il ricorso è fondato e come tale va accolto, disponendosi l’annullamento degli atti impugnati.

La domanda di risarcimento del danno va, invece, respinta, risultando i contratti per i quali è causa già eseguiti e non essendo stato fornito dalla parte ricorrente alcun ulteriore e documentato riferimento a voci ulteriori di danno da risarcire.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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