TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-07-25, n. 202415223

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-07-25, n. 202415223
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202415223
Data del deposito : 25 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/07/2024

N. 15223/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00688/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 688 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento,

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- dell'esclusione dalla procedura speciale di reclutamento a domanda per la copertura di posti nella qualifica di vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, riservata al personale volontario di cui al decreto del Capo Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, n. 238 del 14 novembre 2018, comunicata dall'Amministrazione tramite pec tramessa in data 19 ottobre 2023, nonché sulla posizione personale del ricorrente sul sito www.vigilfuoco.it, alla sezione concorsi, considerandolo assente non giustificato alla prova di capacità operativa fissata per il 19 ottobre 2023, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Decreto Legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito nella Legge 10 agosto 2023, n. 103, che ha disposto “l'assenza ingiustificata o la mancata partecipazione per due volte, anche se giustificata, all'accertamento dell'idoneità o dei requisiti di idoneità psico-fisica e attitudinale, determinano l'esclusione del candidato dalla graduatoria”;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 3 marzo 2024:

del decreto del Capo Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, n. 18 del 16 gennaio 2024, con il quale è stata disposta l'esclusione, tra gli altri, del ricorrente dalla graduatoria finale, approvata con il Decreto dipartimentale 11 giugno 2019, n. 310, relativa alla procedura selettiva per il reclutamento, per la copertura di posti, nella qualifica di vigile del fuoco, di cui al Decreto dipartimentale del 14 novembre 2018 n. 238.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2024 il dott. Dario Aragno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente è un vigile del fuoco «volontario», che ha preso parte alla procedura speciale di reclutamento a domanda indetta con decreto dipartimentale n. 238 del 14 novembre 2018, volta a promuovere la «stabilizzazione» del personale iscritto negli elenchi di cui all’art. 6 del d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139, previa formazione di una graduatoria, in cui i candidati sono inseriti con il punteggio derivante dal numero dei giorni di servizio e dall’anzianità di iscrizione nei citati elenchi (art. 6), e successivo superamento delle prove di capacità operativa (art. 8), delle visite per l’accertamento dei requisiti psico-fisici e attitudinali (art. 9) e del corso di formazione (art. 10).

Le prove di capacità operativa si svolgono in periodiche sessioni, alle quali i quasi 9.000 candidati vengono convocati «secondo l’ordine della graduatoria finale» .

L’art. 8 del decreto 238/2018 prevede che «Al fine di completare le procedure selettive entro i termini previsti per le assunzioni per ciascuna delle annualità, di cui all’articolo 1, comma 295, della legge n. 205 del 2017, qualora nel giorno fissato per l’accertamento dell’idoneità il candidato risulti assente giustificato, si procederà, per l’annualità in corso, allo scorrimento della graduatoria, fermo restando il diritto del medesimo alla riconvocazione alle procedure di reclutamento per le successive annualità» , così disciplinando il caso di momentanea e giustificata impossibilità del candidato a presenziare alla prova nella data a lui riservata mediante la concessione del suo differimento ad altra data.

L’art. 13, co. 4, del d.l. 13 giugno 2023, n. 69, poi convertito dalla legge 10 agosto 2023, n. 103, ha, tuttavia, introdotto alcuni limiti alle «riconvocazioni», stabilendo che «In relazione alle assunzioni effettuate attingendo alla graduatoria formata ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, l'assenza ingiustificata o la mancata partecipazione per due volte, anche se giustificata, all'accertamento dell'idoneità o dei requisiti di idoneità psico-fisica e attitudinale, determinano l'esclusione del candidato dalla graduatoria» .

L’amministrazione ha, quindi, provveduto a pubblicare un avviso nella sezione del sito web dedicato alla procedura selettiva, in cui ha richiamato l’attenzione dei candidati sul mutamento delle regole concorsuali, al quale ha fatto seguito un ulteriore avviso, pubblicato il 27 settembre 2023, in cui è stato precisato che «saranno riconvocati, qualora assenti per giustificato motivo, esclusivamente i candidati risultati assenti giustificati prima dell’entrata in vigore del Decreto legge 13 giugno 2023, n. 69».

Il ricorrente, già assente per la prima volta alle prove del 13 settembre 2023 e beneficiario di un rinvio al giorno 19 ottobre 2023, ha inviato, il giorno prima, richiesta all’amministrazione per ottenere un’ulteriore posticipazione della prova «per motivi di salute» , allegando il certificato di malattia telematico rilasciato dal medico curante, recante una diagnosi di «lombalgia acuta» e una prognosi dal 17 al 20 ottobre 2023.

Con p.e.c. in data 19 ottobre 2023, l’amministrazione ha rigettato l’istanza, in applicazione del richiamato art. 13, co. 4, del d.l. 69/2023, integrando l’assenza alle prove del 19 ottobre 2023 «la mancata partecipazione per due volte, anche se giustificata, all’accertamento dell’idoneità» alla quale la norma ricollega l’esclusione del candidato.

2. Avverso l’esclusione il sig. -OMISSIS- è insorto con un unico motivo di ricorso, con il quale si duole dell’illegittimità dell’arresto procedimentale, a sua volta derivante dall’illegittimità costituzionale dell’art. 13, co. 4, del d.l. 69/2023 per violazione degli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione, in quanto la norma costringerebbe il candidato temporaneamente indisposto, al fine di non incorrere in un’automatica esclusione, a sostenere ugualmente le prove, esponendo a rischi la propria salute e subendo una disparità di trattamento rispetto ai candidati ai quali sono stati accordati più di due rinvii «solo perché...» il suo impedimento fisico «…è stato acclarato dopo l’entrata in vigore del predetto disposto legislativo» . La tesi troverebbe conferma sia nell’avviso di rettifica pubblicato il 27 settembre 2023, indice di un parziale «ripensamento» dell’amministrazione sull’esatta collocazione del discrimine temporale per l’applicazione della nuova e più restrittiva disciplina, sia nella giurisprudenza amministrativa favorevole alla possibilità di un rinvio delle prove concorsuali che non presuppongono un esame «simultaneo» di tutti i candidati allorché l’istante alleghi documentati motivi di salute a giustificazione della richiesta.

3. Il Ministero dell’Interno si è costituito in data 24 gennaio 2024, difendendo la legittimità dell’esclusione, in quanto disposta in conformità a una chiara disposizione di legge, «adottata per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano» , che non lascerebbe all’amministrazione alcun potere di apprezzamento delle condizioni soggettive del candidato.

4. All’esito della camera di consiglio fissata per la decisione sulla domanda cautelare, il Collegio, con ordinanza dell’-OMISSIS-, n. -OMISSIS-, ha ritenuto che le questioni sollevate nel ricorso dovessero essere approfondite nella sede di merito, fissando, ai sensi dell’art. 55, co. 10, c.p.a., la data del 18 giugno 2024 per l’udienza pubblica.

5. Con motivi aggiunti depositati il 3 marzo 2024, il ricorrente ha impugnato per illegittimità derivata, con contestuale istanza di sospensiva, il decreto dipartimentale n. 18 del 16 gennaio 2024, con il quale è stata formalizzata la sua esclusione dalla graduatoria.

6. Con l’ordinanza dell’-OMISSIS-, n. -OMISSIS-, il Tribunale ha confermato il rinvio di ogni valutazione sulla domanda all’udienza di merito già indicata.

7. All’udienza pubblica del 18 giugno 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Prima di esaminare il merito della vicenda, appare preliminarmente opportuno qualificare la natura della norma contenuta nell’art. 13, co.4, del d.l 69/2023, sulla quale riposa l’esclusione contestata.

Si tratta, con ogni evidenza, di una «legge-provvedimento».

La disposizione riporta, infatti, all’interno di un involucro formalmente legislativo, prescrizioni particolari, tipiche del provvedimento amministrativo, in quanto destinate ad incidere sulla partecipazione alla procedura selettiva della platea di candidati inseriti nella graduatoria «…formata ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge 27 dicembre 2017, n. 205» , coincidente con quella approvata con decreto dipartimentale 11 giugno 2019, n. 310, presentando, così, i caratteri che a tale categoria vengono tradizionalmente ascritti dalla giurisprudenza costituzionale, secondo la quale «le leggi provvedimento…sono quelle che contengono disposizioni dirette a destinatari determinati (Corte cost., n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero incidono su un numero determinato e limitato di destinatari (Corte cost., n. 94 del 2009);
che hanno contenuto particolare e concreto (Corte cost., n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997) e che comportano l'attrazione alla sfera legislativa della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all'autorità amministrativa (Corte cost., n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)»
(Cons. Stato, VII, 1 marzo 2023, n. 2164).

Questo giudice è, pertanto, chiamato a verificare se la scelta, effettuata direttamente dal legislatore, di comminare l’esclusione della procedura, sulla base di criteri legati al «numero» delle assenze «giustificate» alle prove di capacità operativa e agli accertamenti psico-fisici – privando, quindi, il candidato, già beneficiario di un precedente rinvio e impossibilitato, per ragioni oggettive, a presentarsi alla prova anche la seconda volta, di ulteriori chance di superare il concorso – risponda al principio di ragionevolezza, avuto riguardo alla meritevolezza della finalità perseguita, intesa nel senso di «causa ultima della norma, quale componente razionalmente coordinata nel più vasto insieme dell’ordinamento» (Corte Cost., sent. 27 luglio 2020, n. 168), e ai diversi valori costituzionali in gioco, tenendo a mente che non sono predicabili «pretese di assolutezza per nessuno di essi» (Corte Cost., sent. 9 maggio 2013, n. 85);
ciò al fine di stabilire se il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 13, co. 4, del d.l. 69/2023, per violazione degli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione sia o meno «manifestamente infondato», ai sensi dell’art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87, ovvero se «l'opzione normativa…si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura per così dire sintomatica di "eccesso di potere" e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l'ordinamento assegna alla funzione legislativa» (Corte Cost., sent. 12 luglio 1995, n. 313), potendosi considerare, invece, senz’altro integrato il requisito della «rilevanza» laddove, come nel caso di specie, il giudizio penda avverso un atto amministrativo vincolato il cui contenuto è integralmente predeterminato dalla disposizione in ipotesi contraria alla Costituzione (T.A.R. Roma, I-Q, ord. 26 maggio 2020, n. 5547).

9. Il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per l’incidente di costituzionalità, in quanto la disposizione di cui all’art. 13, co. 4, del d.l. 69/2023 sembra realizzare un equo bilanciamento degli interessi, pubblici e privati, coinvolti nella procedura in questione, ricorrendo a una formula di «compromesso» che codifica una regola già estrapolabile dai principi in materia di concorsi pubblici.

9.1. L’eccezionalità del rinvio di una prova già calendarizzata costituisce, a ben vedere, l’unico punto di incontro possibile tra l’interesse pubblico ad un rapido e ordinato svolgimento della selezione e quello individuale al riconoscimento di impedimenti oggettivi al proficuo svolgimento della prova, in quanto coincidente con il limite oltre il quale la contrazione dei principi di imparzialità e buon andamento, che governano tutto il procedimento di reclutamento, ai sensi dell’art. 1, co. 3, del d.P.R. 487/1994, finirebbe con l’intaccarne il nucleo essenziale. La molteplicità e la complessità degli interessi coinvolti, analoghe a quelle riscontrabili nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, per le quali il legislatore ha espressamente codificato la necessità di un «corretto e razionale svolgimento delle procedure» (artt. 10, co. 3, lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e 31, co. 4, lett. c), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), ostano, pertanto, al continuo adeguamento della procedura alle esigenze, seppur legittime, dei candidati.

9.1.1. Il principio di imparzialità impone, infatti, una rigorosa predeterminazione non solo dei criteri di valutazione delle prove, ex art. 12 del d.P.R. 487/1994, ma anche di quelli per la convocazione dei candidati: il corrispondente autolimite, inserito nel bando, ha il fine di privare l’amministrazione, una volta nota l’identità dei partecipanti, del potere di decidere il giorno in cui ciascuno di essi dovrà sostenere la prova, avvantaggiando taluno con tempi più lunghi, utili per consolidare la propria preparazione, teorica o, nel caso delle prove fisiche, atletica.

A proposito del termine di preavviso di cui all’art. 6, co. 3, del d.P.R. 487/1994 (nel testo antecedente la riforma introdotta con d.P.R. 16 giugno 2023, n. 82), questo Tribunale ha avuto modo di affermare che «nell’ottica del rispetto della par condicio fra gli aspiranti…sotto il profilo del tempo a disposizione per la preparazione, il termine minimo di preavviso, ragionevolmente, prima ancora che giuridicamente, deve operare con riferimento alla prima (e tendenzialmente unica) convocazione, di norma fissata per tutti i candidati secondo criteri predeterminati che assicurano imparzialità e, dunque, parità di chance, nelle tempistiche di esame (per esempio, tramite sorteggio)» (T.A.R. Roma, II-Ter, 8 luglio 2022, n. 9388).

Nel concorso de quo , il criterio, oggettivo e non discriminatorio, scelto dall’amministrazione per individuare la data nella quale sottoporre i partecipanti alle prove di capacità operativa è indicato nell’ incipit dell’art. 8, secondo il quale «Secondo l’ordine della graduatoria finale di cui al precedente articolo 7, i candidati sono, per ciascuna delle annualità previste dall’art. 1, comma 287, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, convocati per l’accertamento dell’idoneità da parte della Commissione esaminatrice» , sicché è la posizione nella graduatoria, formata con l’attribuzione dei punteggi di cui all’art. 6, a definire la precedenza nella convocazione alle prove.

È evidente che qualsiasi rinvio determina un’alterazione dell’ordine prestabilito e una deroga al criterio, con conseguente arretramento del principio di imparzialità a favore delle esigenze del beneficiario, ancorché l’impossibilità di partecipare alla prova dipenda da un evento fortuito.

Secondo il Consiglio di Stato, «Costituisce, infatti, principio d’ordine generale, immanente nel sistema e, peraltro, previsto nella lex specialis del concorso, quello secondo cui gli impedimenti soggettivi dei concorrenti, anche causati da caso fortuito o forza maggiore, sono irrilevanti ai fini della procedura e, quindi, non giustificano l’assenza del candidato con conseguente sua esclusione dalla selezione» (Cons. Stato, VII, 13 dicembre 2022, n. 10914). Se « [d] etto principio riposa, a sua volta, sul principio di contestualità delle prove che informa le procedure concorsuali e selettive, il quale costituisce un corollario della par condicio tra candidati, secondo cui, per questi ultimi, devono valere le medesime condizioni di espletamento e valutazione delle prove» , ciò non vuol dire che, nelle procedure in cui non è previsto lo svolgimento contestuale delle prove per tutti i candidati, l’evento fortuito possa giustificare un numero indefinito di rinvii.

È, infatti, coerente con le dinamiche concorsuali che il candidato, al quale sia già stato eccezionalmente accordato un differimento, sopporti le conseguenze degli ulteriori impedimenti che non gli consentano di partecipare neanche alla prova «di recupero», in quanto, per effetto di ogni rinvio, lo stesso ottiene, comunque, un tempo supplementare per preparare la prova e, quindi, ogni volta, un’utilità aggiuntiva rispetto agli altri partecipanti, con grave vulnus ai principi di imparzialità e par condicio , anche se per fatti indipendenti dalla sua volontà, tenuto conto degli effetti distorsivi che una continua allocazione del rischio dell’evento fortuito sulla «procedura» provoca, comunque, sulla tutela degli altri interessi.

La modifica del calendario di svolgimento delle prove per le esigenze di un candidato può, pertanto, essere tollerata nella misura in cui resti un fatto isolato, coerentemente con la giurisprudenza che ammette, in casi di strettissima interpretazione, il rinvio della prova orale di un concorso, allorché insorga una «patologia che [ne] impedisca temporaneamente…lo svolgimento… sempreché l’interessato faccia tempestivamente constare alla Commissione esaminatrice l’impedimento mediante la produzione di idonea certificazione medica e sempreché i tempi di guarigione siano conciliabili con una conclusione delle varie operazioni che non comprometta il regolare andamento della selezione e non vanifichi le finalità sottese alla stessa» (T.A.R. Bologna, I, 1 agosto 2013, n. 568), e non sussista « una ragionevole giustificazione dell’amministrazione a sua volta ancorata ad un interesse prevalente rispetto a quello addotto dall’interessato, quale quello di consentire il rispetto di precise scadenze temporali e una rapida conclusione della procedura» (T.A.R. Napoli, V, 30 gennaio 2023, n. 683).

Anche questo Tribunale, di recente, ha considerato illegittimo il rifiuto espresso dall’amministrazione al differimento della prova orale di un concorso nei confronti di una candidata che aveva chiesto un breve rinvio per riprendersi dai postumi di una gravidanza difficile, ritenendo che «l’amministrazione avrebbe potuto (e dovuto) accordare il (breve) rinvio richiesto, data anche la disponibilità di ulteriori giornate dedicate alle prove orali, a dimostrazione dell’agevole conciliabilità dell’istanza della ricorrente con gli aspetti organizzativi del concorso, che non sarebbero stati per nulla compromessi dal suo accoglimento» (T.A.R. Roma, I-Q, 22 marzo 2024, n. 5765).

In tutti i casi richiamati, tuttavia, il giudice amministrativo, lungi dall’avallare un perpetuo «diritto al rinvio», ha accolto le doglianze del ricorrente avverso il diniego sulla prima e unica istanza di rinvio della prova, a fronte di allegazioni univocamente dirette a dimostrare l’assoluta imprevedibilità dell’impedimento occorso, senza che sia possibile trarre da tali precedenti il riconoscimento di una incondizionata posizione di «soggezione» dell’amministrazione dinanzi a qualsiasi richiesta del candidato di conseguire lo spostamento della data della prova, solo perché «giustificata», in quanto la valutazione dei motivi dell’assenza integra, comunque, un’apertura all’interesse individuale del candidato che comprime il principio di parità di trattamento, garantito anche, come si è più volte ricordato, dal rispetto dei criteri di scansione temporale delle prove stabiliti dal bando di concorso.

Questo Collegio ritiene, in conclusione, che, nelle procedure in cui il bando prevede un ordine di chiamata dei candidati alle prove, il bilanciamento tra la tutela dei diritti della persona, il cui esercizio si opponga allo svolgimento della prova di un concorso, e il principio di imparzialità esiga il riconoscimento dell’eccezionalità del rinvio.

9.1.2. Il reiterato differimento delle prove di un concorso confligge altresì con il principio di buon andamento dell’attività amministrativa, nella particolare declinazione costituita dal principio di tempestività, che l’ordinamento considera connaturato alle procedure concorsuali.

L’art. 35, co. 3, lett. a), del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, prevede che «Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano a…modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento» , elevando espressamente la «celerità» a criterio informatore della selezione.

L’art. 11, co. 4, del d.P.R. 487/1994, come novellato dal d.P.R. 82/2023, stabilisce un termine, seppure tendenziale, di 180 giorni dalle prove scritte per la conclusione delle procedure concorsuali, imponendo alla commissione di «giustificare» l’eventuale ritardo al Dipartimento della funzione pubblica o all’amministrazione procedente, analogamente a quanto faceva il comma 5 nella versione antecedente alla citata riforma, così confermando l’importanza di un contingentamento dei tempi della procedura, che l’art. 29, co. 2- bis , della l. 7 agosto 1990, n. 241, considera attinente «ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione» e che la giurisprudenza amministrativa ritiene consustanziale ai «concorsi di massa» , in cui gli istituti partecipativi devono recedere al fine di garantire la «massima accelerazione possibile nelle procedure» (Cons. Stato, V, 2 gennaio 2024, n. 28, a proposito del «soccorso istruttorio»).

Il tempo è, infatti, un «bene della vita per il cittadino» ( ex multis , Cons. Stato, IV, 17 febbraio 2023, n. 1665), ma anche una risorsa scarsa per la stessa pubblica amministrazione: ogni istanza del privato comporta l’attivazione di un’istruttoria e di un processo decisionale (nonché, laddove l’esito sia favorevole per il destinatario, anche la pianificazione di un’attività esecutiva), che distrae gli uffici dalla trattazione di altri affari e procedimenti, rallentandone l’avanzamento, sicché l’incessante inoltro di richieste da parte di uno stesso soggetto, sbilanciando l’impegno degli apparati amministrativi nei suoi confronti, finisce inevitabilmente con il pregiudicare il pari diritto di ogni altra persona «a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole» (art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea).

Sotto tale punto di vista, l’art. 13, co. 4, del d.l. 69/2023, limitando il numero di richieste che ciascun candidato può avanzare per ottenere il differimento della prova, persegue la finalità di evitare che gli uffici preposti alle procedure di reclutamento restino «immobilizzati» a causa della necessità di valutare e rivalutare la posizione di singoli soggetti, con effetti esiziali sui criteri di efficacia, efficienza ed economicità, nonché, a ben vedere, sul principio di imparzialità dell’azione amministrativa, in ragione dell’innesto, all’interno del procedimento principale, di tanti sub-procedimenti quante sono le istanze di rinvio, che dilatano la durata complessiva del primo, a discapito dell’interesse pubblico e di quello degli altri candidati in attesa di convocazione.

Tale lettura è, del resto, in linea con la giurisprudenza di legittimità in materia di caso fortuito, secondo la quale, ai fini della rimessione in termini per il compimento di un’attività processuale o procedimentale, alla quale sia connessa una decadenza, «l'impedimento a comparire, previsto dall'art. 420-ter cod. proc. pen., norma di riferimento applicabile al procedimento disciplinare…non può derivare in via automatica dall'esistenza di una patologia più o meno invalidante. Si deve determinare un'impossibilità effettiva ed assoluta, e perciò legittima, riferibile ad una situazione non dominabile né contenibile ed a lui non ascrivibile, al fine di garantire il necessario bilanciamento con il principio di ragionevole durata del processo» (Cass. civ., Sez. Un., 12 aprile 2024, n. 9949), mentre, ai fini dell’esonero da responsabilità civile, è incompatibile con il caso fortuito tutto ciò che si ripete, anche se «saltuariamente» (Cass. civ., Sez. Un., 26 febbraio 2021, n. 5422).

9.1.3. La legittimità della norma contenuta nell’art. 13, co. 4, del d.l. 69/2023 trova, infine, conforto nel dovere dello Stato di adempiere agli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all’Unione Europea e, quindi, nell’art. 11 della Costituzione.

La disposizione in parola assolve, infatti, una funzione evidentemente acceleratoria rispetto ad un obiettivo, quello di stabilizzazione del personale volontario dei vigili del fuoco, che si pone come un tassello fondamentale per la chiusura della procedura di infrazione INFR(2014)4231 avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per stigmatizzare l'abuso di contratti a tempo determinato nel settore pubblico, in violazione della Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 (vds., da ultimo, il parere motivato ex art. 258 T.F.U.E. del 19 aprile 2023).

Il d.l. 69/2023, come eloquentemente indica il titolo del provvedimento, è, infatti, diretto a introdurre «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano» , al fine, come si legge nel preambolo, «di prevenire l'apertura di nuove procedure di infrazione o l'aggravamento di quelle esistenti, ai sensi degli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), attraverso l'immediato adeguamento dell'ordinamento nazionale agli atti normativi dell'Unione europea e alle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea» , secondo il meccanismo delineato dall’art. 37 della l. 24 dicembre 2012, n. 234.

Nel «dossier» della XIX legislatura, predisposto dal Servizio studi della Camera dei deputati e del Senato ai fini della conversione in legge del d.l. 69/2023, poi avvenuta con la l. 103/ 2023, in cui è citata la «Relazione illustrativa», si legge che la disposizione di cui all’art. 13, co. 4, del d.l. si è resa necessaria per contrastare «il fenomeno di reiterata presentazione di certificati medici da parte delle stesse persone chiamate ad effettuare i predetti accertamenti, che costituiscono condizione necessaria per l’assunzione» , che, «oltre ad appesantire le procedure assunzionali generando una permanenza senza fine nella graduatoria, costituisce un evidente segnale di mancanza dei requisiti necessari all’assunzione o di non interesse alla stessa» .

L’innegabile «appesantimento» della procedura, unitamente alla presunzione di una carenza dei requisiti o di interesse a sottoporsi agli accertamenti previsti dalla selezione, quale motivazione sottesa all’invio di certificati medici per procrastinare «ad oltranza» la data delle prove, costituisce, quindi, l’ humus giustificativo dell’intervento legislativo, destinato a porre un argine alla – potenzialmente infinita – valorizzazione delle condizioni soggettive del candidato, che stride con la logica stessa del concorso pubblico e, nel caso di specie, con l’impellente esigenza, imposta dalle istituzioni unionali, di superare la condizione di precariato in cui si trovano i vigili del fuoco volontari, tramite la loro stabile assunzione nei ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ovvero la loro definitiva esclusione per inidoneità al servizio.

Va ricordato, infatti, che, nella graduatoria finale del concorso in questione, approvata con decreto dipartimentale 310/2019, come successivamente e più volte rettificata, risultano iscritti circa 9.000 candidati: se l’amministrazione dovesse tenere incondizionatamente conto degli impedimenti di ciascuno per rinviare, per un numero indefinito di volte, la data di svolgimento delle prove o degli accertamenti psico-fisici, il termine di conclusione del procedimento si sposterebbe ogni volta in avanti, senza poter mai prevedere la fine dell’ iter concorsuale.

La previsione del limite alla riconvocazione è, pertanto, coerente con la molteplicità e complessità degli interessi che ruotano intorno alla procedura di reclutamento in argomento, anche di carattere sovranazionale.

9.1.4. D’altra parte, non si rinviene alcuna disparità di trattamento rispetto ai candidati eventualmente beneficiari, prima dell’emanazione del d.l. 69/2023, di reiterati rinvii delle prove.

Innanzitutto, perché si dubita fortemente che un’eventuale prassi in tal senso – di cui, comunque, non è stato fornito alcun principio di prova da parte del ricorrente – sia legittima alla stregua dei parametri costituzionali sopra richiamati, sicché il «vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento (configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse), non può essere dedotto quando viene rivendicata l’applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione» (Cons. Stato, VII, 17 maggio 2022, n. 3875).

In secondo luogo, perché non può dirsi precluso, in linea generale, alla pubblica amministrazione di modificare le regole di una procedura concorsuale, in presenza di giusti motivi e purché alle rettifiche venga data adeguata pubblicità (Cass. civ., Sez. lavoro, 17 maggio 2012, n. 7756).

Nel caso di specie, la legittimità della modifica discende dall’esigenza di ripristinare le condizioni per un ordinato svolgimento della procedura e una sua tempestiva conclusione, in aderenza ai principi di imparzialità e buon andamento, e dalla sua conoscibilità, assicurata mediante la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del provvedimento di legge (anziché amministrativo) e l’applicazione della «nuova» regola nei confronti di tutti i candidati ancora in attesa, a quella data, di espletare le prove, indipendentemente dal numero di rinvii già ottenuti, a tutela del loro legittimo affidamento.

Ai sensi dell’art. 27 del d.l. 69/2023, la disposizione di cui all’art. 13, co. 4, è entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale n. 136 del 13 giugno 2023, di guisa che il principio del legittimo affidamento è garantito dal riconoscimento, nei confronti di ogni candidato non valutato alla data del 14 giugno 2023, di due chance per sottoporsi agli accertamenti, anche se destinatario, antecedentemente, di altri rinvii, in quanto ciò gli consente di avere preliminarmente contezza degli effetti decadenziali connessi alla mancata effettuazione della prova di recupero accordatagli dopo l’entrata in vigore della norma sopravvenuta, sebbene, per le ragioni già espresse, dovuta a una causa a lui non imputabile.

9.2. Secondo questo Collegio, le superiori considerazioni consentono di ritenere superato il test di ragionevolezza della disposizione di cui all’art. 13, co. 4, del d.l. 69/2023, nei termini efficacemente descritti dal giudice delle leggi, che parla di un «apprezzamento di conformità tra la regola introdotta e la "causa" normativa che la deve assistere» , avuto riguardo al fatto che «Ogni tessuto normativo presenta, quindi, e deve anzi presentare, una "motivazione" obiettivata nel sistema, che si manifesta come entità tipizzante del tutto avulsa dai "motivi", storicamente contingenti, che possono avere indotto il legislatore a formulare una specifica opzione: se dall'analisi di tale motivazione scaturirà la verifica di una carenza di "causa" o "ragione" della disciplina introdotta, allora e soltanto allora potrà dirsi realizzato un vizio di legittimità costituzionale della norma…» (Corte Cost., sent. 28 marzo 1996, n. 89).

9.3. La constatata legittimità della disposizione censurata dal ricorrente depone, pertanto, per il rigetto della domanda di annullamento del provvedimento di esclusione gravato e di riammissione al concorso.

Pur supponendo che la data del 6 luglio 2023 (punto 4 del ricorso) costituisca un refuso, in quanto non supportata da evidenze documentali, il ricorrente risulta, in ogni caso, beneficiario di almeno 3 rinvii, di cui 2 dopo l’entrata in vigore del d.l. 69/2023, in quanto convocato alle prove: i) dell’8 marzo 2023 (calendario doc. 2 allegato al ricorso);
ii) 13 settembre 2023 (p.e.c. del Dipartimento doc. 6 allegato al ricorso e «Calendario sedute recupero prova capacità operativa» pubblicato nell’area del sito dell’amministrazione procedente dedicato al concorso);
iii) 19 ottobre 2023 (punto 3 del ricorso).

La sua posizione ricade, così, integralmente nell’ambito di applicazione della norma, in quanto, avendo già ottenuto un rinvio alla prova del 13 settembre 2023, la convocazione a quella del 19 ottobre 2023 costituiva, per lui, l’ultima possibilità di prendere parte al concorso, non rilevando, per le ragioni sopra ampiamente illustrate, le ragioni dell’impedimento e, quindi, la giustificabilità dell’assenza.

9.4. Il ricorso è, quindi, infondato e va rigettato.

10. Tenuto conto della novità della questione e della natura del contenzioso, le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.

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