TAR Catania, sez. III, sentenza 2022-03-09, n. 202200683
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Pubblicato il 09/03/2022
N. 00683/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01944/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1944 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;
per l'annullamento
del provvedimento n. -OMISSIS-
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2022 il dott. D B;
Viste le conclusioni scritte od orali delle parti come in atti e da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, -OMISSIS-, ha impugnato il provvedimento n. -OMISSIS-
La patologia di cui si tratta è la seguente: -OMISSIS-
Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) i “fatti di servizio” sono quelli derivanti dall’adempimento degli obblighi di servizio (art. 64, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/1973);b) il servizio prestato assume rilievo causale o concausale (purché abbia valore eziopatogenetico significativo) nei riguardi di infermità o lesioni ad esso rapportabili che rappresentano il concreto materializzarsi ed attuarsi della semplice possibilità del determinarsi di un evento dannoso e quindi generatore di bisogno (il cosiddetto rischio di servizio), in rapporto a scopi connessi con attività di lavoro propria del dipendente (la cosiddetta finalità di servizio);c) la finalità di servizio ricomprende in sé non solo l’occasione di lavoro, ma anche tutte le attività che trovano una loro giustificazione nel porsi al servizio dello Stato;d) ciò scaturisce anche dalla lettura autentica delle norme sulla causa di servizio, avuto riguardo a quanto previsto dall’art. 40, terzo comma, del regio decreto n. 603/1895: “saranno considerati in servizio comandato l’impiegato civile e il militare che avranno operato dietro ordine espresso ed anche spontaneamente, in forza dei doveri che, giusta le leggi e i regolamenti, spettano al loro ufficio”;e) l’eventuale predisposizione organica a contrarre una determinata malattia o la sua preesistenza all’assunzione in servizio non costituiscono, quindi, di per sé preclusione al riconoscimento della dipendenza da causa o da concausa di servizio;f) nel caso di specie, come risulta anche dalla perizia di parte versata in atti, il servizio riveste certamente un ruolo causale nell’eziopatogenesi dell’infermità, tenuto conto che l’interessato ha svolto le mansioni di -OMISSIS-.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, svolgendo ampie e articolate difese.
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
A giudizio del Collegio il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
Deve, in primo luogo, premettersi che la Sezione non dubita che i fatti del servizio siano quelli derivanti dall’adempimento degli obblighi del servizio, dovendo, però, osservarsi che al riguardo appare necessario stabilire se il legislatore abbia effettivamente inteso attribuire rilievo a qualsiasi fatto del servizio.
La tesi complessiva del ricorrente si fonda, invero, sulla considerazione che i fatti del servizio debbano, nel caso di specie, ritenersi causa o, quantomeno, concausa della patologia, avuto riguardo, evidentemente, alla nozione di concausa efficiente e determinante elaborata, con riferimento ad altri contesti, dalla dottrina giuridica al fine di apprezzare, in ordine a questioni di diversa natura, il ruolo svolto da specifiche circostanze nella produzione di un certo evento o, quantomeno, in relazione alle modalità con cui tale evento si è in concreto manifestato.
In questa prospettiva, risulterebbe sufficiente che i fatti del servizio abbiano in qualche modo contribuito a determinare l’insorgenza della patologia o ne abbiano condizionato l’evoluzione ai fini del legittimo riconoscimento della dipendenza della stessa da causa di servizio e per la concessione all’interessato dell’equo indennizzo.
Tale ricostruzione, però, amplia a dismisura la rilevanza causale dei fatti del servizio, posto che, come è evidente, ogni patologia (l’abbassamento della vista, un mal di schiena, una faringite, una diminuzione dell’udito, una gastrite, etc.) dipenderebbe (anche), sotto il profilo strettamente concausale, dallo svolgimento delle mansioni espletate dal dipendente quanto alla sua insorgenza o alla sua evoluzione (basti pensare al necessario utilizzo di un computer e ai relativi effetti sulla vista, alla postura - seduto o in piedi - ai fini dell’insorgenza del mal di schiena, alla inevitabile esposizione all’aria aperta quanto alla faringite, all’esposizione ai rumori dell’ufficio o dell’ambiente esterno con riferimento alla diminuzione dell’udito, agli inevitabili piccoli e grandi stress lavorativi per la gastrite, etc.).
Il Collegio, invece, in conformità a copiosa giurisprudenza, ritiene che il legislatore non abbia inteso conferire ai pubblici dipendenti una sorta di privilegio mediante l’attribuzione automatica in favore dei medesimi di un beneficio economico a fronte dell’insorgenza di qualsivoglia patologia, ad eccezione di quelle non ricollegabili allo svolgimento del servizio neppure in una remotissima prospettiva (ammesso che ne esistano, tenuto conto delle progressive acquisizioni della scienza psicosomatica).
In assenza di una analitica definizione normativa della nozione “causa di servizio”, appare, infatti, ragionevole presumere che il legislatore si sia voluto riferire a circostanze di natura particolare che, in ragione della loro eccezionalità rispetto all’ordinario, abbiano effettivamente influito in modo significativo sull’insorgenza o sull’evoluzione dell’infermità dal punto di vista causale e concausale.
Tale interpretazione appare coerente sia con l’esigenza di delimitare in modo equilibrato la latitudine del concetto di “causa di servizio”, la quale, diversamente opinando, sussisterebbe sempre, sia con l’esigenza di giustificare l’esborso di denaro pubblico solo a fronte di eventi che appaiano effettivamente meritevoli di un riconoscimento in sede amministrativa.
Pertanto, come già ritenuto da questa Sezione in relazione a controversie di analogo contenuto (cfr., ad esempio, la sentenza n. 1803/2019 del 18 luglio 2019) e come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (cfr., fra le altre, T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, n. 162/2019, T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 1216/2018, T.A.R. Molise, Campobasso, I, n. 1/2019 e n. 475/2018, T.A.R. Lazio, Roma, I-bis, n. 4762/2018 e n. 4435/2018, T.A.R. Lazio, Latina, I, n. 71/2018, T.A.R. Marche, Ancona, I, n. 767/2017, T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 1431/2917, n. 1432/2017, n. 1190/2017 e n. 1016/2017, T.A.R. Puglia, Bari, II, n. 692/2017, T.A.R. Lazio, Roma, I-bis, n. 1707/2017, n. 653/2017 e n. 580/2017, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, I, n. 303/2017, T.A.R. Marche, Ancona, I, n. 270/2016, n. 235/2016 e n. 80/2016, T.A.R. Campania, Napoli, VI, n. 1984/2016 e n. 1433/2016, T.A.R. Toscana, Firenze, I, n. 501/2016 e n. 131/2016, T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 2652/2015), deve ribadirsi che ai fini del riconoscimento della causa di servizio vanno allegati e documentati specifici episodi di servizio risultati particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto, come tali idonei ad incidere in maniera determinante sul manifestarsi delle infermità evidenziate, quantomeno sul piano concausale, non rilevando, di contro, circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa.
Nel caso di specie non risultano puntuali circostanze in ordine ad episodi particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto, posto che la prestazione professionale caratteristica del ruolo rivestito dall’interessato comportava comunque la fisiologica esposizione ad alcuni fattori stressanti di natura ordinaria (-OMISSIS-), mentre ulteriori episodi particolarmente gravosi non risultano sostenuti nel caso di specie da alcun principio di prova (che parte ricorrente avrebbe ben potuto offrire egli stesso accedendo ai relativi documenti nella disponibilità dell’Amministrazione), ovvero, come già indicato, non si riferiscono a fatti sufficientemente puntuali e specifici, dovendo precisarsi che il relativo onere probatorio in relazione alle eccezionali condizioni atipiche e avverse in cui l’interessato avrebbe operato grava sulla parte ricorrente (sul punto, cfr., ad esempio, T.A.R. Campania, Napoli, VI, n. 3441/2019 e T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, I, n. 224/2016), allorquando lo stesso ritenga che l’Amministrazione non abbia espletato d’ufficio l’istruttoria procedimentale in modo esaustivo.
Ne consegue che l’atto impugnato risulta adeguatamente sostenuto dal risolutivo riferimento alla circostanza, contenuta nel parere reso dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, che nella specie i fatti del servizio non possono avere rivestito un ruolo causale o concausale nell’insorgenza della patologia (come emerge, appunto, dalle affermazioni rese dell’organo consultivo).
Tale affermazione, invero, non può considerarsi una mera formula di stile, esprimendo essa, seppure in forma succinta, lo stringente e decisivo rilievo secondo cui, alla luce della giurisprudenza sopra indicata, non risulta possibile il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio nel caso in cui non siano individuabili fatti di servizio eccezionalmente gravosi rispetto agli ordinari compiti di istituto.
In questa prospettiva, anche volendo prescindere dai consueti rilievi sui noti limiti del sindacato giurisdizionale sull’attività tecnico-discrezionale dell’Amministrazione, deve ritenersi la piena consistenza dell’affermazione resa dal Comitato di Verifica quanto alla mancata incidenza del servizio sull’eziopatogenesi della infermità, poiché essa non può attribuirsi al servizio prestato in quanto in esso non sono rinvenibili modalità di svolgimento esorbitanti l’espletamento degli ordinari compiti di istituto.
Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato, mentre, tenuto conto della materia trattata, le spese di lite possono essere compensate.