TAR Catania, sez. IV, sentenza 2024-03-21, n. 202401126

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2024-03-21, n. 202401126
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202401126
Data del deposito : 21 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/03/2024

N. 01126/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00318/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 318 del 2019, proposto da
Coemi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati F G e Salvatore Mole', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avvocati A F, G M, T G N e Getana A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della comunicazione di reiezione della domanda di Cassa Integrazione Guadagni notificata a mezzo pec in data 10.12.2018, con il quale il Direttore della sede INPS di Ragusa ha disposto in relazione alla domanda 6505544357/65000002/10000012 del 23.07.2018;

- di ogni atto del procedimento presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ Istituto Nazionale Previdenza Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 marzo 2024 il dott. F E e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Parte ricorrete ha adito l’intestata Sezione chiedendo l’annullamento della comunicazione del 10 dicembre 2018 con cui il Direttore della sede INPS di Ragusa, in relazione alla domanda 6505544357/65000002/10000012 presentata dalla ricorrente il 23 luglio 2018, ha respinto le istanze di integrazioni salariali (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria) per il periodo dal 9 luglio 2018 al 6 ottobre 2018.

Allegava a tal fine quanto segue:

- di essere azienda ad elevata specializzazione nel settore delle manutenzioni degli impianti industriali, con esclusiva operatività nel territorio ragusano;

- che le principali aziende committenti erano le società Edison s.p.a. e, soprattutto, la Colacem s.p.a., operante nel settore edilizio dell’estrazione e della lavorazione delle materie prime cementizie, le cui commesse le garantivano la maggior quota degli introiti annuali;

- che la società si componeva di n. 19 dipendenti, di cui 1 impiegata e 18 operai;

- di aver presentato sul finire del primo semestre dell’anno 2018, a causa di assenza di commesse, domanda di integrazione salariale (CIG – richiesta del 23 luglio 2018) per il periodo dal 9 luglio 2018 al 6 ottobre 2018;

- che infatti aveva incolpevolmente subito la crisi del settore industriale, nei cui confronti svolgeva la propria attività, con conseguente riduzione dell’attività lavorativa e rischio di perdita dei posti di lavoro;

- che la scelta di chiedere la misura di integrazione salariale era stata adottata quale extrema ratio e, infatti, il personale dipendente posto in CIG aveva regolarmente goduto delle ferie maturate sino alla data di richiesta della CIG stessa;

- che la causa della depressione economica aziendale era rintracciabile nella crisi del settore edile locale. In specie, la principale committente, trovandosi a sua volta in un momentaneo periodo di crisi, aveva diminuito la produzione di cemento e, conseguentemente, aveva ridotto (se non addirittura azzerato) le richieste di manutenzione dei propri impianti industriali;

- tale evento non era stato preannunciato, di guisa che al rientro dal godimento del periodo di ferie residue, i lavoratori erano rimasti privi di retribuzione;

- che, quindi, presentava in data 23 luglio 2018 domanda di fruizione della CIG;

- che, tuttavia, con comunicazione del 4 ottobre 2018 n. 5984429, l’INPS, e dunque tre mesi dopo la presentazione dell’istanza, periodo durante il quale aveva anticipato le somme ai propri dipendenti anche in difetto di approvazione dell’istanza, chiedeva integrazione documentale, alla quale dava riscontro con nota del 18 ottobre 2018.

Ciò nonostante, con il provvedimento gravato l’Istituto intimato rigettava la domanda di integrazione salariale avanzata dalla ricorrente adducendo la seguente motivazione: “ L’azienda, che occupa con assolta prevalenza personale a tempo indeterminato, ha dimostrato la ripresa di attività. Purtroppo, l’istruttoria evidenzia come il ricorso alla CIGO sia avvenuto in maniera ciclica e sempre con le stesse motivazioni. Inoltre, nell’accordo sindacale le parti hanno evidenziato come sia presente un esubero di personale pari a 6 unità lavorative. Pertanto, la situazione è quella di una inequivocabile situazione di crisi economica aziendale con contestuale esubero di personale che esclude l’integrabilità della richiesta di CIGO ordinaria. Pertanto, si respinge l’istanza in quanto le motivazioni sono riconducibili a problemi di organizzazione e/o programmazione aziendale ”.

Avverso detto provvedimento è insorta la società ricorrente prospettando le seguenti censure:

1) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, punto 1, lett. b), della L. 20/5/1975, n. 164 e dell’art. 11 del decreto legislativo n. 148/2015 e delle circolari INPS – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione, nonché per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti di fatto e di diritto ” atteso che ai sensi dell’art.1 n.1 lett. a) della legge 20 maggio 1975, n.164 lo strumento della CIGO trovava applicazione nei casi in cui la crisi dell’azienda dipendeva da eventi temporanei, non imputabili all’imprenditore, e sussisteva altresì la ragionevole prevedibilità che i lavoratori riprendano l’attività entro tempi brevi e che l’impresa continui ad operare nel mercato. Il giudizio di ammissibilità al beneficio consisteva quindi in una prognosi ex ante, ora per allora, circa la ragionevole probabilità della ripresa dell’attività d’impresa, trattandosi di stabilire se la CIGO potesse contribuire a salvaguardare la potenzialità produttiva e la concorrenzialità dell’impresa alla stregua della situazione di fatto in cui questa versava al momento della presentazione dell’istanza di ammissione alla CIGO. Elementi che era stati tutti forniti, avendo dimostrato di aver cercato di evitare il ricorso alla CIGO, continuando ad offrire la propria attività lavorativa alle aziende committenti. In tal senso, rilevava che in data 4 maggio 2018 era stato istituito un tavolo di discussione in merito all’apertura della CIG, cui seguivano gli incontri del 9 maggio, 21 maggio, 4 giugno e 11 giugno con le OO.SS. Solo nell’incontro del 2 luglio, quando la crisi da parte delle committenti aveva diminuito la produzione di cemento, e conseguentemente la richiesta di manutenzione dei propri impianti, era giunta alla conclusione di aprire la cassa integrazione. Inoltre, la ripresa dell’attività aziendale dichiarata era avvenuta nel settembre 2018 e, dunque, prima del previsto termine finale della misura richiesta (6 ottobre 2018), dovendosi così ritenere oggettivamente provato, in virtù del messaggio I.N.P.S n. 1856 del 2017, il requisito della transitorietà. Peraltro, per fronteggiare una nuova lavorazione aveva anche assunto un ulteriore operaio con contratto a tempo determinato. Senza tacere che aveva allegato vari preventivi relativi a nuovi potenziali lavori sul mercato locale, dimostrando di poter ridurre al minimo il ricorso ai vari ammortizzatori sociali. Cionondimeno, la motivazione del provvedimento gravato non teneva in considerazione tutti i descritti elementi, con conseguente violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990.

Il provvedimento, inoltre, si poneva in contrasto con le circolari emanate dallo stesso Istituto di previdenza e, segnatamente, con il messaggio INPS n. 2276/2017, secondo cui, in sintesi, in alcuni settori, in ragione delle caratteristiche intrinseche del processo produttivo del prodotto merceologico di riferimento – oggetto della produzione aziendale - si era registrata una fisiologica contrazione dell’attività lavorativa, non imputabile all’imprenditore, che consentiva di accedere alla CIGO;

Infine la motivazione del provvedimento era altresì contraddittoria nella parte in cui aveva rigettato la misura richiesta in virtù della presunta mancanza di crisi aziendale della società committente, erroneamente desunta da una asserita imputabile non organizzazione o non programmazione della azienda.

In proposito, per un verso, evidenziava che con documento dell’1 agosto 2018, n. prot. 77/ DIR/NT/fc, la Committente Colacem Spa comunicava “sospensione attività produttiva: la scrivente comunica che il giorno 6.8.18 provvederà alla momentanea sospensione dell’attività di produzione clinker presso lo stabilimento di Ragusa sito in cda Tabuna, che si prevede proseguirà probabilmente sino al 16.9.2018. Ciò comporta la conseguente riduzione delle attività manutentive all’interno dello stabilimento”;
per altro verso, asseriva di contro che la Committente aveva fatto ricorso a misure alternative alla CIGO (ferie, permessi, aspettative da CCNL o meno) e che tale evenienza non avrebbe avuto ripercussioni sulla propria richiesta di CIGO.

Infine, in merito alla contestazione relativa alla politica aziendale per la fuoriuscita dalla crisi, deduceva di aver allegato alla domanda di CIGO numerosi preventivi per nuovi lavori, volti proprio a superare la momentanea difficoltà economica e, dunque, a comprovare la sussistenza del requisito richiesto dalla normativa vigente per accedere alla misura richiesta.

2) “ Sviamento di potere perché il rigetto è avvenuto dopo 6 mesi dalla presentazione dell’istanza di integrazione salariale adducendo circostanze ostative nuove ” atteso che il provvedimento impugnato era altresì illegittimo perché si fondava su motivazioni nuove, in quanto addotte per la prima volta in sede di sua adozione e non enucleabili dal precedente atto endoprocedimentale (id est la richiesta di integrazione documentale).

Con ordinanza cautelare n. 248 del 19 aprile 2019, il Collegio adito respingeva, ai sensi dell’art. 55 c.p.a., la domanda cautelare formulata dalla ricorrente.

Con memoria di stile del 6 agosto 2019, si costituiva in giudizio l’amministrazione resistente.

In vista dell’udienza di smaltimento del 4 marzo 2024, tenutasi da remoto, la società ricorrente e l’Ente resistente si sono scambiate memorie e parte ricorrente ha altresì depositato repliche in data 12 febbraio 2024.

Alla detta udienza il ricorso è stato introitato per la decisione.

Il ricorso deve essere rigettato perché infondato.

Il primo motivo risulta infondato.

Osserva il Collegio come l'art. 1, comma 1, lett. a), della legge n. 164 del 20 maggio 1975, sostanzialmente riproposto dall'art. 11, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, dispone, nella parte che qui rileva, che agli operai dipendenti da imprese industriali che siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto è dovuta l'integrazione salariale, “...per situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o agli operai”.

La giurisprudenza ha da tempo precisato come l'istituto della cassa integrazione guadagni operi in via di eccezione alla regola del sinallagma dell'obbligo retributivo, con assunzione dello stesso a carico della collettività e, quindi, con regole di stretta interpretazione quanto ai presupposti che danno luogo all'intervento di garanzia del lavoratore (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 22 novembre 2010, nn. 8128 ed 8129 e, da ultimo, Sez. III, 4 aprile 2023, n. 3470).

Giova inoltre rammentare come, secondo la costante giurisprudenza amministrativa, gli eventi idonei a giustificare l'ammissione alla cassa integrazione guadagni ordinaria possono consistere “tanto in fatti naturali quanto in fatti umani esterni, che sfuggono al dominio, secondo l'ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori di impresa, quali il caso fortuito, la forza maggiore, il factum principis ovvero il fatto o l'illecito del terzo” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2009). È stato inoltre precisato come il requisito della “non imputabilità" all'imprenditore, previsto dal citato art. 1 della legge n. 164 del 1975, debba intendersi nel senso che "...i fatti che hanno causato la contrazione o la sospensione dell'attività di impresa devono risultare estranei non solo all'imprenditore ma anche ad altri soggetti che con lo stesso hanno concluso contratti, in quanto, diversamente, l'istituto dell'integrazione salariale verrebbe inammissibilmente piegato al perseguimento di finalità ad esso estranee e si tradurrebbe, altrettanto inammissibilmente, in un meccanismo di immediata socializzazione del rischio d'impresa” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 12 ottobre 2021, n. 685).

In sostanza, il requisito per accedere al beneficio per cui è causa consiste, dunque, in una situazione di crisi aziendale non imputabile a responsabilità dell'imprenditore o dei lavoratori riconducibile a fattori esterni, ma estranea al rischio di impresa (Consiglio di Stato, sez. III, 14 gennaio 2019, n. 327 e 19 agosto 2019, n. 5743).

Giova infine rammentare come l'atto di diniego di ammissione alla cassa integrazione guadagni, in quanto frutto di valutazione ampiamente tecnico-discrezionale, può essere sindacato dal Giudice amministrativo solo nelle limitate ipotesi di manifesta illogicità, incongruenza o inattendibilità, ovvero di palese travisamento del dato fattuale (cfr., ex plurimis, T.A.R. Napoli, Sez. III, 6 settembre 2018, n. 5404;
T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 12 marzo 2018, n. 620;
TAR Palermo, sez. III, 23 febbraio 2018, n. 459;
Consiglio di Stato, Sez. III, 10 agosto 2017, n. 3987;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4084;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2503).

Tanto premesso in linea generale, preme evidenziare che secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato “non ricorrono i presupposti "per l'ammissione alla cassa integrazione guadagni ordinaria nelle ipotesi, come quella ora all'esame, di comprovato ciclico calo di ordini in periodi di tempo a cadenza ricorrente, mancando sia il requisito della temporaneità (stante la costanza della reiterazione del fenomeno), sia della estraneità alla gestione economica dell'impresa ..." (così, ex plurimis: Cons. Stato, Sez. VI, 5 settembre 2002, n. 4480, nel solco di: Cons. Stato, Sez. VI, 3 aprile 2002, n. 1844, nonché: Cons. Stato, Sez. VI, 30 agosto 2002, n. 4372, e Cons. Stato, Sez. VI, 5 settembre 2002, n. 4479;
ed inoltre: Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2013, n. 3783;
Cons. Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2005, n. 497;
in precedenza, tra le tante: Cons. Stato, Sez. VI, 19 aprile 1996, n. 585;
Cons. Stato, Sez. VI, 22 agosto 2000, n. 4549;
Cons. Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2001, n. 872);
"la situazione aziendale rappresentata ... non giustifica il trasferimento a carico della gestione previdenziale, cioè delle altre imprese e, soprattutto, dello Stato che la finanzia, dell'onere economico di integrare il salario dei dipendenti ... la situazione di mercato, comportante mancanza o contrazione di commesse e perciò di lavoro, evidenziata dalla società istante a motivo della richiesta di integrazione salariale, viene ad atteggiarsi, in effetti, come fatto periodicamente ricorrente in relazione alla specifica attività produttiva;
cosa questa che conduce ad escludere sia la temporaneità dell'anzidetta situazione (perché essa con la ripresa dell'attività produttiva si esaurisce solo apparentemente, essendo immanente all'organizzazione produttiva) sia l'estraneità della stessa alla gestione economica e tecnica dell'impresa (perché, con riferimento alla specie di prodotto e all'andamento del mercato, si palesa quale fatto connaturale alla natura ed alla caratteristica della produzione, tale da rientrare nell'ambito del c.d. rischio di impresa, che è alea prevedibile e relativamente normale)" (cfr., ancora, ex multis: Cons. Stato n. 4480/2002 citata)” (Consiglio di Stato sez. III, 08/08/2023, n.7698).

Al riguardo, dal provvedimento impugnato – non oggetto di contestazione da parte del ricorrente in parte qua – emerge che “il ricorso alla CIGO sia avvenuto in maniera ciclica e sempre per le stesse motivazioni”, di guisa che la ciclica crisi aziendale è tale da escludere l’estraneità della stessa alla gestione economica e tecnica dell’impresa e, correlativamente, risulta adeguata la motivazione addotta dall’Amministrazione secondo cui la “la situazione è quella di una inequivocabile situazione di crisi economica aziendale con contestuale esubero di personale che esclude l’integrabilità della richiesta di CIGO ordinaria. Pertanto, si respinge l’istanza in quanto le motivazioni sono riconducibili a problemi di organizzazione e/o programmazione aziendale”.

Ne consegue che l’azienda ricorrente non è invero più propriamente riuscita ad ovviare ad una problematica strutturale della propria organizzazione di impresa.

Peraltro, va soggiunto che la comunicazione della Committente principale, avente ad oggetto la sospensione di parte della propria attività produttiva, risale all’1 agosto 2018 e, dunque, successivamente rispetto all’istanza di integrazione salariale richiesta dalla ricorrente, avanzata in data 23 luglio 2018.

Pertanto, fermo quanto sopra, non pare in ogni caso ragionevole ritenere che la richiesta de qua sia originata dalla sospensione di parte dell’attività produttiva della Committente Colacem s.p.a., avendo quest’ultima comunicato detta sospensione successivamente alla presentazione della richiesta di cassa integrazione.

Neppure possono condividersi i rilievi svolti relativi alla violazione delle disposizioni generali interne dell’Amministrazione previdenziale disposte con il messaggio n. 2276 del 1 gennaio 2017.

Ed infatti, va evidenziato che con richiesta di integrazione documentale n. 5984429 del 4 ottobre 2018 l’Ente resistente chiedeva alla società ricorrente di fornire “una nuova relazione tecnica nella quale sia chiaramente esplicitato quanto previsto dal msg. 00276 del 1/06/2017 (…) con riferimento a quanto previsto al punto 3) Aziende soggette a contrazioni periodiche dell’attività lavorativa. Nella nuova relazione tecnica dovrà essere specificato in maniera dettagliata, ciascuno dei profili indicati nel citato msg. 00276. 1) la complessiva situazione aziendale con riferimento alle caratteristiche della produzione aziendale tenuto conto del settore merceologico, del prodotto e del mercato di riferimento;
2) il contesto economico e produttivo in cui l’impresa opera, con particolare riferimento al segmento di mercato in cui l’azienda si colloca, caratterizzato da processi produttivi soggetti a contrazione ciclica dell’attività”.

Senonché, nel riscontrare tale richiesta, la società ricorrente non ha fornito alcuno specifico elemento in ordine al punto sub 1) ed elementi qualitativamente generici in ordine al punto sub 2).

Ed invero, la società ricorrente si è limitata ad affermare “la scrivente azienda si occupa delle lavorazioni inerenti la costruzione, la manutenzione e la riparazione di impianti industriali, di rete di distribuzione idrica, energia elettrica e del gas;
dell’esercizio di attività industriale per la produzione di carpenteria metallica, tubazioni, curve, virole, curve a spicchi, tramoggie, pezzi speciali per cementifici ed impianti industriali;
della realizzazione, manutenzione e riparazione di gasdotti”.

Così riferendo, la società ricorrente non solo non ha fornito alcun elemento relativamente al punto sub 1) (la complessiva situazione aziendale con riferimento alle caratteristiche della produzione aziendale tenuto conto del settore merceologico, del prodotto e del mercato di riferimento), ma ha implicitamente escluso che la propria situazione fosse riconducibile a quella delineata dal messaggio INPS n. 2276 dell’1 giugno 2017.

In virtù di detto messaggio, relativamente al requisito dell’imputabilità della temporanea crisi aziendale, “non è riconducibile alla volontarietà dell'imprenditore o dei lavoratori o, comunque, non è riconducibile a negligenza o imperizia delle parti, la situazione aziendale in cui la contrazione dell'attività lavorativa derivi proprio dalle caratteristiche intrinseche del processo produttivo del prodotto merceologico di riferimento, oggetto della produzione aziendale. Pertanto, anche alla luce del contesto economico e produttivo in cui l'impresa si trovi ad operare, non si ha imputabilità nel caso in cui le caratteristiche proprie del processo produttivo del prodotto merceologico di riferimento abbiano per loro stessa natura a dover subire delle contrazioni di attività anche ricorrenti. Tale contrazione di attività dunque non deriva dalla negligenza o dalla imperizia dell'imprenditore o dalle modalità organizzative dell'impresa ma dallo stesso settore in cui l'impresa si trova ad operare, dal prodotto e dal mercato di riferimento di per sé ciclico. Tali elementi connaturati al processo produttivo sono, quindi, estranei alla gestione economica dell'impresa e non dipendono dalla organizzazione del lavoro da parte dell'imprenditore cui non si può imputare, quindi, neppure per imperizia o negligenza, la produzione in un settore caratterizzato da andamento ciclico. Pertanto, è possibile in presenza di tali fattispecie, riferibili ad aziende soggette a contrazioni dell’attività lavorativa che si collocano in periodi ricorrenti dell’anno, causa delle caratteristiche del loro processo produttivo, in presenza di tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa, di accedere alla CIGO”.

In disparte la circostanza – già decisiva - che la società ricorrente nulla ha riferito in ordine alle caratteristiche del settore in cui si trova ad operare e alla “ciclicità” del mercato di riferimento, va comunque evidenziato che con la relazione integrativa del 18 ottobre 2018 la ricorrente ha di fatto riferito di svolgere diverse attività (costruzione, la manutenzione e la riparazione di impianti industriali, di rete di distribuzione idrica, energia elettrica e dei gas;
dell’esercizio di attività industriale per la produzione di carpenteria metallica, tubazioni, curve, virole, curve a spicchi, tramoggie, pezzi speciali per cementifici ed impianti industriali;
della realizzazione, manutenzione e riparazione di gasdotti), e, dunque, di operare in diversi settori del mercato;
circostanza, questa, che esclude in radice la possibilità applicare la circolare invocata dalla stessa ricorrente.

Parimenti infondato risulta il secondo motivo di ricorso con cui la società ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento per un’illegittima integrazione postuma della motivazione.

Ed infatti, in disparte un possibile profilo di non conferenza del principio evocato dalla società ricorrente, propriamente afferente al rapporto tra preavviso di rigetto e provvedimento finale, a tacer d’altro, va comunque evidenziato che la motivazione posta a fondamento del provvedimento impugnato è conforme alla richiesta di integrazione documentale avanzata dall’Amministrazione previdenziale e, in particolare, come sopra riferito, al mancato riscontro della stessa relativamente ai punti sub 1) e sub 2).

Alla luce di quanto esposto, la motivazione addotta dall’Amministrazione previdenziale, espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa, risulta immune da vizi di illogicità o irragionevolezza.

In definitiva, in ragione di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato perché infondato.

Atteso l’esito del giudizio parte ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese di lite – liquidate come in dispositivo – in favore della parte resistente.

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