TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2023-07-10, n. 202300999
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Pubblicato il 10/07/2023
N. 00999/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01441/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1441 del 2022, proposto da
-O-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G V, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Catanzaro, domiciliataria ex lege in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;
per l'annullamento
dell'interdittiva antimafia prot. n. -O- del -O-, trasmessa con nota della Prefettura di Vibo Valentia, area 1, Ordine e sicurezza pubblica, prot in uscita n. -O--, notificata il -O-, che vale anche quale diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazioni mafiose (c.d. White List);
della nota n. -O- del Comando Provinciale dei Carabinieri, citata nell'interdittiva e non conosciuta al ricorrente;
della nota n. -O- del Comando Provinciale dei Carabinieri, citata nell'interdittiva e non conosciuta al ricorrente;
di ogni altro atto connesso presupposto o consequenziale, ancorché di data e tenore sconosciuti, che incidano sfavorevolmente nella sfera giuridica della ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia e di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2023 il dott. Domenico Gaglioti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1- Con atto ritualmente notificato il 2.11.2022 e depositato il 7.11.2022 la-O-, in persona del l.r.p.t., ha esposto:
-) con decreto prot. n. -O- era stata iscritta negli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’art. 1 comma 52 della legge 6.11.2012 n. 190, per i settori: estrazione, fornitura e trasporto di -O-;confezionamento, fornitura e trasporto di -O-e di -O-;
-) con pec del -O- ha manifestato l’interesse a permanere negli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa, di cui all’art. 1 comma 52 della legge 6.11.2012 n. 190;
-) in data -O- ha ricevuto dalla Prefettura comunicazione della formalizzazione di proposta di emissione di interdittiva antimafia a seguito di alcune informazioni fornite dalle locali forze di Polizia;
-) è seguita la presentazione di osservazioni e, in data -O- il gruppo tecnico antimafia ha convocato la legale rappresentante della ricorrente per audizione, nel corso della quale la stessa ha esposto le ragioni a suo discarico;
-) in data -O- la Prefettura ha notificato la nota prot. uscita n. -O- del -O-, con allegato decreto di diniego della permanenza nella “White List” e informazione antimafia interdittiva del Prefetto di Vibo Valentia prot. n. -O- del -O-;
-) il successivo -O- la stessa ha fatto richiesta di accesso agli atti, non riscontrata dalla Prefettura al momento della proposizione del gravame.
2- Per quanto ora esposto e con riserva di proporre motivi aggiunti nel termine di legge, la ricorrente contesta la legittimità dei suepigrafati provvedimenti per i seguenti motivi:
1) VIOLAZIONE DI LEGGE – MANCANZA DEI PRESUPPOSTI - VIOLAZIONE e/o FALSA APPLICAZIONE DELL’art. 84, art. 91 D.Lgs. n. 159/11 come modificato dal D.Lgs. 218/2012 DELL’art. 4 D.Lgs. n. 490/1994 e dell’art. 10 DPR 252/1998;dell’art. 11 del DPR 252/1998 - ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE – TRAVISAMENTO DEI FATTI - IRRAGIONEVOLEZZA DIFETTO DI ISTRUZIONE - DIFETTO E FALSITA’ DEI PRESUPPOSTI, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO, IRREGOLARITA’ DEL PROCEDIMENTO, ILLOGICITA’ MANIFESTA, E CONTRADDITTORIETA’ - VIOLAZIONE ART. 3 L. 241/90.
La ricorrente rileva che:
-) il provvedimento impugnato non evidenzierebbe circostanze di fatto a carico di -O- -cognato dell’amministratore unico e l.r. della società ricorrente- idonee ad inferire la qualificata probabilità che quest’ultima possa subire il condizionamento della criminalità organizzata;
-) i fatti contestati erano esistenti all’anno 2014, allorquando essa è stata iscritta nella “White List”, e la maggior parte degli stessi erano stati oggetto di contenzioso dinanzi a questo Tribunale che, con sentenza n. -O-, aveva annullato una precedente informazione antimafia con diniego della permanenza nella “White list” ed i relativi fatti ritenersi superati;
-) quanto ai rapporti con la -O-, coinvolta nell’operazione “-O-”, afferma di aver solo fornito -O-con regolare contratto dell’-O-(peraltro non onorato dalla -O- e seguito da contenzioso civile e, dopo la dichiarazione di fallimento di quest’ultima, da istanza di ammissione al passivo) e, comunque, la fornitura è antecedente ai fatti che hanno coinvolto la -O-(o, più precisamente, la persona di -O-, padre della legale rappresentante -O- e totalmente estranea alla suddetta vicenda);peraltro, la circostanza che alcune -O-, in due giornate del mese di -O-, siano state fotografate presso il cantiere della -O-non proverebbe nulla di più di quanto ora rilevato circa il rapporto di fornitura di -O-;
-) è da negare la sua riconducibilità a -O-, trattandosi di società con unico socio nell’ambito della quale il -O- ha lavorato solo per cinque anni e comunque fino al 2017, allorchè è stato licenziato per riduzione del personale, non intrattenendo da allora più alcun rapporto;in ogni caso, questi è incensurato e non ha alcun procedimento pendente, è sposato e con nucleo familiare completamente diverso da quello della ricorrente, abitando anche in Comuni diversi;
-) risulterebbe del tutto ininfluente l’essere stato controllato il -O- mentre era alla guida di automobili prestati alla ricorrente o comunque prestatigli dal fratello, trattandosi di automobili che, quantunque intestate alla società, non sono utilizzate per lo svolgimento delle attività sociali.
La ricorrente contesta altresì i rilievi della Prefettura secondo cui -O- avrebbe avuto contatti con -O- e intrattenuto rapporti con esponenti mafiosi organici alle cosche -O- e -O- di-O-,-O- di -O- e -O- di -O- rilevando di non aver avuto contezza alcuna di ciò e dunque di disconoscere totalmente dette circostanze.
Inoltre, essa rileva che il rapporto di affinità non può rappresentare prova di infiltrazioni mafiose, in assenza di elementi da cui ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti in questione, come pure rileva che, anche l'aver avuto alle proprie dipendenze soggetti pregiudicati o sospettati di contiguità ad ambienti mafiosi risulterebbe insufficiente a fini interdittivi in assenza di un quadro indiziario più pregnante.
2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA DI DOCUMENTAZIONE ANTIMAFIA E SEGNATAMENTE DELLA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO n. 11001/119/20 DEL 8.02.2013 e del 27.03.2018 ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E CARENZA DELLA MOTIVAZIONE;MOTIVAZIONE IRRAGIONEVOLE, APPARENTE, GENERICA, IRRILEVANTE E PRETESTUOSA.
La ricorrente contesta all’Amministrazione di non aver considerato la decisione di adottare il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex legge 231/2001 e l’allegato codice etico, invidiando un professionista esterno quale soggetto idoneo a svolgere le funzioni di organismo di vigilanza.
3) RISARCIMENTO DEL DANNO
La ricorrente chiede il risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 1337 e 2043, 1223 e 1226 c.c. in forma generica per il danno patrimoniale subito e subendo oltre al danno morale, esistenziale e all’immagine, collegato alla perdita dei contratti in corso e di tutti gli altri appalti ai quali non ha potuto partecipare, a titolo di danno emergente e lucro cessante nonché ai mancati finanziamenti da parte delle banche, quantificato nell’importo complessivo di €. 100.000,00 ovvero di quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia e determinata in corso di causa.
3- Con atto depositato il 9.11.2022 si è costituita, per resistere al ricorso, la Prefettura di Vibo Valentia, che il successivo 17.11.2022 ha depositato memoria.
4- In vista della trattazione dell’istanza cautelare, il 20.11.2022 la ricorrente ha presentato memoria, nella quale, oltre a ribadire le argomentazioni contenute nel ricorso principale, soggiunge che probabilmente la Prefettura confonde -O- nato a -O- il -O- con l'omonimo -O- nato a -O-, e deceduto il -O- (cfr. situazione di famiglia originaria di -O-) rilevando che il cognato non è il -O- del clan -O- di -O- e nulla ha a che fare con tale famiglia.
5- Alla camera di consiglio del 23.11.2022, con ordinanza n. -O- pubblicata il -O- è stata accolta l’istanza cautelare con sospensione del provvedimento impugnato e, contestualmente, è stata disposta istruttoria onerando la Prefettura di Vibo Valentia di depositare, nei successivi 60 giorni, una relazione illustrativa sui fatti di causa documentata con gli atti e i documenti utilizzati a sostegno della gravata interdittiva.
6- In vista della trattazione del merito, in data 3.4.2023 la ricorrente ha presentato memoria e il 17.4.2023 ulteriore memoria di precisazione.
7- L’Amministrazione resistente non ha svolto difese e non ha adempiuto alla precitata istruttoria.
8- All’udienza pubblica del 3.5.2023, previa discussione di rito, il ricorso è stato spedito in decisione.
DIRITTO
9- Il ricorso è fondato.
10- Viene scrutinato il primo motivo di ricorso.
10.1- Il motivo è fondato nei termini che seguono.
10.2- Giova anzitutto ricapitolare l’assetto giurisprudenziale, come lumeggiato anche da questa Sezione, che richiama la consolidata giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le tante, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 18.5.2021, n. 1020;T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 3.10.2017, n. 848;Cons. Stato, Sez. III, n. 1743, n. 2742, n. 4170 e n. 4550 del 2016;n. 256 del 2017) :
- l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata, impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;
- trattandosi di una misura a carattere preventivo, l'interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;
- tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;
- essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata;
- anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l'instaurazione di un rapporto dell'impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l'interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l'ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;
- di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell'impresa), ma occorre che l'informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l'autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l'impresa esercitata da loro congiunti;
- gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata;
- pertanto, gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione;
- hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l'Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l'esistenza - su un'area più o meno estesa - del controllo di una 'famiglia' e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito) ” (T.A.R. Catanzaro, Sez. I, 23.7.2021, n. 1530).
In sostanza, “ Il Prefetto, ai fini dell'adozione dell'interdittiva antimafia, può legittimamente ravvisare l'emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell'assoluta certezza, quali una condanna non irrevocabile, collegamenti parentali con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti, tali da fondare un giudizio di possibilità in relazione al fatto che l'attività d'impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o essere in qualche modo condizionata ” (Consiglio di Stato, Sez. V, 11.4.2022, n. 2712).
Peraltro, “ L'interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi anche su fatti risalenti nel tempo, purché dall'analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 24.11.2022, n.7282).
10.3- Nella fattispecie, il provvedimento interdittivo impugnato si sviluppa sulle seguenti motivazioni:
-) la società ricorrente ha eseguito lavori per la costruzione dell’immobile in Vibo Valentia di proprietà della -O-, inattiva e dal -O- in fallimento, già destinataria di sequestro preventivo di quote sociali e del compendio aziendale nell’ambito dell’operazione “-O-”, riconducibile a -O-, affiliato al clan locale di -O- e detenuto per associazione di tipo mafioso ed altro;
-) essa è riconducibile a -O-, n. -O-, fratello del coniuge convivente --O- della sopramenzionata legale rappresentante, che risulta aver intrattenuto rapporti con il citato -O- per la fornitura di -O- presso il summenzionato cantiere e aver intrattenuto rapporti –come emerge dalle operazioni di polizia "-O-” e “-O-” con esponenti mafiosi organici alle ‘ndrine -O- e -O- di--O-,-O- di -O- e -O- di --O-, volti alla spartizione dei contratti di fornitura di -O-nell’ambito dei lavori di ammodernamento dell’-O-;
-) il summenzionato -O- risulta aver prestato attività lavorativa presso la società ricorrente dal -O-ed è stato controllato a bordo degli autoveicoli della ditta in parola rispettivamente dal 29.10.2014 al 7.11.2021 (su -O-) e dal 26.10.2018 al 10.5.2022 (su -O-);
-) a seguito di contraddittorio e di audizione la ricorrente ha rilevato di aver soltanto fornito -O-alla -O- con regolare contratto dell’-O-, antecedente ai fatti che hanno coinvolto la -O- e, nello specifico, il padre della sua legale rappresentante -O-, estranea ai fatti;inoltre, la società ricorrente non sarebbe riconducibile a -O- con cui non sono in essere rapporti commerciali;inoltre sono contestate le circostanze per cui -O- avrebbe intrattenuto contatti con -O- e ancor di più rapporti con esponenti mafiosi organici alle ndrine -O- e -O- di-O-,-O- di -O- e -O- di -O-;
-) nel corso dell’audizione il Gruppo Tecnico ha evidenziato che, dallo stralcio della richiesta di applicazione di misura cautelare nell’ambito dell’operazione “-O-” erano emersi rapporti di cointeressenza tra -O- e la società ricorrente tramite -O-, stante che il 13.3.2017 e il 20.3.2017 alcune -O- della -O- riconducibili al -O- venivano notate all’opera presso il cantiere d’interesse;
-) le osservazioni della ditta non sono state ritenute rilevanti attesa la riconducibilità di fatto della società al -O-, nel senso che, con molta probabilità, la -O-, pur essendo formalmente amministratrice unica e proprietaria delle quote sociali della società in questione, non svolgerebbe realmente l’attività lavorativa di cui risulta titolare, ma rappresenterebbe una “testa di legno”, in realtà riconducibile al -O-.
10.4- Così ricostruita la vicenda, il Collegio preliminarmente osserva che, comparando i fatti rubricati nell’impugnata interdittiva e quelli a base della precedente interdittiva adottata nel 2014 (per come ricostruibili dalla sentenza di questo Tribunale n. -O-, stante il mancato deposito del suddetto provvedimento, cassato con la precitata sentenza) non è dato evincere, a differenza di quanto esposto dal ricorrente, una coincidenza degli elementi fattuali, né risultano adeguatamente forniti elementi a conforto di tale tesi.
10.5- Non di meno, l’operato dell’Amministrazione Prefettizia, nella fattispecie, si presenta fallace.
10.6- Risulta anzitutto non contestato che -O- -cognato dell’amministratore unico della società ricorrente in quanto fratello del di lei marito- il quale fino al giugno 2017 era stato dipendente della società stessa, è stato controllato -più volte e in modo da coprire prolungati periodi di tempo- su più autoveicoli aziendali di proprietà della società stessa, pur non avendo, a detta della ricorrente, rapporti con la medesima società.
Inoltre, nell’ambito delle proprie difese, la medesima ricorrente non ha fornito una spiegazione ragionevolmente convincente delle ragioni per cui questi, pur formalmente estraneo alla compagine sociale, abbia avuto la disponibilità di autoveicoli della stessa, tenuto anche conto che del tutto apodittica e priva di elementi sostanziali di conforto è la tesi che detti mezzi sarebbero stati “prestati” dal fratello (non essendo specificate le ragioni o le circostanze), come pure non centrata risulta l’affermazione per cui gli autoveicoli in questione non erano funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa (non contestandosi al -O- di svolgere l’attività lavorativa bensì di avere un ruolo di dominus nella società) ovvero la residenza o l’autonomia del nucleo familiare del -O- (aspetti del tutto neutri nell’economia della controversia e dell’interdittiva).
La suddetta circostanza, dunque, nel suo complesso può ben essere valorizzata dall’Autorità di Pubblica Sicurezza per inferirne un ruolo sostanziale di rilievo del -O- nell’ambito sociale, nel senso, cioè, che la società stessa possa essere a lui praticamente riconducibile o comunque che questi possa di fatto esercitare una significativa influenza.
10.7- Ciò posto, è però da rilevarsi che, dall’analisi delle allegazioni versate in atti, non emergono elementi che ragionevolmente consentano di collegare la società ricorrente, direttamente o per il tramite del -O-, alla criminalità organizzata.
10.8- In primo (e dirimente) luogo, non è dato individuare, dal provvedimento impugnato e dall’allegata documentazione a corredo, elementi fattuali per apprezzare un collegamento del -O- (cognato della ricorrente), con esponenti mafiosi organici alle cosche -O- e -O- di--O-,-O- di -O- e -O- di --O-, utilizzabili per fornire un giudizio sfavorevole alla ricorrente stessa viepiù in termini di attualità.
10.9- Già in sede di avvio del procedimento, infatti, i suddetti elementi risultavano formulati in termini del tutto generici e privi di adeguati elementi idonei a contestualizzarli e, nonostante che già in sede di audizione procedimentale la ricorrente avesse preso specifica posizione ricusando gli stessi, nel corpo del provvedimento l’Amministrazione non ha offerto alcun elemento ulteriore a corroborare tale rilievo, quantunque decisivo nell’economia della controversia.
10.10- In secondo luogo, dalla disamina del provvedimento e delle allegazioni in atti non è dato individuare elementi, connotati da un significativo grado di puntualità, da cui inferire i dedotti contatti del medesimo -O- con -O-, inquisito nell’ambito dell’inchiesta “-O-”, apprezzabili a fini interdittivi.
Difatti, il provvedimento impugnato richiama le risultanze dell'operazione di polizia “-O-” circa la presenza di alcune -O-, in data 13.3.2017 e 20.3.2017 nei cantieri della -O-, ma tale dato può dar conto dell’esistenza di rapporti tra le due ditte, rapporti peraltro ammessi dalla ricorrente, ma, in sé considerati e in assenza di elementi di maggior pregio, non anche di rapporti tra -O- e -O-, entrambi formalmente estranei alle compagini sociali.
10.11- Si soggiunge che l’Amministrazione resistente non ha preso posizione, in sede processuale, in ordine alle allegazioni di parte ricorrente che, oltre a contestare la sussistenza dei legami tra il cognato e i suddetti soggetti, aveva anche paventato la sussistenza di un caso di possibile omonimia, puntualmente evidenziato (v. memoria di parte ricorrente del 20.11.2022).
10.12- Deve essere inoltre rimarcato che, quantunque in un contesto già di per sé labile, la Prefettura di Vibo Valentia non ha neanche adempiuto all’attività istruttoria, disposta dal Collegio in contestualità all’adozione della misura cautelare (ad oggetto il deposito di una relazione illustrativa sui fatti di causa documentata con gli atti e i documenti utilizzati a sostegno della gravata interdittiva), circostanza che, nel comportamento complessivo delle parti, il Collegio ritiene di valutare quale ulteriore argomento di prova utile a corroborare le criticità sopra riportate.
10.13- Alla luce di quanto ora osservato – e come rilevato in sede cautelare – i rapporti in essere tra la ditta ricorrente e la società -O- sembrerebbero compendiarsi nella fornitura di materiale da costruzione.
Orbene, anche in presenza di alcuni elementi che rendono incerta la difesa dei ricorrenti – tenuto conto che il contratto di fornitura di -O-, peraltro privo di qualsiasi elemento atto ad inferire data certa, è datato -O-mentre le -O- sono state avvistate nei cantieri in epoca precedente, ossia a -O- e che, ancora, il contratto si riferiva solo alla fornitura di -O-mentre la presenza delle -O- nei locali del cantiere sembra eccedere oltre quella prestazione di mera fornitura e che, ancora, il decreto ingiuntivo menziona fatture (anche se talvolta di importo del tutto modesto) relative ad un arco di tempo dal -O- e dunque successive alla misura interdittiva a carico della -O- – il contesto temporale di riferimento (tenuto conto che, per quanto allegato dalla ricorrente, la -O- era iscritta in “White list” fino al -O- quando sottoposta ad interdittiva ma il -O-è stata ammessa a controllo giudiziario per essere quindi reiscritta in “White list” dall’anno 2020) nonché la sussistenza di elementi a comprova non adeguatamente contestati dalla Prefettura, finiscono per rendere i rapporti non espressivi di cointeressenze apprezzabili a fini interdittivi.
10.14- Per quanto finora esposto il primo motivo di ricorso è destinato a trovare accoglimento e ad inficiare la legittimità del provvedimento impugnato.
15- Le conclusioni ora rassegnate sul primo motivo di ricorso determinano di per sé l’accoglimento dello stesso, anche a prescindere dalla pregnanza della doglianza compendiata nel secondo motivo di ricorso, che per il vero –in sé considerato e al netto delle considerazioni precedentemente esposte– risulta non centrato, nel senso che:
-) per un verso, l’Amministrazione ha esposto le ragioni per le quali, dal proprio punto di vista, sussisterebbe una situazione di non occasionalità tale da impedire l’applicazione dell’istituto della prevenzione collaborativa;
-) per altro verso, in sé considerata l’avvenuta adozione del Modello organizzativo ex lege n. 231/2001 era stata già rappresentata alla Prefettura, ragion per cui è da ritenersi che essa ne abbia tenuto conto al fine di assumere le proprie determinazioni;
-) peraltro, anche la ricorrente si limita ad affermare che detto modello è stato da poco adottato e svolge proprie proiezioni sul futuro, circostanze inidonee a far venir meno la pregnanza dei rilievi e dei rischi evidenziati dalla Prefettura i quali, comunque, risultano censurabili per quanto affermato con riferimento al primo motivo di ricorso.
16- Viene infine scrutinata la domanda risarcitoria, corrispondente al rubricato terzo motivo di ricorso.
16.1- La domanda è infondata.
16.2- Si osserva anzitutto che “ L'annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo non fa sorgere automaticamente il diritto al risarcimento del danno, se il richiedente non prova la spettanza del c.d. bene della vita, vale a dire dell'utilità finale cui lo stesso aspira. Del resto, la mera illegittimità dell'atto amministrativo impugnato non è sufficiente per dichiarare la sussistenza di una responsabilità aquiliana per danni, dovendosi provare, oltre al nesso causale, la sussistenza del danno, e la colpa della P.A. ” ( ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 18.11.2022, n.2569).
16.3- Nel caso controverso, in disparte l’illegittimità del provvedimento interdittivo, parte ricorrente non ha fornito la prova della sussistenza di danni effettivamente subiti e causalmente riconducibili al provvedimento stesso, che pertanto possano essere considerati risarcibili.
16.4- Non è stato infatti dimostrato che, a causa del provvedimento, la ricorrente ha subito dei danni derivanti da cessazione di contratti in corso né di non aver potuto partecipare ad appalti ai quali avrebbe ragionevolmente potuto aspirare anche solo in termini di chance, ovvero di mancati finanziamenti da parte delle banche.
16.5- Del tutto apodittico e generico, in assenza di un qualsivoglia elemento probatorio a supporto, è il riferimento anche al danno morale, esistenziale e all’immagine.
16.6- Peraltro, anche sotto il versante temporale, è da rilevare che, a fronte di interdittiva notificata il -O-, solo il 7.11.2022 è stato depositato il ricorso giurisdizionale, privo di richiesta di provvedimenti monocratici urgenti ex art. 56 c.p.a., mentre già in data -O- l’efficacia del provvedimento impugnato è stata sospesa in via cautelare, di fatto restituendo provvisoriamente la situazione preesistente e sminuendo il rischio di pregiudizi a carico del ricorrente.
17- Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, con compensazione di un terzo in ragione dell’esito della domanda risarcitoria.