TAR Genova, sez. I, sentenza 2018-10-30, n. 201800871

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2018-10-30, n. 201800871
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201800871
Data del deposito : 30 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/10/2018

N. 00871/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00185/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 185 del 2018, proposto da:
A S, rappresentato e difeso dagli avv. L C e M V, elettivamente domiciliato presso l’avv. M V nel suo studio in Genova, via Martin Piaggio, 17/1;

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 2280 a data 11 gennaio 2018, notificato in data 16 gennaio 2018, a firma del Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell’Amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, Direzione centrale per le risorse umane, del Ministero dell’interno, avente ad oggetto l’applicazione al ricorrente della sospensione cautelare facoltativa dal servizio, ai sensi dell’art. 91, comma 1, prima parte, del d.P.R. n. 3/1957, con decorrenza dal 13 gennaio 2018, con contestuale riconoscimento di un assegno alimentare pari alla metà dello stipendio,

nonché di tutti gli atti precedenti, presupposti, conseguenti e/o comunque connessi al provvedimento impugnato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2018 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’odierno ricorrente prestava servizio presso la Prefettura di Savona con la qualifica di vice prefetto.

Con provvedimento del 6 febbraio 2017, egli è stato sospeso cautelarmente dal servizio, ai sensi dell’art. 91, primo comma, del d.P.R. n. 3/1957, in quanto destinatario di un’ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari.

Nell'ambito del relativo procedimento penale, detta misura è stata successivamente sostituita con l’obbligo di dimora nel Comune di residenza e contestuale interdizione dall’esercizio del pubblico ufficio per la durata di dieci mesi;
in seguito, l’obbligo di dimora è stato sostituito con l’obbligo di presentazione alla P.G., a sua volta revocato in data 13 novembre 2017.

Con provvedimento del 11 gennaio 2018, preso atto dell’intervenuta richiesta di rinvio a giudizio e ritenuta la particolare gravità dei capi di imputazione contestati al dipendente (corruzione, abuso d’ufficio e peculato), il Capo Dipartimento per le politiche del personale del Ministero dell’interno ne ha disposto la sospensione cautelare dal servizio.

Nella motivazione dell’atto, è anche richiamato il parere del Prefetto di Savona, sfavorevole alla permanenza in servizio dell’interessato.

Tale provvedimento è stato impugnato con ricorso regolarmente notificato in data 5 marzo 2018 e depositato il successivo 15 marzo.

Questi i motivi di gravame:

I) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91, comma 1, prima parte, d.P.R. n. 3/1957. Difetto di competenza.

II) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, l. n. 241/1990. Omessa comunicazione di avvio del procedimento. Violazione del diritto di difesa e di partecipazione. Difetto di istruttoria. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27, comma 2, Cost., recante il principio di presunzione di non colpevolezza fino alla sentenza definitiva di condanna.

III) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, l. n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di presupposti. Difetto di istruttoria. Pedissequo recepimento delle determinazioni assunte dalla pubblica accusa. Assenza di un’autonoma ricostruzione e valutazione dei fatti da parte dell’Amministrazione. Mancata considerazione dell’applicazione della meno gravosa misura del trasferimento. Mancata considerazione dei precedenti di carriera del ricorrente.

IV) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91, comma 1, parte prima, del d.lgs. n. 3/1957. Indeterminatezza temporale. Mancata previsione di un termine finale. Sviamento della causa tipica. Abnormità. Ingiustizia manifesta. Violazione e/o falsa applicazione del principio di non colpevolezza sancito dall’art. 27, comma 2, Cost.

Il Ministero dell’interno, già costituitosi formalmente in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, ha controdedotto nel merito con memoria depositata il 23 marzo 2018.

Le parti in causa hanno ribadito le rispettive tesi difensive con memorie depositate in prossimità dell’udienza di trattazione.

Il ricorso, quindi, è stato chiamato alla pubblica udienza del 4 ottobre 2018 e ritenuto in decisione.

DIRITTO

1) E’ contestata la legittimità del provvedimento con cui il ricorrente, vice prefetto presso la Prefettura di Savona, è stato sospeso cautelarmente dal servizio, ai sensi dell’art. 91, primo comma, prima parte, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in quanto assoggettato ad un procedimento penale per titoli di reato attinenti ai compiti di istituto.

2) Con il primo motivo di ricorso, viene denunciato il vizio di incompetenza, atteso che il provvedimento impugnato è stato adottato dal Capo Dipartimento per le politiche del personale del Ministero dell’interno, mentre la legge prevede che la sospensione cautelare dal servizio sia disposta “ con decreto del Ministro ”.

Precisa il ricorrente che l’esercizio del potere in questione non sarebbe stato trasferito ai dirigenti dall’art. 16 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, poiché il personale della carriera prefettizia è escluso dal regime di privatizzazione del pubblico impiego.

La censura non è fondata.

E’ vero, infatti, che al cosiddetto “pubblico impiego non privatizzato” (o “non contrattualizzato”) continua ad applicarsi il pregresso ordinamento, ma tale ordinamento è stato innovato dal menzionato d.lgs. n. 29/1993, i cui principi sono stati ribaditi dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nel senso della netta separazione dei poteri di indirizzo politico e di controllo, spettanti agli organi di governo, da quelli gestionali attribuiti alla dirigenza (Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2014, n. 266).

Il provvedimento impugnato, con cui viene disposta la sospensione cautelare dal servizio del dipendente, è certamente un atto gestionale e non di indirizzo politico, sicché non può ricadere nell’ambito della competenza del Ministro per il quale opera una preclusione assoluta all’esercizio di compiti gestionali, compresa l’adozione degli atti di gestione del personale (Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 2013, n. 158).

Essendo stata trasferita ai dirigenti la competenza ad adottare tutti gli atti di gestione del personale, compresi i provvedimenti disciplinari e cautelari, deve reputarsi implicitamente abrogata, quindi, la disposizione che radicava in capo al Ministro il potere di adottare il provvedimento di sospensione cautelare dell’impiegato sottoposto a procedimento penale.

III) Viene denunciata, con il secondo motivo di ricorso, la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, atteso che l’atto impugnato non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Ad avviso dell’esponente, la necessità di tale adempimento discenderebbe dalla natura discrezionale del provvedimento di sospensione cautelare facoltativa dal servizio;
egli rileva, inoltre, che non sono state indicate (e, comunque, non sussisterebbero in concreto) particolari ragioni di urgenza atte a giustificare l’omissione procedimentale.

Né potrebbe invocarsi l’applicazione della “sanatoria processuale” ex art. 21 octies della legge n. 241/1990 in quanto l’interessato, qualora coinvolto nel procedimento, avrebbe “ potuto fornire la propria versione dei fatti ”, consentendo all’Amministrazione di “ valutare autonomamente e con maggior cognizione se applicare o meno la misura de qua ”.

In aderenza al prevalente orientamento giurisprudenziale, ritiene il Collegio che la pacifica natura cautelare del provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dall’impiego consenta di prescindere dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento (cfr., fra le ultime, T.A.R. Marche, sez. I, 23 gennaio 2015, n. 70).

Nelle ipotesi di instaurazione di un procedimento disciplinare, infatti, deve essere data comunicazione dell’avvio del procedimento al dipendente interessato per consentirgli di conoscere i relativi atti e di svolgere adeguatamente le proprie difese.

Al contrario, quando l’instaurazione del procedimento è finalizzata all’adozione di un provvedimento di natura cautelare, consistente nella sospensione dal servizio del dipendente assoggettato ad un procedimento penale, le esigenze di celerità e tempestività sottese all’adozione di tale misura impongono di intervenire con urgenza, dispensando l’Amministrazione dalla previa comunicazione dell’avvio del procedimento di sospensione (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 14 ottobre 2014, n. 10319).

Peraltro, la partecipazione dell’interessato al procedimento de quo non avrebbe potuto apportare elementi nuovi, posto che l’avvio del procedimento derivava dal fatto, oggettivo e incontrovertibile, dell’avvio di un procedimento penale per gravi ipotesi di reato (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352).

IV) Il provvedimento impugnato sarebbe viziato sotto il profilo del difetto di motivazione, poiché l’Amministrazione procedente si è limitata a prendere atto dell’intervenuto esercizio dell’azione penale e ad indicare gli “ articoli del c.p. contestati al ricorrente ”, senza “ vagliare i peculiari profili ” che caratterizzerebbero il caso in questione.

Osserva il Collegio che la ratio della sospensione cautelare è ravvisabile nell’interesse pubblico rivolto ad evitare il pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio dell’Amministrazione che deriverebbero dalla permanenza in servizio di un dipendente cui siano stati attribuiti gravi fatti di reato.

L’adozione di tale misura non richiede, quindi, la certezza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi al dipendente, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione dei fatti medesimi.

Nel caso in esame, la motivazione dell’atto fa riferimento alla “ particolare gravità dei capi d’imputazione contestati ” al dipendente (corruzione, peculato e abuso d’ufficio), per i quali la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona ha esercitato l’azione penale mediante richiesta di rinvio a giudizio.

Tale contenuto, pur nella sua sinteticità, è idoneo ad assolvere l’onere motivazionale a carico dell’Amministrazione procedente, poiché la sussistenza delle esigenze cautelari che impongono di allontanare il dipendente dal servizio risultano evidenti alla luce della gravità delle contestate ipotesi di reato e della qualifica dirigenziale dell’interessato.

Nella motivazione dell’atto, peraltro, è anche richiamato il parere del Prefetto di Savona, sfavorevole alla permanenza in servizio dell’interessato in ragione del grave pregiudizio che sarebbe arrecato al prestigio dell’Amministrazione.

Il ricorrente non può lamentare, a quest’ultimo riguardo, che non sarebbe stata valutata la sua disponibilità al trasferimento in altra sede, posto che tale soluzione è stata prospettata solo con nota del 15 gennaio 2018, successiva all’adozione dell’avversato provvedimento di sospensione dal servizio.

Infine, dovendo adottare una misura cautelare e non una sanzione disciplinare, l’Amministrazione non poteva certo ritenersi onerata alla valutazione dei pretesi precedenti favorevoli di carriera del dipendente.

V) Con il quarto motivo di ricorso, viene denunciata l’omessa indicazione del termine finale dell’atto.

Sostiene il ricorrente che, per effetto di tale omissione, la sospensione cautelare sarebbe stata “ surrettiziamente trasformata in una sanzione disciplinare a carattere definitivo ”, destinata a produrre i propri effetti fino al collocamento in pensione previsto nel novembre 2018.

Neppure quest’ultima censura può essere condivisa in quanto, fatto salvo l’esito del procedimento penale, trova comunque applicazione il termine quinquennale previsto dall’art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19, per la cessazione dell’efficacia della sospensione cautelare del pubblico dipendente.

Il pensionamento dell’interessato prima della scadenza del termine suddetto non vale, ovviamente, a far venire meno la natura interinale della misura applicata nei suoi confronti.

VI) Per tali ragioni, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono equitativamente liquidate in dispositivo.

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