TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2012-07-26, n. 201203605

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2012-07-26, n. 201203605
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201203605
Data del deposito : 26 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03552/1994 REG.RIC.

N. 03605/2012 REG.PROV.COLL.

N. 03552/1994 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3552 dell’anno 1994, proposto da:
R A, rappresentato e difeso dall'avv. F S E, con il quale è legalmente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R.;

contro

Comune di Vico Equense, in persona del Sindaco p.t., non costituito;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- della nota prot. n. 28239 del 23.12.1993, con cui il Sindaco del Comune di Vico Equense ha disposto, ai sensi dell’art. 7 L. 47/1985, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di opere e beni in danno del ricorrente;

- di tutti gli atti precedenti, preordinati, connessi e conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2012 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente ricorso, notificato il 22 febbraio 1994 e depositato il successivo 22 marzo, R A ha esposto

- che era proprietario di un fondo rustico con annessa casa colonica e locale adibito in parte a stalla e in altra parte a fienile e deposito, ubicato in Vico Equense, frazione Montechiaro, p.zza Montechiaro n. 13;

- che, sul citato stabile rurale, edificato da oltre 40 anni, egli stava effettuando lavori di manutenzione straordinaria nonché stava realizzando (al di sotto della stalla) un locale interrato;

- che per tali opere era intervenuta una ordinanza sindacale di demolizione (n. 162 del 23.3.1993), che però egli aveva impugnato giurisdizionalmente innanzi al T.A.R. Campania – Napoli;

- che, successivamente, il Sindaco di Vico Equense, con nota prot. n. 28239 del 23.12.1993, aveva disposto, ai sensi dell’art. 7 L. 47/1985, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del manufatto abusivo e dell’area di sedime necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quella realizzata.

Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato il provvedimento acquisitorio da ultimo intervenuto, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1) eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 47/1985, anche in relazione agli artt. 10 L. 47/1985 e 31 lett. b) L. 457/1978;

3) eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento e carena assoluta di motivazione;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. 47/1985 in relazione alla L. 1150/1942 e alla L. 765/1967 – ulteriore eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 co. 3 L. 47/1985 – ulteriore eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto.

All’udienza camerale del 12 aprile 1994, fissata per la discussione dell’istanza cautelare avanzata dal R, la causa è stata rinviata a data da destinare su richiesta di quest’ultimo.

Con ordinanza n. 14749/2011, il Presidente della sezione 7^ del T.A.R. ha, in relazione al pendente giudizio, disposto incombenti istruttori a carico del Comune di Vico Equense, al fine di acquisire documentati chiarimenti sui fatti che avevano determinato l’adozione del provvedimento impugnato, “ nonché su fatti e circostanze eventualmente sopravvenuti (tra i quali istanze della parte privata, ulteriori provvedimenti eventualmente adottati dall’Amministrazione ed ulteriori gravami eventualmente proposti dalla parte privata) ”.

Il Comune di Vico Equense, pur non costituendosi formalmente in giudizio, in data 21 gennaio 2012 ha, per adempiere al disposto istruttorio del Tribunale, depositato una nota (con allegata copia dell’ordinanza n. 456 del 10.10.2011 a firma del responsabile del Servizio Urbanistica) in cui ha precisato:

- che, successivamente all’acquisizione impugnata, era stata adottata l’ordinanza n. 456/2011 con cui il responsabile del Servizio Urbanistica aveva negativamente definito il procedimento di condono attivato con istanza prot. n. 6344/1995 dal R per le opere in questione;

- che tale provvedimento era stato gravato dal privato interessato con ricorso R.G. n. 5431/2011 innanzi al T.A.R. Campania-Napoli, allo stato pendente;

- che in tale giudizio l’ente territoriale si era costituito e aveva evidenziato l’opportunità che fosse riunito alla presente causa, stante la connessione con questa.

In data 8 maggio 2012 parte ricorrente ha presentato una memoria.

Alla pubblica udienza del 10 maggio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

R arcangelo impugna il provvedimento con il quale il Sindaco di Vico Equense, premesso

che “ con ordinanza n° 162 del 23.3.1993 e di cui al rapporto dell’Ufficio Urbanistico n° 96/93 del 15.3.1993” era stata ingiunta “la demolizione e rimessa in pristino dello stato dei luoghi per le opere eseguite abusivamente in via Montechiaro (…), sull’immobile distinto in catasto al foglio di mappa n. 14 particella/e n. 462 consistenti in: realizzazione di un locale interrato di superficie coperta di circa mq. 71,56 accessibile da una rampa pavimentata in cls di lunghezza ml. 12,00 e larghezza ml. 3,10 adibito a deposito. Soprastante tale locale è stato altresì realizzato un manufatto avente una superficie coperta di circa mq. 163,42, in parte adibito a fienile ed in parte adibito a stalla. L’intera copertura è a tettoia in lamiere di ferro. ”;
e che “ a seguito di accertamenti dei competenti Uffici Comunali” era risultato che non era stato “ottemperato nel termine di cui alla predetta ingiunzione e di cui all’art. 7 della legge 28.2.85 n° 47 ”;
ha disposto, ai sensi dell’art. 7 L. 47/1985, che dovessero intendersi acquisite “ di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune ”, “ il bene e l’area di sedime nonché quella necessaria secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive ”, e si è riservato, in conformità sempre al disposto di cui all’art. 7 L. 47/1985, “ di sottoporre al Consiglio Comunale per l’approvazione, la determinazione in ordine alla rimessa in pristino dell’immobile acquisito ovvero di acquisirlo definitivamente al patrimonio indisponibile del Comune ”, qualora fossero stati ricorrenti “ i prevalenti interessi pubblici, di cui alla disposizione richiamata ”.

Dagli atti di causa risulta che il R ha proposto ricorso a questo T.A.R. avverso tale ordinanza (RG n. 7679/1993), però definito con decreto di perenzione n. 26010/2010.

In ogni caso, è anche emerso che, in relazione alle opere di cui all’ordinanza di demolizione n° 162/1993, il medesimo R ha presentato istanza di condono ai sensi della sopravvenuta L. 724/1994 (prot. n° 6344 dell’1.3.1995);
istanza definita in senso negativo soltanto con il provvedimento n. 456 del 10.10.2011, con il quale è stata contestualmente ordinata nuovamente la demolizione delle opere abusive in questione, assegnando un rinnovato termine di gg. 90 dalla notifica dell’atto (e anche tale provvedimento risulta essere stato oggetto di giudiziale impugnazione con ricorso R.G. n. 5431/2011).

Così stando le cose, e posto che il provvedimento acquisitivo in questa sede impugnato deve dirsi adottato quale ulteriore sanzione in relazione alla mancata ottemperanza all’ordinanza n° 162/1993, osserva il Collegio che l’ultimo evento ricordato (ovvero la presentazione di istanza di condono ex art. 39 L. 724/1994) risulta decisivo ai fini della definizione del presente giudizio, a prescindere dalle argomentazioni di cui ai proposti motivi di ricorso.

Invero, va premesso che la presentazione della domanda di concessione in sanatoria successivamente all’emanazione del provvedimento sanzionatorio - demolitorio non incide sulla legittimità di questo (come accadrebbe, invece, nel caso in cui detta domanda si fosse avuta prima del suo intervento);
considerato che l’illegittimità è situazione patologica originaria dell’atto, relativa al suo momento genetico, mentre la proposizione di una istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 39 L. 724/1994 è vicenda successiva.

In tale caso tuttavia, la proposizione della domanda ex art. 39 della legge n. 724/1994, successivamente all’adozione dell’atto demolitorio e alla proposizione dell’impugnativa di questi, rileva sul piano processuale – quale conseguenza dei suoi effetti sostanziali - rendendo improcedibile, per carenza di interesse, il ricorso giurisdizionale (in senso conforme Consiglio di Stato sez. V, n° 3659 del 26.6.2007;
Consiglio di Stato Sez. V, n°165 del 19.2.1997;
Tar Lazio-Roma sez. II, n. 33098 del 2.11.2010;
Tar Campania-Napoli sez. II, n. 20262 del 19.10.2010;
Tar Lazio-Roma, sez. II, n. 32129 del 7.9.2010;
Tar Sicilia-Catania sez. I, n. 3200 del 21.7.2010;
Tar Campania-Napoli sez. VI, n. 16806 del 15.7.2010;
Tar Puglia-Bari sez. III, n. 2922 dell’8.7.2010;Tar Lazio-Roma sez. I, n. 15305 del 4.6.2010;
Tar lazio-Roma sez. I, n. 4243 del 18.3.2010;
Tar Toscana sez. III, n. 516 del 26.2.2010;
Tar Calabria-Catanzaro sez. II, n. 95 del 9.2.2010;
Campania-Salerno n° 234/99, n°423/99, n°368/99;
nonché T.A.R. Abruzzo-Pescara n° 175 del 28.1.1999;
T.A.R. Campania-Napoli n° 2027 del 20.7.1999).

In caso di accoglimento dell’istanza, il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria renderà legittima l’opera e non più applicabile la sanzione demolitoria, mentre, nell’ipotesi inversa di reiezione, l’Amministrazione comunale dovrà provvedere a riattivare il procedimento sanzionatorio sulla base del nuovo accertamento dell’abusività non sanabile delle opere, ai sensi degli artt. 27 e segg. D.P.R. 380/2001 (normativa che ha sostituito quella di cui alla legge n°47/1985), e ciò anche al fine di permettere al responsabile (nell’arco di un nuovo termine appunto da assegnarsi, essendo venuto meno quello attribuito dalla precedente ingiunzione) di adempiere spontaneamente alla demolizione, così evitando la più onerosa sanzione dell’acquisizione. In tali ipotesi, pertanto, viene a mancare l’interesse della parte ricorrente alla decisione sull’impugnativa del primo provvedimento sanzionatorio, anche tenuto conto della necessaria successiva formazione di un ulteriore provvedimento (positivo o negativo) sull’istanza di “condono”, anch’esso eventualmente censurabile in sede giurisdizionale dall’interessato.

Quanto poi alle conseguenze nel caso – quale quello qui in esame – in cui la domanda di sanatoria sia successiva, non solo all’ordine di demolizione delle opere abusive, ma anche ad un provvedimento di gratuita acquisizione delle stesse al patrimonio comunale (emesso in dipendenza della omessa loro spontanea demolizione), va evidenziato come vi siano contrastanti indirizzi in giurisprudenza. Un orientamento (cfr. T.A.R. Lazio-Roma n° 5614 del 2.4.2010) ritiene che si abbiano conseguenze processuali del tutto analoghe a quelle fin qui descritte (ossia si determini l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse), perché, una volta presentata la domanda di condono, anche il provvedimento sanzionatorio-acquisitivo verrebbe a perdere efficacia, dovendo essere sostituito o dal permesso di costruire in sanatoria o da un nuovo procedimento sanzionatorio. Diversamente, invece, un secondo orientamento (cfr. T.A.R. Sicilia-Catania n° 599 del 20.4.2006;
T.A.R. Lazio-Latina n° 1234 del 7.12.2009), ponendo l’accento sull'efficacia reale, traslativa della proprietà, che viene riconnessa al provvedimento acquisitivo, nonché sulla circostanza che l'articolo 39, comma 19, della L. 724/1994 ha stabilito che l'interessato ha diritto ad ottenere l'annullamento del provvedimento di acquisizione e la cancellazione della relativa trascrizione presentando presso i competenti uffici un certificato dal quale risulti la presentazione dell'istanza di condono (fatti salvi i diritti dei terzi e del Comune nel caso in cui le opere stesse siano state destinate ad attività di pubblica utilità entro la data del 1° dicembre 1994), ritiene che comunque permanga l’interesse alla definizione del giudizio pendente. Secondo tale prospettazione, infatti, se il detto provvedimento repressivo venisse a perdere efficacia, analogamente a quanto accade all'ordinanza di demolizione, a seguito della semplice presentazione della domanda di condono, risulterebbe privo di giuridico significato l’inserimento di questo comma, che riconosce in favore dell'interessato il diritto ad ottenere l'annullamento dell'atto di acquisizione: invece, proprio perché atto con efficacia reale, esso non potrebbe essere rimosso che su specifica istanza dell'interessato, ben potendo questi giovarsi, a sua scelta, del procedimento di annullamento (da parte della P.A.) successivo alla presentazione dell'istanza di condono ovvero dell'annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento anteriormente impugnato.

In proposito, osserva però il Collegio che la ricostruzione riconducibile all’ultimo orientamento citato non appare pienamente condivisibile, in quanto, se è vero che l’inottemperanza ad un determinato ordine demolitorio comporta la traslazione de iure della proprietà del bene abusivo (nonché dell’area di sedime e di quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive), tuttavia l’art. 39 co. 19 citato non impedisce al privato (che, a stretto rigore, sarebbe stato ormai “ spogliato ” della proprietà) di presentare la domanda di condono, né tantomeno subordina questa al previo annullamento dell’atto ricognitivo dell’ormai avvenuta traslazione della proprietà dell’opera abusiva (anzi, si ponga mente alla circostanza che la stessa norma continua a qualificare “ proprietario ” colui che abbia presentato l’istanza di sanatoria;
e in tale qualità appunto gli accorda, quando abbia anche adempiuto “ agli oneri previsti ”, il “ diritto di ottenere l'annullamento delle acquisizioni al patrimonio comunale dell'area di sedime e delle opere sopra questa realizzate disposte in attuazione dell'articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e la cancellazione delle relative trascrizioni nel pubblico registro immobiliare dietro esibizione di certificazione comunale attestante l'avvenuta presentazione della domanda di sanatoria ”, in ogni caso facendo “ salvi i diritti dei terzi e del Comune nel caso in cui le opere stesse siano state destinate ad attività di pubblica utilità entro la data del 1° dicembre 1994 ”).

Per di più, va notato come in sede di applicazione della L. 47/1985 che nulla aveva previsto sul punto, la giurisprudenza prevalente era comunque pervenuta, per via interpretativa, ad affermare la possibilità di accedere alla normativa condonistica pur in presenza di un provvedimento di gratuita acquisizione delle opere abusive trascritto nei registri immobiliari o anche di avvenuta immissione in loro possesso, purché, però, alla data di presentazione della domanda, le stesse non fossero state ancora demolite o formalmente utilizzate per il soddisfacimento di fini pubblici (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 2973 del 23.5.2000 e n° 1080 del 25.10.1993;
T.A.R. Sicilia-Palermo n° 1461 del 25.9.1997;
T.A.R. Lombardia-Milano n° 843 del 12.10.1990).

Così stando le cose, allora, l’avvenuta presentazione della domanda di condono non appare influire sull’efficacia della sola ordinanza demolitoria, rimanendo invece priva di effetti sul provvedimento di acquisizione adottato in conseguenza della mancata spontanea ottemperanza al primo (che ha come presupposto proprio la detta ordinanza, e la cui presenza non risulta ostativa all’accesso all’eccezionale sanatoria);
e ciò in quanto lo stesso co. 19 dell’art. 39 L. 724/1994 non prevede il previo annullamento dell’atto di acquisizione mediante utilizzo del procedimento delineato dal ricordato co. 19 dell’art. 39 L. 724/1994 quale condizione essenziale di operatività/efficacia della sanatoria che sia poi effettivamente intervenuta: evidentemente, allora, quest’ultimo provvedimento favorevole, indiscutibilmente avrebbe l’effetto di porre nel nulla, indistintamente, tutti gli atti sanzionatori in precedenza adottati in relazione all’abuso (mentre, per converso, un suo diniego, non potrebbe che comportare l’onere per il Comune di riattivare il procedimento sanzionatorio sulla base della rinnovata valutazione di abusività delle opere).

E ciò è appunto quanto in effetti avvenuto nella vicenda in commento, atteso che con il provvedimento con cui ha respinto l’istanza di sanatoria, il Comune di Vico Equense ha contestualmente rinnovato l’ordine di demolizione delle opere abusive, in tal modo rendendosi consapevole della necessità di riattivare tutto l’iter sanzionatorio.

Ecco perciò che il significato che, a giudizio del Tribunale, occorre riconoscere alla norma in commento è soltanto quello di chiarire normativamente come non osti all’accesso al condono l’intervento di un provvedimento che abbia accertato la gratuita acquisizione del bene abusivo, e di offrire al privato - che si sia avvalso di tale facoltà, con le relative conseguenze sul piano dei rapporti amministrativi in precedenza descritte - uno strumento per far emergere sul piano dei rapporti reali e/o proprietari (con i conseguenti riflessi sul piano del regime di pubblicità immobiliare) la nuova situazione determinatasi con la rituale presentazione dell’istanza di condono.

Quindi, in definitiva, a seguito della presentazione dell’istanza di condono e dell’assolvimento dei relativi oneri (circostanza non in discussione nel caso in esame, atteso che, dai documenti prodotti dal Comune di Vico Equense emerge l’intento di negare la sanatoria per ragioni legate esclusivamente ad una incompatibilità di quanto realizzato con il contesto paesaggistico dei luoghi), tutta l’attività sanzionatoria in precedenza posta in essere viene ad essere privata di efficacia (tranne qualora già sia intervenuta la demolizione delle opere o la loro destinazione ad attività di pubblica utilità), per cui di nessuna utilità porterebbe al privato interessato la definizione non solo del giudizio proposto avverso l’ordine di demolizione, ma anche di quello riguardante il successivo provvedimento di acquisizione gratuita delle opere al patrimonio comunale.

In base alle suesposte considerazioni e in conformità a precedenti sul punto di questo Tribunale (cfr. T.A.R. Campania-Napoli n. 2003 dell’8.4.2011;
T.A.R. Campania-Napoli n. 1676 del 6.4.2012), sussistono quindi le condizioni per dichiarare la improcedibilità del presente ricorso, per carenza di interesse sopravvenuta rispetto al momento di sua proposizione.

Nulla va disposto in ordine alle spese di giudizio, stante la mancata costituzione del Comune di Vico Equense.

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