TAR Roma, sez. II, sentenza 2022-07-14, n. 202209852

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2022-07-14, n. 202209852
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202209852
Data del deposito : 14 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/07/2022

N. 09852/2022 REG.PROV.COLL.

N. 06732/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6732 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
F L, rappresentato e difeso dagli avvocati A D G ed E P, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via di San Basilio, n. 61;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo,

- del silenzio rigetto formatosi, ai sensi dell'art. 25, comma 4, della l. n. 241/1990, in relazione all'istanza di accesso presentata in data 25 maggio 2021 tramite p.e.c. e di conseguenza per l'accertamento del diritto del ricorrente all'accesso agli atti, con conseguente obbligo della Commissione esaminatrice nominata al concorso, per titoli ed esami, a 40 posti di Referendario di T.A.R., del ruolo della magistratura amministrativa, bandito con decreto del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 12 agosto 2019, ai sensi dell'art. 116, comma 4, c.p.a., di esibizione di tutta la documentazione relativa, come richiesta dalla ricorrente con istanza del 25 maggio 2021 ad oggi rimasta inevasa;

- previa disapplicazione dell’art 19, comma 4, del d.P.R. n. 214 del 21 aprile 1973 recepito dall'art. 9, comma 5, del bando di concorso per 40 referendari di T.A.R. del 12 agosto 2019, dell'elenco degli ammessi alle prove orali pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio il 21 maggio 2021, esclusivamente nella parte in cui non prevede l'ammissione del ricorrente;

quanto al primo ricorso per motivi aggiunti

- della valutazione compiuta dalla Commissione in ordine all’elaborato di diritto amministrativo del ricorrente;

- di tutti gli altri atti presupposti, connessi, collegati, antecedenti o successivi, ancorché non cogniti, con particolare ma non esclusivo riferimento a tutti i verbali della Commissione, di valutazione degli elaborati, ancorchè non conosciuti;

quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti

- della graduatoria definitiva pubblicata in data del 12 agosto 2021 relativa al concorso, per titoli ed esami, a 40 posti di Referendario di T.A.R., del ruolo della magistratura amministrativa, bandito con decreto del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 12 agosto 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - IV serie speciale - concorsi ed esami, n. 72 del 10 settembre 2019 esclusivamente nella parte in cui non prevede l’ammissione del ricorrente;

- di tutti gli altri atti presupposti, connessi, collegati, antecedenti o successivi, ancorché non cogniti, con particolare ma non esclusivo riferimento a tutti i verbali della Commissione, di valutazione degli elaborati, ancorchè non conosciuti;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2022 la dott.ssa E M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo, il ricorrente - partecipante al concorso, per titoli ed esami, a 40 posti di Referendario di T.A.R. del ruolo della magistratura amministrativa, bandito con decreto del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 12 agosto 2019 – impugna il relativo elenco degli ammessi alle prove orali pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio il 21 maggio 2021, nella parte in cui egli non vi risulta incluso.

Chiede, in particolare, il candidato l’annullamento di tale atto e, per l’effetto, l’accertamento del suo diritto a sostenere la prova orale, previa nomina di una nuova commissione esaminatrice, oltre che per violazione dell’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013 ed eccesso di potere per illogicità, irrazionalità e manifesta disparità di trattamento in relazione alla mancata pubblicazione dei criteri di valutazione delle prove scritte (primo motivo), per pretesa illegittimità dell’art. 19, comma 4, del d.P.R. n. 214 del 21 aprile 1973, nella parte in cui, nell’ambito della disciplina del concorso di secondo grado per la nomina a referendario, recita testualmente che “ la valutazione inferiore a trentacinque cinquantesimi di una delle prove scritte preclude la valutazione delle altre ” (secondo motivo).

Il ricorrente sostiene che il comma in questione, “ preclude l’elementare principio della corretta valutazione degli elaborati che sottende qualsiasi procedimento concorsuale, in particolare quello diretto alla selezione di referendari di TAR che non può venire meno, in nome della evidente intenzione di imprimere una illegittima rapidità nella valutazione degli elaborati. [….] In particolare la disposizione in questione, introducendo una evidente discriminazione tra candidati che superano la prima valutazione e candidati esclusi, viola in primo luogo il principio di non discriminazione così come declinato dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ma anche l’articolo 10 TFUE, nonché l’articolo 2, paragrafo 2, lett. a) della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000 ”.

Lamenta, altresì, il ricorrente la mancata ostensione degli atti di concorso da costui richiesti con istanza del 25 maggio 2021, chiedendo ai sensi dell’art. 116 c.p.a. la condanna dell’amministrazione all’esibizione di “ copia dei propri elaborati e delle votazioni riportate a seguito della correzione, nonché la copia degli elaborati di due candidati presenti nell’elenco degli ammessi alla prova orale ”.

2. Lo stesso candidato proponeva, poi, successivo ricorso per motivi aggiunti, in cui – attesa l’avvenuta esitazione della propria istanza di accesso - contesta la valutazione del proprio tema in diritto amministrativo con l’attribuzione del punteggio di soli ventidue cinquantesimi (l’unico elaborato del ricorrente che sia stato corretto dalla Commissione, avendo egli ivi riportato una valutazione inferiore a quella minima di trentacinque cinquantesimi che, ai sensi del citato art. 19, comma 4, avrebbe consentito la correzione delle altre sue prove) rispetto a quello dei due candidati ammessi alla prova orale i cui scritti sono stati ostesi, in quanto (in tesi) “ essenzialmente equivalenti nell’ambito di una complessiva valutazione che avrebbe dovuto essere effettuata dalla commissione esaminatrice ”, lamentando una “ palese disparità di trattamento vieppiù evidente anche in virtù della parziale correzione della commissione esaminatrice, illegittimamente troncata ” come da relativo parere pro veritate reso in tal senso da un proprio consulente di fiducia e versato in atti.

In tale sede, formula il ricorrente relativa istanza istruttoria volta all’acquisizione dei criteri di valutazione e dei verbali relativi alla correzione della propria prova scritta nonché delle prove scritte già ostese dalla Commissione di concorso.

3. La Presidenza del Consiglio dei ministri si costituiva in giudizio ampiamente argomentando sulla legittimità dell’operato della commissione.

4. Il ricorrente, con atto depositato il 2 settembre 2021, avanzava, infine, un ulteriore ricorso per motivi aggiunti avverso la graduatoria definitiva di merito dei vincitori, assumendone l’illegittimità per le medesime doglianze già formulate avvero i precedenti atti della procedura di concorso nonché reiterando la richiesta istruttoria già formulata.

5. La Sezione con ordinanza n. 6158/2021 fissava, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm., l’udienza pubblica per la trattazione del merito del ricorso.

6. All’udienza pubblica dell’8 giugno 2022 la causa veniva, dunque, trattenuta in decisione.

7. Deve essere, innanzi tutto, dichiarata, ai sensi dell’articolo 34, comma 5, cod. proc. amm., cessata la materia del contendere per quel che concerne la richiesta di accesso formulata ai sensi dell’art. 116 c.p.a. in sede di ricorso introduttivo, stante la soddisfazione della relativa pretesa del ricorrente, giusta nota della Commissione di concorso n. 22450 di trasmissione a mezzo p.e.c. in data 5 luglio 2021 della documentazione da costui richiesta con istanza del 25 maggio 2021.

8. Quanto all’istanza istruttoria avanzata dal ricorrente in sede di motivi aggiunti, tale domanda deve, invece, essere disattesa, ritenendo il Collegio - alla luce dei motivi di doglianza proposti ed in ragione dei margini di sindacabilità del procedimento concorsuale di cui si discorre - che la documentazione depositata in atti sia già sufficiente ad assicurare la piena difesa in giudizio delle ragioni del candidato.

9. Ciò posto sia il ricorso introduttivo che entrambi i ricorsi per motivi aggiunti devono essere respinti, perché infondati.

10. E’ infondata la censura con cui il ricorrente lamenta l’omessa pubblicazione dei criteri di valutazione delle prove scritte di concorso per farne derivare l’invalidità dell’intera procedura concorsuale, in ossequio a quella consolidata giurisprudenza amministrativa (che la Sezione condivide) che ritiene che la definizione dei criteri per di valutazione delle prove scritte, oltre che del relativo ordine di correzione - prescritta per il concorso di cui si discorre all’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 214/1973 - non sia soggetta a una pubblicazione antecedente allo svolgimento delle prove medesime, avendo un simile adempimento il solo scopo di scongiurare il sospetto di favoritismi verso singoli candidati.

Ciò che conta è, infatti, che venga garantita la trasparenza nell’espletamento della prova concorsuale, sicché sarà (soltanto) necessario che la determinazione e la verbalizzazione di tali criteri avvenga (al più tardi) prima che si proceda alla correzione delle prove scritte, vale dire in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che essi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti (in tal senso, questo T.A.R., Sezione III, n. 9714/2018, Consiglio di Stato, Sezione VI, 19 marzo 2015, n. 1411;
id. 26 gennaio 2015, n. 325;
id. VI, 3 marzo 2014, n. 990).

La fissazione dei criteri anteriormente alle prove scritte appare, dunque, finalizzata a garantire la sola trasparenza e l’imparzialità della Commissione nella fase di correzione, anche ai fini di un’eventuale verifica ex post della correttezza e congruità delle operazioni valutative, essendo, infatti, gli interessati pienamente legittimati a richiederne all’amministrazione l’esibizione ai sensi della l. n. 241/1990, facoltà nel caso di specie non esercitata dal ricorrente in sede di relativa istanza.

Né può ritenersi che la pubblicazione dei criteri di valutazione sarebbe necessaria per consentire ai candidati di poter meglio affinare la propria preparazione e calibrare le proprie risposte, orientandoli ex ante nello svolgimento delle prove concorsuali (in tal senso, T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, n. 243/2019).

A ciò si aggiunga come appaia del tutto inconferente il richiamo, operato da parte ricorrente, all’art. 19, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33 (in tesi violato), trattandosi di una previsione contenuta in un testo normativo che regola l’istituto dell’“ accesso civico ” e riguarda espressamente gli “ obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni ”, la cui violazione può comportare, peraltro, soltanto gli effetti specificamente ivi individuati da tale decreto, che, infatti, vi rinviene (per quel che qui interessa) un “ elemento di valutazione negativa della responsabilità dirigenziale a cui applicare la sanzione di cui all'articolo 47, comma 1-bis, ed eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione, valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili ” (in tal senso, l’art. 46).

Osserva, inoltre, il Collegio come l’invocato art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013 faccia riferimento in modo complessivo alle varie fasi del concorso, senza disciplinarne partitamente i tempi e le fasi di pubblicazione (anzi prevedendone l’aggiornamento solo per l’eventuale utilizzo della graduatoria per lo scorrimento dei non vincitori), per l’effetto non escludendo che la pubblicazione dei criteri, considerata anche la finalità meramente pubblicitaria di tale norma, possa avvenire anche una volta concluso il concorso.

Per quanto sin qui detto alcuna violazione sembra, dunque, rinvenirsi nel caso di specie dell’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 214/1973, che disciplina le prove scritte del concorso per cui è causa, né tanto meno dell’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013, comunque, erroneamente invocato dal ricorrente.

Ne discende come la contestata omessa pubblicazione non valga ad incidere sulla legittimità dell’operato della Commissione esaminatrice, di per sé non rivelando nemmeno l’assenza di una preliminare individuazione dei criteri di valutazione delle prove scritte, la cui ostensione – si ripete – non risulta sia mai stata chiesta dal candidato.

Tale censura deve, quindi, essere respinta.

11. Lo stesso è a dirsi per il motivo, con cui il ricorrente deduce l’illegittimità – chiedendone la disapplicazione - dell’art. 19, comma 4, del d.P.R. n. 214/1973, come modificato dall’art. 6, comma 1, lettera d), del d.P.R. 4 agosto 2017 n. 132, e recepito dall’art. 9, comma 5, del relativo bando di concorso del 12 agosto 2019, recante una c.d. “ norma di sbarramento ”, ivi stabilendosi l’impossibilità per la Commissione esaminatrice di procedere ulteriormente alla correzione degli elaborati di un candidato nel caso in cui egli non abbia raggiunto il punteggio di almeno trentacinque cinquantesimi in una delle prove scritte.

Il Collegio è, infatti, dell’avviso che la potestà regolamentare sia stata del tutto legittimamente in concreto esercitata, risultando la contestata previsione logica e coerente, in quanto rispondente alla finalità di assicurare un adeguato contemperamento dell’esigenza di celerità della procedura concorsuale e di economicità delle operazioni di valutazione degli elaborati concorsuali, con la garanzia di accesso alla prova orale dei candidati effettivamente più meritevoli.

Tale norma mira, quindi, a garantire l’efficiente e ordinato svolgimento delle procedure di correzione senza con ciò vanificare la ponderata valutazione dei candidati, invero non ostacolata bensì, semmai, agevolata da un criterio che – ispirato al principio di buon andamento dell’attività amministrativa - mira a semplificare e snellire l’operato delle commissioni esaminatrici.

Del resto il Consiglio di Stato già ha avuto occasione di ritenere “ legittima e corretta ” la scelta operata dalla Commissione di concorso “ di non procedere alla valutazione della seconda prova scritta nel caso di esito negativo della prima in tutti i casi nei quali non è richiesta dalla legge una valutazione complessiva e globale delle prove scritte di esame ” (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 178/2019), ipotesi non ricorrente nemmeno per il concorso per cui è causa, non essendo al riguardo rinvenibile alcuna norma di legge (infatti, nemmeno indicata in ricorso) che imponga una siffatta valutazione (complessiva e globale).

Nella stessa direzione, il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia - nella considerazione che “ il buon andamento esclude che l'amministrazione debba compiere attività ultronee rispetto allo scopo perseguito ” - ha riconosciuto “ la legittimità dell'operato della commissione giudicatrice la quale, in presenza di una norma di bando che stabiliva chiaramente la regola della non ammissibilità alle prove successive dei candidati che non avessero raggiunto un punteggio minimo, ha ben deciso, in ossequio all'esigenza di speditezza e di economia dei mezzi giuridici, di astenersi dall'esaminare gli altri elaborati degli odierni appellanti, atteso che l'esito della complessiva valutazione dei rispettivi scritti comunque non avrebbe potuto sortire un esito differente (id est, la non ammissione degli stessi alle prove orali) ” (C.G.A.R.S. 5 gennaio 2011, n. 88).

Per quanto fin qui detto, appare, dunque, non manifestamente irragionevole la scelta, inverata nella previsione regolamentare di cui si discorre, di prevedere una soglia di sbarramento per ciascuna delle prove di concorso che precluda l’ulteriore prosecuzione delle operazioni di correzione per il candidato che, in una delle prove, non abbia raggiunto il punteggio minimo di trentacinque cinquantesimi, ferma restando, peraltro, la media di almeno quaranta cinquantesimi nel complesso delle prove scritte sempreché in nessuna di esse si sia conseguito meno di trentacinque cinquantesimi;
previsione quest’ultima, a ben vedere, nemmeno contestata dal ricorrente e che già di per sé varrebbe a rendere superflua la valutazione delle ulteriori prove scritte.

Né si comprende in che termini si ravviserebbe “ una evidente discriminazione tra candidati che superano la prima valutazione e candidati esclusi ”, non essendo rinvenibile un’assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato ( ex multis , Consiglio di Stato, Sezione II, 6 aprile 2021, n. 2776 e sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2418).

Nel caso di specie si è, infatti - con tutta evidenza - in presenza di situazioni diverse (prima prova valutata con un punteggio superiore o inferiore a trentacinque cinquantesimi), che ragionevolmente vengono trattate in modo differente finché tali, considerato che, nella logica dello sbarramento, anche i candidati, che abbiano riportato nel primo elaborato un punteggio idoneo, in base alla contestata previsione, ove nelle prove successive ugualmente riportino un punteggio inferiore a detta soglia verranno comunque esclusi, senza alcuna distinzione rispetto agli altri estromessi.

Anche tale motivo deve, quindi, essere respinto.

12. Appare, infine, ugualmente infondata la censura, articolata in sede di primo ricorso per motivi aggiunti, con cui il ricorrente contesta nel merito la valutazione riportata nel tema di diritto amministrativo, genericamente lamentando “ una palese disparità di trattamento nella valutazione tra l’elaborato del ricorrente e quelli dei candidati ” ai quali il ricorrente ha avuto accesso, “ in quanto essenzialmente equivalenti nell’ambito di una complessiva valutazione che avrebbe dovuto essere effettuata dalla commissione esaminatrice ”, affidando ogni relativa considerazione al parere pro veritate versato in atti.

Il Collegio, in accordo con l’univoco orientamento giurisprudenziale in materia, osserva che le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso - seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi - costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5742/2017).

Il giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene, dunque, alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile - unicamente sul piano della legittimità - per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. IV, n. 172 del 2006;
Tar Lazio, sez. I, 6 settembre 2013, n. 4626).

Conseguentemente il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della abnormità logica, vizio la cui sostanza non può comunque essere confusa con l’adeguatezza della motivazione (in tal senso, da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 705/2018).

Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, sicchè deve ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi, alla valutazione di legittimità dell’operato della Commissione medesima, una - preclusa - cognizione del merito della questione.

Così ricostruito il quadro giurisprudenziale di riferimento, il Collegio, nell’esprimersi – entro i consentiti limiti di relativa sindacabilità - sul giudizio reso sulla prova di diritto amministrativo del ricorrente,mediante l’attribuzione del punteggio di ventidue cinquantesimi, ritiene non sia ravvisabile un’effettiva manifesta irragionevolezza e arbitrarietà delle determinazioni assunte dall’amministrazione resistente nell’ambito della contestata procedura concorsuale, ritenendo il Collegio che le censure formulate in ricorso e la documentazione prodotta in atti non consentano di individuare con assoluta immediatezza alcun elemento a sostegno del lamentato eccesso di potere per ingiustizia manifesta, errore, manifesta abnormità, disparità di trattamento, discriminatorietà e travisamento dei presupposti di fatto.

Orbene, nella fattispecie in esame non sono stati allegati e provati dal ricorrente elementi tali da far rinvenire l’ipotesi del macroscopico errore logico (o dell’abnormità), essendosi limitato il ricorrente ad affermare apoditticamente l’equipollenza tra il proprio elaborato e quello degli altri due candidati ammessi all’orale, nell’intento di sollecitare un inammissibile sindacato sostitutivo della valutazione della Commissione da parte del giudice amministrativo.

Ad unico supporto di tale assunta sovrapponibilità il ricorrente fa leva sul parere pro veritate da costui versato in atti dal ricorrente, che, a ben vedere, finisce - però - con l’esprimere un giudizio sostanzialmente alternativo a quello reso dalla Commissione.

Ebbene – coerentemente con gli evidenziati limiti del sindacato giurisdizionale in ordine ai giudizi espressi dalla Commissione giudicatrice - del tutto irrilevante appare detto parere, “ atteso che spetta in via esclusiva (e soggettivamente pregnante) alla Commissione la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi, non essendo consentito al giudice della legittimità - a meno che non ricorra l'ipotesi residuale della abnormità - di sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia de qua agitur ” (in tal senso, ex multis , Consiglio di Stato, Sezione II, n. 4018/2021).

Anche tale doglianza deve, pertanto essere disattesa.

13. In conclusione, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere quanto alla richiesta di accesso formulata ai sensi dell’art. 116 c.p.a. e, per il resto, sia il ricorso introduttivo che i successivi ricorsi per motivi aggiunti devono, per quanto fin qui detto, essere respinti.

Sussistono, comunque, giusti motivi - atteso l’interesse fatto valere in giudizio dal ricorrente - per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

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