TAR Firenze, sez. II, sentenza 2019-03-13, n. 201900364
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Pubblicato il 13/03/2019
N. 00364/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00497/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOE DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 497 del 2018, proposto da
-OISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati -OISSIS-, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. -OISSIS-in Firenze, viale Mazzini, 35;
contro
-OISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale di Firenze, domiciliataria
ex lege
in Firenze, via degli Arazzieri, 4;
per l'annullamento
1) dell'informazione interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura della Provincia di -OISSIS- nei confronti della Società -OISSIS-;
2) dei verbali delle riunioni del 22 novembre 2017, del 2 febbraio e del 21 marzo 2018 del Gruppo Interforze per il monitoraggio delle infrastrutture e degli insediamenti industriali per la prevenzione e repressione dei tentativi di infiltrazione mafiosa;
3) e di ogni altro atto e/o provvedimento ai primi consequenziale, preordinato, connesso, anche di tipo endoprocedimentale e/o istruttorio, allo stato non cognito, se ed in quanto lesivo degli interessi dell'odierna società ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del -OISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2019 il dott. N F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 23 novembre 2017, il Comune di -OISSIS- ha chiesto, tramite la Banca Dati Nazionale Antimafia, il rilascio dell’informazione interdittiva antimafia nei confronti della società ricorrente.
Esperita l’istruttoria di rito acquisendo informazioni dalle Forze di Polizia e dal Centro Operativo D.I.A. di Firenze, nonché dalle visure camerali estratte, la Prefettura di -OISSIS-, ritenendo che la società -OISSIS-fosse suscettibile di permeabilità a tentativi di infiltrazione mafiosa, ha adottato l’interdittiva antimafia di cui in epigrafe.
Tale provvedimento si basa sugli elementi di seguito sintetizzati:
a) Nella società -OISSIS-– il cui capitale sociale è detenuto dalla -OISSIS- (98,96%) e da -OISSIS-(1,04%) – fino al febbraio del 2018 rivestiva la carica di Direttore e di delegato di cui all’art. 2 Legge 287/91 – con ampi poteri di rappresentanza, anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, e gestionali – -OISSIS-, che ha conservato la qualifica di preposto per l’unità locale di -OISSIS- fino al 2 febbraio 2018, quando è stato sostituito da -OISSIS-, suo cognato in quanto fratello della moglie -OISSIS-;
b) -OISSIS-, insieme al fratello -OISSIS-, è stato legale rappresentante dello Studio -OISSIS- -OISSIS-ed -OISSIS- &-OISSIS-, ed entrambi hanno – o hanno avuto fino al febbraio 2018 – incarichi e/o interessi economici in diverse imprese e/o enti operanti in Toscana, Umbria e Calabria;
c) -OISSIS-, in particolare, è socio di maggioranza (55%) della -OISSIS- di cui è Amministratore Unico il fratello -OISSIS- e della quale era pure socia (20%) la -OISSIS-, società entrambe destinatarie di provvedimenti antimafia interdittivi, ed è stato inoltre fino a tempi recenti – in pendenza di istruttoria del procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione del provvedimento impugnato – socio di maggioranza (60%) della -OISSIS-, anch’essa destinataria di provvedimento interdittivo antimafia adottato dal Prefetto di -OISSIS-;
d) Il fratello -OISSIS- -OISSIS-, fra l’altro, è Amministratore Unico e socio (10%) della -OISSIS-, della quale è socio di maggioranza -OISSIS-(90%), figlia di -OISSIS-(noto pluripregiudicato, capo dell’omonima cosca radicata sul territorio del Tirreno -OISSIS-, già condannato per estorsione, sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, destinatario di un provvedimento di confisca dei beni), avvocato della -OISSIS-;
e) La -OISSIS-, socia al 20% della -OISSIS- (amministrata da -OISSIS- -OISSIS-), prima di essere raggiunta il 28 aprile 2017 da interdittiva antimafia della Prefettura di -OISSIS- per tentativi d’infiltrazione mafiosa da parte della cosca -OISSIS-, aveva ottenuto, insieme alla -OISSIS-, un appalto nel 2009, da parte del Ministero dell’Interno, del valore di 5.711.669 euro;
f) La -OISSIS-, una volta colpita da provvedimento interdittivo (mentre era affidataria del servizio mensa scolastica per il Comune di -OISSIS- – poi revocato - in-OISSIS-) aveva ceduto le sue quote ad -OISSIS- che, detenendo in tal modo il 55% delle quote, era divenuto in tal modo il socio di maggioranza della -OISSIS-.;
g) -OISSIS-e -OISSIS- -OISSIS-, insieme a -OISSIS-e alla di lui figlia -OISSIS-, erano stati in passato (fino ai primi anni 2000) tutti dipendenti della società -OISSIS-.;il 25 gennaio 2006 è stata invece costituita la -OISSIS- con amministratore unico -OISSIS- -OISSIS-e soci fondatori -OISSIS- -OISSIS- e -OISSIS-;nel medesimo giorno i fratelli -OISSIS-hanno costituito in -OISSIS- il predetto studio associato;
h) In -OISSIS-, -OISSIS-, in un unico immobile, hanno sede sia -OISSIS-gestito dalla -OISSIS-, che la stessa società -OISSIS-, che lo Studio -OISSIS- e -OISSIS-, che la società -OISSIS-, nonché sono lì residenti/domiciliati i coniugi -OISSIS- e -OISSIS-.
Il provvedimento in oggetto è stato impugnato dalla società -OISSIS-con il presente ricorso, a fondamento del quale si è dedotta l’illegittimità per violazione della normativa di riferimento, difetto d’istruttoria, carenza dei presupposti e difetto di motivazione.
In particolare, secondo la ricorrente, il provvedimento sarebbe stato adottato in modo meramente consequenziale ad altri provvedimenti interdettivi che avevano colpito le società connesse ai fratelli -OISSIS-, senza tuttavia fornire un’adeguata motivazione sulla sussistenza di un pericolo concreto e attuale di permeabilità ad infiltrazioni mafiose della società -OISSIS-;inoltre, l’Amministrazione avrebbe adottato il provvedimento sulla base di un presunto, ma non provato, sistema di cointeressenze personali e societarie tra i fratelli -OISSIS-e -OISSIS- -OISSIS-.
Quindi, la ricorrente eccepisce che al momento dell’emanazione del provvedimento interdittivo, -OISSIS- non esercitasse più per conto della società -OISSIS-poteri di rappresentanza, essendo stati da quest’ultima revocati in data 26 giugno 2017, e che in ragione di ciò verrebbero meno i presupposti di fatto per l’adozione del provvedimento interdittivo.
La ricorrente infine lamenta la violazione da parte della Prefettura dell’art. 32 del D.L. 90/2014 e del Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Interno e l’ANAC in quanto l’adozione del provvedimento impugnato non sarebbe stata preceduta dall’adozione delle misure graduate e di natura conservativa previste dal citato art. 32 (rinnovazione degli organi sociali, straordinaria e temporanea gestione dell’attività di impresa appaltatrice, sostegno e monitoraggio dell’impresa finalizzati a riportarne la gestione entro parametri di legalità).
Ha resistito l’amministrazione dell’Interno, producendo una memoria difensiva per confutare le argomentazioni della ricorrente e difendere l’operato della Prefettura.
Con ordinanza del 9 maggio 2018 è stata respinta la domanda cautelare.
In vista dell’udienza di discussione la ricorrente ha prodotto memorie conclusive, deducendo, fra l’altro, alcuni fatti medio tempore sopravvenuti, fra cui: il recesso dal rapporto di lavoro di -OISSIS- con la società -OISSIS-con decorrenza dall’8 gennaio 2019;la cessione da parte del medesimo a -OISSIS- -OISSIS- delle quote di sua titolarità, pari al 55% dell’intero capitale sociale, della società -OISSIS-la nomina quale “preposto” per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 2 della Legge 25/08/1991, n. 287 di -OISSIS- al posto di -OISSIS-;lo spostamento della sede legale della società -OISSIS-;la nomina, da parte del Tribunale di Firenze, Sezione Misure di Prevenzione, di un amministratore giudiziario della Società -OISSIS-.
All’udienza del 19 febbraio 2019 il ricorso è stato spedito in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. La terza Sezione del Consiglio di Stato con numerose sentenze ha delineato il quadro di sintesi in materia di informativa antimafia, fissando i principi cardine sui quali si basa tale misura di prevenzione e contrasto dell’infiltrazione della criminalità organizzata nella Pubblica Amministrazione.
In particolare il Consiglio di Stato ha chiarito che la c.d. interdittiva prefettizia antimafia, di cui agli artt. 91 e ss., del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 “ Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ”, costituisce una misura preventiva volta ad impedire i rapporti contrattuali con la P.A. di società, formalmente estranee ma, direttamente o indirettamente, comunque collegate con la criminalità organizzata. L'interdittiva antimafia è cioè diretta ad impedire che possa essere titolare di rapporti, specie contrattuali, con le pubbliche Amministrazioni un imprenditore comunque coinvolto, colluso o condizionato dalla delinquenza organizzata (Consiglio di Stato sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5784 e 9 maggio 2016 n. 1846).
L’introduzione delle misure di prevenzione, come quella qui in esame, è stata la risposta cardine dell’ordinamento per attuare un contrasto all’inquinamento dell’economia sana da parte delle imprese che sono strumentalizzate o condizionate dalla criminalità organizzata.
In tale direzione la valutazione della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e di fatti che, valutati nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (Consiglio di Stato sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343).
Ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (cfr, Consiglio di Stato, sez. III, 18/04/2018, n. 2343).
Non è richiesta la prova dell’attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile – secondo il principio del «più probabile che non» - il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell'ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell'attualità e concretezza del rischio (Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2012, n. 4708).
Gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione.
Quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del «più probabile che non», che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto.
Nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una «influenza reciproca» di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza.
Una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione.
Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito).
La valutazione del pericolo di infiltrazioni mafiose, di competenza del Prefetto, è connotata, per la specifica natura del giudizio formulato, dall'utilizzo di peculiari cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, che esclude la possibilità per il giudice amministrativo di sostituirvi la propria, ma non impedisce ad esso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino o meno la fattispecie prevista dalla legge e di formulare un giudizio di logicità e congruità con riguardo sia alle informazioni acquisite, sia alle valutazioni che il Prefetto ne abbia tratto (Cons. Stato, n. 5130 del 2011;Cons. Stato, n. 2783 del 2004;Cons. Stato, n. 4135 del 2006).
L'ampia discrezionalità di apprezzamento del Prefetto in tema di tentativo di infiltrazione mafiosa comporta che la sua valutazione sia sindacabile in sede giurisdizionale in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell'informativa antimafia rimane estraneo l'accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (in termini, Cons. Stato, n. 4724 del 2001).
2. Svolte queste premesse, è possibile esaminare congiuntamente i motivi di ricorso.
2.1. Il rischio di condizionamento mafioso è correlato nel caso di specie alla figura di -OISSIS- e alla sua incidenza sulla gestione della società interdetta nella quale egli rivestiva la carica di Direttore delegato con ampi poteri di rappresentanza e di preposto per l’unità locale di -OISSIS-.
Ora, la contiguità di -OISSIS- con gli ambienti malavitosi della criminalità organizzata risulta dagli atti istruttori sui quali si fonda il provvedimento impugnato, in precedenza richiamati (rapporti delle Forze di Polizia e della Direzione investigativa Antimafia – Centro operativo di Firenze), da cui emerge la sua vicinanza a soggetti strettamente legati con la cosca calabrese -OISSIS-.
Dagli elementi riportati nel provvedimento impugnato e sopra sintetizzati si ricava come i fratelli -OISSIS-, -OISSIS-e -OISSIS-, siano legati anche da cointeressenze economico-societarie e da altre comuni esperienze lavorative e comuni rapporti personali.
In particolare, -OISSIS- è (al momento dell’interdittiva) socio di maggioranza della -OISSIS- il cui Amministratore Unico è -OISSIS- -OISSIS-;della medesima società fa parte -OISSIS- -OISSIS-, figlia di -OISSIS- -OISSIS-.
La stessa società è stata raggiunta da un analogo provvedimento interdittivo antimafia il 28 gennaio 2016, proprio per la vicinanza di tale società con la cosca -OISSIS- ed in particolare con -OISSIS- -OISSIS-.
Al riguardo, giova riportare alcuni passi della sentenza della III Sez. del Consiglio di Stato n. 1108 del 22 febbraio 2018 di conferma della sentenza n. 1226 del 27 luglio 2017 del T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, sez. I, concernente, appunto, l’informazione antimafia emessa, da parte della Prefettura di -OISSIS-, nei confronti della -OISSIS-. . Ivi, a proposito della figura di -OISSIS- -OISSIS-, si legge “.. ben emerge, al di là della non ritenuta intraneità ad essi, la contiguità di questo ad ambienti criminali e, anzi, il suo “prestigio” presso questi quale elemento di elevata caratura all’interno del panorama delinquenziale di -OISSIS-, circostanza, questa, che inconfutabilmente traspare dall’esame dell’apparato motivazionale della sentenza. Né la gravità di tale caratura, come assume l’appellante (p. 19 del ricorso), difetta dell’attualità, non essendo emersi elementi che lascino ritenere venuta meno tale caratura nel corso del tempo per il solo fatto che il medesimo -OISSIS- sia, ormai, un pensionato di -OISSIS-. La presenza di -OISSIS-sui cantieri della società, nell’atto di interloquire con i progettisti in cantiere sull’andamento dei lavori relativi alla struttura alberghiera oggetto del richiesto e in primo tempo ottenuto finanziamento, non può poi certo essere sminuita, come fa l’appellante, con il semplice, casuale, estemporaneo interessamento di un padre per i lavori di una società, di cui la figlia è socia, se è vero che egli si faceva mostrare dai tecnici i progetti, ciò che, evidentemente, questi mai avrebbero fatto nei confronti di un soggetto estraneo alla società e del tutto ininfluente sulle sue scelte gestionali ed operative. Chiaro ed incontestabile pertanto, alla luce del criterio del più probabile che non, appare il rischio di una infiltrazione mafiosa all’interno di -OISSIS-di cui -OISSIS- -OISSIS-, soggetto fortemente contiguo alle cosche mafiose, ha mostrato per facta concludentia di comportarsi come dominus, ingerendosi pesantemente anche nella conduzione dei lavori di detta società… ”.
Fra l’altro, -OISSIS- -OISSIS-è amministratore unico e socio (10%) della -OISSIS-, della quale è socio di maggioranza -OISSIS-(90%), figlia di -OISSIS- -OISSIS-.
Inoltre, in -OISSIS-, in -OISSIS-, nel medesimo immobile, -OISSIS-, gestito dalla -OISSIS-, hanno sede: la stessa società -OISSIS-, lo Studio -OISSIS- e -OISSIS-, la società -OISSIS-, nonché sono lì residenti/domiciliati i coniugi -OISSIS- e -OISSIS-.
A conferma degli stretti rapporti fra i fratelli -OISSIS-e -OISSIS- e -OISSIS- -OISSIS- appaiono significativi anche i comuni trascorsi lavorativi nella società -OISSIS-, oltre alla successiva comune fondazione della -OISSIS-.
Altrettanto significativa è la circostanza per cui la -OISSIS-, socia al 20% della -OISSIS- una volta colpita da provvedimento interdittivo (in quanto soggetta a tentativi d’infiltrazione mafiosa da parte della cosca -OISSIS-) ha ceduto le sue quote ad -OISSIS- che, detenendo in tal modo il 55% delle quote, è divenuto in tal modo il socio di maggioranza della -OISSIS-. .
Infine, il quadro dei probabili legami di -OISSIS- con la criminalità organizzata calabrese è completato dall’adozione dell’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di -OISSIS- nei confronti della società -OISSIS-, partecipata al 60% dallo stesso -OISSIS-.
Dal complessivo quadro istruttorio, del quale si sono tratteggiati sin qui gli elementi maggiormente significativi, ma ricco anche di elementi di contorno anch’essi delineati nel provvedimento prefettizio, emerge dunque come correttamente la Prefettura di -OISSIS- abbia ritenuto concreto e attuale il rischio di permeabilità mafiosa della -OISSIS-srl, in ragione degli stretti legami affaristici e personali di -OISSIS- con la criminalità organizzata calabrese ed in particolare con la famiglia -OISSIS- nelle persone di -OISSIS- e -OISSIS- -OISSIS-.
Peraltro, nessuna rilevanza assume ai fini del giudizio di permeabilità mafiosa la cessazione delle cariche sociali da questo ricoperte nella -OISSIS-, atteso che la carica di preposto all’unità locale di -OISSIS- è stata assunta dal cognato -OISSIS-, fratello della moglie -OISSIS-, peraltro anch’essa legata alla -OISSIS-da cointeressenze societarie come ben spiegato nel provvedimento impugnato.
2.2. In conclusione, il notevole numero di elementi posti a base dell’interdittiva in oggetto dimostra che, nel caso in esame, sussistevano un numero di indizi tale da rendere logicamente attendibile la presunzione dell’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.
Poiché l’interdittiva antimafia risponde alla logica della massima anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi a prove certe sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazioni malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività economica, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata (Cons. Stato Sez. III, 07-11-2017, n. 5143;Cons. Stato Sez. III, 25-10-2017, n. 4940).
Non è dunque necessario che ricorrano i presupposti previsti dall’art. 56 c.p., trattandosi di una misura che esula dall’ambito penale, come già ricordato nelle premesse.
2.3. Né può ritenersi sussistente il vizio di difetto di istruttoria, in quanto gli elementi acquisiti in sede istruttoria presentano, se visti in modo complessivo e non parcellizzato, un significato univoco alla stregua del principio del “più probabile che non” in ordine al rischio di condizionamento della -OISSIS-da parte della criminalità organizzata.
La valutazione compiuta dal Prefetto non presenta, dunque, vizi logici né risulta affetta da carenza di istruttoria o di motivazione.
2.4. Neppure può essere condiviso l’ultimo motivo relativo alla mancata attivazione da parte della Prefettura delle procedure di cui all’art. 32, comma 10, d.l. 90 del 2014 (conv. in L. n. 114/2014).
Infatti, ai sensi dell'art. 32 del d.l. n. 90 del 2014, il potere del Prefetto di ordinare la straordinaria, temporanea, gestione dell'impresa appaltatrice, non costituisce un obbligo ma una facoltà ampliamente discrezionale che è funzionalmente collegata alla necessaria valutazione di interessi pubblici generali connessi con il contratto.
L’autorità deve cioè valutare se sussiste l'urgente necessità di assicurare il completamento dell'esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione, al precipuo fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell'integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all'art. 94 comma 3, d.lgs. l6 settembre 2011, n. 159 (cfr. Consiglio di Stato sez. III 28 aprile 2016 n. 1630).
La norma in questione è cioè volta ad evitare che vicende connesse con indagini penali o interdittive possano impedire o rallentare la conclusione delle opere e favorire indebiti profitti (cfr. Consiglio di Stato sez. V 27 luglio 2016 n. 3400;Cons. giust. amm. Sicilia 17 giugno 2016 n. 180).
Nella specie che occupa, non si rinvengono i presupposti per i quali l’Amministrazione avrebbe dovuto attivare la procedura di cui al menzionato art. 32, che peraltro, può essere anche avviata su stimolo della parte interessata. La censura, dunque, si risolve in una generica doglianza, senza evidenziare le circostanze che potrebbero costituire idonea giustificazione della predetta misura.
Né possono invocarsi le violazioni dedotte dei precetti della Costituzione e della C.E.D.U., poiché anzi, la misura interdittiva è proprio tesa a prevenire l’alterazione di altri principi costituzionali, volti a garantire il libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali al di fuori delle pressioni esercitate e delle distorsioni dovute ai comportamenti illeciti tesi a favorire le consorterie criminali.
Anche tale motivo è dunque infondato.
2.5. Infine, le circostanze sopravvenute dedotte dalla ricorrente nelle memorie conclusive non possono riflettersi sulla legittimità del provvedimento impugnato, in quanto ad esso successive, potendo semmai essere poste a fondamento di un’istanza di revoca della misura.
Non ci si può tuttavia esimere dall’osservare che il quadro dei legami fra la famiglia -OISSIS-e la famiglia -OISSIS- sopra descritto, risulterebbe, piuttosto, rafforzato dalla circostanza da ultimo dedotta dalla ricorrente nella memoria conclusiva del 16 gennaio 2019, dell’intervenuta cessione da parte di -OISSIS- a -OISSIS- -OISSIS- delle quote di sua titolarità, pari al 55%, della -OISSIS-. .
3. In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso va respinto.
4. Le spese di lite della presente fase, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.