TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2014-11-14, n. 201405896
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N. 05896/2014 REG.PROV.COLL.
N. 07135/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7135 del 2007, proposto da:
Cappiello F S e C A, rappresentati e difesi dagli avv.ti P D e A M D L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R S, in Napoli, via Toledo, 156;
contro
Comune di Massa Lubrense, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti F P, G R e R P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. E F, in Napoli, via Cesario Console, 3;
per l'annullamento
dell’ordinanza di demolizione n. 367, prot. 21004 del 26 luglio 2007, di ogni altro atto antecedente, connesso e conseguente, ivi compreso l’accertamento dell’Ufficio Urbanistica prot. n. 16963 del 20 giugno 2007;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2014 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- I Sig.ri Cappiello F S e C A sono comproprietari di un immobile sito in via Campanella nel Comune di Massa Lubrense, località Termini, in area vincolata ex DLgs. 22 gennaio 2004 n. 42, costituito da un fabbricato su due livelli, con copertura in parte a terrazzo ed in parte a falda con annessi locali accessori (garage, locale per impianti), sistemazioni esterne e manufatto in legno distaccato, il tutto edificato in virtù della concessione edilizia n. 506 del 19 marzo 1982 per la costruzione di una casa colonica ed in relazione al quale pendono domande di condono avanzate ai sensi della L. 23 dicembre 1994 n. 724 (piano sottoposto ad altro piano già esistente) e del D.L. 30 settembre 2003 n. 296, convertito in legge con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003 n. 326 (struttura di collegamento tra i corpi di fabbrica preesistenti).
Con ricorso iscritto al numero di registro generale 7135 del 2007 gli istanti impugnano l’ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi indicato in epigrafe emesso in data 26 luglio 2007 dall’Ufficio Urbanistica del Comune di Massa Lubrense con cui è stata contestata l’abusiva realizzazione sul predetto immobile di ulteriori opere consistenti in un cornicione sul lato ovest del fabbricato di lunghezza di mt. 5,00, un’aiuola di forma circolare nell’area adiacente l’ingresso al piano terra sul lato sud, un tratto in muratura di tufo in sopraelevazione al muro di contenimento posto tra il locale tecnico ed il garage con lunghezza di mt. 4,00 e altezza di mt. 0,80 e n. 2 nicchie ornamentali.
A sostegno dell’esperito gravame i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e della L. 28 febbraio 1985 n. 47, eccesso di potere, carenza di interesse pubblico alla irrogazione della sanzione demolitoria, difetto di motivazione e manifesta ingiustizia.
In dettaglio, parte ricorrente contesta l’insussistenza dei presupposti di legge per l’applicazione della sanzione irrogata dall’amministrazione e, in specie, lamenta che le opere in discussione presenterebbero mero carattere manutentivo e pertinenziale onde non richiederebbero il previo rilascio del permesso di costruire ai sensi dell’art.10 del T.U. Edilizia.
Deduce inoltre l’illegittimità dell’ordine demolitorio in quanto avente ad oggetto un manufatto per il quale pendono istanze di condono allo stato non ancora esitate, circostanza che avrebbe viceversa imposto la sospensione del procedimento sanzionatorio (cfr. art. 38 della L. 28 febbraio 1985 n. 47 ed art. 39 della L. 23 dicembre 1994 n. 724). Conclude per l’accoglimento.
2.- L’amministrazione si è costituita in giudizio e conclude per il rigetto del gravame.
3.-Alla pubblica udienza del 23 ottobre 2014 la causa è stata spedita in decisione.
4.- Il Tribunale giudica i mezzi articolati privi di pregio.
In via di principio giova rammentare che ai sensi dell’art. 38 della L. 47/1985 (norma richiamata anche dall’art. 39 della L. 724/1994) “La presentazione entro il termine perentorio della domanda di cui all'articolo 31, accompagnata dalla attestazione del versamento della somma di cui al primo comma dell'articolo 35, sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative”.
Pertanto, la presentazione di una domanda di condono non è di per sé idonea a legittimare l'opera, ma consente unicamente di evitarne la demolizione nell’attesa che venga definito il relativo procedimento di sanatoria. Il condono costituisce infatti un beneficio concesso a fronte del pagamento della oblazione ma, come tale, esso rimane circoscritto al manufatto abusivo nella sua conformazione originaria, senza che sia consentito modificarlo o ampliarlo. Del resto ove si consentissero interventi di ampliamento o nuova costruzione che si innestano su, o comunque presuppongono, un manufatto condonato, ciò significherebbe annettere a questo ultimo una potenzialità edificatoria che in realtà non ha e che il legislatore non ha mai riconosciuto (cfr. T.A.R. Piemonte, 27 febbraio 2014 n. 341), con il rischio peraltro di consentire un utilizzo meramente strumentale del procedimento di condono al fine esclusivo di paralizzare l’irrogazione di sanzioni amministrative e consentire modifiche e trasformazioni di quanto illecitamente realizzato.
Ma a rilevare ancora qui con valore dirimente, è il principio, dal Collegio pienamente condiviso, secondo cui "in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente" , sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 29 ottobre 2013 n. 4817;5 giugno 2013 n. 2910;2 maggio 2012 n. 2006;11 maggio 2011 n. 2624;25 febbraio 2011 n. 1218;3 dicembre 2010 n. 26788;Cass. Penale, Sez. III, 24 ottobre 2008 n. 45070). In siffatte evenienze la misura repressiva costituisce atto dovuto, che non può essere evitata nell'assunto che per le opere realizzate non fosse necessario il permesso di costruire o che avessero natura pertinenziale;ciò perché, in caso di prosecuzione dei lavori di un immobile già oggetto di domanda di condono, vale il diverso principio in forza del quale è la prosecuzione in sé dei lavori ad essere preclusa, senza che sia possibile distinguere tra opere pertinenziali e non, tra opere soggette al permesso di costruire ed opere realizzabili con segnalazione certificata di inizio attività (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 11 dicembre 2012, n. 5084, 2 maggio 2012 n. 2006, 11 maggio 2011, n. 2626;Sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 160).
In definitiva non può ritenersi ammissibile una prospettazione che portata alle estreme conseguenze implicherebbe che una pervicace azione contraria ai provvedimenti penali e amministrativi, ove protratta nel tempo con successivi e nuovi interventi (seppur eventualmente modesti) sul manufatto, impedisca sine die l'adozione dei prescritti provvedimenti repressivi: la reiterazione delle violazioni edilizie, insomma, finirebbe con il produrre un effetto "premiale" sul reo (Consiglio di Stato, Sez. V, 6 marzo 2012 n. 1260;T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 29 novembre 2012 n. 4870 e 5 giugno 2012 n. 2635).
Tali principi trovano applicazione anche nella fattispecie in scrutinio: ciò che l’amministrazione ha contestato è per l’appunto la realizzazione di ulteriori opere (cornicione, aiuola, tratto in muratura, nicchie ornamentali) che, per le ragioni illustrate, non potevano essere realizzate.
Si aggiunga che, nel caso specifico, l’ordine demolitorio si giustifica anche in ragione della natura vincolata dell’area interessata dalle costruzioni abusive.
Com'è noto nelle zone soggette a vincoli di cui al DLgs. n. 42/2004 ogni intervento non rientrante tra quelli di cui all'art. 149 deve essere preceduto da specifica autorizzazione paesaggistica e, in assenza di quest'ultima, le opere senza titolo devono essere ridotte in pristino ai sensi dell'art. 167 dello stesso decreto legislativo.
Allo stesso modo l'art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 prevede che "il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi" .
Nel caso di specie è incontestata la presenza del vincolo paesaggistico sull'area in questione così come l'insussistenza di un titolo per le opere realizzate e, pertanto, correttamente ne è stata ordinata la demolizione con riduzione in pristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 167 del DLgs. n. 42/2004.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, peraltro, in caso di ordine di demolizione non è richiesta una specifica motivazione che dia conto della valutazione delle ragioni di interesse pubblico alla demolizione o della comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, in quanto il presupposto per l'adozione dell'ordine de quo è costituito esclusivamente dalla constatata esecuzione dell'opera in difformità dal titolo abilitativo o in sua assenza, con la conseguenza che il provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è sufficientemente motivato con la descrizione delle opere abusive e il richiamo alla loro accertata abusività (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, 4 febbraio 2012 n. 227;T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 9 febbraio 2012 n. 693).
In conclusione non resta che ribadire la legittimità dell’azione amministrativa comportante la reiezione del ricorso e le conseguenze di legge in ordine alla regolazione delle spese processuali.