TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-05-04, n. 202000609

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-05-04, n. 202000609
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202000609
Data del deposito : 4 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/05/2020

N. 00609/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00684/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 684 del 2016, proposto da A G, rappresentato e difeso dall’avvocato G L, domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, piazza Massari, 6;

contro

Comune di Valenzano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE) e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, corso Cavour, 31;

nei confronti

S D T, rappresentata e difesa dall’avvocato G C, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Melo, 195;

T R, V C, F C, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

- dell’ordinanza contingibile e urgente del Comune di Valenzano n. 01/2016 reg. ord. prot. n. 4979/RG del 24.3.3016 notificata in data 25.3.2016, con la quale la P.A. ordinava al sig. G Antonio di provvedere immediatamente ossia entro e non oltre il 26.3.2016 a continuare a mantenere circoscritto ogni accesso all’immobile sito in Valenzano in via Rossini n. 13, dichiarato con “momentaneamente non fruibile” e a eseguire, tramite tecnici e/o imprese di settore, le opere di minima messa in sicurezza;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale all’impugnato atto provvedimentale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Valenzano e di S D T;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 21 aprile 2020 il dott. F C;

L’udienza si svolge mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. - Il ricorrente A G è proprietario dell’unità immobiliare sita in Valenzano in via Rossini n. 13.

In data 6 ottobre 2009 lo stesso concedeva in locazione alla sig.ra Raimondi Teresa l’immobile per cui è causa.

In data 17 marzo 2016 l’unità immobiliare in esame era oggetto di un fenomeno combustivo (cfr. rapporto di intervento del 21 marzo 2016 del Comando dei Vigili del Fuoco di Bari).

Con la gravata ordinanza sindacale del 24 marzo 2016 il Sindaco, avendo accertato che il primo piano dell’immobile de quo doveva essere dichiarato momentaneamente non fruibile e stante l’urgenza e l’indifferibilità di iniziare e concludere le opere minime di messa in sicurezza, dichiarava la temporanea impraticabilità dell’immobile e ordinava di mantenere circoscritto l’accesso all’area indicata, così da impedire l’accesso a chiunque, eccetto gli operatori di impresa per intervenire e garantire le opere di minima messa in sicurezza.

Con l’atto introduttivo del presente giudizio il G contestava il citato provvedimento, deducendo censure così riassumibili:

1) eccesso di potere, violazione di legge e incompetenza del Comune di Valenzano nell’applicazione dell’art. 26 del d.p.r. n. 380/2001;

2) violazione di legge e incompetenza ai sensi dell’art. 222 del regio decreto n. 1265/1934;

3) eccesso di potere, violazione di legge e incompetenza del Comune di Valenzano nell’applicazione dell’art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000;

4) violazione dell’art. 117, comma 2, lett. h), della Costituzione.

2. - Si costituivano in giudizio il Comune di Valenzano e S D T, il primo resistendo al gravame e la seconda aderendo alle conclusioni della parte ricorrente.

3. - Con ordinanza n. 360 del 6 marzo 2020 questo Tribunale concedeva al ricorrente il termine perentorio di giorni 20 (venti), decorrente dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della stessa ordinanza, per il rilascio in sanatoria della procura speciale alla lite di cui al presente ricorso r.g. n. 684/2016 sul presupposto di una condivisibile “… prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato n. 1119/2014;
n. 773/2016;
n. 1331/2016;
n. 1178/2018;
n. 2606/2018;
n. 283/2019) … orientata nel senso dell’applicabilità - in forza del rinvio esterno ex art. 39, comma 1, del codice del processo amministrativo - anche in questo giudizio del disposto di cui all’art. 182, comma 2, del codice di procedura civile (in forza del quale “Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”);
…”.

In data 7 aprile 2020 il difensore del ricorrente provvedeva a depositate idonea procura alle liti sanando il precedente difetto.

4. - All’udienza del 21 aprile 2020 la causa passava in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27.

5. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Giudice che il ricorso debba essere accolto in quanto fondato.

5.1. - Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione, formulata dalla difesa comunale (cfr. pagg. 3 e ss. della memoria del giorno 11 gennaio 2020), d’inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di una valida rappresentanza tecnica, avendo provveduto il difensore della parte ricorrente alla tempestiva sanatoria dell’originaria procura alle liti viziata, così come disposto dalla citata ordinanza collegiale di questo T.A.R. n. 360 del 6 marzo 2020.

5.2. - Nel merito si evidenzia quanto segue.

Con la prima e la seconda doglianza il ricorrente contesta la violazione rispettivamente dell’art. 26 del d.p.r. n. 380/2001 (in forza del quale nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dal decreto legislativo del 25 novembre 2016, n. 222 “Il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell’articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”;
formulazione vigente: “La presentazione della segnalazione certificata di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell’articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”) e dell’art. 222 del regio decreto n. 1265/1934 (in virtù del quale “Il podestà (ora il sindaco), sentito l’ufficiale sanitario o su richiesta del medico provinciale, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero”), evidenziando - con riferimento a quest’ultima disposizione tuttora vigente - che nessun parere sanitario è stato previamente acquisito dal Sindaco.

La censure sono meritevoli di positivo apprezzamento.

Invero, deve condividersi la giurisprudenza di cui alla sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 19 marzo 2014, n. 360:

«Per completezza il Collegio osserva, peraltro, che tra gli strumenti tipizzati dall’ordinamento giuridico per situazioni come quelle in esame, si rinviene l’art. 222 R.D. n. 1265/34, in forza del quale il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero. Tale norma non è da considerarsi confinata ai soli edifici ab origine destinati all’uso abitativo, ma estesa a qualsiasi edificio o manufatto cui sia stata impressa quella destinazione, anche di fatto. La previsione della possibilità di avvalersi di poteri tipicizzati, ancorché d’urgenza, come quelli di cui al citato art. 222 esclude, dunque, la legittimità del ricorso ai poteri atipici e sussidiari disciplinati dall’art. 54 co. 2 T.U.E.L. (Cfr. T.A.R. Toscana, sent. n. 1701 del 03.06.2010)».

Analogamente la sentenza del T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. II, 3 giugno 2010 n. 1701 (richiamata nella precedente decisione) ha evidenziato:

«Una volta stabilito che la situazione critica verificata dalla A.S.L. dipende in via prioritaria dalla abusiva occupazione di alcuni degli edifici (capannoni industriali, baracche di cantiere, manufatti di fortuna) presenti sull’area, destinati a precario ricovero abitativo in assenza delle più elementari condizioni igienico-sanitarie, debbono poi essere confermati i rilievi espressi in sede cautelare circa la riconducibilità della fattispecie alla previsione dettata dall’art. 222 R.D. n. 1265/34, in forza del quale il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero: infatti, anche a voler ritenere che i provvedimenti di cui all’art. 222 ricadano essi stessi nel novero delle ordinanze sindacali contingibili, la possibilità conclamata di avvalersi di poteri tipicizzati, ancorché d’urgenza, esclude, in virtù dei principi giurisprudenziali inizialmente richiamati, il ricorso ai poteri atipici e sussidiari disciplinati dall’art. 54 co. 2 T.U.E.L.. Né in contrario vale sostenere, come fa il Comune resistente nella memoria difensiva depositata il 19 febbraio 2010, che, non trattandosi di “case”, ma di ripari di fortuna, la disciplina del testo unico delle leggi sanitarie sarebbe inapplicabile, atteso che il potere di sgombero sancito dall’art. 222 cit. a presidio dell’igiene non soltanto degli aggregati urbani e rurali nel loro complesso, ma delle singole abitazioni, non può considerarsi confinato ai soli edifici ab origine destinati all’uso abitativo, ma riguarda qualsiasi edificio o manufatto cui sia stata impressa quella destinazione, anche di fatto».

Con riferimento alla fattispecie oggetto del presente giudizio, va sottolineato che il provvedimento impugnato richiama nella parte motivazionale sia l’art. 26 del d.p.r. n. 380/2001, sia l’art. 222 del regio decreto n. 1265/1934, ma che, cionondimeno, non risulta acquisito nessun previo “parere dell’ufficiale sanitario” come espressamente richiesto dal citato art. 222.

A tal riguardo, si rammenta che la figura dell’ufficiale sanitario fu introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 22 dicembre 1888, n. 5849 (legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica, nota come legge Crispi-Pagliani).

Si trattava di un organo periferico del Ministero dell’interno alle dipendenze del Prefetto.

Con il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie) detta figura restava alle dipendenze del Ministero dell’interno, per il tramite del Prefetto, con compiti di vigilanza sull’igiene e sulla sanità pubblica e con funzioni d’ispezione, d’iniziativa e consultive.

Secondo il citato regio decreto n. 1265/1934 l’ufficiale sanitario era un medico, nominato dal Prefetto (in seguito la competenza fu trasferita al medico provinciale) sulla base di un concorso pubblico indetto a livello provinciale. Qualora, per lo scarso numero della popolazione, per le condizioni economiche del comune e per le difficoltà di comunicazioni con i comuni contermini, non fosse stato possibile provvedere al servizio, il prefetto avrebbe potuto affidare temporaneamente le funzioni di ufficiale sanitario al medico condotto (cfr. art. 33 del regio decreto n. 1265/1934).

Con l’istituzione del Ministero della sanità (legge 13 marzo 1958, n. 296) l’Ufficio sanitario diviene organo periferico di tale Ministero (cfr. art. 4), coordinato dal Prefetto, con competenze ampliate dal successivo d.p.r. 11 febbraio 1961 n. 264 (“Disciplina dei servizi e degli organi che esercitano la loro attività nel campo dell’igiene e della sanità pubblica”), acquisendo altre competenze del Prefetto e divenendo il punto di convergenza delle attività sanitarie, di vigilanza igienica e profilassi, di medicina preventiva e assistenziale.

L’art. 2 del citato d.p.r. n. 264/1961 così dispone:

«L’ufficiale sanitario, quale organo periferico del Ministero della sanità, dipende, nell’esercizio delle sue funzioni, direttamente dal medico provinciale.

L’ufficiale sanitario, oltre alle attribuzioni previste dalle leggi in vigore:

1) vigila nell’ambito del territorio comunale sulla salute pubblica e adotta i provvedimenti in materia di sanità pubblica, che non comportino impegni di spesa o conseguenze patrimoniali a carico del Comune;

2) cura l’osservanza delle leggi e dei regolamenti sanitari ed assiste gli organi dell’Amministrazione comunale nella elaborazione e nell'esecuzione dei provvedimenti sanitari di loro competenza;

3) riceve le denunce di malattia, nei casi previsti dalla legge, e provvede alla registrazione dei titoli che abilitano all’esercizio delle professioni sanitarie, delle professioni ausiliarie e delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie.

L’ufficiale sanitario può avvalersi dell’opera dei vigili urbani e dei messi comunali».

Con d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 4 (art. 12, lett. a) gli uffici del medico provinciale e gli ufficiali sanitari vengono trasferiti alle regioni a statuto ordinario insieme con i compiti amministrativi statali nel settore sanitario e ospedaliero. Divengono, pertanto, organi sanitari periferici delle regioni con le residue attribuzioni esercitate nell’interesse dello Stato di polizia urbana, di ordinanze urgenti di igiene pubblica, di funzioni in ordine alla sanità marittima, aerea e di confine per la profilassi internazionale delle malattie infettive.

La legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, cancella la figura del medico provinciale, prevedendo la sub-delega ai comuni di tutti i compiti già delegati alla regione.

Invero, l’art. 32 di detta legge (rubricato “Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria”) così dispone:

«Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni.

La legge regionale stabilisce norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi.

Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale.

Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico».

La legge regionale attuativa in Puglia è stata la n. 36 del 20 luglio 1984 (“Norme concernenti l’igiene e sanità pubblica ed il servizio farmaceutico”) recante disciplina del riparto di competenze tra regione e comuni in materia di igiene e sanità pubblica e di vigilanza sulle farmacie con cui sono stati soppressi gli uffici dei medici provinciali, gli uffici comunali di igiene, i comitati provinciali antimalarici, i consorzi provinciali antitubercolari.

In particolare l’art. 3 di detta legge regionale così dispone:

«In materia di igiene e sanità pubblica il Sindaco adotta i provvedimenti autorizzativi, prescrittivi e di concessione, ivi compresi quelli già demandati al Medico provinciale e all’Ufficiale sanitario ed emana le ordinanze contingibili e urgenti.

L’attività istruttoria, tecnica e amministrativa è espletata dal Servizio di igiene e sanità pubblica dell’Unità sanitaria locale».

Inoltre, ai sensi dell’art. 8 della legge regionale n. 36/1984,

«Gli adempimenti conseguenti a valutazione di ordine tecnico, già demandati al Medico provinciale o all’Ufficiale sanitario, nelle materie di cui alla presente legge, sono attribuiti al responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale.

Il responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale sostituisce il Medico provinciale e l’ufficiale sanitario in tutti gli organismi, comitati, collegi e commissioni per cui le leggi vigenti prevedano la partecipazione degli stessi in qualità di Presidente o componente.

Il responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale del capoluogo di provincia e, nei comuni comprendenti più Unità sanitarie locali, il responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale individuata dal Consiglio comunale a norma del secondo comma del precedente articolo 5 sostituiscono, ove prevista, la figura del Medico provinciale in seno a commissioni, comitati e collegi con funzione per l’intero ambito provinciale».

Si può quindi affermare che il riferimento dell’art. 222 del regio decreto n. 1265/1934 al parere dello “ufficiale sanitario” (“sentito l’ufficiale sanitario”) debba essere inteso nella Regione Puglia nel senso della necessità della previa acquisizione del parere del responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale competente ex artt. 3 e 8 della legge regionale n. 36/1984.

Per quanto riguarda la menzione, operata dalla stessa disposizione del 1934, al podestà (istituito al posto della tradizionale figura del sindaco, eletto democraticamente, con la legge n. 237 del 4 febbraio 1926 inizialmente in relazione ai soli comuni con popolazione sino ai 5.000 abitanti e successivamente esteso agli altri comuni più grandi con il regio decreto legge n. 1910 del 3 settembre 1926;
il podestà era, infatti, nominato dal governo tramite regio decreto), la stessa deve intendersi ovviamente sostituita con il riferimento al sindaco, in considerazione del fatto che, a seguito alla caduta del fascismo, l’amministrazione provvisoria dei comuni fu disciplinata con regio decreto legge 4 aprile 1944, n. 111, che l’affidò, fino al ripristino del sistema elettivo, a un sindaco e a una giunta comunale, nominati dal prefetto su proposta del CLN. Il sistema elettivo fu ripristinato con decreto legislativo luogotenenziale 7 gennaio 1946, n. 1.

Si può, in definitiva, concludere nel senso che l’art. 222 del regio decreto n. 1265/1934 (del seguente originario tenore “Il podestà, sentito l’ufficiale sanitario o su richiesta del medico provinciale, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero”), mai formalmente abrogato o modificato e quindi tuttora vigente (tenuto altresì conto del disposto dell’art. 26 del d.p.r. n. 380/2001 che - anche dopo la novella di cui al decreto legislativo n. 222/2016 - continua a fare espressamente salvo il potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell’art. 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265), debba essere inteso nel senso che il sindaco, sentito il responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale o su richiesta di quest’ultimo, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero”.

E, tuttavia, nel caso di specie è mancato il prescritto parere del responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale ex artt. 3 e 8 della legge regionale n. 36/1984, pur essendo le citate disposizione di cui agli artt. 26 del d.p.r. n. 380/2001 e 222 del regio decreto n. 1265/1934 formalmente menzionate nelle premesse del provvedimento impugnato.

Né l’Amministratore resistente ha ritenuto di fare ricorso all’ordinario potere di sgombero sancito dal suddetto art. 222 del regio decreto n. 1265/1934, ovvero al potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio ai sensi dell’art. 26 del d.p.r. n. 380/2001, essendo stata viceversa adottata un’ordinanza contingibile e urgente ex art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000 con cui si dichiara l’immobile per cui è causa “temporaneamente impraticabile”.

Il provvedimento impugnato (ordinanza contingibile e urgente ai sensi dell’art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000) fa, infatti, riferimento ad una situazione di “temporanea impraticabilità” dell’immobile per cui è causa, che tuttavia andava affrontata con lo strumento ad hoc contemplato dall’ordinamento e cioè il tuttora vigente art. 222 del regio decreto n. 1265/1934 in tema di potere del Sindaco di dichiarare l’immobile inabitabile ordinandone lo sgombero, previa adeguata istruttoria consistente nell’acquisizione del prescritto parere del responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Unità sanitaria locale ex artt. 3 e 8 della legge regionale n. 36/1984.

In altri termini il Sindaco ha anche fatto un inammissibile utilizzo di un istituto giuridico extra ordinem (ovvero l’ordinanza contingibile e urgente ex art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000) per fronteggiare illegittimamente una situazione per la quale l’ordinamento predispone appositi strumenti ordinari. Si tratta - come detto - del potere di sgombero ex art. 222 del regio decreto n. 1265/1934, ovvero del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio ex art. 26 del d.p.r. n. 380/2001, disposizioni che, pur astrattamente indicate nel censurato provvedimento, non sono state evidentemente applicate dall’Amministrazione comunale in modo corretto.

Ha, infatti, rimarcato il Consiglio di Stato, Sez. V, 12 giugno 2017, n. 2799 che “Presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, e la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti.”. Come detto, non è certamente questa la situazione sussistente nella fattispecie in esame.

6. - In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento del provvedimento impugnato, con assorbimento di ogni altra doglianza e richiesta del ricorrente.

7. - Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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