TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-05-03, n. 202401621

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-05-03, n. 202401621
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202401621
Data del deposito : 3 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/05/2024

N. 01621/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02250/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2250 del 2023, proposto da
M M F B, rappresentata e difesa dall'avvocato P T M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

a) della nota della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina n. 15417 in data 28 agosto 2023, con cui è stata rigettata la richiesta di condono avanzata con istanza n. 12213 in data 16 novembre 2012, relativa ad opere consistenti nell’ampliamento e nel recupero del piano sottotetto ai fini abitativi al secondo piano di un immobile sito in Corso Umberto 70 di Taormina;
b) della circolare assessoriale n. 2 in data 30 dicembre 2022.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2024 il dott. D B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha impugnato: a) la nota della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina n. 15417 in data 28 agosto 2023, con cui è stata rigettata la richiesta di condono avanzata con istanza n. 12213 in data 16 novembre 2012, relativa ad opere consistenti nell’ampliamento e nel recupero del piano sottotetto ai fini abitativi al secondo piano di un immobile sito in Corso Umberto 70 di Taormina;
b) la circolare assessoriale n. 2 in data 30 dicembre 2022.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) con istanza n. 3843 in data 30 marzo 2004 la ricorrente ha presentato istanza di condono al Comune di Taormina ai sensi dell’art. 32 della legge n. 326/2003;
b) con nota n. 12213 in data 16 novembre 2012 è stata inoltrata alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina richiesta di nulla-osta ai fini paesaggistici;
c) l’interessato è, quindi, venuta a conoscenza del fatto che la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali, con il provvedimento in questa sede impugnato, ha respinto la domanda sulla base della circolare assessoriale n. 2 in data 30 dicembre 2022 (non allegata al diniego).

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) il diniego si fonda, in sostanza, sulla dichiarazione di illegittimità di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 252/2022 con riferimento all’art. 1, primo comma, della legge regionale n. 19/2021, nonché, in via conseguenziale, degli artt. 1, comma 2, e 2 della medesima legge;
b) non si evincono, tuttavia, le concrete ragioni del diniego dai provvedimenti che sono stati impugnati;
c) la Corte Costituzionale non ha, invero, sancito l’illegittimità dell’art. 24 della legge regionale n. 15/2004 e tale norma va interpretata alla luce dei principi affermati nel parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 291/10 emesso nell’adunanza del 31 gennaio 2012;
d) ne consegue che in Sicilia è preclusa l’applicazione del cosiddetto “terzo condono” solo nel caso di vincoli assoluti;
e) gli atti impugnati risultano, pertanto, anche adottati all’esito di una non esaustiva istruttoria e si pongono in contrasto con i principi dello Statuto Regionale;
f) ad ogni buon conto, a seguito della presentazione della domanda alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali si è formato il silenzio-assenso di cui all’art. 17-bis della legge n. 241/1990 (norma riprodotta pedissequamente dall’art. 30 della legge regionale n. 7/2019);
g) la disposizione, invero, ha dato luogo a difformi interpretazioni, dovendo, peraltro, ritenersi preferibile la tesi secondo cui il silenzio-assenso si forma, anche a fronte di interessi sensibili, allorquando la decisione risulti pluristrutturata e l’intervento dell’Amministrazione che deve rendere il suo assenso attenga effettivamente alla fase co-decisoria (e non istruttoria), come avviene nel caso del procedimento di condono, posto che l’avviso della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali risulta vincolante.

Con memoria in data 25 febbraio 2024 la ricorrente ha ribadito e ulteriormente precisato le proprie difese.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi, quanto segue: a) occorre tener conto di quanto disposto dall’art. 32, comma 26, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, che riguarda i vincoli assoluti e i vincoli relativi, con riferimento alle tipologie di illecito di cui all’allegato 1, dal n. 1 al n. 6;
b) inoltre, il successivo comma 27, lettera d, nel confermare le previsioni di cui agli artt. 32 e 33 della legge n. 47/1985, esclude comunque dalla sanatoria le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima dell’esecuzione delle opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
c) con sentenza n. 252/2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo, in quanto lesivo della riserva allo Stato della tutela dell’ambiente, l’art. 1, primo comma, della legge regionale n. 19/2021, il quale, nel fornire l'interpretazione autentica dell'art. 24 della legge regionale n. 15/2004, che ha recepito il cosiddetto “terzo condono”, ha affermato che era ammissibile la sanatoria delle opere abusive “realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta”;
d) è stata, quindi, adottata la menzionata circolare assessoriale n. 2/2022;
e) per quanto attiene alle nozioni di volume e di superficie, occorre considerare il significato e il rilievo giuridico che tali espressioni assumono in ambito paesaggistico;
f) la motivazione del provvedimento può anche essere resa per relationem ;
g) in materia di repressione degli abusi edilizi vengono in rilievo atti vincolati che non necessitano, comunque, di particolare motivazione o del previo invio della comunicazione di avvio del procedimento;
i) la partecipazione procedimentale garantita nel caso di presentazione ex ante di una richiesta di autorizzazione paesaggistica trova giustificazione nel fatto che in tal caso l’opera deve ancora essere realizzata e l’interlocuzione può consentire di superare eventuali criticità, mentre in sede di condono l’opera è già stata definitivamente e immutabilmente realizzata;
i) non può trovare applicazione nel caso di specie l’art. 17, sesto comma, della legge regionale n. 4/2003, né l’art. 46, secondo comma, della legge regionale n. 17/2003, tenuto conto di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 155/2021;
l) occorre, altresì, tener conto, di quanto disposto dall’art. 23, terzo comma, della legge regionale n. 7/2019;
m) nell’ipotesi in esame la richiesta di condono si riferisce ad un ampliamento, sicché è intervenuta la creazione di nuovi volumi e superfici.

Con memoria in data 8 marzo 2024 la ricorrente ha replicato alle difese avversarie, osservando che le stesse apparivano non conducenti con riferimento al caso in esame.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio osserva quanto segue.

Con circolare dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente n. 02 in data 30 dicembre 2022 è stato correttamente precisato quanto segue: a) la Corte Costituzionale, con sentenza n. 252/2022, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, primo comma, della legge regionale n. 19/2021 e in via consequenziale degli artt. 1, secondo comma, e 2 della stessa legge;
b) ne consegue, con riferimento al cosiddetto terzo condono, l’inammissibilità delle domande di sanatoria per abusi commessi in zona soggetta a vincolo di inedificabilità relativa;
c) la decisione della Corte Costituzionale è conforme, peraltro, all’orientamento già espresso sul punto dalla Corte di Cassazione;
d) pertanto, nelle aree sottoposte a vincolo sono sanabili, ai sensi del cosiddetto terzo condono, solo gli interventi edilizi di minore importanza (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, opere che non comportino nuovi volumi o superfici).

Tali affermazioni sono conformi alla conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza amministrativa sul punto, potendo farsi menzione dei seguenti precedenti del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, nonché del T.A.R. Sicilia, Sede di Palermo e Sezione Distaccata di Catania: a) Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 836/2023 in data 27 novembre 2023 e n. 288/2023 in data 19 aprile 2023;
b) T.A.R. di Palermo, I, 22 dicembre 2023, n. 3832;
1 dicembre 2023, n. 3586;
27 novembre 2023, n 3541;
c) T.A.R. di Catania, II, n. 3692/2023, n. 3694/2023 e n. 3695/2023 in data 7 dicembre 2023;
n. 3304/2023 in data 7 novembre 2023;
n. 3222/2023 in data 30 ottobre 2023;
n. 3182/2023 in data 27 ottobre 2023.

In particolare, nelle decisioni indicate è stato precisato che: a) per consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, VI, 30 gennaio 2023, n. 1036;
Consiglio di Stato, I, 18 gennaio 2023, n. 90;
Consiglio di Stato, VI, 14 ottobre 2022, n. 8781), ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003 (terzo condono), sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico), purché ricorrano “congiuntamente” determinate condizioni: - che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo (e non necessariamente che comporti l’inedificabilità assoluta);
- che pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
- che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illeciti di cui ai numeri 4, 5, e 6 dell’allegato 1 al decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria);
- che sia intervenuto il parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo.

Più analiticamente le affermazioni della giurisprudenza (e dell’Assessorato Regionale) si giustificano sulla base delle seguenti argomentazioni.

L’art. 32, comma 26, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, recita come segue:

Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1:

a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;

b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio .

Nell’allegato 1 sono contemplate le tipologie di opere suscettibili di sanatoria alle condizioni di cui all'articolo 32:

Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;

Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del presente provvedimento;

Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'articolo 3, comma 1, lettera d) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;

Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;

Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3, comma 1, lettera c) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;

Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite all'articolo 3, comma 1, lettera b) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.

L’art. 32, comma 27, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, per quanto in questa sede interessa, prevede, invece, quindi, segue:

Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:

d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;

e) siano state realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

Come si evince da quanto esposto, l'art. 32, comma 27, lettera d), del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, confermando le previsioni di cui agli artt. 32 e 33 della legge n. 47/1985, esclude dalla sanatoria le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (sul punto, cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 17 settembre 2015, n. 599).

L’art. 24 della legge regionale n. 15/2003 ha, peraltro, disposto quanto segue:

Dalla data di entrata in vigore della presente legge è consentita la presentazione dell'istanza per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003, n. 326 e successive modificazioni e integrazioni. Sono fatte salve le istanze di sanatoria già presentate e le anticipazioni versate ai sensi della predetta legge alle quali si applicano le disposizioni di cui al presente articolo .

A sua volta, l’art. 1 della legge regionale n. 19/2021 ha introdotto l’art. 25-bis alla legge regionale n. 16/2016, il cui primo comma stabiliva che:

L'articolo 24 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15 si interpreta nel senso che sono recepiti i termini e le forme di presentazione delle istanze presentate ai sensi dall'articolo 32 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e pertanto resta ferma l'ammissibilità delle istanze presentate per la regolarizzazione delle opere realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta nel rispetto di tutte le altre condizioni prescritte dalla legge vigente .

Con sentenza n. 252/2022 la Corte Costituzionale ha, tuttavia, dichiarato “ costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 29 luglio 2021, n. 19, secondo cui, nel fornire l'interpretazione autentica dell'art. 24 della L.R. Sicilia n. 15/2004, che ha recepito in Sicilia il terzo condono edilizio, previsto dall'art. 32 del D.L. n. 269/2003, è ammissibile la sanatoria delle opere abusive "realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta ", ritenendo la disciplina regionale lesiva della riserva allo Stato della tutela dell’ambiente in quanto in contrasto con la normativa statale di riferimento (art. 32, comma 27, lettera d, del decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003).

Con la menzionata sentenza in data 19 dicembre 2022, n. 252, la Corte Costituzionale - nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del citato art. 1, primo comma, della legge regionale n. 19/2021, nonché, in via conseguenziale, degli artt. 1, secondo comma, e 2 della medesima legge - ha chiarito che: a) l’art. 24 della legge regionale n. 15/2004 richiama espressamente l’art. 32 del decreto legge n. 269/2003, come convertito, nella sua integralità;
b) di conseguenza, il rinvio riguarda non solo i termini e le forme della richiesta di concessione in sanatoria, ma anche i limiti entro i quali il titolo può e deve essere rilasciato, tra cui quello previsto dal citato comma 27, lettera d , dell’art. 32, il quale attribuisce “carattere ostativo alla sanatoria anche in presenza di vincoli che non comportino l’inedificabilità assoluta”;
c) in tal senso si era ripetutamente espressa, tra l'altro, la Corte di Cassazione Penale, chiarendo che la legge regionale n. 37/1985, nel recepire il primo condono edilizio, che ammetteva la sanatoria in presenza di vincoli relativi, non poteva prevalere sulla normativa statale sopravvenuta, la quale disciplina in ogni suo aspetto il terzo condono edilizio e che è anch’essa recepita dalla legge regionale n. 15/2004, non apparendo condivisibile il diverso avviso espresso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con parere n. 291/2010, reso nell’Adunanza del 31 gennaio 2012, secondo cui in ambito regionale continuerebbe a trovare applicazione la disciplina attuativa del primo condono edilizio, preclusiva della sanatoria solo a fronte di vincoli di inedificabilità assoluta;
d) deve, dunque, escludersi che l’applicabilità del condono edilizio in presenza di vincoli relativi possa rientrare “tra le possibili varianti di senso del testo originario” dell’art. 24 della legge regionale n. 15/2004;
e) assurgono a norme di grande riforma economico-sociale le previsioni statali relative alla determinazione massima dei fenomeni condonabili, cui devono senz’altro ricondursi quelle che individuano le tipologie di opere insuscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 32 del decreto legge n. 269/2003, come convertito, incluso il limite di cui alla lettera d .

Alla luce del superiore quadro normativo e giurisprudenziale, nelle aree sottoposte a vincolo relativo, sono, quindi, sanabili, anche in ambito regionale, i soli interventi edilizi di minore importanza (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, opere che non comportino nuovi volumi o superfici).

In particolare, non è ammesso il condono nel caso di realizzazione di nuovi volumi o superfici.

Per ciò che attiene al profilo paesaggistico, rileva, in particolare, la creazione di ogni tipo di volume, come precisato dalla giurisprudenza: sul punto, cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, VI, 2 luglio 2015, n. 3289 ( coerentemente alla natura degli interessi perseguiti e della norma stessa, il divieto di incremento dei volumi esistenti imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisca a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume );
Consiglio di Stato, II, 24 aprile 2023, n. 4123 ( non è rilevante, sotto il profilo paesaggistico, la distinzione tra volumi e volumi tecnici, tra volumi interrati e fuori terra;
ai fini di tutela del paesaggio, il divieto di incremento dei volumi esistenti si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, non potendo distinguersi tra volume tecnico ed altro tipo di volume, interrato o meno
);
Consiglio di Stato, VI, 14 novembre 2022, n. 9950 ( in area sottoposta a vincolo paesaggistico la realizzazione di un nuovo volume ulteriore va qualificato come nuova costruzione che modifica irreversibilmente lo stato dei luoghi;
hanno una indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull'area sottoposta a vincolo, anche se trattasi di volumi tecnici ed anche se si tratta di una eventuale pertinenza
);
Consiglio di Stato, VI, 21 febbraio 2022, n. 1213 ( nell'ambito dei territori vincolati a livello paesaggistico è da ritenersi preclusa la sanatoria di qualsivoglia nuovo volume, anche di natura tecnica, o di qualsivoglia superficie ).

Considerazioni in parte analoghe valgono in relazione alla nozione di superficie, avendo la giurisprudenza condivisibilmente affermato che in ambito paesaggistico la “ superficie utile ” va “ intesa in senso ampio e finalistico, ossia non limitata agli spazi chiusi o agli interventi capaci di provocare un aggravio del carico urbanistico, quanto piuttosto considerando l'impatto dell'intervento sull’originario assetto del territorio e, quindi, l’idoneità della nuova superficie, qualunque sia la sua destinazione, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio, ragion per cui di superficie utile deve parlarsi in presenza di qualsiasi opera edilizia calpestabile o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia " (T.A.R. Campania, Salerno, I, 4 marzo 2019, n. 358, nonché Consiglio di Stato, VI, 21 febbraio 2022, n. 1213, già citata).

Non vi è, quindi, ragione di disattendere la granitica giurisprudenza (sul punto, cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, I, 18 gennaio 2023, n. 90;
e Consiglio di Stato, VI, 14 ottobre 2022, n. 8781;
Consiglio di Stato, VI, 9 giugno 2023, n. 5663) secondo cui, come è stato già evidenziato, sono insanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (tra cui quello idrogeologico, ambientale e paesistico), a meno che non ricorrano congiuntamente le condizioni che già sono state indicate: a) opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo assoluto o relativo;
b) opere che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) opere che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illeciti di cui ai n. 4, n. 5, e n. 6 dell’allegato 1 al decreto legge n. 269/2003, convertito in legge n. 236/2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria).

Deve, peraltro, osservarsi che il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza cautelare n. 357/2023 in data 9 novembre 2023, nel disporre la sollecita fissazione dell’udienza di merito innanzi al giudice di primo grado, ha osservato, in relazione a fattispecie parzialmente analoga (e per quanto in questa sede interessa), che il tema da approfondire per la soluzione della problematica oggetto del ricorso attiene alle ricadute della declaratoria di incostituzionalità della nuova legge regionale rispetto al pregresso assetto, giurisprudenzialmente consolidatosi .

Sul punto occorre, però, considerare che la giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi Regionali di Palermo e di Catania trova conforto e fondamento proprio nelle già menzionate ed esplicite pronunce del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che appare opportuno riportare testualmente: a) Sulla scorta della recente pronuncia del giudice delle leggi (Corte Costituzionale, 19 dicembre 2022, n. 252), deve infatti ritenersi ormai superato quanto prospettato nel parere di questo Consiglio (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sezioni Riunite, n. 291/10 del 31 gennaio 2012) evocato dall’appellante, sicché, in Sicilia, il terzo condono edilizio, a differenza dei precedenti, non è ammissibile non solo in presenza di vincoli assoluti, ma anche in presenza di vincoli relativi (cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 836/2023 in data 27 novembre 2023);
b) …anche per la natura vincolata degli atti [si] ritiene di poter prescindere dall’esame delle ulteriori censure… anche con riferimento alla sopraggiunta sentenza della Corte Costituzionale n. 252 del 23 novembre-19 dicembre 2022, inerente la piena applicabilità in Sicilia della normativa inerente il cosiddetto terzo condono (cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 288/2023 in data 10 aprile 2023).

Quindi, lo stesso Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha già escluso, in sede di merito (cioè a cognitio plena ) che vi fosse necessità di “approfondire le ricadute della declaratoria di incostituzionalità”, come si desume dalle inequivocabili enunciazioni contenute nelle due sentenze che sono state indicate, con cui è stata affermata la piena applicabilità della disciplina nazionale relativa al cosiddetto terzo condono in ambito regionale.

La formulazione, peraltro, non del tutto esplicita contenuta nella citata ordinanza cautelare n. 357/2023 in data 9 novembre 2023 (approfondire le “ ricadute della declaratoria di incostituzionalità della nuova legge regionale rispetto al pregresso assetto, giurisprudenzialmente consolidatosi ”), sebbene comprensibile avuto riguardo alla natura della decisione adottata (a cognizione sommaria), non appare, allo stato, idonea a giustificare un mutamento dell’indirizzo interpretativo che si è già andato delineando e consolidando alla luce delle non equivoche indicazioni rese dalla Corte Costituzionale, potendo, altresì, farsi menzione sul punto dell’ordinanza cautelare del giudice di appello n. 256/2023 in data 24 luglio 2023, dove parimenti si afferma in modo esplicito che alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale esistente in materia (sent. Corte costituzionale n. 252/2022, che ha dichiarato “costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 29 luglio 2021, n. 19, secondo cui, nel fornire l'interpretazione autentica dell'art. 24 della L.R. Sicilia n. 15/2004, che ha recepito in Sicilia il terzo condono edilizio, previsto dall'art. 32 del D.L. n. 269/2003, è ammissibile la sanatoria delle opere abusive "realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta", ritenendo la disciplina regionale lesiva della riserva allo Stato della tutela dell’ambiente in quanto in contrasto con la normativa statale di riferimento, art.32, comma 27, lett. d), D.l. n.269/2003 conv. in L. 326/2003) e della circolare 02/2022 del Dipartimento regionale dei Beni Culturali che, in applicazione del divieto di condonabilità in aree vincolate ex L. 326/2003, sono sanabili soltanto gli interventi edilizi di minore importanza (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria, opere che non comportino nuovi volumi o superfici) .

Ciò precisato, anche le ulteriori censure sollevate dall’interessato devono essere respinte, in quanto: a) il provvedimento da assumere risultava interamente vincolato, venendo in rilievo la creazione di una nuova superficie e di un nuovo volume (paesaggisticamente intesi);
b) in materia di repressione degli abusi edilizi, quando vengano in rilievo atti vincolati, non si richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale in ordine all’intervento repressivo, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile del privato alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (sul punto, cfr., fra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, IV, n. 3110/2020;
Consiglio di Stato, II, n. 3485/2020, n. 1765/2020, n. 549/2020;
Consiglio di Stato, VI, n. 7793/2019 e n. 3685/2019;
nonché Consiglio di Stato, Ad. Plen., 17 settembre 2017, n. 9);
c) il carattere vincolato dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi rende anche superflua la comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che, salvo ipotesi del tutto residuali, non è possibile alcun utile apporto partecipativo dell’interessato, come pure risulta inutile una specifica motivazione, risultando sufficiente l'individuazione degli abusi commessi (sul punto, cfr., fra le più recenti, T.A.R. Campania, Napoli, II, n. 2842/2020;
T.A.R. Campania, Napoli, III, n. 78/2020;
T.A.R. Campania, Napoli, VIII, n. 4765/2020;
T.A.R. Liguria, Genova, I, n. 723/2019);
d) nel caso in esame, pertanto, il provvedimento impugnato risulta adeguatamente motivato attraverso il richiamo, ex art. 3, terzo comma, della legge n. 241/1990, alla circolare assessoriale, la quale precisa chiaramente l’impossibilità di assentire in zona vincolata abusi che abbiano dato luogo alla creazione di nuovi volumi o superfici paesaggisticamente intesi.

Per quanto attiene, infine, alla presunta formazione del silenzio-assenso ex art. 17-bis della legge n. 241/1990 (ed ex art. 30 delle legge regionale n. 7/2019), è noto che la disposizione ha dato luogo a difformi interpretazioni, avendo talora la giurisprudenza ritenuto che la norma, quanto ai cosiddetti interessi sensibili, non incida sulla natura “devolutiva” del silenzio eventualmente perfezionatosi (sul punto, cfr. Consiglio di Stato, I, 28 giugno 2021, n. 1114;
25 gennaio 2021, n. 103), con esclusione, quindi, di qualsiasi forma di silenzio-assenso, mentre altra giurisprudenza ha ritenuto che la disposizione renda applicabile la disciplina del silenzio-assenso ai rapporti orizzontali fra Pubbliche Amministrazioni nell’ipotesi di decisioni pluristrutturate (cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, Comm. Spec., 23 giugno 2016, n. 1640 e Consiglio di Stato, IV, 2 ottobre 2023, n. 8610;
tale ultima decisione contiene, tra l'altro, una chiara ricostruzione delle specifiche ragioni giuridiche a sostegno delle due tesi).

Con riferimento a tale seconda opzione interpretativa, il Collegio osserva che anche nel procedimento relativo al condono edilizio viene effettivamente in rilievo una co-decisione, tenuto conto della natura vincolante del “parere” o “nulla-osta” (così denominati in senso chiaramente atecnico) della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali, sicché il provvedimento finale presenta effettivamente natura pluristrutturata.

Tuttavia, occorre considerare la specialità del procedimento di condono (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, II, 14 gennaio 2020, n. 359;
Consiglio di Stato, VI, 5 agosto 2019, nr. 5537;
Consiglio di Stato, IV, 25 maggio 2011, n. 3134 e 31 marzo 2009, n. 1998;
Consiglio di Stato, VI, 30 giugno 2022, n. 7979;
Consiglio di Stato, VI, 21 febbraio 2023, n. 1787;
VI, 8 febbraio 2023, n. 1412;
16 settembre 2022. n. 8043) e la relativa disciplina che, come evidenziato dalla difesa erariale, contempla il cosiddetto silenzio-inadempimento, ai sensi dell’art. 32, comma 27, del decreto-legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, il quale, nell’indicare le opere non suscettibili di sanatoria, richiama quanto previsto dagli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (e il citato art. 32 della legge n. 47/1985 afferma che, salve le fattispecie previste dall'art. 33 - opere non suscettibili di sanatoria, per le quali è ovviamente esclusa ogni ipotesi di silenzio-assenso - qualora l’Amministrazione non esprima il parere nel termine di centottanta giorni, si forma il silenzio-rifiuto).

Può aggiungersi che il menzionato art. 17-bis, così come l’art. 30 della legge regionale n. 7/2019, presuppone esplicitamente che l’Amministrazione compulsata per rendere la co-decisione abbia ricevuto dall’Amministrazione procedente, chiamata formalmente ad adottare l’atto conclusivo del procedimento, lo schema di provvedimento corredato dalla relativa documentazione: è dalla ricezione di tali atti che decorre il termine per la formazione del silenzio-assenso (come affermato inequivocabilmente dalla disposizione).

Nel caso in esame il Comune non ha mai provveduto a trasmettere alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali lo schema di provvedimento e la relativa documentazione.

Tale circostanza consente di prescindere da ulteriori approfondimenti in ordine alle ragioni che hanno indotto parte della giurisprudenza a ritenere che in materia paesaggistica - e, in genere, a fronte di interessi sensibili - la decisione sia in ogni caso monostrutturata e, pertanto, il silenzio-assenso non possa comunque formarsi.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, mentre, avuto riguardo al complessivo svolgimento della vicenda, le spese di lite possono essere compensate.

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