TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2018-05-24, n. 201805755
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Testo completo
Pubblicato il 24/05/2018
N. 05755/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00151/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 151 del 2008, proposto da
Ditta Di S A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale G. Mazzini, 25;
contro
Comune di Amatrice, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G N, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Porta Pia, 121;
nei confronti
C S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S F, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Circ. Clodia, 29;
per l'annullamento
della Determinazione comunale n. IV-6094 del 18.10.2007 di revoca della aggiudicazione provvisoria alla ricorrente dell'appalto per l'esecuzione dei lavori di urbanizzazione primaria in loc. Collegentilesco 1^ stralcio con escussione della cauzione, del verbale di gara del 18.10.2007, della determinazione n. IV-6095 di aggiudicazione provvisoria alla C s.r.l. e per la condanna alla aggiudicazione dell’appalto alla ricorrente e al risarcimento del danno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Amatrice e di C S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2018 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Premesso che l’impresa ricorrente impugna il provvedimento comunale di revoca della precedente aggiudicazione provvisoria della gara d’appalto per l’esecuzione di lavori, con applicazione della sanzione accessoria dell’escussione della polizza fideiussoria provvisoria e la segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, al fine dell’annotazione nel casellario informatico di lavori pubblici;
Che la ricorrente, oltre l’annullamento del provvedimento impugnato e della successiva aggiudicazione provvisoria ad altra ditta, chiede la condanna dell’amministrazione resistente a disporre l’aggiudicazione dell’appalto o il risarcimento del danno;
Considerato che il provvedimento impugnato è motivato con la omessa dichiarazione, nella domanda di partecipazione alla gara, delle condanne penali riportate dal concorrente;dal casellario giudiziale è infatti risultato che l’imprenditore ha riportato le seguenti condanne:
1. Sentenza del giudice delle indagini preliminari del tribunale di Rieti del 15 giugno 1992, divenuta irrevocabile il 15 luglio 1992, di applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati di corruzione attiva per un atto contrario ai doveri d’ufficio e truffa in concorso, con la condanna alla reclusione di anni 1, mesi 2 e la multa di lire 400.000, con i benefici della non menzione e della sospensione condizionale della pena;
2. Decreto penale di condanna del giudice delle indagini preliminari della pretura di Rieti in data 14 aprile 1994, esecutivo il 18 maggio 1994, per violazione del testo unico sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, con ammenda di lire 125.000.
3. Sentenza della corte d’appello di Roma del 18 ottobre 2001, divenuta irrevocabile il 20 gennaio 2002, di condanna per lesione personale, fatto commesso l’8 marzo 1997, punito con la reclusione di mesi 2, sostituita con la pena della multa di lire 4.500.000, pena sostitutiva eseguita.
Considerato che parte ricorrente deduce la illegittimità del provvedimento impugnato sostenendo che la sentenza di applicazione della pena su richiesta, risalente al 1992, riguarderebbe reati estinti di diritto, essendo trascorsi più di 5 anni dalla sentenza, per cui, ai sensi dell’articolo 445 comma 2 del codice di procedura penale, sarebbe estinto ogni effetto della condanna;anche il decreto penale di condanna del 1994 riguarderebbe reato estinto per le stesse ragioni;i reati comunque non presenterebbero i requisiti della gravità;il reato commesso nel 1997 non potrebbe incidere sulla moralità professionale, non essendo riconducibile alle categorie di reati individuati dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici con la propria determinazione numero 56 del 2000;il provvedimento impugnato, infine, non sarebbe motivato e la clausola escludente del disciplinare di gara avrebbe dovuto essere interpretata senza estensione dell’obbligo di dichiarazione delle condanne penali per reati che non potrebbero incidere sulla moralità professionale;
Ritenute tutte le censure palesemente infondate;
Si deve premettere che l’art. 38 del previgente codice dei contratti pubblici (applicabile “ratione temporis”) prevedeva l’esclusione dalle gare d’appalto per sentenze di condanna passate in giudicato, decreti penali di condanna irrevocabili, sentenze di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale;
La norma disponeva, peraltro, l’irrilevanza delle condanne quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima;
Per costante giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V, 23 marzo 2015, n. 1557;Consiglio di Stato, sez. V, 28 agosto 2017, n. 4077) ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, l'estinzione del reato - che consente di non dichiarare il relativo provvedimento di condanna - sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, sola figura cui l'ordinamento attribuisce il potere di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga quel provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di reato estinto e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell'intervenuta condanna;
Nello stesso senso cfr. anche T.A.R. Lazio, sez. I, 19 dicembre 2016 n. 12606;T.A.R. Lazio, sez. II, 06 giugno 2016, n. 6480;Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2017, n. 1172;Cons. di Stato, Sez. V, 27-01-2014, n. 400;
E' quindi irrilevante il fatto che, prima o pendente il termine per la presentazione dell'istanza di partecipazione, il concorrente avesse maturato, grazie al decorso del quinquennio dall'irrevocabilità della condanna penale, il presupposto per l'estinzione del reato e per ottenere la successiva riabilitazione, in quanto tali vicende non hanno alcun effetto automatico, tant'è che l'estinzione, pur operando “ope legis” in presenza dei presupposti ex art. 445 comma 2, c.p.p., richiede pur sempre che l'esistenza di questi ultimi sia accertata con un pronuncia del giudice dell'esecuzione su istanza dell'interessato;
Al riguardo, la difesa del ricorrente allega un provvedimento del Giudice dell’Esecuzione di Rieti del 19 luglio 2017 che dichiara estinto il reato per cui era stato emesso il decreto penale di condanna del 1994 e una ordinanza del 19 dicembre 2007 relativa all’estinzione dei reati risalenti al 1992;si tratta in entrambi i casi di provvedimenti intervenuti dopo che, in sede di gara, il ricorrente aveva reso la dichiarazione sull’assenza di condanne penali a suo carico;all’atto della partecipazione alla gara, quindi, in mancanza di alcuna pronuncia espressa di estinzione dei reati, il concorrente avrebbe dovuto dichiarare tutte le condanne penali riportate;
In ogni caso, anche a prescindere dalle condanne erroneamente ritenute estinte dal ricorrente, si deve considerare che il concorrente ha omesso di dichiarare la condanna più recente, per la quale non è neppure ipotizzata alcuna causa di estinzione del reato;
In proposito, il ricorrente deduce la mancanza di gravità dei reati commessi, asseritamente inidonei a revocare in dubbio la moralità professionale dell’imprenditore;
Le argomentazioni non sono condivisibili e si deve confermare il principio per cui, nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali da parte del concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione ai sensi dell'art. 46, D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l'ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo all'omissione della prescritta dichiarazione;essa deve essere resa completa ai fini dell'attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante;
In tal senso è costantemente orientata la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato sez. V, 04 dicembre 2017, n. 5707;Consiglio di Stato sez. V, 10 agosto 2017, n. 3980, T.A.R. Lazio, sez. III, 14 luglio 2017, n. 8515, Consiglio di Stato, sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548;T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 19-02-2018, n. 1076);
In sintesi, si deve ritenere che l'omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell'art. 38, comma 1, lett. c), ne comporta senz'altro l'esclusione dalla gara, essendo stato impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità;
Di conseguenza, non essendo state dichiarate in sede di domanda di partecipazione alla gara alcune condanne penali riportate, l’esclusione del concorrente è da ritenersi doverosa da parte della stazione appaltante;
Ritenuto, in conclusione, di dover respingere il ricorso, per l’infondatezza delle censure mosse ai provvedimenti impugnati e la conseguente infondatezza delle connesse domande per la condanna dell’amministrazione resistente all’aggiudicazione dell’appalto e al risarcimento dei danni;
Ritenuto di dovere addebitare al ricorrente le spese processuali sostenute dalle controparti costituite, in applicazione del criterio della soccombenza e nella misura ridotta che tiene conto della limitata attività difensiva spiegata nel corso del processo, liquidata in dispositivo;