TAR Napoli, sez. I, sentenza breve 2023-07-24, n. 202304427

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza breve 2023-07-24, n. 202304427
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202304427
Data del deposito : 24 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/07/2023

N. 04427/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01047/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1047 del 2023, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati L L e F M, con recapito digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo (di seguito: UTG) di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz n. 11 e con recapito digitale come da PEC da Registri di giustizia;

per l'annullamento:

del provvedimento prot. n. -OMISSIS-, col quale l'U.T.G. di Napoli ha respinto l’istanza di accesso documentale del precedente 21, presentata dalla società ricorrente, a valle della comunicazione di avvio del procedimento informativo, ai sensi dell’art. 92, comma 2-bis, d. lgs 159/2011.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’UTG di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2023 il dott. G P, presenti gli avvocati Lentini e Migliarotti nonché, nella sola chiamata preliminare, l'Avv. Paola Ciannella per l'Avvocatura dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con l’odierno ricorso, ritualmente notificato e depositato, -OMISSIS- ha impugnato la nota prot. n. -OMISSIS- con cui la Prefettura-UTG di Napoli ha negato il rilascio della documentazione assunta a fondamento del preavviso di informazione antimafia interdittiva, diretto alla ricorrente, ai sensi dell’art. 92, comma 2 bis, del d. lgs. n. 159/2011.

Più in particolare a seguito della comunicazione di avvio del procedimento parte ricorrente ha chiesto, con istanza del -OMISSIS-, di poter accedere ai rapporti e alle note citate nella predetta comunicazione prefettizia, al fine di esercitare il proprio diritto di difesa nell’ambito procedimentale.

Con l’impugnata nota, la Prefettura ha espresso il proprio diniego ritenendo che, in base all’art. 3 del DM 16 marzo 2022, non sarebbe consentito l’accesso alla predetta documentazione, in quanto ai sensi dell’art. 24 della legge n. 241/1990 e dell’art. 8, comma 5, lett. c), d.P.R. n. 352/1992, sono sottratti “c) i documenti istruttori inerenti ai procedimenti relativi al rilascio della documentazione antimafia, nonché i documenti, comunque prodotti ed acquisiti, la cui conoscenza può pregiudicare l’attività di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata, ed i provvedimenti prefettizi in materia antimafia”. Tenuto conto che, a giudizio della Prefettura, i documenti richiesti dalla ricorrente rientrano nella categoria sopra indicata, l’Amministrazione convenuta ne ha negato l’ostensione.

2.- Avverso tale statuizione, insorge parte ricorrente, chiedendone l’annullamento sulla base della seguente articolata censura.

Violazione degli artt. 22 e 24 L. n. 241/1990;
dell’art. 3 D.M. 16 marzo 2022 in relazione all’art. 92, comma 2 bis, d. lgs 159/2011;
violazione del giusto procedimento;
eccesso di potere per travisamento, difetto di motivazione, sviamento.

La società ricorrente lamenta l’illegittimità della concisa motivazione del diniego impugnato che si risolverebbe in un mero rinvio formale al menzionato D.M. del 16 marzo 2022. Osterebbe in particolare alla soluzione restrittiva sia il potenziamento del contraddittorio procedimentale che postula la completa ostensione della documentazione posta alla base del procedimento antimafia sia i principi del giusto processo e quelli dell’Unione.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno con memoria nella quale ha difeso la legittimità del proprio operato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 624 del 31 marzo 2023 questa Sezione ha sospeso i termini del procedimento in contraddittorio, fino all’esito del giudizio, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., ed ha contestualmente disposto il deposito degli atti oggetto dell’istanza di accesso al fine di meglio valutarne la rilevanza ai fini della presente delibazione.

Alla camera di consiglio del 10 maggio 2023, la causa è stata introitata in decisione.

3.- Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti appresso precisati.

L’art 22, comma 1, lett b) legge n. 241/1990, nel testo novellato dalla legge 11 febbraio 2005 n.15, richiede per la legittimazione attiva all’esercizio del diritto di accesso la titolarità di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”. Il successivo comma 3 prevede che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad eccezione di quelli indicati all’art 24 commi 1, 2, 3, 5 e 6”.

Inoltre, l’art 24, comma 7, L. n. 241/1990 precisa che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici” (cfr. da ultimo TAR Emilia Romagna, n. 537/2022).

A sua volta l’art. 3, lett. c), del DM 16 marzo 2022 stabilisce che sono sottratti al diritto d’accesso “i documenti istruttori inerenti ai procedimenti relativi al rilascio della documentazione antimafia, nonché i documenti, comunque prodotti o acquisiti, la cui conoscenza può pregiudicare l’attività di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata, e i provvedimenti prefettizi in materia di antimafia”.

Ad avviso dell’Amministrazione la suindicata norma regolamentare di attuazione dell’art. 24 comma 1, L. n. 241/1990 impedirebbe “tout court” l’accesso alla documentazione richiamata nella comunicazione di avvio del procedimento, così che il diniego potrebbe dirsi motivato tramite il mero richiamo al citato decreto ministeriale.

Il Collegio non condivide queste considerazioni, alla luce della vigente normativa in tema di accesso c.d. ordinario contenuta negli artt. 22 e seguenti della legge 241/1990 oltre che della stessa novella normativa contenuta nel decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021, applicabile ratione temporis alla fattispecie (ai sensi dell’art. 52 del medesimo d.l. 152/2021) che ha interessato la disciplina procedimentale delle interdittive antimafia.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale - che il Collegio condivide - l’omologa previsione contenuta nel D.M. 17 novembre 1997 n. 508 quale eccezione al generale accesso documentale deve essere intrepretata restrittivamente, dovendo la mancata ostensione essere motivata con riferimento alle concrete ragioni che impediscono la divulgazione del documento (ex multis TAR Lazio, Roma, sez. I, 2 aprile 2021, n. 3973;
TAR Calabria, sez. I, 24 agosto 2011, n.1146;
TAR Abruzzo L’Aquila, 26 marzo 2015, n. 36).

4.- L’assoluta inibizione all’accesso non è fondata nel caso di specie su alcuna valutazione di prevalenza, in concreto, delle succitate esigenze attinenti alla sicurezza pubblica, valutazione che, come detto, potrebbe in teoria giustificare tuttalpiù la temporanea dilazione dell’esercizio del diritto ovvero il parziale “mascheramento” dei soli dati valutati inaccessibili (cfr., in termini, TAR Reggio Calabria, Catanzaro, 24 agosto 2011, n.1146;
TAR Lazio, Roman. 2461 del 2015).

Tale interpretazione restrittiva della sottrazione all’accesso si impone inoltre anche per la rilevanza in “subiecta materia” dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali di Nizza, avente lo stesso valore dei Trattati U.E. (ex multis, Corte Costituzionale 15 aprile 2010, n. 138) nonché dell’art. 6 della Convenzione EDU (diritto ad un processo equo) e dello stesso art. 111 della Costituzione.

Per il versante comunitario non può negarsi, ad avviso del Collegio, il collegamento quanto meno indiretto tra disciplina nazionale in tema di interdittive contenuta nel Codice antimafia (d.lgs. 159/2011) ed il diritto euro-unitario, quale presupposto per l’applicazione della Carta di Nizza (ex multis, Corte Costituzionale 11 marzo 2011, n. 80) in quanto le misure interdittive oltre a costituire una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. III, 11 settembre 2017, n. 4286;
id. sez. III, 22 marzo 2017, n. 1312) mirano ad espungere dal mercato le imprese esposte ad infiltrazione mafiosa e, dunque, a tutelare la concorrenza tra gli operatori economici presidiata dal Trattato U.E. (in questo senso, Consiglio di Stato sez. III, 25 ottobre 2021, n.7165).

Se è vero che le interdittive sono rette compiutamente dal diritto interno quale istituto peculiare del nostro ordinamento, pare indiscutibile la rilevanza almeno indiretta con diritti fondamentali ed interessi di matrice comunitaria in quanto appunto funzionali ad impedire turbative del mercato ed espungere le imprese esposte ad infiltrazione mafiosa in grado di inquinare il confronto competitivo.

L’art. 41 della Carta di Nizza ricomprende com’è noto nel “diritto ad una buona amministrazione” anche il “il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale” quale pretesa di rango comunitario.

Per altro profilo, una preclusione assoluta ed incondizionata all’accesso alla documentazione amministrativa propedeutica all’emanazione di una misura interdittiva antimafia si porrebbe in aperto contrasto con il diritto costituzionalmente garantito ad un giusto processo, tenuto conto anche delle limitazioni esistenti in tema di sindacato giurisdizionale esercitabile dal giudice amministrativo, dal momento che la giurisprudenza, anche di questa Sezione, è pacifica nel ritenere che l'ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto, a tutela delle condizioni di sicurezza ed ordine pubblico, può essere soggetta al sindacato del giudice amministrativo, solo sotto gli elementi della sua logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati e, pertanto, nei soli limiti di evidenti vizi di eccesso di potere per manifesta illogicità ed erronea o travisata valutazione dei presupposti (ex multis, TAR Lombardia sez. I, 24 ottobre 2018, n. 2398;
Consiglio di Stato, sez. III, 25 giugno 2014, n. 3208;
id., sez. III, 1 dicembre 2015, n. 5437;
TAR Campania, Napoli, sez. I, 6 novembre 2017, n, 5167).

Giova poi evidenziare che la recente novella di cui al decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021 – contenente “Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e per la prevenzione dalle infiltrazioni mafiose” e convertito nella legge 233/2021 - pur nulla innovando in tema di diritto di accesso ha indubbiamente potenziato le garanzie procedimentali introducendo altresì sia misure di “self cleaning” sia il nuovo istituto della prevenzione collaborativa, al fine di relegare l’interdittiva antimafia ad extrema ratio secondo le indicazioni provenienti dalla più recente giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. III, 10 agosto 2020, n. 4979). È ovvia sotto questo profilo la rilevanza dell’accesso documentale anche al fine di garantire la piena operatività delle nuove disposizioni, nell’ambito di un rapporto di collaborazione (vedi anche l’art. 1, comma 2-bis, L.241/1990, aggiunto dal d.l. 76/2020) tra la Prefettura e l’impresa nei cui confronti è stato aperto un procedimento di interdittiva (TAR Emilia Romagna, n. 537/2022, cit.).

5.- Deve quindi ritenersi che la norma speciale introdotta dal d.l. n. 152/2021 non abbia inciso sull’assetto normativo in tema di diritto di accesso e, in particolare, sulle garanzie riconosciute dall’art. 10 della L. 241/1990 al destinatario della comunicazione di avvio del procedimento, potenziando piuttosto (con l’art. 92, comma 2 bis, d. lgs. 159/2011) il rapporto di collaborazione tra la Prefettura e l’impresa nei cui confronti sia stato avviato l’iter volto all’adozione dell’informativa interdittiva.

Peraltro va sottolineato che gli eventuali limiti all’accesso alla documentazione amministrativa sono già previsti dalla disposizione generale contenuta nell’art. 24 della l. n. 241/1990 (e nella disciplina regolamentare di attuazione).

La giurisprudenza amministrativa, fino all’entrata in vigore del comma 2 bis dell’art. 92, ha ritenuto accessibile, seppure con le eventuali limitazioni, la documentazione detenuta dal Ministero dell’Interno (v. TAR Lazio, Sez. I ter, 2 aprile 2021, n. 3973;
TAR Sicilia, Sez. I, 19 ottobre 2018, n. 2122, confermata C.G.A., Sez. giurisd., 24 gennaio 2019, n. 56;
specificamente in tema di accesso ai documenti sottesi all’informativa antimafia, C.G.A. in sede giurisd., 5 gennaio 2011, n. 9).

Il Consiglio di Stato inoltre, proprio con riferimento l’accesso ai verbali dei controlli di polizia posti a fondamento dell’informazione antimafia, ha chiarito che:

- “La disposizione regolamentare di cui all’art. 3 del D.M. n. 415 del 1994 deve essere coordinata con quella generale dettata dall’art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 352 del 1992 secondo cui «i documenti non possono essere sottratti all’accesso se non quando essi sono suscettibili di recare un pregiudizio in concreto agli interessi indicati nell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241». Ne segue che, a fronte della documentata esigenza di difendere i propri interessi in sede giurisdizionale da parte dell’odierna appellante, che ha impugnato il provvedimento interdittivo antimafia fondato anche sui verbali dei controlli di polizia effettuati, l’Amministrazione non poteva limitarsi ad affermare che i documenti non erano ostensibili in virtù del solo art. 3 del D.M. n. 415 del 1994, ma doveva circostanziare quale sarebbe stato, nel caso di specie, il pregiudizio in concreto recato dall’accesso ai superiori interessi protetti dalla disposizione primaria. Né è possibile ritenere, come ha fatto il primo giudice, che il pregiudizio sarebbe in re ipsa, nella natura stessa degli atti, perché l’ostensione delle relazioni di servizio o degli atti di controllo da parte della polizia – anche con talune parti eventualmente omissate con riferimento, ad esempio, alla identità delle fonti informative o altri elementi investigativi non necessari alle esigenze difensive – non sempre, e necessariamente, reca un pregiudizio concreto agli interessi della sicurezza e dell’ordine pubblico”;

- “la sentenza impugnata, assumendo che i verbali dei controlli di polizia sarebbero sottratti all’accesso difensivo, ha trascurato di considerare che l’art. 3, comma 1, lett. a), del D.M. n. 415 del 1994, regolamento attuativo dell’art. 24, comma 6, lett. c), della l. n. 241 del 1990, deve essere interpretato in senso non strettamente letterale, giacché altrimenti sorgerebbero dubbi sulla sua legittimità, in quanto determinerebbe una sottrazione sostanzialmente generalizzata alle richieste ostensive di quasi tutti i documenti formati dal Ministero dell’Interno, con palese frustrazione delle finalità perseguite dalla l. n. 241 del 1990 e, in particolare, entrando in irrimediabile antinomia con l’art. 24, comma 7, della stessa legge e con la possibilità stessa dell’accesso difensivo” (Consiglio di Stato, Sez. III, 30 maggio 2022, n. 4292).

Neanche può avere alcuna rilevanza, al fine di negare l’ostensione, la natura endo-procedimentale degli atti oggetto dell’istanza di accesso, in quanto «l’art. 22 della l. n. 241/1990 include espressamente tra i documenti amministrativi oggetto di ostensione anche gli “atti interni”;
e ciò, nella considerazione che l’intima ratio dell’accesso ai documenti amministrativi si sostanzia nell’esigenza di assicurare la conoscenza di ogni singolo atto avente effetti, diretti o indiretti, nei confronti dell’istante, assicurando, quindi, la trasparenza dell’azione amministrativa in conformità al principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione» (cfr. T.A.R. Sicilia, sez. I, del 28/03/2023 n. 1035).

Tale esigenza, come detto, è stata avvertita dal legislatore anche per la fase, quale disciplinata dall’art. 92, comma 2 bis, del d.lgs. n. 159/2011, antecedente l’adozione del provvedimento finale, nella quale l’art. 10 della l. n. 241/1990 assicura in linea generale al destinatario del preannunciato provvedimento l’attuazione effettiva delle garanzie partecipative attraverso il contraddittorio endo-procedimentale.

Ne consegue che, in sede di esame dell’istanza di accesso, l’Amministrazione è tenuta ad effettuare un delicato bilanciamento tra le eventuali esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e le altrettanto fondamentali esigenze di tutela della parte privata, connesse all’inviolabile diritto costituzionale alle difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione;
con correlativa potestà di oscurare con idonea tecnica, tra cui anche l’apposizione di “omissis”, nelle parti dei documenti che, motivatamente, devono eventualmente essere mantenute riservate (cfr. TAR Sicilia, n. 1456/2023).

6.- In conclusione, sulla scorta di quanto precede il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, va dichiarato il diritto della società ricorrente ad accedere alla documentazione richiesta con l’istanza del 22 febbraio 2023, mediante estrazione di copia, con le eventuali limitazioni come sopra chiarito, entro trenta giorni dalla comunicazione - o dalla notificazione, se anteriore - della presente sentenza.

Avuto riguardo agli specifici profili della controversia e alla parziale novità della questione, sussistono i presupposti per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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