TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-07-22, n. 202204910

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2022-07-22, n. 202204910
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202204910
Data del deposito : 22 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/07/2022

N. 04910/2022 REG.PROV.COLL.

N. 03034/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3034 del 2017, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dagli avvocati A P, S S, F R, con domicilio eletto presso lo studio A P in Napoli, via G. G. Orsini 30;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza - Comando Interregionale Italia Meridionale - Napoli, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento

della determina della Guardia di Finanza del 2 maggio 2017, notificata il 10 maggio 2017, avente ad oggetto la perdita del grado per rimozione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza - Comando Interregionale Italia Meridionale - Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2022 la dott.ssa Mara Spatuzzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso, notificato in data 7 luglio 2017 e depositato in data 20 luglio 2017, il ricorrente, maresciallo capo della Guardia di Finanza, ha impugnato il provvedimento, meglio indicato in epigrafe, con cui, in data 2 maggio 2017, il Comando Interregionale dell’Italia Meridionale, ad esito del procedimento disciplinare, ha disposto nei confronti del ricorrente la perdita del grado per rimozione, con conseguente iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa della Marina Italiana, senza alcun grado, a decorrere dalla data del provvedimento.

Il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento per i seguenti motivi:

1) violazione di legge, e, in particolare, degli artt. 916 e 923, lett. i), del codice dell’Ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66/2010, insussistenza dei presupposti, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà .

Il ricorrente sostiene, in sostanza, che non sussisterebbero i presupposti per la rimozione dal grado in quanto sarebbe coinvolto in un unico episodio ed esclusivamente a titolo personale e non per la sua qualifica e/o attività nella Guardia di Finanza.

2) violazione di legge (art. 867, D. Lgs n. 66/2010) ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità, ingiustizia manifesta travisamento dei presupposti di fatto e di diritto .

Il ricorrente lamenta che l’Amministrazione in sede disciplinare non avrebbe compiuto una autonoma valutazione dei fatti posti a base del procedimento penale in cui è stato coinvolto, limitandosi ad aderire acriticamente alle circostanze emerse nell’ambito dei procedimenti penali e senza tener conto invece della marginalità della condotta del ricorrente. La Guardia di Finanza, inoltre, non avrebbe tenuto conto che la qualifica di appartenente al Corpo della Guardia di Finanza del ricorrente non sarebbe stata, né avrebbe e potuto essere, elemento essenziale o rilevante o determinante nei fatti e nelle finalità di azioni altrui, peraltro nell’ambito delle Forze Armate, e generici sarebbero poi i riferimenti alla risonanza nell’opinione pubblica che avrebbero arrecato grave nocumento all’immagine ed al prestigio del Corpo. Di qui, anche la sproporzione del provvedimento impugnato rispetto alla condotta assunta dal ricorrente. Il ricorrente lamenta quindi il difetto di motivazione del provvedimento;

3) violazione di legge e in particolare dell’art. 916 e seguenti, del codice dell’Ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66/2010;
insussistenza dei presupposti per l'adozione della misura cautelare della sospensione precauzionale dall'impiego;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 violazione del principio di presunzione di innocenza di cui all’art 27 Cost nonché delle norme comunitarie - eccesso di potere sotto molteplici profili
- difetto di istruttoria-contraddittorietà.

Il ricorrente lamenta che l’Amministrazione nell’adottare il provvedimento impugnato non si sarebbe espressa sulla eccezionale gravità dei fatti contestati, né sulla valutazione della condotta oggettiva e soggettiva del militare, così come invece imposto dal D. Lgs. 66/2010. Inoltre, il provvedimento sarebbe erroneo per non aver applicato nel caso di specie i principi costituzionali ed europei sulla presunzione di innocenza dell’imputato fino al passaggio in giudicato della sentenza, facendo prevalere il potere discrezionale dell’amministrazione di adottare un nuovo provvedimento nei confronti del proprio dipendente nella perdurante pendenza di un procedimento penale.

L’amministrazione dovrebbe valutare specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, il che implicherebbe l’onere della c.d. “supermotivazione”, trattandosi di irrogare un provvedimento di sospensione, di natura, quindi, eccezionale, perché eccezionale sarebbe il potere dell’amministrazione di procedere alla sospensione prima di una sentenza di condanna definitiva.

Nondimeno il Ministero non avrebbe esposto il procedimento logico-giuridico seguito, che lo ha indotto a ritenere la condotta oggettiva e soggettiva del militare ostativa al mantenimento del grado di maresciallo capo, né avrebbe fornito idonea giustificazione in merito alla pericolosità sociale del soggetto, dato che gli atti del processo non farebbero alcun riferimento alla qualifica rivestita dal ricorrente nel procedimento per cui è imputato, e si sarebbe limitata ad affermare apoditticamente che la condotta del militare era connotata da estrema gravità, in quanto correlata allo status di appartenente al Corpo e ai doveri di correttezza e di lealtà assunti con il giuramento;

4) violazione di legge (art. 867, D.Lgs 15/03/2010, n. 66) - incompetenza , in quanto i “provvedimenti di perdita del grado” rientrerebbero nella competenza del Ministro e, in via gradata ove si ritenesse che tale competenza sia devoluta, per effetto del D.Lgs. n. 165 del 2001, al Comandante Generale della Guardia di Finanza, sarebbe comunque illegittima la determinazione del 26 marzo 2008, con cui il medesimo Comandante Generale ha delegato tale funzione ai Comandanti interregionali.

5) violazione e falsa applicazione degli artt. 867 ss. 916 ss. e 923 lett. i) del codice ordinamento militare;
violazione del principio di proporzionalità e illegittimità costituzionale
.

Nell’ipotesi in cui si ritenga che la sanzione accessoria della rimozione venga intesa ed applicata con effetto di automatica destituzione di diritto dal servizio permanente, e quindi, cessazione del pubblico impiego (in tal senso interpretandosi la collocazione a semplice militare di truppa), la sanzione sarebbe comunque ingiustamente punitiva, per cui si chiede di sollevare questione di costituzionalità dell’art. 923, lett. i) del codice dell’ordinamento militare, d.lgs. n. 66 del 15.3.2010 smi. Si reitera, ove ve ne fosse necessità, anche in riferimento alla fattispecie concreta la questione di legittimità costituzionale degli artt. 866, comma 1, 867, comma 3 e 923, comma 1, lett. i), d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), in relazione agli artt. 3, 24, secondo comma, 4, 35 e 97 Cost., nella parte in cui impongono, senza preventivo giudizio disciplinare, la cessazione dal servizio permanente del militare che abbia perso il grado a seguito di condanna penale definitiva, per reato militare o delitto non colposo, accompagnata dalla inflizione della sanzione accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, non condizionalmente sospesa.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata contrastando le avverse pretese e chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza pubblica del 15 giugno 2022, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato, secondo quanto segue.

Infondate, innanzitutto, son le censure di cui al quarto motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta l’incompetenza del Comandante interregionale dell’Italia Meridionale ad adottare il provvedimento impugnato.

Si rileva, infatti, che il d.lgs. n. 66/2010 prevede, all’art. 2135, che “ 1. Per il Corpo della Guardia di finanza restano ferme le competenze del Comandante generale in materia di adozione degli atti e provvedimenti di gestione del personale, in applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ” e, all’art. 2149, comma 2, che “ 2. La potestà sanzionatoria di stato per il personale del Corpo della Guardia di finanza compete: a) al Ministro dell'economia e delle finanze nei confronti dei generali di corpo d'armata e dei generali di divisione;
b) al Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza nei confronti del restante personale
”.

Per cui, nel caso di specie, la competenza sanzionatoria spetta, in virtù del grado rivestito dal ricorrente, al Comandante Generale della Guardia di Finanza, che in qualità di dirigente di ufficio dirigenziale generale, in applicazione degli articoli 16 e 17 del D.lgs. 165 del 2001, legittimamente ha delegato tale potere ai Comandanti interregionali, come confermato da costante giurisprudenza in materia (cfr. tra le altre, Tar Calabria, Catanzaro, sent. n. 66 del 2019;
Tar Piemonte, Torino, sent. n. 934 del 2017;
Tar Puglia, Bari, sent. n. 784 del 2017;
Tar Campania, Napoli, sent. n. 2825 del 2015, che già si è espressa in favore dell’applicabilità degli artt. 16 e 17 del T.U. pubblico impiego alla Guardia di Finanza “ per espressa precisazione operata dalla medesima legge (art. 16 co. 1) laddove rende applicabile la relativa disciplina a tutti gli uffici dirigenziali generali "comunque denominati". Le norme citate prevedono espressamente che i dirigenti generali "adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi (...) rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti" (art. 16 co. 1 lett. d) e, in maniera corrispondente, che i dirigenti "svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali" (art. 17 co. 1 lett. c). D’altro canto, in tal senso depone l’espresso rinvio contenuto all’articolo 2135 del codice dell’ordinamento militare proprio in tema di atti e provvedimenti relativi alla gestione del personale della GdF. Non v'è dubbio, peraltro, che nell'ambito del particolare ordinamento della Guardia di Finanza, i provvedimenti disciplinari abbiano natura di provvedimenti amministrativi di gestione del personale, per cui, come si è visto, le norme appena riportate, alla stregua di un’interpretazione sistemica, consentono di ritenere sussistente un generale potere di delega da parte degli uffici dirigenziali sovra ordinati nei confronti di quelli sotto ordinati …”).

Quanto alla lamentata violazione dell’art. 916 del D.lgs. n. 66 del 2010, si rileva che il richiamo è inconferente considerato che costituisce oggetto della presente impugnativa il provvedimento di rimozione dal grado e non il diverso provvedimento della sospensione precauzionale dall’impiego disciplinato da tale norma.

Infondate sono le ulteriori censure, che si esaminano congiuntamente in quanto tra loro connesse, con cui, in sostanza, il ricorrente lamenta il difetto di motivazione e di istruttoria dell’impugnato provvedimento di rimozione dal grado nonchè il difetto di proporzionalità della sanzione irrogata rispetto al comportamento in concreto tenuto dal ricorrente.

Si premette che l'art. 1393 del d.lgs. n. 66 del 2010, nella nuova formulazione, ha comportato il superamento della precedente regola della pregiudizialità tra il procedimento penale e quello disciplinare. Conseguentemente, il procedimento disciplinare che riguardi, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'A.G. gode di una propria autonomia. Pertanto, qualora la condotta del militare risulti integrare rilievi disciplinari, l'Amministrazione deve avviare, proseguire e concludere l'accertamento disciplinare anche in costanza di quello penale, fatte salve le sole eccezioni specificamente previste dall’articolo sopra citato, che non ricorrono nel caso in questione.

Tanto premesso, si rileva che l’Amministrazione, in sede di esercizio del potere disciplinare, non si è limitata ad una acritica adesione alle risultanze emerse in sede penale, con riferimento in particolare all’imputazione per il reato di "corruzione per un atto contrario al dovere di ufficio", ma ha svolto una compiuta e articolata istruttoria, dando puntualmente conto, con un diffuso e congruo apparato motivazionale, delle ragioni su cui poggia la gravata determinazione. E, in particolare, ha esaminato anche le giustificazioni rese dal ricorrente in sede di procedimento disciplinare e ha motivato adeguatamente sulle ragioni per cui ha ritenuto che tali giustificazioni non fossero idonee “a ridimensionare la condotta ascritta, nonché a mitigare le gravissime responsabilità da essa derivanti e a fugare o dissipare perplessità sulla sua correttezza morale”, richiamando, a supporto della ricostruzione e valutazione della dinamica dei fatti, elementi precisi costituiti dalle dichiarazioni fornite dal Lgt. -O- e dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, e rimarcando, ad ulteriore supporto, che anche nell'ordinanza del Tribunale del riesame si evidenzia che "alla luce del materiale probatorio esaminato alcun dubbio può porsi circa la sussistenza del reato di corruzione ... e sul ruolo di intermediario svolto dall'-O- nella vicenda - avendo lo stesso materialmente messo in contatto il -O- con il -O-e la figlia -O-". L’Amministrazione, inoltre, ha evidenziato che, alla luce delle qualifiche rivestite nonché dell'anzianità di servizio maturata nel Corpo, il ricorrente “doveva essere ben consapevole che partecipare, sebbene solo in qualità di intermediario, ad un accordo corruttivo tra un aspirante all'arruolamento ed un appartenente all'Esercito Italiano avrebbe costituito un gravissimo illecito penale e disciplinare”. L’Amministrazione ha poi operato una autonoma valutazione delle contestazioni disciplinari ascritte all'interessato e ha ritenuto che il ricorrente “con l'illecita condotta, ha:- dimostrato la propria propensione a piegare a vantaggio privato il pubblico interesse, denotando indubbiamente rilevanti carenze di qualità morali e di carattere, ingenerando dubbi sull'operato degli appartenenti al Corpo;
- pregiudicato fortemente l'imparzialità e la correttezza della Guardia di Finanza, recando indiscusso nocumento all'immagine e al prestigio del Corpo, considerato che la vicenda ha avuto, nelle immediatezze dell'arresto del militare, eco sulla stampa;
- compromesso le ineludibili esigenze di tutela dell'interesse della collettività all'onestà dei pubblici ufficiali, quale condizione essenziale per il regolare e proficuo svolgimento dell'attività della Pubblica Amministrazione;
- violato gravemente i doveri di correttezza, lealtà e rettitudine che, assunti con il giuramento, devono ispirare la condotta di ogni appartenente alla Guardia di Finanza”;
per cui l’Amministrazione ha valutato che la gravità del comportamento tenuto da ricorrente fosse incompatibile con lo status di appartenente al Corpo e “tale da rendere irrimediabilmente preclusa la continuazione del rapporto e da imporre, in ossequio ai criteri di ragionevolezza e proporzionalità, l'adozione di un provvedimento di natura espulsiva a suo carico non ravvisandosi alcuna attenuante nella valutazione del tipo di sanzione da applicare data la palese e piena violazione del giuramento prestato”.

Valutazioni che, ad avviso del Collegio, non evidenziano profili di evidente incongruità e irragionevolezza o manifesta sproporzione rispetto alle gravi condotte tenute dal ricorrente (limite in cui, per costante giurisprudenza, è consentito il sindacato giurisdizionale in questa sede di legittimità, cfr. tra le altre Cons. di Stato, sent. n. 3112 del 2020, parag. 10.2, e Cons. di Stato, sent. n.2428 del 2021 “… la valutazione della gravità del fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce espressione di ampia discrezionalità amministrativa, insindacabile salvo che per evidenti profili di manifesto travisamento o manifesta illogicità e irragionevolezza, che palesino con immediatezza una chiara carenza di proporzionalità tra l'infrazione e il fatto ), come emergenti dal quadro fattuale ricostruito dall’Amministrazione in sede di procedimento disciplinare alla luce delle intercettazioni e degli ulteriori elementi probatori richiamati e idonei a sorreggere il giudizio dell’Amministrazione, non essendo rilevante che l’attività di intermediazione fosse relativa al reclutamento non nella Guardia di Finanza ma nell’ambito delle Forze armate né risultando credibili le giustificazioni rese dal ricorrente in sede di procedimento disciplinare.

Né la Commissione di disciplina era tenuta ad esplicitare le motivazioni del suo parere di non meritevolezza a conservare il grado, stante il chiaro disposto dell’art. 1388 del d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui stabilisce che, una volta ritenuta sufficiente l’istruttoria “ 10. …il presidente mette alternativamente ai voti i seguenti quesiti:

a) "Il ................ è meritevole di conservare il grado? ";

b) "Il ................ è meritevole di permanere in ferma (o in rafferma)? ";

11. La votazione si svolge con modalità tali da garantire la segretezza del voto di ciascun membro. Il giudizio della commissione è espresso a maggioranza assoluta e non è motivato.

12. Il segretario compila subito il verbale della seduta col giudizio della commissione;
il verbale è letto e firmato dai componenti della commissione.

13. Il presidente scioglie la commissione e trasmette gli atti direttamente al Ministero della difesa.

14. I componenti della commissione sono vincolati al segreto di ufficio ” (sul punto, cfr. Tar Piemonte, sent. n. 934 del 2017).

Mentre la decisione finale spetta all’Autorità titolare del potere di comminare la sanzione, che, come sopra evidenziato, ha adeguatamente motivato le ragioni per cui ha ritenuto, ad esito della complessiva e approfondita istruttoria espletata, di disporre, a fronte di una condotta del ricorrente chiaramente distinta da particolare rilevanza negativa, la perdita del grado per rimozione.

Quanto sopra già esposto in relazione alle valutazioni in concreto svolte dall’Amministrazione in sede di apposito procedimento disciplinare e alla legittimità della sanzione irrogata anche in termini di proporzionalità rispetto alla evidente gravità della violazione da parte del ricorrente dei doveri che incombono sugli appartenenti alla Guardia di Finanza, rende prive di rilevanza le questioni di costituzionalità prospettate dal ricorrente.

Per quanto sopra, pertanto, il ricorso va respinto.

Le spese di lite possono essere compensate in considerazione delle peculiarità della controversia.

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