CGARS, sez. I, sentenza 2024-02-01, n. 202400080
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Testo completo
Pubblicato il 01/02/2024
N. 00080/2024REG.PROV.COLL.
N. 01112/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1112 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato Distrettuale di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
nei confronti
-OMISSIS-, -OMISSIS-. (-OMISSIS-) S.p.A., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza) n. 1697/2021, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’-OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2023 il Cons. M A P F e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il proposto appello la -OMISSIS- s.r.l. (già -OMISSIS-) domanda la riforma della sentenza n. 1697/2021 pubblicata il 26 maggio 2021 con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. III, ha rigettato il ricorso, integrato da molteplici motivi aggiunti, presentato dalla società appellante per l’annullamento delle informative antimafia adottate nei propri confronti dalla -OMISSIS- e degli atti con i quali -OMISSIS- ed il -OMISSIS- avevano risolto i rapporti contrattuali intercorrenti con la medesima società.
L’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo si costituiva per conto della -OMISSIS-, opponendosi all’accoglimento dell’appello.
La società appellante depositava una memoria conclusiva.
All’udienza pubblica del 13 dicembre 2023, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, dopo avere rilevato d’ufficio ai sensi dell’art. 73 co.3 c.p.a. una possibile causa di parziale inammissibilità dell’appello per omessa formulazione di specifiche censure rivolte alla sentenza appellata e dopo avere acquisito la dichiarazione dell’appellante di persistente interesse alla decisione nella prospettiva dell’azione di risarcimento danni, tratteneva l’appello in decisione.
DIRITTO
I. – L’appello e l’ordine delle questioni.
I.1. Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione (A.P. n. 4/11, A.P. n. 9/14, A.P. n. 5/15), la norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime essendo prioritario l'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi , ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito dall'Adunanza plenaria 3 giugno 2011, n. 10).
I.2. Pertanto, occorre preliminarmente verificare la persistenza di un concreto interesse alla decisione dell’appello, tenuto conto della possibile utilità che l’appellante potrebbe in concreto conseguire dal chiesto annullamento degli atti impugnati risalenti agli anni 2005-2008.
II. – Il dichiarato interesse risarcitorio .
II.1. L’appellante ha chiarito all’udienza pubblica del 13 dicembre 2023 di “ mantenere l’interesse alla decisione sul piano del risarcimento del danno ”.
II.2. Secondo quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato con l’Adunanza Plenaria del 13 luglio 2022 n. 8, « per procedersi all'accertamento dell'illegittimità dell'atto ai sensi dell'art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell'eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall'art. 73 cod. proc. amm. », con la precisazione che « una volta manifestato l'interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l'atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell'azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda ».
II.3. E poiché l’appellante ha espressamente domandato il risarcimento dei danni nell’occasione patiti tanto nel presente grado di giudizio quanto nel precedente (con il ricorso introduttivo), non sussistono i presupposti per la definizione in rito della controversia con una pronuncia declaratoria di improcedibilità dell’appello motivata dalla non significativa utilità pratica scaturente per l’appellante dall’eventuale annullamento di atti risalenti agli anni 2005-2008, dovendo procedersi all’esame dei motivi di ricorso riproposti in questa sede ai fini dell’accertamento delle dedotte illegittimità degli atti impugnati in funzione del dichiarato interesse al ristoro del nocumento lamentato.
Se, infatti, la mera prospettazione di un interesse risarcitorio da tutelare con la proposizione di una futura ed eventuale apposita azione giustifica il sindacato delle dedotte censure di illegittimità nella loro autonomia, ossia in un’accezione puramente statica, qualora, invece, la domanda risarcitoria sia formulata congiuntamente alla domanda di annullamento divenuta improcedibile, l’esame dei motivi di illegittimità diviene strumentale all’accoglimento dell’azione di risarcimento danni già proposta, con conseguente carenza di interesse all’accertamento dei vizi dell’atto impugnato inidonei a comprovare la paventata ingiustizia del danno di cui si chiede ristoro.
Deve, dunque, procedersi all’esame dell’appello.
III. – L’appello e l’ordine di esame dei molteplici motivi di ricorso proposti in primo grado .
III.1. – Come noto, secondo quanto previsto dall'art. 101, comma 1, del c.p.a. il ricorso in appello deve contenere specifiche censure contro i capi della sentenza gravata. Nel giudizio amministrativo costituisce, infatti, specifico onere dell'appellante formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza impugnata, posto che l'oggetto di tale giudizio è costituito da quest'ultima e non dal provvedimento gravato in primo grado; il suo assolvimento esige quindi la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo che ha fondato la decisione appellata, con la conseguenza che il mancato assolvimento di tale onere, con le modalità appena precisate, implica l'inammissibilità della censura relativa al capo della decisione che è rimasto estraneo alle critiche svolte nell'atto d'appello (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 dicembre 2013 n. 6005), con conseguente reiezione del gravame se detto autonomo capo della sentenza è idoneo a sorreggere di per sé la decisione assunta (Consiglio di Stato, sez. VI, 31 ottobre 2011, n. 5820).
III.2. Con riguardo al caso in esame, a cagione della proposizione dell'appello e della reiterazione di tutti i motivi dedotti in prime cure, il Collegio osserva che è riemerso l'intero thema decidendum del giudizio di primo grado, che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a.. Sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio prende direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo, integrato dai motivi aggiunti (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020; Consiglio di Stato sez. IV, 27/12/2021, n.8633), superando le censure inerenti l’omesso esame o l’omessa motivazione su questioni dedotte in primo grado.
III.3. Ed invero, « la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, anche quando si sia tradotta nella mancanza totale di pronuncia da parte del giudice di primo grado su una delle domande del ricorrente, non costituisce un'ipotesi di annullamento con rinvio; pertanto, in applicazione del principio dell'effetto sostitutivo dell'appello, anche in questo caso, ravvisato l'errore del primo giudice, la causa deve essere decisa nel merito dal giudice di secondo grado [...] nei casi in cui non si applica l'art. 105 Cod. proc. amm., la possibilità per il giudice di appello di pronunciarsi sulla domanda o sulle domande non esaminate in primo grado o erroneamente dichiarate irricevibili, inammissibili o improcedibili, presuppone necessariamente che, ai sensi dell'art. 101, comma 2, tali domande siano oggetto di rituale riproposizione, operando, altrimenti, la presunzione di rinuncia stabilita dallo stesso articolo, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse dell'appello proposto senza assolvere all'onere di riproposizione » (Consiglio di Stato, Ad. Plen. 30 luglio 2018, n. 10).
III.4. Pertanto, può procedersi direttamente all’esame dei motivi dedotti in primo grado, secondo l’ordine cronologico di proposizione.
IV. – Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
IV.1. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, iscritto al n. 319/2006 R.G., la società oggi appellante domandava, oltre al risarcimento dei danni patiti in forma specifica o in subordine per equivalente, l’annullamento:
a) della nota della -OMISSIS- n. 2004/10581/GAB del 5 dicembre 2005 con la quale – tenuto conto della condanna alla pena