Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-04-21, n. 202203022

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-04-21, n. 202203022
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203022
Data del deposito : 21 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/04/2022

N. 03022/2022REG.PROV.COLL.

N. 09864/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9864 del 2021, proposto dalla società Pian di Loto S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Rio nell’Elba, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati L C e G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4897 del 28 giugno 2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in revocazione e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rio nell’Elba;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 marzo 2022 il consigliere Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati M C e Candido Di Gioia, su delega dell’avvocato L C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la revocazione, per errore di fatto ex art. 395 n. 4, c.p.c., della sentenza di questa Sezione n. 4897 del 28 giugno 2021 che:

a) ha respinto l’appello (esteso per 66 pagine) proposto dalla società Pian di Loto avverso la sentenza del T.a.r. per la Toscana, sez. I, n. 1697 del 30 ottobre 2014 la quale, a sua volta, aveva respinto, previa riunione:

i) il ricorso (n.r.g. 383/2012, corredato da plurimi motivi aggiunti), proposto dalla società immobiliare per l’accertamento del silenzio inadempimento prestato dal Comune di Rio nell’Elba (successivamente solo Comune di Rio o Comune) sull’istanza di adozione e approvazione di un piano di lottizzazione in località Nisporto per la realizzazione di un’attività turistico alberghiera presentata dalla stessa società, nonché per l’annullamento del provvedimento recante il relativo diniego definitivo del Comune (prot. n. 3130 del 30 maggio 2012) e della deliberazione del Consiglio comunale n. 25 del 3 luglio 2012, avente ad oggetto “ Piano di lottizzazione di iniziativa privata art.

1.7.2.24. del ru - realizzazione di una attività turistico alberghiera in un appezzamento di terreno in loc. Nisporto - soc. Pian di Loto s.r.l. - adozione piano
”;

ii) il ricorso (n.r.g. 1612/2012) proposto dalla medesima società Pian di Loto per ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell’inosservanza del termine di conclusione del relativo procedimento amministrativo, avviato su istanza di approvazione del piano di lottizzazione, nonché dei danni derivanti dalla condotta illegittima tenuta dal Comune di Rio nell’ambito dello stesso procedimento;

b) ha condannato parte appellante al pagamento delle spese di lite, nella misura di euro 30.000,00.

1.1. In particolare, in grado di appello la Sezione ha ritenuto infondata la richiesta risarcitoria, considerando che causa del lamentato ritardo fossero state solo le inadempienze progettuali della stessa società appellante. In questo senso, la Sezione ha infatti rilevato che:

i ) il particolare contesto ambientale nel quale si proponeva la realizzazione del piano attuativo imponeva al Comune di adoperare una particolare cautela ed ogni opportuno approfondimento, in conseguenza sia dei vincoli di natura paesaggistica, che dei vincoli di natura idraulica che, infine, delle puntuali norme dettate dalla scheda norma 1.7.2.4 “Nisporto/Albergo”, in base alla quale ogni trasformazione rimaneva comunque sospesa in attesa dell’attuazione degli interventi di regimazione e messa in sicurezza idraulica;

ii ) le carenze della documentazione prodotta dall’appellante erano state tempestivamente segnalate sin dal principio dal Comune, come risulta chiaramente dalla nota prot.

2.090 in data 23 marzo 2007;

iii ) la prima pratica edilizia, della quale si assume lo smarrimento, risulterebbe in realtà un’istanza di rilascio di permesso di costruire ai sensi dell’art. 83 l.r. Toscana n. 1/2005, e pertanto del tutto errata, poiché ogni eventuale trasformazione urbanistica dell’area poteva avere luogo solo tramite lo strumento del piano attuativo nel rispetto della procedura prevista dagli artt. 66 e ss. della l.r. Toscana n. 1/2005;

iv ) ai fini dell’ottenimento del nulla osta per la presenza del vincolo idraulico da parte del “Bacino di Rilievo Regionale Toscana Costa”, molte delle tavole e degli elaborati che risultano essere stati trasmessi alle competenti autorità (a dire della ricorrente) soltanto in data 12 novembre 2009, risultano depositati in allegato alla comunicazione del geometra dell’azienda in data 3 aprile 2009 e, ad ogni modo, anche dopo tale parziale produzione documentale, continuava comunque a mancare (per esclusiva inerzia dell’appellante), assieme ad altri elaborati e documenti, anche la relazione idraulica già espressamente sollecitata dall’Ente con la nota prot. n. 887 del 10 febbraio 2009;

v ) la relazione idraulica, che la ricorrente avrebbe dovuto produrre in adempimento della richiesta oggetto della nota prot. n. 887 del 10 febbraio 2009, era stata trasmessa da essa dopo oltre 16 mesi dalla richiesta e che, stante le incongruenze evidenziate da parte del “Bacino di Rilievo Regionale Toscana Costa” tra le “Indagini Tecnico Geologico – Tecniche” a firma dell’ingegnere dell’azienda e la “Relazione tecnica-idrogeologica-idraulica” predisposta da altro ingegnere dell’azienda, solo all’esito della precisazione del responsabile pervenuta in data 3 agosto 2011, prot. n. 4453/2011, la competente autorità si era potuto esprimere sulla compatibilità dell’intervento edilizio con la pericolosità idraulica dell’area;

vi ) come anche evidenziato nella sentenza di primo grado con statuizione non censurata specificamente, non è stata impugnata la nota dell’8 luglio 2011 con cui la Regione Toscana aveva motivatamente rigettato l’istanza della ricorrente di nomina di un commissario ad acta per l’emanazione dei provvedimenti necessari in sostituzione dell’amministrazione, rilevando che non poteva considerarsi in alcun modo decorso il termine di novanta giorni per la conclusione del procedimento di cui all’art. 22 della legge 30 aprile 1999, n. 136, in quanto tale termine non poteva che cominciare a decorrere dall’effettivo ottenimento dei preventivi pareri e nulla osta cui fa riferimento la norma;
invero, il parere del “Bacino di Rilievo Regionale Toscana Costa” era stato reso in data 23 settembre 2011, quindi solo a partire da tale data si sarebbe potuto ritenere decorrente detto termine.

1.2. Avverso la sentenza di secondo grado – meglio indicata in epigrafe ed oggetto del presente giudizio - è stato tuttavia proposto ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 106 c.p.a. - esteso per 53 pagine (in presenza di un decreto, n. 1939 del 3 novembre 2021, che ha autorizzato il superamento del limite dimensionale fino a 100.000 caratteri) - affidato a un solo complesso motivo rescindente (da pagina 11 a pagina 16 del ricorso), incentrato sulla mancanza di una effettiva motivazione tale per cui, nella sostanza, il Consiglio di Stato avrebbe omesso di esaminare i mezzi di gravame.

Segnatamente, la ricorrente sviluppa i seguenti motivi di revocazione, secondo i quali nella pronuncia n. 4987/2021 il Consiglio di Stato:

a) avrebbe omesso di considerare e valutare il fatto che – ad avviso della ricorrente – essa avrebbe dato completa dimostrazione dei titoli di proprietà sulle aree in questione (punto “A”, pag. n. 14, del ricorso per revocazione);

b) avrebbe omesso di valutare la completezza della documentazione fornita dalla società, anche al fine di ottenere il parere sul vincolo idrogeologico (punto “B”);

c) avrebbe omesso di valorizzare ai fini risarcitori la circostanza che l’Amministrazione aveva avviato un lungo procedimento nella consapevolezza dell’assenza del titolo proprietario, ritenuto poi presupposto essenziale per la prosecuzione del procedimento (leggasi punto “C”).

1.3. In data 1° novembre 2021 si è costituito in giudizio il Comune di Rio nell’Elba per resistere al ricorso.

1.4. Le parti hanno depositato ulteriori memorie (il Comune in data 14 e 23 febbraio 2022, la società, in replica, in data 23 febbraio 2022). In particolare, il Comune di Rio ha sollevato l’eccezione di inammissibilità della memoria di replica della società.

1.5. All’udienza del 17 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Con il ricorso la società interessata ha dedotto la sussistenza del vizio revocatorio di cui all’art. 395 n. 4, c.p.c., a mente del quale è possibile l’impugnazione della sentenza pronunciata “Se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare” .

2.1. Tale ipotesi costituisce il peculiare rimedio previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’ “abbaglio dei sensi” (Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347).

2.2. Su questa fattispecie di revocazione, la giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare nel tempo alcuni fondamentali principi, che meritano di essere ribaditi in questa sede, prima di procedere con la disamina delle censure articolate dal ricorrente.

2.3. A tal proposito, va osservato che:

a) l’errore di fatto, idoneo a costituire un vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., è identificabile con l’errore di percezione sull’esistenza o sul contenuto di un atto processuale, che si traduca nell’omessa pronuncia su una censura o su un’eccezione (per lo meno a far tempo da Cons. Stato, Ad. plen., 22 gennaio 1997, n. 3, ribadita da Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5;
successivamente cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099;
sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347;
sez. IV 28 ottobre 2013, n. 5187;
6 agosto 2013, n. 4156;
sez. III 29 ottobre 2012, n. 5510;
sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587);

b) conseguentemente, non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto la circostanza che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni proposte dalla parte a sostegno delle proprie censure (Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21);

c) non può giustificare la revocazione, inoltre, una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto (Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3852;
sez. V 12 maggio 2015, n. 2346;
sez. III 18 settembre 2012, n. 4934);
di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono “fatti” ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice (Cass. 22 marzo 2005, n. 6198);

d) non può giustificare la revocazione, altresì, una contestazione concernente il mancato esame di un qualsivoglia documento (come, ad es., di un allegato a una relazione istruttoria) o di qualsiasi altra prova offerta dalle parti, dal momento che in casi del genere si potrebbero configurare soltanto errores in iudicando , non contemplati dall’art. 395 c.p.c. quale motivo di ricorso per revocazione (Cons. Stato, Ad. plen., 11 giugno 2001, n. 3);

e) affinché possa dirsi sussistente il vizio revocatorio contemplato dalla norma è inoltre necessario che l’errore di fatto si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l’errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti (Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 826);
la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa (Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099);

f) l’errore deve poi essere caduto su un punto non espressamente controverso della causa e in nessun modo deve coinvolgere l’attività valutativa svolta dal giudice circa situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5).

3. Operata la ricognizione dei fondamentali principi suesposti, può procedersi all’esame della doglianza proposta.

4. l motivi di revocazione di cui al presente ricorso sono inammissibili.

5. In primo luogo, il Collegio ritiene prioritario l’esame del secondo motivo di revocazione, inerente alla asserita omessa valutazione della completezza della documentazione fornita dalla società al fine di ritenere il Comune quale esclusivo responsabile del ritardo nella conclusione del procedimento. In particolare, la società ricorrente deduce, come errore di fatto revocatorio, che il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, si sarebbe limitato ad aderire alla tesi del Comune, senza aggiungere ulteriore motivazione, in particolare in ordine alla valutazione della produzione documentale posta a supporto dell’appello, dalla quale si sarebbe dovuto evincere: i ) il regolare deposito dei titoli di proprietà nel 2007; ii ) l’errore di confinamento dell’area di intervento compiuto dal Comune; iii ) l’esistenza alla data del 2011 della possibilità ad edificare statuita dalla relazione di auto messa in sicurezza approvata dalla competente autorità; iv ) la pronta risposta a tutte le richieste documentali pervenute; v ) l’inutilità di parte della documentazione richiesta stabilita dal segretario comunale e ribadita dalla Pian di loto; vi ) lo smarrimento del piano di lottizzazione; vii ) l’irrilevanza della relazione idraulica richiesta dal Comune con la nota del 10 febbraio 2009 prot. n. 887; viii ) il mancato rispetto della normativa procedurale là dove si sono richieste integrazioni a termine scaduto.

5.1. Mediante tale articolato motivo la ricorrente intende, palesemente, introdurre una censura volta a dimostrare un error in iudicando in cui sarebbe incorsa la sentenza di appello.

5.2. Invero, diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, il Collegio osserva che il giudice d’appello, come innanzi sinteticamente illustrato (cfr. § 1.1.), ha ritenuto insussistenti i requisiti per affermare la responsabilità dell’Amministrazione comunale, ravvisando che la causa del lamentato ritardo fosse da ricercare, piuttosto che nella condotta dell’Ente, nelle inadempienze della stessa società. In particolare, mentre il Comune di Rio, in ragione del particolare contesto ambientale interessato dalla proposta di piano attuativo, correttamente riteneva di procedere con particolare cautela effettuando una approfondita istruttoria, la società, a fronte dell’incompletezza del proprio progetto, non provvedeva tempestivamente a soddisfare le richieste dell’Amministrazione.

5.3. Peraltro, il dedotto abbaglio dei sensi, già sul piano astratto, non risulta configurabile ai fini della rescissione della pronuncia, perché la tecnica redazionale della motivazione di una sentenza ob relationem agli scritti difensivi di parte, è pienamente legittima (arg. da Cass. civ., sez. un., n. 642 del 2015) e rispettosa del dovere di sinteticità imposto dagli artt. 3, comma 2, e 88, comma 2, lett. d), c.p.a. non solo alle parti ma anche al giudice.

5.4. In conclusione, il vizio motivo revocatorio cade su punto espressamente controverso della lite e si traduce nella richiesta di rivalutazione dell’ iter l ogico e del quadro probatorio seguito dalla sentenza impugnata (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 8063 del 2021;
n. 1251 del 2020).

5.5. Il motivo scrutinato deve dunque essere dichiarato inammissibile.

5.6. Ne consegue che non può trovare accoglimento la richiesta istruttoria formulata dalla ricorrente, poiché relativa alla eventuale fase rescissoria del giudizio.

6. Risultano parimenti inammissibili i motivi di revocazione primo e terzo, inerenti - il primo - alla dimostrazione da parte della società dei titoli di proprietà sulle aree e - il secondo - alla condotta dell’Amministrazione nell’aver svolto un procedimento nella consapevolezza dell’assenza del titolo proprietario.

I due motivi possono essere trattati congiuntamente.

6.1. Con riferimento ad essi il Collegio rileva che l’abbaglio dei sensi, già sul piano astratto, non risulta determinante ai fini della rescissione della sentenza (arg. da sez. IV, n. 8063 del 2021), atteso che rimangono intangibili le autonome rationes decidendi poste a sostegno del rigetto della domanda risarcitoria.

Invero, l’insieme delle argomentazioni richiamate sub § 1.1., poste a fondamento della decisione di rigetto dell’appello e quindi dell’affermazione del fatto che l’asserito ritardo era stato causato dalle “ inadempienze progettuali della stessa società ”, rendono irrilevante, sul piano dell’esito complessivo del giudizio, e, dunque, “non determinante” il preteso errore revocatorio (ove mai esistente), sicché non può ritenersi ammissibile l’impugnazione proposta perché l’asserito (e indimostrato) errore di fatto non è il fondamento della decisione o, comunque, non ne costituisce l’unico fondamento, a mente del richiamato art. 395, n. 4, c.p.c. (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. IV n. 1251 del 19 febbraio 2020, §§ 2 e 3).

7. In conclusione, il ricorso per revocazione è inammissibile.

8. Le spese del presente grado di giudizio, determinate in base ai parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 26, comma 1, c.p.a., ricorrendone i presupposti applicativi, anche in relazione ai profili di sinteticità e chiarezza, secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a. [cfr. ex plurimis sez. IV, n. 148 del 2022, n. 5008 del 2018;
sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria conformemente, peraltro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. ex plurimis sez. VI, n. 11939 del 2017;
n. 22150 del 2016)].

9. Il Collegio rileva, inoltre, che l’infondatezza del ricorso in revocazione si basa su ragioni manifeste, in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 2205 del 2018;
n. 2879 del 2017;
n. 5497 del 2016, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo Sez. VI, n. 11939 del 2017;
n. 22150 del 2016).

A tanto consegue il pagamento della sanzione nella misura minima di € 1.000.

10. La condanna dell’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. rileva, infine, anche agli eventuali effetti di cui all’art. 2, comma 2- quinquies , lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 148 del 2022).

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi