Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2022-06-16, n. 202200943
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Testo completo
Numero 00943/2022 e data 16/06/2022 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 26 gennaio 2022
NUMERO AFFARE 01345/2021
OGGETTO:
Ministero dell'interno. Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da -OMISSIS-, avverso provvedimento k10/157443 di diniego concessione della cittadinanza italiana;
LA SEZIONE
Vista la relazione n. 7108 del 28/10/2021 con la quale il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere F C;
Premesso:
Il ricorrente in data 13.10.2008 presentava istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), L. n. 91/1992.
Con nota ministeriale del 16.09.2015 il richiedente riceveva il preavviso di diniego dell’istanza ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/1990, nel quale venivano indicati gli elementi ostativi derivanti dall’istruttoria. L’interessato presentava le proprie osservazioni in data 8.10.2015.
Il Ministero dell’Interno, ritenendo non accoglibili le osservazioni prodotte dal ricorrente, adottava il provvedimento gravato con il quale respingeva tale istanza, essendo emerse a carico dell’interessato, come risulta dal rapporto informativo della Questura di Taranto in data 20.07.2015 e dal Certificato del Casellario giudiziale, le seguenti condanne penali:
• Sentenza emessa in data 05.05.2005 dalla Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, divenuta irrevocabile il 30.06.2006, a conferma della sentenza emessa in data 18.01.2000 dal Tribunale in composizione monocratica di Taranto, per violazione dell’art. 322, comma 2, c.p. (istigazione alla corruzione):
• Sentenza emessa in data 02.04.2012 dalla Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, divenuta irrevocabile il 17.04.2013, a conferma della sentenza emessa in data 30.05.2011 dal GUP Tribunale di Taranto:
- 1° reato: violazione degli artt. 552, 110, 61 n. 1, 99, comma 1, c.p. (maltrattamenti in concorso);
- 2° reato: violazione degli artt. 609, 110, 609-ter, 609-septies, 40, comma 2, 81, comma 2, 99, comma 1, c.p. (violenza sessuale nei confronti di persona minorenne in concorso).
Il ricorrente ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, chiedendo l’annullamento per violazione di legge in relazione all’art. 3 della L. 241/90 per difetto di motivazione, eccesso di potere per sviamento.
L’amministrazione esprime l’avviso che il ricorso debba essere respinto.
Considerato
Con il primo motivo di ricorso si lamenta eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione
Il motivo è infondato.
Nell’ordinamento italiano, lo straniero non ha un diritto soggettivo all'acquisto della cittadinanza, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Cons. Stato, Sez. III, 23/11/2018, n. 5638). Il provvedimento di concessione della cittadinanza, ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f) della legge 5 febbraio 1992 n. 91, è atto discrezionale di "alta amministrazione", condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno “status illesae dignitatis” (morale e civile) di colui che lo richiede (cfr. Cons. Stato, Sez. I, pareri 20.01.1993, n. 1878/94;12.04.1995, n. 1834/91;26.08.1998, n. 1108/96;03.03.1999, n. 29/99;sez. III, 14/02/2017, n.657;25/08/2016, n.3696). Si tratta, quindi, di provvedimento fondato su determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (Cons. Stato, Sez. III, 13 novembre 2018 n. 6374;27 febbraio 2019, n. 1390).
Rispetto a queste valutazioni la posizione soggettiva del richiedente ha consistenza di affievolito interesse legittimo, atteso che l’attribuzione del nuovo status di cittadino italiano comporta l’inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione a pieno titolo, da parte del richiedente, dei diritti e dei doveri che competono ai cittadini.
Il provvedimento di diniego della concessione di cittadinanza non è sindacabile per i profili di merito della valutazione dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 6 settembre 2016, n. 3819;Sez. III, 25 agosto 2016, n. 3696;Sez. III, 11 marzo 2016, n. 1874). Invero, la discrezionalità concerne i profili dell'opportunità della scelta e non l'accertamento dei presupposti da valutare ai fini della scelta (Cons Stato, sez. III, 785/2020).
Proprio per il particolare rigore che caratterizza la concessione della cittadinanza, in quanto si determina l'acquisizione in via definitiva del nuovo "status", grava sull’Amministrazione l’obbligo di una completa rappresentazione della realtà tramite un’accurata ed estesa istruttoria, di cui la motivazione del provvedimento deve dare contezza, con trasparenza, coerenza, logicità e comprensibilità, al fine di consentire il sindacato di legittimità sull’esercizio della discrezionalità stessa, che, per quanto ampia, non può sconfinare in arbitrio. (Consiglio di Stato sez. III, 11/05/2016, n.1874).
Assumono a tal fine rilievo tutti gli aspetti da cui sia possibile desumere l’integrazione del richiedente nella comunità nazionale, quali l’assenza di precedenti penali, l’irreprensibilità della condotta, una pur limitata capacità economico e patrimoniale da cui si possa presumere che egli sia in grado di adempiere ai doveri di solidarietà economica e sociale richiesti a tutti i cittadini, le condizioni familiari. (Cons. Stato, sez. I, 1959/2020). La valutazione riguarda i comportamenti passati ma si proietta altresì nel futuro.
Va in proposito richiamata la giurisprudenza secondo la quale la valutazione relativa alla concessione della cittadinanza italiana deve non solo tenere conto di fatti penalmente rilevanti, esplicitamente indicati dal legislatore, ma anche profili concernenti la personalità e la condotta del richiedente;di guisa che l’atto in questione implica accurati apprezzamenti da parte dell’Amministrazione sulla personalità e la condotta di vita dell’interessato esplicandosi in un potere valutativo circa l’avvenuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale sotto i molteplici profili della sua condizione lavorativa, economica, familiare e della irreprensibilità della sua condotta (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 6 settembre 2018 n. 5262 e 12 novembre 2014, n. 5571;Sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913, 10 gennaio 2011, n. 52, nonché 26 gennaio 2010, n. 282).
Pertanto, l'Amministrazione, dopo aver accertato l'esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, effettua una valutazione ampiamente discrezionale, che si traduce in un apprezzamento di opportunità, circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e riguardo alle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale.
Nel caso di specie riferisce l’amministrazione che dal rapporto informativo della Questura di Taranto in data 20.07.2015 sono emerse le seguenti condanne penali:
• Sentenza emessa in data 05.05.2005 dalla Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, divenuta irrevocabile il 30.06.2006, a conferma della sentenza emessa in data 18.01.2000 dal Tribunale in composizione monocratica di Taranto, per violazione dell’art. 322, comma 2, c.p. (istigazione alla corruzione):
• Sentenza emessa in data 02.04.2012 dalla Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, divenuta irrevocabile il 17.04.2013, a conferma della sentenza emessa in data 30.05.2011 dal GUP Tribunale di Taranto:
- 1° reato: violazione degli artt. 552, 110, 61 n. 1, 99, comma 1, c.p. (maltrattamenti in concorso);
- 2° reato: violazione degli artt. 609, 110, 609-ter, 609-septies, 40, comma 2, 81, comma 2, 99, comma 1, c.p. (violenza sessuale nei confronti di persona minorenne in concorso).
La sussistenza di tali pregiudizi è stata ritenuta dall’amministrazione ragione ostativa della concessione della cittadinanza.
Premesso che nell’ambito della discrezionalità attribuita nel procedimento per la richiesta di cittadinanza ai sensi dell’art 9 L. 91/1992, per tale giudizio ben può l’Amministrazione valutare i fatti commessi e la condotta complessiva del richiedente a prescindere dall’esito processuale e dalla data della commissione dei fatti, si ritiene che le censure formulate non tengano conto dell’amplissima discrezionalità, informata anche a criteri di precauzione di profilo oggettivo (Cons. St., sez. III, 11 maggio 2016, n. 1874) e di cautela (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102;6 settembre 2018, n. 5262), che caratterizza il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana, in quanto atto che attribuisce definitivamente uno status che comporta rilevantissime conseguenze per il patrimonio giuridico del richiedente e sui suoi diritti all’interno dello Stato;tale concessione può però comportare conseguenze altrettanto rilevanti, anche gravemente perniciose per l’interesse nazionale in caso di infelice concessione. Proprio per la rilevanza di tale riconoscimento, l’art. 9, l. n. 91 del 1992 demanda al Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno, la concessione della cittadinanza.
A fronte degli importanti interessi della comunità nazionale coinvolti nel procedimento, l’interesse del cittadino di altro Stato a conseguire la cittadinanza italiana è inevitabilmente recessivo e sottoposto a severa verifica istruttoria, affidata non solo alle autorità locali di pubblica sicurezza (il Prefetto e il Questore), ma anche agli organismi specificamente preposti ai servizi di sicurezza dello Stato.
Riconoscimento, quello della cittadinanza, per sua natura irrevocabile e che dunque presuppone che nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda.
Come più volte chiarito (Cons. St., sez. II, 31 agosto 2020, n. 5326), non sono negati diritti fondamentali della persona garantiti a livello costituzionale, comunitario o internazionale;è stato invece negato un beneficio la cui concessione è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale e informata a principi di cautela, nell’interesse nazionale, senza che sia peraltro preclusa al richiedente la riproposizione dell’istanza, alla luce di eventuali successivi ed ulteriori elementi (in tesi) “favorevoli” alla sua posizione.
In definitiva, il provvedimento impugnato si ritiene supportato da una adeguata indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato l'adozione in relazione alle risultanze dell'istruttoria, avendo l’Amministrazione valutato correttamente tutti fatti occorsi e risultando chiaro il percorso logico giuridico seguito dall'Autorità emanante il provvedimento di diniego.