Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-26, n. 202405626

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-26, n. 202405626
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405626
Data del deposito : 26 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 973::1995-06-03">26/06/2024

N. 05626/2024REG.PROV.COLL.

N. 00263/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 263 del 2024, proposto da
So S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , in relazione alla procedura

CIG

9257738F10, rappresentata e difesa dall'avvocato L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Ditta Domenico V S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Satta Flores, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia:

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) n. 00769/2023;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Ditta Domenico V S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2024 il Cons. D C e uditi per le parti gli avvocati Tozzi, Satta Flores e dello Stato Santini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.So S.r.l. (di seguito per brevità anche So) ha interposto appello avverso la sentenza del T per l’Emilia Romagna, sez. II, 28 dicembre 2023, n. 769 con cui è stato respinto il ricorso da essa proposto avverso il Decreto di aggiudicazione n. 1016 del 29.8.2023 con cui è stato riaggiudicato il Lotto 1 per “ l'affidamento del servizio di fornitura, previa programmazione, di generi alimentari necessari all'Amministrazione per il confezionamento del vitto (pasti giornalieri completi - colazione, pranzo e cena) per i ristretti di Istituti Penitenziari della Regione Emilia-Romagna ” per la durata di 48 mesi in favore della società Domenico V dopo che con sentenza del 14 giugno 2023 n.370/2023 - avverso la quale pendeva appello - il Tribunale Amministrativo per l’Emilia Romagna aveva annullato il precedente decreto di aggiudicazione n. 22 del 18 gennaio 2023.

2. Dagli atti di causa risulta che con determina a contrarre n. 531 del 30 maggio 2022 il Ministero della Giustizia aveva indetto una gara con procedura aperta, in ambito europeo, per l’affidamento del servizio di fornitura di generi alimentari presso gli Istituti Penitenziari della regione Emilia-Romagna, destinati al confezionamento del vitto dei detenuti e internati, ai sensi dell’art. 9 della legge 26 luglio 1975, n. 354, inteso quale preparazione dei pasti (colazione, pranzo e cena) nelle cucine interne, gestite in economica dalle singole Direzioni, con l’impiego di manodopera detenuta.

Il bando di gara era stato pubblicato sulle Gazzetta europea, n.

GU

2022/S 107-296480 del 6 giugno 2022 e nazionale, n. 65 del 6 giugno 2022 e nazionale e prevedeva la suddivisione dell’appalto su tre lotti funzionali, su base territoriale, tra i quali il lotto n. 1, di cui qui si tratta, relativo agli Istituti Penitenziari di Bologna e Castelfranco Emilia.

La procedura era stata, appunto, aggiudicata alla Ditta Domenico V S.r.l., con decreto n. 22 del 18 gennaio 2023 annullato con la suindicata sentenza n.370/2023 che, in parziale accoglimento della sesta censura, ha disposto la riapertura del procedimento di verifica dell’anomalia ex art. 97 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, avuto riguardo alla circostanza che, quanto al costo della manodopera la società aveva posto a base delle giustificazioni le tabelle ministeriali anno 2010 e non le tabelle aggiornate e all’insufficiente giustificazione dei costi del trasporto.

All’esito della sentenza di annullamento del T, tenuto conto dei rilievi espressi nella sentenza sul raffronto dei costi della manodopera con le tabelle ministeriali aggiornate (par.

6.7 della sentenza 370/2023) e sugli oneri di trasporto (par.

6.11 lett. b della sentenza 370/2023) il R.U.P., quale autorità di gara individuata, dal paragrafo 9.2 del disciplinare di gara per la verifica di congruità delle offerte, con il supporto della Commissione giudicatrice, ha ritenuto di acquisire dall’operatore economico ulteriori elementi che potessero giustificare il costo del personale e il costo del trasporto.

Quanto al primo aspetto, in particolare, l’amministrazione ha ritenuto di “ dover chiedere giustificazione ulteriore, circa la voce “Costo del Personale”, poiché non è chiaro come da un importo lordo di €. 1.511,02 si arrivi ad un costo orario di €. 16,99, che inoltre risulta essere inferiore agli importi compresi tra €. 17,10 e 19,03 fissati a seguito degli adeguamenti contrattuali intervenuti fino al 2022 come indicato dal TAR di Bologna ”.

All’esito, la procedura di rinnovazione della verifica si è conclusa con l’esito di congruità dell’offerta, a seguito della quale la Commissione giudicatrice ha proposto, nella seduta del 29 agosto 2023, l’aggiudicazione del Lotto 1 in favore della Ditta Domenico V S.r.l. approvata dalla Stazione Appaltante, con il decreto di aggiudicazione n. 1016 del 29 agosto 2023.

3. Il giudice di prime cure ha in primo luogo, con l’indicata sentenza, rigettato la domanda con cui parte ricorrente aveva lamentato, ex art. 116 comma 2 c.p.a., l’illegittimità del silenzio - diniego opposto dall’amministrazione rispetto all’istanza di parte ricorrente di ottenere i dati circa i consumi effettivi ed il costo dell’energia, proposta con nota prot.1017/is del 20.09.2023, prescindendo dalla verifica dell’interesse all’ottenimento dei dati richiesti, avuto riguardo al rilievo che “ L'istanza di accesso di cui alla L. n. 241/1990 deve avere ad oggetto specifici documenti e non può comportare per il soggetto destinatario della richiesta, come nel caso in esame, un'attività di elaborazione di dati (ex multis: T.A.R. Lazio Roma Sez. IV bis, 11/11/2022, n. 14750;
T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 05/04/2022, n. 2333). L'art. 22, co. 1 della L. n. 241 del 1990, definisce infatti come "documento amministrativo", accessibile sulla base di tale normativa, il documento già formato ed esistente, non potendo quindi le istanze di accesso afferire a notizie e/o a informazioni che, per poter essere fornite, presuppongono lo svolgimento di attività di ricerca e di elaborazione da parte dell'Amministrazione (T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, 26/01/2023, n. 1438;
Cons. Stato Sez. VI, 16/05/2022, n. 3798;
T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 23/06/2022, n. 514)
”.

3.1. Ha inoltre ritenuto inammissibile la riproposizione di censure del tutto analoghe a quelle articolate con il precedente ricorso

NGR

113/2023 avverso il primo provvedimento di aggiudicazione, vagliate con la sentenza n. 370 del 2023, ivi compreso il secondo e terzo motivo di ricorso.

3.2. Peraltro, in disparte da tali considerazioni, ha ritenuto comunque infondato il primo motivo di ricorso, volto ad ottenere nuovamente l’esclusione della controinteressata per non avere dichiarato un procedimento avviato da AGCM per accertare intese anticoncorrenziali ex art. 101 del TFUE (poi conclusosi con un provvedimento di archiviazione), richiamando le medesime motivazioni della sentenza n. 370 del 2023.

3.3. Il primo giudice ha per contro ritenuto infondato il quarto motivo di ricorso con cui la So aveva lamentato violazione degli artt. 95, comma 10, e 97 del d.lgs. 50/2016, dolendosi del fatto che, come emergerebbe in particolare dal verbale dell’11 agosto 2023, nella rinnovata valutazione il PRAP avrebbe illegittimamente ricalcolato il costo del lavoro della Ditta Domenico V, aumentando l’importo dichiarato da € 170.927,50 a € 189.519,62, mentre avrebbe dovuto disporre l’esclusione dell’offerta a causa dello scostamento ingiustificato dai valori tabellari e dai valori individuati dall’Amministrazione stessa.

Parte ricorrente lamentava pertanto che l’amministrazione, ritenendo sostanzialmente incongrua e violativa dei minimi retributivi l’offerta dell’aggiudicataria rispetto al costo del personale per un importo, a suo parere rilevante, pari ad € 19.000,00 circa, pur di salvaguardare l’offerta dell’aggiudicataria, avesse illegittimamente ricalcolato in via autoritativa il costo del lavoro e ritenuto la differenza di costi assorbita dagli utili, senza che la Ditta Domenico V avesse mai fatto riferimento, in sede di giustificativi, alla volontà di diminuire l’utile d’impresa stimato per colmare le lacune inerenti il costo del personale.

Il primo giudice ha al riguardo ritenuto che, risultando rispettato il costo minimo tabellare, ma venendo in rilievo il solo costo medio del lavoro, l’Amministrazione ben potesse procedere alla compensazione del maggior costo del lavoro con l’utile di impresa.

3.4. Il primo giudice ha rigettato anche il quinto motivo di ricorso, con cui la società ricorrente aveva lamentato la violazione degli art. 97 e 95, comma 10, del d.lgs. 50/2016, in relazione al principio di immodificabilità dell’offerta, sotto il duplice profilo della modifica del costo della manodopera e della modifica della modalità di trasporto, in quanto la Ditta V aveva dichiarato nella propria offerta di eseguire in proprio il trasporto, mentre in sede di giustifiche aveva fatto riferimento al preventivo di un soggetto terzo e quindi all’esternalizzazione del servizio, evidenziando peraltro che, quanto al costo della manodopera, non era stata neppure la controinteressata a rimodulare il costo del lavoro, avendo al riguardo provveduto l’Amministrazione appaltante.

Il primo rilievo, riferito al costo della manodopera è stato disatteso dal T alla luce di quanto in precedenza indicato, non venendo in rilievo una modifica dell’offerta, ma una mera verifica della congruità della stessa, avuto riguardo alla possibilità di compensazione del maggior costo del lavoro con l’utile di impresa, mentre il secondo rilievo è stato disatteso in quanto, in sede di giustificativi, la ditta Domenico V non aveva affatto modificato le modalità di trasporto, ma giustificato la congruità del costo da essa stimato per tale voce alla luce di un preventivo fornito da una Ditta esterna per il medesimo servizio.

3.5. Il giudice di prime cure ha inoltre ritenuto inammissibili le censure articolate nel sesto motivo di ricorso, per la parte riferita alle censure già disattese o non esaminate nella sentenza n. 370 del 2023, che peraltro erano state riproposte con l’atto di appello avverso la medesima sentenza.

3.6. Ha inoltre disatteso la censura riferita alla sottostima dei costi del trasporto nel rinnovato procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, evidenziando che la stessa non aveva tenuto conto delle modalità di svolgimento di tale attività, descritte dalla relazione tecnica prodotta in sede di presentazione dell’offerta che prevedeva una parte consistente con rifornimenti (prodotti freschi) effettuati direttamente dai fornitori presso la sede degli istituti penitenziari mentre una percentuale nettamente inferiore, che riguardava i prodotti secchi, conservati e i surgelati (pari a circa il 23%), tramite la piattaforma centrale presso l’interporto di Nola, rimanendo nel primo caso il costi del trasporto a carico dei subfornitori, mentre in relazione ai costi di trasporto che ricadevano direttamente sulla società aggiudicataria, la stessa, a giustificazione della congruità dell’offerta, aveva prodotto anche un preventivo di una ditta esterna.

3.7. Ha disatteso poi il settimo motivo di ricorso, riferito alla violazione dei minimi salariali, in quanto fondato su meri calcoli ipotetici.

3.8. Ha infine giudicato inammissibile l’ottavo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente lamentava che la contro interessata avrebbe dovuto essere esclusa perché non iscritta nell’elenco dei fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (c.d.” white list ”), di cui non vi era traccia nel ricorso n.113/2023 e che avrebbe dovuto essere proposto, eventualmente, avverso il primo provvedimento di esclusione ( rectius di aggiudicazione), giudicandolo comunque infondato sulla base del rilievo che il servizio di rifornitura di vitto di cui all’appalto in contestazione non sarebbe equiparabile a quello di ristorazione e mensa che, ai sensi dell’art.1 comma 53 lett. i ter della legge n.190/2012 rientra tra i settori a rischio.

Inammissibile è stato ritenuto anche il nono motivo, con cui la parte ricorrente tornava a chiedere in via subordinata l’annullamento dell’intera gara, trattandosi di questione già affrontata e ritenuta infondata nella sentenza n.370/2023.

4. Avverso la sentenza di prime cure la società So ha formulato, in dodici motivi, articolati anche in ulteriori sub-motivi, le seguenti censure:

1) Error in procedendo – Violazione artt. 73 e 116, comma 2, c.p.a. - Sulla manifesta irragionevolezza della mancata concessione del rinvio dell’udienza di merito – Sulla violazione dei termini in materia di accesso in corso di causa – Sull’applicazione dell’art. 105 c.p.a.;

2) Error in procedendo – Sulla violazione dell’art. 73 c.p.a. - Sulla manifesta irragionevolezza della mancata concessione del rinvio dell’udienza di merito – Sulla sussistenza di una questione di pregiudizialità-dipendenza tra la definizione del giudizio di appello pendente in Consiglio di Stato

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