Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-10-08, n. 202005989

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-10-08, n. 202005989
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005989
Data del deposito : 8 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/10/2020

N. 05989/2020REG.PROV.COLL.

N. 10411/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10411 del 2019, proposto da: Società Cooperativa Sociale S.Co.R.I.M, Società Cooperativa Sociale “G. Falcone”, Segretariato per i Servizi Sociali Soc.Coop. Sociale, Soc. Coop. Sociale S.C.S.A.I.M.H.A. A R.L., Centro per i Servizi Sociali Soc. Coop. Sociale, S.Co.R.I.M.A.A. Acli Coop.Sociale, Cooperativa Sociale La Vastese, Sant’Agapito Martire Società Cooperativa Sociale, Società Cooperativa Sociale “Vittorio Bachelet”, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati G R e M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
il Ministero della Salute, il Commissario ad Acta Piano di Rientro Disavanzi Settore Sanitario Regione Molise, la Conferenza Permanente per i Rapporti Stato Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Subcommissario ad Acta Attuazione Piano di Rientro Disavanzi Settore Sanitario, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
l’Asrem – Azienda Sanitaria Regionale del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Spataro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tar Molise n. 399 del 18 novembre 2019, non notificata, con la quale è stato accolto in parte il ricorso proposto per annullamento del decreto del Presidente della Regione Molise – Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario n. 19 del 22 febbraio 2018, nella parte in cui ha determinato le rette da corrispondere per le prestazioni di riabilitazione psichiatrica relative alle annualità 2016-2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Regionale del Molise;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute, del Commissario ad Acta Piano di Rientro Disavanzi Settore Sanitario Regione Molise, della Conferenza Permanente per i Rapporti Stato Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Subcommissario ad acta Attuazione Piano di Rientro Disavanzi Settore Sanitario;

Vista la memoria difensiva dell’Azienda Sanitaria Regionale del Molise, depositata in data 28 gennaio 2020;

Vista la memoria difensiva delle Cooperative sociali appellanti, depositata in data 29 giugno 2020;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 30 luglio 2020, svoltasi da remoto in videoconferenza ex artt. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 e 4, d.l. n. 28 del 2020, il Cons. G F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Le odierne appellanti sono cooperative sociali che operano nel Molise e che gestiscono le comunità di riabilitazione psicosociale (CRP). Trattasi di strutture sanitarie autorizzate e accreditate per alta attività terapeutico-socio-riabilitativa, dapprima provvisoriamente nel 2004 e poi istituzionalmente, e convenzionate con il SSN, ai sensi del d.lgs. n. 502 del 1992, ciascuna per un numero di dieci posti letto in regime residenziale e tre semiresidenziale per utenti di esclusiva competenza psichiatrica residenti nella Regione Molise, come previsto dalla legge regionale n. 30 del 2002 e dal regolamento regionale attuativo n. 1 del 2004.

Tale normativa, ha fissato, tra l’altro, le competenze dovute alle CRP (retta giornaliera: € 107,00 + iva;
retta per la riabilitazione: € 3 + iva) ed ha previsto l’adeguamento annuale delle stesse all’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

Con delibera della Giunta regionale (DGR) n. 502 del 2006 si è proceduto ad indicizzare gli importi precedentemente fissati secondo la variazione percentuale dell’indice Istat e, nello specifico, le rette giornaliere sono state portate a € 110,33 + iva e quelle per la riabilitazione a € 3,09 + iva.

Dopo il 2006, la Regione non ha più provveduto all’indicizzazione delle rette, avendo continuato a corrispondere l’importo di € 113,00, così come scaturente dalla DGR n. 502 del 2006.

Con decreto del commissario ad acta (DCA) n. 30 del 3 maggio 2017 si è proceduto all’indicizzazione delle rette dal 2007 al 2016. Tale provvedimento è stato adottato dall’amministrazione in sede di riesame disposto dal Tar Molise nell’ambito dei ricorsi con i quali erano stati impugnati i provvedimenti di rigetto delle istanze di adeguamento tariffario avanzate dalle odierne appellanti ed è stato successivamente impugnato innanzi al Tar Molise, con atto di motivi aggiunti, nella parte in cui l’importo rideterminato era stato erroneamente computato, in quanto la Regione aveva operato la rivalutazione assumendo come base di computo la tariffa di partenza pari ad € 107,00, indicata all’art. 19 del regolamento n. 1 del 2004, anziché la tariffa maggiorata con gli incrementi già deliberati dalla Regione per le annualità precedenti in relazione all’indice Istat.

Con sentenze nn. 360 del 13 giugno 2018 e 371 del 15 giugno 2018, il Tar Molise ha accolto i ricorsi, annullando in parte qua il DCA n. 30 del 2017. Le decisioni sono state confermate dal Consiglio di Stato, sez. III, con le sentenze nn. 4099 e 4100 del 17 giugno 2019. L’illegittimità in parte qua di tale DCA è stata anche confermata dal parere del Consiglio di Stato, sez. I, n. 1929 del 26 luglio 2018, reso su ricorso straordinario presentato da una delle odierne appellanti (S.Co.R.I.M.A.A. Acli Coop.Sociale).

Con decreto del commissario ad acta n. 19 del 22 febbraio 2018 è stato approvato lo schema di accordo contrattuale per gli anni 2016-2017-2018 e sono state rideterminate le tariffe per le strutture ad alta attività terapeutico-socio-riabilitativa in tal modo: rette giornaliere € 110,33 + iva e rette per la riabilitazione € 3,09 + iva.

In data 1° marzo 2018, le odierne appellanti hanno sottoscritto i contratti, con espressa riserva di impugnazione del DCA n. 19 del 2018.

2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Molise le ricorrenti hanno impugnato il DCA n. 19 del 2018 deducendo, in particolare, che le nuove tariffe risulterebbero arbitrariamente ed immotivatamente inferiori a quelle in precedenza stabilite sia con il DCA n. 17 del 2017 sia con il DCA n. 30 del 2017 e che queste andrebbero a sovrapporsi, per l’anno 2016, con quelle già fissate con il DCA n. 30 del 2017.

3. Con sentenza n. 399 del 18 novembre 2019, il Tar Molise ha accolto in parte il ricorso.

In particolare, il primo giudice ha ritenuto fondato il ricorso solo per ciò che concerne la previsione tariffaria relativa all’annualità 2016, atteso che il nuovo regime tariffario si sarebbe indebitamente sovrapposto alla previsioni del DCA n. 30 del 2017, in evidente contraddizione con esso e stabilendo importi inferiori a quanto ivi previsto e, peraltro, già corrisposti agli aventi diritto.

Quanto alle annualità 2017-2018, il Tar ha ritenuto che la determinazione delle tariffe sarebbe espressione del potere tipicamente discrezionale di cui gode l’amministrazione in materia di remunerazione delle prestazioni sanitarie effettuate dagli operatori privati e costituirebbe un atto autoritativo e vincolato dalla necessità di rispettare gli obiettivi strategici fissati nella Regione Molise dal Programma Operativo Straordinario (POS) 2015-2018, cui il decreto impugnato fa espresso riferimento.

4. La citata sentenza n. 399 del 18 novembre 2019 è stata impugnata con appello notificato il 16 dicembre 2019 e depositato il successivo 17 dicembre, riproducendo sostanzialmente le censure assorbite e non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.

In particolare, il Tar avrebbe errato:

a) nel non censurare l’illegittimità della determinazione tariffaria di cui al DCA n. 19 del 2018, relativamente alle annualità 2017 e 2018, per violazione di legge e, nello specifico della normativa regionale (l. n. 30 del 2002 e il regolamento attuativo n. 1 del 2004), la quale avrebbe previsto un adempimento obbligatorio e vincolato di indicizzazione annuale delle rette in base all’indice Istat.

L’aggiornamento delle rette avrebbe dovuto essere effettuato ponendo come base di computo l’importo indicizzato per l’anno 2016 di cui al DCA n. 30 del 2017;

b) nel limitarsi ad affermare la discrezionalità tout court che governerebbe l’attività di fissazione delle tariffe da parte dell’amministrazione.

Al contrario, il provvedimento impugnato sarebbe viziato per difetto di motivazione e di istruttoria, data l’assenza sia dell’illustrazione delle ragioni di fatto e di diritto che avrebbero condotto alla determinazione della tariffa, sia della menzione del DCA n. 30 del 2017, adottato qualche mese prima. Il potere discrezionale dell’amministrazione non dovrebbe sfociare nel libero arbitrio e, infatti, se quest’ultima è libera di ridurre numericamente l’acquisto dei servizi in relazione della scarsità delle risorse disponibili, non potrebbe acquistare prestazioni ad una cifra che non permetta all’impresa erogatrice di coprire i costi;

c) nel ritenere che le odierne appellanti non avrebbero provato che le tariffe in esame non sarebbero remunerative per le strutture eroganti ove, per contro, quest’ultime avrebbero documentato con idonea allegazione il difetto di congruità e diseconomicità della retta sia in relazione ai costi di gestione delle strutture, sia in relazione al costo del personale fissato dalla contrattazione cooperativistica;

d) nel giustificare l’arbitraria riduzione della tariffa con il mero richiamo all’intento di garantire l’equilibrio economico finanziario imposto dal POS 2015-2018.

Al contrario, questa sarebbe un’affermazione non suffragata da alcuna valutazione istruttoria e, inoltre, le sentenze del Consiglio di Stato nn. 4009 e 4100 del 2019 e il parere del Consiglio di Stato n. 1929 del 2018 avrebbero già stabilito la natura recessiva del mero richiamo al vincolo finanziario del POS rispetto al corretto procedimento di adeguamento tariffario così come imposto dalla legge;

e) nel trascurare la circostanza secondo cui la retta fissata in € 113,00 sarebbe illogica se raffrontata con la previsione di cui al DCA n. 17 del 2017 il quale, per le medesime prestazioni, l’aveva programmata in 180,00 €.

Tale circostanza avrebbe dovuto imporre alla struttura commissariale uno stringente onere motivazionale atto a spiegare le ragioni della drastica riduzione tariffaria, tanto più in considerazione del fatto che nel DCA n. 17 del 2017 era stato espressamente affermato che lo stesso era pienamente coerente con gli obiettivi del vigente Piano di Rientro dai disavanzi del settore sanitario.

5. Il Ministero della Salute, il Commissario ad Acta Piano di Rientro Disavanzi Settore Sanitario Regione Molise, la Conferenza Permanente per i Rapporti Stato Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Subcommissario ad Acta Attuazione Piano di Rientro Disavanzi Settore Sanitario si sono costituiti in giudizio con atto di mero stile.

6. L’Asrem – Azienda Sanitaria Regionale del Molise si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello.

7. La Regione Molise non si è costituita in giudizio.

8. Con ordinanza cautelare n. 502 del 3 febbraio 2020 è stata accolta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar Molise n. 399 del 18 novembre 2019, ai soli fini della fissazione di merito all’udienza del 30 luglio 2020.

9. All’udienza del 30 luglio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato, alla luce dei principi espressi dalla Sezione con le sentenze nn. 4099 e 4100 del 3 marzo 2020 (e, prima ancora, con il parere n. 1929 del 26 luglio 2018), dovendo l’aggiornamento delle rette per gli anni 2017 e 2018 essere effettuato ponendo come base di computo l’importo indicizzato per l’anno 2016, di cui al decreto del commissario ad acta (DCA) n. 30 del 3 maggio 2017.

Giova premettere che le appellanti sono tutte cooperative sociali che operano in Molise e che gestiscono strutture residenziali denominate “Comunità di riabilitazione psicosociale” (CRP) e, cioè, strutture extra-ospedaliere che operano in regime di accreditamento istituzionale, ricomprese nell’assetto organizzativo dell’Azienda Sanitaria Regionale del Molise – Dipartimento di salute mentale.

Tali strutture sono disciplinate dalla l. reg. Molise n. 30 del 6 novembre 2002 e dal Regolamento regionale 26 gennaio 2004, n. 1 (Tutela della salute mentale-Disciplina-regolamento applicativo), applicativo della citata l. reg. n. 30 del 2002, il cui art. 19 prevede che le competenze siano “aggiornate, a partire dal 1° gennaio 2004 e poi ogni anno, in relazione all’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati” e, quindi, la rivalutazione va operata ogni anno a partire dal 2004 e la tariffa annualmente rivalutata costituisce la base di computo per l’aggiornamento della annualità successiva.

La rivalutazione, cioè, deve essere capitalizzata con cadenza annuale a partire dalla data di entrata in vigore del sistema tariffario, come chiarito nel citato parere n. 1929 del 26 luglio 2018.

Il Regolamento n. 1 del 2004 – richiamato, unitamente alla l. reg. n. 30 del 2002, nella delibera commissariale impugnata dinanzi al Tar Molise tra gli atti di cui è stata fatta dunque applicazione – stabilisce all’art. 19 che “Le competenze (aggiornate, a partire dal 1° gennaio 2004 e poi ogni anno, in relazione all'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati) che le Aziende ASL devono erogare per l'anno 2003 in favore delle Cooperative Sociali o loro Consorzi per la gestione delle strutture residenziali e semi-residenziali e per le prestazioni rese nell'ambito dell'attività di Assistenza territoriale, sono così regolamentate (...)".

Il citato art. 19, nel prevedere il meccanismo di adeguamento all’indice ISTAT, si riferisce alla disciplina delle competenze dovute sia per le “Strutture Residenziali ad alta attività terapeutica socio-riabilitativa - Comunità di Riabilitazione Psicosociale (CRP)” che per le “Strutture Residenziali a media attività terapeutico-socio-riabilitativa con presenza di personale per 12 ore giornaliere”.

Ciò è desumibile “dall’interpretazione logico sistematica laddove il meccanismo di adeguamento è contemplato nell’incipit della norma e, quindi, con valenza di regola generale per tutte le tipologie di prestazioni assistenziali sia in regime intensivo che semiresidenziale”.

Pertanto, il decreto commissariale n. 19 del 22 febbraio 2018 risulta illegittimo nella parte in cui ha omesso di aggiornare correttamente le tariffe previste per le strutture appellanti all’indice ISTAT dei prezzi al consumo. Il procedimento descritto dal citato art. 19 del Regolamento n. 1 del 2004 è stato, infatti, viziato, falsando il dato di partenza del ricalcolo che, conseguentemente, ha inficiato la rideterminazione delle tariffe per tutti gli anni successivi.

E’ ben vero che, come affermato dal giudice di primo grado, la determinazione delle tariffe è espressione del potere tipicamente discrezionale di cui gode l’amministrazione in materia di rimunerazione delle prestazioni sanitarie effettuate dagli operatori privati e costituirebbe un atto autoritativo e vincolato dalla necessità di rispettare gli obiettivi strategici fissati nella Regione Molise dal Programma Operativo Straordinario (POS) 2015-2018, cui il decreto impugnato fa espresso riferimento. Rileva però il Collegio che una volta che la Regione si è decisa a rideterminare le tariffe, non può non assumere, come base di partenza per effettuare la rivalutazione, quella risultante per l’annualità 2016 di cui al DCA n. 30 del 2017, per come correttamente adeguato in esecuzione delle sentenze del Consiglio di Stato nn. 4099 e 4100 del 2019 e del parere n. 1929 del 2018. L’importo determinato per gli anni 2017 e 2018 finisce, invece, per essere inferiore a quelle in precedenza stabilite sia con il DCA n. 17 del 2017 che con il DCA n. 30 del 2017.

Come chiarito dalla Sezione con le citate sentenze nn. 4099 e 4100 del 2019 il DCA n. 30 del 2017 costituisce un provvedimento che ha effettuato una compiuta, autonoma, rivalutazione delle questioni controverse, peraltro con una efficacia erga omnes nei confronti di tutte le comunità di riabilitazione psicosociale.

Non appare neppure assecondabile il richiamo, operato dall’Azienda sanitaria regionale del Molise, alla possibilità per gli operatori privati appellanti di agire nel libero mercato ove ritengano non conveniente accettare le condizioni derivanti da esigenze programmatorie e finanziarie pubbliche onde permanere nel campo della sanità pubblica, ovvero se collocarsi esclusivamente nel mercato della sanità privata.

Ed invero, le suddette strutture costituiscono un’articolazione del Dipartimento di Salute mentale della Asrem (artt. 8 e ss., l. reg. n. 30 del 2002), la quale si avvale dei posti letto delle suddette strutture non disponendone di propri. A detti operatori privati è quindi precluso operare in regime privatistico, potendo ricoverare i soli pazienti loro inviati dalla Asrem, alle cui dipendenze esse agiscono.

Trattandosi di prestazione per la Regione irrinunciabile, trova applicazione il principio, già più volte espresso dalla Sezione, secondo cui “seppure, dunque, il sistema sanitario è caratterizzato dalle esigenze di contenimento dei costi e di riequilibrio del bilancio, vi sono settori – come quello in esame - in cui il diritto alla salute non può che guidare la potestà pianificatoria e di programmazione, nel senso che la scelta generale ‘di politica sanitaria’, tesa al mantenimento dei macroequilibri finanziari deve trovare fondamento, attraverso un’adeguata istruttoria, nell’individuazione di priorità ‘non sacrificabili’” (Cons. St., sez. III, 1 marzo 2019, n. 1425).

Quanto sopra chiarito rende inconferente anche il riferimento, da parte dell’Azienda appellata, alla sottoscrizione dell’accordo che stabilisce il tipo delle prestazioni erogabili e i relativi volumi massimi ed il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, avvenuto solo nel marzo 2018, con la conseguenza che “i rapporti tra le stesse ed Asrem non erano regolamentati da alcun contratto”.

Giova aggiungere che nella specie non si fa questione di budget assegnato ma di tariffe per prestazione.

2. In conclusione, l’appello va accolto.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio si compensano tra le parti in considerazione della complessità delle questioni trattate, seppure a fronte di due precedenti in termini, complessità che non consente di accedere alla richiesta delle appellanti di condanna alle spese ex art. 96 c.p.c..

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