Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-08, n. 202000142
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Pubblicato il 08/01/2020
N. 00142/2020REG.PROV.COLL.
N. 06017/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6017 del 2018, proposto dal Ministero dell'interno, in persona del Ministro in carica
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
contro
-OMISSIS-e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S G in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 59;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Milano – Sez. III, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente domanda di concessione di equo indennizzo per causa di servizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori -OMISSIS-e -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019, il consigliere G C e udito l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia concerne la richiesta di riconoscimento dell’equo indennizzo avanzata con istanza del 27 marzo 2017 dagli eredi di un dipendente - all’epoca del decesso per arresto cardo-circolatorio in servizio presso la Questura di Milano - dopo che l’Amministrazione aveva negato il beneficio con decreto n. 2718/N del 10 maggio 2011, comunicato il 20 settembre successivo (non impugnato), e che, successivamente, la Corte dei conti, con sentenza n. -OMISSIS- aveva riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata.
2. L’Amministrazione - con atto n. 333H/0171400, del 5 maggio 2017 – nel ritenere non accoglibile la richiesta, si è limitata a richiamare la competenza ( rectius giurisdizione) esclusiva della Corte dei conti in materia di pensione privilegiata per causa di servizio ed ha rilevato che la “pratica” di riconoscimento di equo indennizzo doveva ritenersi definitivamente conclusa con il menzionato decreto di rigetto rimasto inoppugnato.
3. Gli eredi hanno proposto ricorso al T.a.r. per la Lombardia avverso l’atto suddetto, chiedendo, comunque l’accertamento del diritto all’equo indennizzo e la conseguente condanna dell’Amministrazione.
Hanno dedotto la violazione dell’art. 12 del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, e dell’art. 97 della Costituzione, sotto il profilo dell’eccesso di potere, in tutte le sue figure sintomatiche, ed in particolare per difetto di istruttoria e motivazione apparente.
Secondo l’assunto degli originari ricorrenti, l’atto suddetto sarebbe illegittimo perché se, ai sensi dell’art. 12 richiamato, l’accertamento della dipendenza da causa di servizio deve essere “unico e definitivo” ai fini della concessione di entrambi i benefici dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata, a prescindere, dunque, dall’organo giurisdizionale o amministrativo che tale accertamento ha operato, diventa conseguente ritenere che a fronte di una sentenza che accerti la dipendenza da causa di servizio di una infermità ai fini della pensione privilegiata, non solo la pensione privilegiata ma anche l’equo indennizzo involga posizioni di diritto soggettivo e non anche di interesse legittimo, così da escludere l’onere di un giudizio impugnatorio da proporsi nel termine decadenziale.
4. Il T.a.r., con la sentenza n. -OMISSIS-del 2018, ha accolto il ricorso.
Il primo giudice ha richiamato le motivazioni della sentenza della stessa sezione n. -OMISSIS-, resa in un caso analogo, e l’ordinanza n. -OMISSIS-, resa in sede cautelare da questo Consiglio, che aveva rigettato la relativa istanza di sospensione.
4.1. In particolare, ha ritenuto che:
a) le distinte procedure per l'attribuzione dell'equo indennizzo e per l’attribuzione del trattamento pensionistico privilegiato, dotate di autonomia funzionale e caratterizzate dalla diversità degli effetti, previdenziale l'uno e pensionistico l'altro, presuppongono tuttavia l'unicità dell'accertamento, relativo al medesimo fatto patogenetico ed alla sussistenza di un nesso eziologico tra il fatto di servizio e l'infermità del dipendente;
b) dalla valenza plurima di tale accertamento, in relazione ai diversi benefici previsti dall’ordinamento, discende che una volta che sia intervenuta una pronuncia giurisdizionale della Corte dei Conti dichiarativa del diritto a pensione privilegiata, in base alla stessa infermità, il riconoscimento dell'infermità come dipendente da causa di servizio deve ritenersi acquisito anche ai fini dell'equo indennizzo.
5. Avverso la suddetta sentenza, il Ministero ha proposto un articolato appello, deducendone l’erroneità in diritto, per non avere il primo giudice considerato la tardività ed inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, in presenza di un precedente decreto di diniego non impugnato, ed avere eluso le regole relative al riparto di giurisdizione (rispetto alla materia attribuita alla Corte dei Conti), basate sulla autonomia delle procedure e dei sistemi processuali di tutela.
A tal fine, l’Amministrazione ha messo in rilievo:
a) la natura, meramente confermativa dell’atto del 2017 gravato, contenente più propriamente la negazione dell’obbligo di attivare un nuovo procedimento per il riconoscimento dell’equo indennizzo, stante la definitività del diniego del 2011 con conseguente esigenza di tener conto dei termini decadenziali, pena l’elusione degli stessi;
b) la natura di interesse legittimo pretensivo della posizione soggettiva vantata dal richiedente l’equo indennizzo, rispetto alla proposta domanda di accertamento del diritto all’equo indennizzo;
c) la diversità di funzione e l’autonomia, anche procedimentale, degli istituti dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata, basati – al pari di altri benefici – sull’unitario riconoscimento della causa di servizio;diversità che fonda l’attribuzione della giurisdizione di legittimità al giudice del rapporto di lavoro per la prestazione indennitaria, con la conseguenza che non può attribuirsi valore di giudicato esterno vincolante al riconoscimento della pensione privilegiata per causa di servizio, frutto di una giurisdizione del giudice delle pensioni sulla prestazione previdenziale, estesa anche nel merito;
d) la conferma di tale tesi da parte della sentenza di questo Consiglio, sez. IV, n. -OMISSIS-, che ha integralmente riformato la sentenza del T.a.r., su un caso analogo, richiamata dalla sentenza gravata.
6. Gli eredi, originari ricorrenti, si sono costituiti, chiedendo il rigetto dell’appello.
Nel criticare l’appello e la sentenza di questo Consiglio n. -OMISSIS-, hanno riproposto le argomentazioni sostenute dinanzi al T.a.r. ed hanno chiesto, se dal caso rimettendo la questione all’Adunanza plenaria, di affermare il principio secondo cui: posto che la differenza tra l’equo indennizzo e la pensione privilegiata si sostanzia nella diversa finalità dei trattamenti (indennitaria la prima e previdenziale la seconda) sulla base dell’unico presupposto costituito dalla dipendenza da causa di servizio di una malattia e‚ segnatamente, dal riconoscimento di un rapporto di causa o di concausa fra l’evento morbigeno ed il servizio prestato [tanto che quando il Comitato di verifica per le cause di servizio‚ viene chiamato ad accertare la dipendenza da causa di servizio di una malattia‚ emette un unico parere‚ valido e speso sia per l’uno che per l’altro]‚ una volta che tale presupposto sia positivamente accertato e riconosciuto [a prescindere dal contesto giurisdizionale o amministrativo in cui avvenga] deve essere considerato unico e spendibile [secondo la chiara esegesi ermeneutica contenuta nella norma di settore di cui all’art. 12, d.P.R. 29 ottobre 2001‚ n. 461] sia per chiedere la pensione privilegiata [anche se tale accertamento sia stato effettuato dal giudice amministrativo nell’ambito di un giudizio di equo indennizzo] che l’equo indennizzo [anche se il riconoscimento avvenga ad opera del giudice delle pensioni nell’ambito di un giudizio finalizzato al trattamento di privilegio] con la conseguenza, che, nella fattispecie, i reclamanti l’equo indennizzo [sulla base di un accertamento definitivo stabilito dalla Corte dei Conti] diventano titolari di una posizione di diritto soggettivo e non [piú] di interesse legittimo‚ come tale sottostante all’ordinario termine prescrizionale e non decadenziale per l’esercizio del diritto.
7. Con ordinanza cautelare n.-OMISSIS-del 2018, è stata ritenuta opportuna la sospensione dell’esecutività della sentenza gravata in attesa del necessario approfondimento delle questioni di diritto nella sede del merito.
7.1. All’udienza pubblica del 12 dicembre 2019, la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio in decisione.
8. Per rendere più agevole lo scrutinio dei profili di diritto rilevanti nella causa è opportuno dare sinteticamente conto dei fatti, atti e profili di diritto non controversi tra le parti:
- l’unicità del parere negativo espresso dal Comitato di verifica per le cause di servizio (d’ora in poi CVCS) in data 17 giugno 2010;
- i distinti decreti di diniego della pensione privilegiata di reversibilità (del 15 ottobre 2010, notificato l’11 gennaio 2011) e dell’equo indennizzo (del 10 maggio 2011, notificato il 22 settembre 2011) emanati (da divisioni diverse del servizio di trattamento di pensione e previdenza del Ministero dell’Interno) sulla base dello stesso parere negativo del CVCS;
- l’impugnazione del primo decreto dinanzi alla Corte dei conti, con l’esito del riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata, con la sentenza n. 452 del 2012;
- la mancata impugnazione del secondo decreto (del maggio 2011) nel termine di decadenza, con conseguente definitività dello stesso;
- la diversa finalità degli istituti, previdenziale la prima e indennitaria la seconda, la diversità di disciplina degli stessi e la diversità del giudice cui la giurisdizione è attribuita;rispettivamente quello delle pensioni a totale carico dello Stato e quello del rapporto di lavoro, con conseguente astratta possibilità che in esito all’accertamento giudiziale sia riconosciuto un beneficio e negato l’altro.
9. La tesi degli eredi, originari ricorrenti – che il T.a.r. ha fatto propria ritenendo centrale la unicità dell’accertamento del nesso di causa tra attività di servizio ed evento lesivo, sia pure senza approfondire la portata dell’art. 12 del d.P.R. n. 461 del 2001, invocato nel giudizio – non è condivisa dal Collegio sulla base delle considerazioni che seguono.
9.1. L’articolo in argomento, intitolato “ Unicità di accertamento ”, così testualmente recita: <<1 . Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità o lesione costituisce accertamento definitivo anche nell'ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico di privilegio .>>.
9.2. Deve subito precisarsi che l’interpretazione di tale disposizione da parte degli appellati è del tutto avulsa dal contesto sistematico in cui si inserisce, costituito dalla semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento delle infermità da causa di servizio, mediante un regolamento ai sensi dell’art. 17, co. 2 della l. n. 400 del 1998, volto a stabilire norme generali regolatrici del solo procedimento. L’unitarietà del solo procedimento amministrativo non consente infatti di inferire – attesa anche la valenza regolamentare della disciplina – il superamento della autonomia, prevista dalla legge, degli elementi sostanziali dei due differenti istituti. Risulta dunque smentita la tesi per cui se unico è l’accertamento del nesso causale presupposto tra servizio prestato e patologia patita, sia per l’equo indennizzo che per la pensione privilegiata, qualora lo stesso diventi definitivo in sede giudiziale per uno dei due benefici, determinerà l’insorgenza del diritto soggettivo anche per l’altro;senza considerare, quindi, che quell’accertamento trasfuso nel provvedimento di diniego dell’amministrazione rispetto all’altro beneficio è divenuto intangibile per effetto della decadenza dall’impugnazione prevista a tutela dell’interesse pubblico alla stabilità, in presenza di una posizione giuridica pacificamente di interesse legittimo pretensivo.
9.3. Invece, la previsione dell’art. 12, compiutamente interpretata nell’ambito complessivo delle innovazioni apportate dal d.P.R. del 2001 al procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio - il quale è alla base anche di altri benefici previsti dalla normativa di settore (ad es. aspettativa, assegni, rimborso spese) - ha una portata precettiva ben più limitata e così solo coerente con la natura regolamentare della disposizione, che disciplina il solo procedimento amministrativo per il riconoscimento della dipendenza dalla causa di servizio.
9.4. Ai fini della decisione della controversia in argomento, il regolamento del 2001:
a) ha attribuito alle Commissioni mediche ospedaliere (d’ora in poi CMO), territorialmente competenti, l’istruttoria per l’effettuazione della diagnosi dell'infermità o lesione, comprensiva possibilmente anche dell'esplicitazione eziopatogenetica, nonché del momento della conoscibilità della patologia (cfr. artt. 5 e 6 del regolamento e i relativi rinvii, anche al C.M., art. 168);in definitiva, solo le funzioni strumentali di accertamento sanitario con formulazione della diagnosi;
b) ha assegnato la nuova denominazione di CVCS al precedente Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (d’ora in poi CPPO), ridisciplinandone composizione e funzioni;questo organo, munito di speciale competenza tecnica derivante dalla variegata composizione professionale, ai sensi degli artt. 10 e 11 del regolamento, accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione, ai fini del riconoscimento della causa di servizio;esprime un parere motivato, in posizione di autonomia rispetto alle valutazioni espresse da altri organi tecnici, compresa la CMO, in quanto momento di sintesi volto all'accertamento definitivo della effettività e fondatezza della richiesta, con conseguente non configurabilità di una contraddizione tra il giudizio della CMO e quello del CVCS;parere cui l'amministrazione è tenuta a conformarsi, salva soltanto la facoltà di richiedere, motivatamente, un ulteriore parere allo stesso Comitato, al quale è poi tenuta comunque ad adeguarsi;(in tal senso la giurisprudenza consolidata. ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 6650 del 2018;sez. IV, n. 4160 del 2018;sez. IV n. 5067 del 2018;sez. III, n. 1212 del 2018;sez. III n. 6175 del 2017;sez. IV n. 493 del 2017;sez. IV, n. 4266 del 2017;sez. IV n. 5194 del 2017;sez. IV, n. 4619 del 2017;sez. IV n. 1435 del 2017;sez. III, n. 3878 del 2015);
b1) con la conseguenza, che il decreto ministeriale conclusivo del relativo procedimento è adeguatamente motivato attraverso il richiamo al parere negativo del Comitato, che abbia preso in considerazione le patologie riscontrate, esprimendosi sulla sussistenza o meno del nesso di causalità o di concausalità determinante e che la valutazione compiuta dal Comitato, risolvendosi nell'esercizio di discrezionalità tecnica, è sindacabile in sede giurisdizionale solo per assenza di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, violazione delle regole procedurali (cfr. la stessa giurisprudenza appena richiamata).
9.5. Come emerge chiaramente dalle disposizioni appena esaminate, il parere espresso dalla CVCS concerne in generale il riconoscimento della dipendenza, o meno, dell'infermità o lesione da causa di servizio per tutti gli istituti che l’ordinamento riconnette alla stessa;l’art. 12 prevede espressamente che esso, una volta intervenuto, evidentemente perché richiesto prima rispetto ad altri istituti, vale anche per l’ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico di privilegio.
Questa precisazione, non essenziale nella sistematica della nuova regolamentazione, trova spiegazione nella disciplina, prima vigente, ed abrogata dal nuovo regolamento del 2001.
9.6. Nella regolamentazione previgente (ora abrogata espressamente dall’art. 20), il riconoscimento della causa di servizio aveva una disciplina diversa, a seconda che si trattasse dei variegati benefici ad essa riconnessi, oppure dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata.
Infatti, nella vigenza dell’art. 5- bis del d.l. 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla l. 20 novembre 1987, n. 472, per il riconoscimento delle infermità per cause di servizio rispetto ai vari benefici era sufficiente l’accertamento definitivo delle CMO. Mentre, per il riconoscimento della causa di servizio ai fini della pensione privilegiata e dell’equo indennizzo, l’accertamento delle CMO positivo, affinché assumesse carattere definitivo, aveva necessità di essere confermato dal parere del CPPO;tanto risulta dal combinato disposto dell’art. 5- bis (secondo il quale i giudizi delle CMO sono definitivi, salvo il parere del CPPO in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell’equo indennizzo) e dell’art. 177 del d.P.R. n. 1092 del 1973 (ai sensi del quale, il CPPO deve essere sentito se la CMO abbia espresso parere positivo).
9.7. In definitiva, la precisazione nell’art. 12 del carattere “definitivo” dell’accertamento della CVCS, da un lato mira a ribadire che il parere del suddetto Comitato è l’unico determinante ai fini del riconoscimento o meno della causa di servizio rispetto a tuti i benefici previsti, ai quali l’amministrazione è vincolata, restando confinati i pareri delle CMO alla fase istruttoria dell’accertamento della patologia;dall’altro ribadisce che, diversamente dalla disciplina previgente, quando l’accertamento rileva rispetto all’equo indennizzo e alla pensione privilegiata, il Comitato – che ha sostituito la CMO – non interviene solo in caso di esito positivo dell’accertamento medico ma sempre e definitivamente (per l’applicazione di queste norme rispetto a fattispecie diversa cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1331 del 2017).
10. Può concludersi che con il ricorso degli istanti non sono state prospettate ragioni idonee a mettere in discussione la giurisprudenza consolidata, che ha ritenuto compatibile con l’ordinamento la possibilità che, nonostante il comune presupposto dell’accertamento del nesso di causa tra servizio prestato e infermità, possa poi pervenirsi in sede giudiziale a esiti contrastanti rispetto ai due benefici.
Rilevano così le argomentazioni dell’Amministrazione appellante, che ha richiamato principi consolidati da cui il Collegio non ha ragione di discostarsi.
11. La giurisprudenza di questo Consiglio ha avuto modo di scrutinare in diverse pronunce le controversie originate da sopravvenute decisioni della Corte dei conti concernenti la pensione privilegiata nel senso della autonomia processuale dei sistemi di tutela (v. in particolare Cons. Stato, sez. IV, n. 7618 del 2006;n. 6241 del 2006;n. 2676 del 2005;n. 8061 del 2004;da ultimo, un caso sovrapponibile a quello in esame, Cons. Stato, sez. IV, n. -OMISSIS- che ha riformato proprio il precedente richiamato a fondamento dell’impugnata sentenza). Controversie analoghe sono state esaminate dalla Corte di cassazione, rispetto al rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato (cfr. Cass. civ., sez. lav., n. 22297 del 2014;n. 14208 del 2018).
11.1. Nell’ambito di una pacifica devoluzione delle relative controversie a due distinti plessi giurisdizionali sulla base del carattere esclusivo della giurisdizione in materia di pensioni a totale carico dello Stato (da ultimo, Cass. civ., sez. un., n. 21605 del 2019 e n. 4325 del 2014), e della esclusione della rilevanza del giudicato formatosi su uno dei due benefici, si sono consolidati i seguenti principi:
a) l'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio ai fini del riconoscimento del beneficio della pensione privilegiata e la concessione dell'equo indennizzo "sono ancorati a situazioni giuridiche fondate su distinti presupposti e regolati da separate norme";
infatti, ai fini della pensione privilegiata "l'esame viene portato sul nesso tra l'evento e l'infermità che ne è derivata e di cui bisogna accertare la gravità", mentre nel caso dell'equo indennizzo "la verifica ha come oggetto il rapporto tra l'infermità stessa e la menomazione che ne è derivata e per la quale viene chiesto l'indennizzo";
b) alla diversità dell'oggetto della verifica corrisponde una diversità di disciplina, che si traduce sia in differenti modalità di erogazione delle due provvidenze, fra le quali non vi è alcuna correlazione diretta, immediata ed automatica, sia nella devoluzione delle relative controversie a due plessi giurisdizionali distinti, regime che ha la sua ragion d'essere nelle differenze di oggetto e di natura dei due giudizi;
c) mentre i giudizi riguardanti l'equo indennizzo investono questioni relative al trattamento economico spettante al lavoratore o jure successionis ai suoi eredi nell'ambito del rapporto di impiego (da far valere dinanzi al giudice ordinario od al giudice amministrativo a seconda della natura del rapporto di lavoro medesimo), nelle controversie in materia di pensione privilegiata (devolute alla Corte dei conti) si discute del riconoscimento della titolarità del diritto alla pensione privilegiata e/o all'assegno accessorio, in favore di soggetti il cui trattamento pensionistico sia a totale carico dello Stato.
11.2. Queste affermazioni sono coerenti con la riaffermazione della natura di interesse legittimo pretensivo in capo al soggetto che chiede il beneficio dell’equo indennizzo, potendosi configurare una posizione di diritto soggettivo alla esatta liquidazione solo dopo il provvedimento di attribuzione del beneficio (per la distinzione cfr. Ad. plen., n. 4 del 1984;sulla natura indennitaria ope legis v. Ad. plen. n. 1 del 2018), nonché con la riaffermazione del carattere perentorio del termine per impugnare il provvedimento di diniego (oltre alla richiamata n. -OMISSIS-, ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, n. 2718 del 2017;sez. VI n. 7073 del 2009).
11.3. D’altra parte, a dimostrazione dell’importanza del sistema decadenziale a tutela dell’interesse pubblico alla stabilità delle statuizioni amministrative, di recente l’Adunanza plenaria (con le sentenze n. 4 del 2019 e n. 11 del 2017) ha escluso la possibilità della riapertura del termine per l’impugnazione anche a seguito della conoscenza di eventi sopravvenuti.
12. Deve, infine, aggiungersi che il provvedimento del 2017, impugnato dinanzi al T.a.r., appare più che un provvedimento meramente confermativo – la cui impugnazione sarebbe inammissibile secondo la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio ( ex multis , sez. V, n. 3462 del 2015;n. 2548 del 2012) – un provvedimento con il quale si nega l’obbligo di attivare un nuovo procedimento per il riconoscimento dell’equo indennizzo, stante la definitività del diniego del 2011, restato non impugnato. Si tratta, sostanzialmente, di un diniego di autotutela su un’istanza per la revisione delle proprie precedenti determinazioni, la cui impugnazione sarebbe inammissibile fondandosi il diniego sulla mancata impugnazione del provvedimento originario con il quale si è concluso il relativo procedimento (cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, n. 2999 del 2018;n. 829 del 2018;n. 5053 del 2017;sez. V, n. 2548 del 2012;sez. III, n.1658 del 2009, sez. V, n.1610 del 2008, sez. VI, n.7250 del 2003).
13. La omogeneità e costanza nel tempo degli orientamenti giurisprudenziali sia del Consiglio di Stato che della Corte di cassazione rendono irrilevante la richiesta di deferimento della lite alla Adunanza plenaria.
14. In conclusione, l’appello è fondato e va accolto, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza, e rigetto del ricorso proposto dinanzi al T.a.r.
15. Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo secondo i parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.