Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-03-13, n. 202001823

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-03-13, n. 202001823
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001823
Data del deposito : 13 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/03/2020

N. 01823/2020REG.PROV.COLL.

N. 07504/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7504 del 2013, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, viale Parioli, 55;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo - Sezione staccata di Pescara, n.-OMISSIS-, resa tra le parti, concernente provvedimento di inflizione della sanzione disciplinare della perdita del grado per motivi disciplinari.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2020 il consigliere Luca Lamberti e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Fabio Tortora, nessuno presente per parte appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso avanti il T.a.r. per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara l’odierno appellato, all’epoca dei fatti appuntato scelto dell’Arma dei carabinieri, ha impugnato il provvedimento del 5 marzo 2012, con cui gli è stata inflitta la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, in conseguenza della dichiarata assunzione, in alcune occasioni, di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

1.1. In ricorso sono state svolte le seguenti censure:

- superamento dei termini stabiliti ex lege per l’avvio e la conclusione del procedimento disciplinare;

- anticipata manifestazione, nell’atto con cui è stata ordinata l’inchiesta formale, di una valutazione negativa della sua condotta;

- indebita imposizione, da parte dell’Amministrazione, di provvedere, nel corso del procedimento, alla sostituzione del difensore di fiducia;

- intromissione nel procedimento di “ alcune figure che non avevano alcun titolo, né tantomeno, alcuna potestà per poterlo fare ”;

- violazione delle disposizioni in tema di delega di funzioni;

- difetto di istruttoria, giacché da un lato “ l’Amministrazione, al fine di compiere un’adeguata istruttoria, avrebbe dovuto quantomeno disporre l’esecuzione di accertamenti chimico-tossicologici e di analisi psicologiche o psichiatriche a carico del ricorrente … anche al fine di verificare la reale incidenza che il consumo, seppur minimo, ininfluente ed isolato, di sostanze tossiche possa aver determinato sull’organismo e sulla psiche del ricorrente ”, dall’altro perché sarebbe infondato l’assunto secondo cui il ricorrente “ avrebbe direttamente favorito l’attività delittuosa del traffico di stupefacenti ”;

- violazione dei principi di proporzionalità tra fatto e sanzione e di gradualità nell’irrogazione della sanzione, in considerazione dei precedenti di servizio del ricorrente, dell’atteggiamento collaborativo da lui complessivamente tenuto nella vicenda e, comunque, del carattere isolato ed occasionale degli episodi di consumo di sostanza stupefacente.

2. Costituitasi in resistenza l’Amministrazione, il T.a.r., con la sentenza impugnata, ha accolto le censure di difetto di istruttoria e di carenza di proporzione fra fatto e sanzione ed ha respinto tutte le altre.

3. L’Amministrazione ha interposto appello.

3.1. Si è costituito in resistenza l’appellato.

3.2. Il ricorso è stato discusso all’udienza pubblica del 30 gennaio 2020, in vista della quale il solo appellato ha versato in atti memoria scritta, nella quale, inter alia , ha richiamato, a supporto delle proprie argomentazioni difensive, la sentenza della II Sezione di questo Consiglio n. -OMISSIS-.

4. Il ricorso in appello dell’Amministrazione è fondato.

5. Il Collegio rileva, preliminarmente, che l’oggetto del presente giudizio è rappresentato esclusivamente dalle censure di difetto di istruttoria e di carenza di proporzione fra fatto e sanzione: l’appellato, infatti, non ha impugnato i capi della sentenza di prime cure che ne hanno rigettato tutte le altre censure.

6. Ciò premesso, il Collegio osserva, in fatto, che:

- l’appellato, originario dell’Abruzzo, è stato in forza alla Stazione carabinieri di -OMISSIS-, allorché è stato trasferito alla Stazione carabinieri di -OMISSIS-;

- in data 20 e 30 maggio 2011 l’appellato è stato sentito, quale persona informata sui fatti, da personale del Comando provinciale carabinieri di -OMISSIS-, delegato dall’Autorità Giudiziaria a svolgere accertamenti investigativi nei confronti di militari appartenenti od appartenuti a quel Comando, sospettati di essere coinvolti in attività di spaccio di stupefacenti;

- in tali occasioni, l’appellato ha ammesso di avere fatto uso negli anni precedenti, in alcune occasioni (quantificate in tre o quattro), di sostanza stupefacente del tipo cocaina;

- l’appellato ha in proposito precisato che, dopo il suo trasferimento dalla -OMISSIS-, avrebbe periodicamente fatto ritorno in -OMISSIS-: in tali occasioni avrebbe consumato lo stupefacente insieme con una sua amica del posto, tossicodipendente.

7. In diritto, il Collegio osserva che il provvedimento gravato pone a fondamento dell’inflizione della massima sanzione disciplinare di stato proprio il consumo di cocaina, ritenuta condotta “ indice di gravissime carenze morali e di carattere ”, tale da minare “ le capacità psico-fisiche ” dell’incolpato e pregiudicare irrimediabilmente la relazione fiduciaria con l’Amministrazione.

7.1. Più in particolare, l’Amministrazione ha sostenuto che “ l’uso di droga è da ritenersi biasimevole sotto l’aspetto disciplinare, in quanto contrario ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato e a quelli di correttezza e esemplarità propri dello status di militare e di appartenente all'Arma dei carabinieri, nonché lesivo del prestigio dell'Istituzione. La condotta è, altresì, deontologicamente censurabile in relazione alla ricezione a qualsiasi titolo di sostanza stupefacente attraverso cui il militare ha direttamente favorito l’attività delittuosa del traffico di stupefacenti;
in tal modo, si è reso incompatibile con l'esercizio delle delicate funzioni svolle dall'Arma dei carabinieri, impegnata prioritariamente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi anche connessi alla droga. I fatti disciplinarmente accertati sono di rilevanza tale da richiedere l’applicazione della massima sanzione disciplinare di stato
”.

8. Tali coordinate motivazionali rendono esente il provvedimento dai vizi lamentati dal ricorrente e riscontrati dai Giudici di prime cure.

8.1. Anzitutto, consolidata giurisprudenza ritiene ontologicamente incompatibile, per un appartenente alle Forze di polizia (ad ordinamento sia civile sia militare), il consumo di sostanza stupefacente, pur se occasionale, isolato e non inquadrato in una complessiva situazione di dipendenza (a far data, ex multis , da Cons. Stato, Sez. IV, 21 aprile 2009, n. 2415;
12 maggio 2009, n. 2904;
13 maggio 2010, n. 2927;
30 giugno 2010, n. 4163;
Sez. III, 6 giugno 2011, n. 3371;
Sez. IV, 24 marzo 2016 n. 1120;
31 agosto 2016 n. 3736;
2 novembre 2016, n. 4581;
1 febbraio 2017, n. 413;
8 marzo 2017, n. 1086;
27 ottobre 2017, n. 4957;
30 agosto 2018, n. 5107;
15 gennaio 2020, n. 381;
21 gennaio 2020, n. 484, cui si fa integrale richiamo ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d] c.p.a.).

8.1.1. Invero, l’assunzione di sostanza stupefacente da parte di un appartenente ad un Corpo di polizia (ad ordinamento sia civile sia militare) dello Stato, come tale preposto, tra l’altro, proprio alla repressione della diffusione e dello spaccio di sostanza stupefacente, costituisce in sé, a prescindere da ogni altra considerazione, una condotta frontalmente confliggente con i doveri del ruolo ed oggettivamente incompatibile con la prospettica prosecuzione nel servizio.

8.1.2. Tali considerazioni valgono anche in presenza di un episodio isolato di assunzione di sostanza stupefacente, posto che ciò che rileva è proprio il consumo di tale sostanza.

8.2. A diverse conclusioni non conduce il recente (e, per vero, isolato) arresto di questo Consiglio citato dalla difesa dell’appellato, per giunta basato su un non perspicuo richiamo al precedente di questa Sezione n. 413 del 2017, che ha respinto il ricorso avverso un provvedimento di perdita del grado per rimozione emanato a seguito di un uso occasionale di stupefacente “ in un determinato arco temporale ” (come tale non integrante “ dipendenza ”) da parte di un militare dell’Arma dei carabinieri, escludendo il carattere casuale ed involontario dell’assunzione medesima.

8.2.1. In proposito, il Collegio non può non prendere le mosse dall’ampia discrezionalità dell’Amministrazione militare in punto di individuazione e, eventualmente, dosimetria della sanzione, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo nei casi di manifesta irrazionalità, insostenibile illogicità, palese arbitrarietà, evidente travisamento del fatto.

8.2.2. Il Giudice, infatti, svolge in tali casi un sindacato estrinseco di mera legittimità e, dunque, non ha titolo per sostituire le proprie valutazioni di opportunità a quelle operate dall’Amministrazione, impingendo altrimenti indebitamente in un’area funditus sottratta alla giurisdizione.

8.2.3. In particolare, spetta unicamente all’Amministrazione stabilire se soltanto la dedizione all’uso di sostanze stupefacenti giustifichi la massima sanzione di stato, ovvero se sia, in proposito, sufficiente anche un mero consumo isolato ed episodico e, comunque, non inserito in un abituale costume di vita.

8.3. Orbene, nella specie, l’Amministrazione ha giustificato l’irrogazione della massima sanzione disciplinare con argomentazioni che, benché certo nel merito opinabili, sono purtuttavia, da un punto di vista logico, intrinsecamente coerenti.

8.3.1. In particolare, le considerazioni svolte dall’Amministrazione, pur se ispirate ad un deciso rigore, non presentano profili di illogicità, di contraddittorietà o di arbitrarietà, specie ove si ponga mente:

- al noto effetto della sostanza stupefacente, che impatta significativamente, almeno nel periodo immediatamente successivo all’assunzione, sull’integrità psico-fisica dell’assuntore, laddove l’appartenente all’Arma dei carabinieri è sempre tenuto a mantenere, anche fuori dal servizio, non solo un contegno dignitoso (che certo la sostanza stupefacente offusca, degrada e deturpa), ma anche la capacità psico-fisica di far fronte ad impreviste esigenze;

- al fatto che il consumo di sostanza stupefacente ne implica il procacciamento da un soggetto che, nel cedere la sostanza, commette un delitto che il carabiniere ha il dovere di perseguire (si ponga mente, in proposito, all’istituto dell’arresto in flagranza e, più in generale, al dovere di denuncia gravante sui pubblici ufficiali);

- al fatto che il consumo di sostanza stupefacente, a prescindere dalla quantità, oggettivamente ne facilita, ne agevola e ne incrementa il traffico, alla cui repressione l’Arma dei carabinieri è istituzionalmente preposta;

- al fatto che un militare che cede all’impulso di consumare sostanza stupefacente disvela un’oggettiva fragilità etico-morale che ne frantuma l’affidabilità, laddove l’Arma deve poter contare sulla piena, convinta e pronta dedizione del proprio personale allo svolgimento dei compiti d’istituto che, implicando strutturalmente il contatto con ambienti e soggetti malavitosi, richiedono nel militare una decisa forza caratteriale, al fine di essere del tutto impermeabile a condizionamenti, profferte e lusinghe varie.

8.4. Nella specie, dunque, non solo non si è verificato alcun difetto istruttorio, posto che lo stesso appellato ha dichiarato di aver consumato sostanza stupefacente, ma non vi è neppure margine per richiamare il principio di proporzionalità fra fatto e sanzione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2830 del 2007).

8.4.1. La condotta tenuta dal militare, infatti, è stata valutata dall’Amministrazione come ontologicamente incompatibile, nella sua stessa materialità, con il mantenimento dello status di appartenente all’Arma, in quanto idonea a minarne l’integrità psico-fisica, a disvelarne una fragilità etico-morale e ad infrangere irrimediabilmente il rapporto di fiducia che l’Amministrazione deve continuamente poter riporre nel singolo militare.

8.4.2. Non si pone, dunque, alcun problema di sproporzione, posto che è il fatto stesso del consumo di sostanza stupefacente ad essere, secondo l’Amministrazione, in sé incompatibile con il mantenimento dello status di militare.

8.5. Di converso, in considerazione da un lato della coerenza interna e della consequenzialità logica delle argomentazioni spese dall’Amministrazione al fine di motivare la scelta della massima sanzione disciplinare di stato, dall’altro della strutturale impossibilità per il Giudice di attingere il merito della valutazione sanzionatoria, potendo esercitare un mero sindacato estrinseco di legittimità, non hanno né possono avere rilievo:

- l’episodicità del comportamento, che è stato reputato dall’Amministrazione come in sé ostativo alla prosecuzione del servizio;

- l’accertata esclusione di uno stato di tossicodipendenza, perché è la condotta in sé del consumo (anche episodico) di sostanza stupefacente (che, peraltro, nel nostro ordinamento costituisce un illecito amministrativo, non già una manifestazione di libertà personale) ad essere stata stigmatizzata dall’Amministrazione;

- le buone valutazioni sino ad allora conseguite, posto che il consumo di sostanza stupefacente è stato stimato dall’Amministrazione in sé e per sé incompatibile con il mantenimento dello status di militare, a prescindere da ogni altra considerazione;

- il comportamento collaborativo tenuto dall’interessato, tanto più allorché, come nella specie, questi abbia ammesso il consumo di sostanza stupefacente in un contesto (assunzione a sommarie informazioni davanti alla polizia giudiziaria delegata dal P.M.) in cui era ex lege tenuto a dire la verità, pena la possibile configurazione di delitto ( in primis , favoreggiamento personale).

9. Per le esposte ragioni, pertanto, il ricorso in appello va accolto e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, va integralmente rigettato il ricorso di primo grado.

10. Le spese del doppio grado di giudizio non possono che seguire la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

10.1. In proposito, il Collegio osserva che la pronuncia si basa su ragioni manifeste, sì che risultano integrati i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 1, c.p.a., secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, nn. 1117 e 1186 del 2018;
Sez. IV, 24 maggio 2016, n. 2200;
Cass. civ., Sez. VI, 2 novembre 2016, n. 2215, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d], c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria).

11. La condanna dell’appellato ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2- quinquies , lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

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