TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-09-18, n. 202313816

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-09-18, n. 202313816
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313816
Data del deposito : 18 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/09/2023

N. 13816/2023 REG.PROV.COLL.

N. 13046/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13046 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D G, domiciliato presso la Segreteria Tar Lazio Roma in Giustizia, Pec Registri;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del provvedimento del Ministero dell'Interno -OMISSIS- del 17.8.2022, con il quale è stata respinta la domanda di cittadinanza italiana del ricorrente


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. - Il ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, in data 25 marzo 2018.

II. - Esperita l’istruttoria di rito, l’Amministrazione ha, previo contraddittorio con l’interessato cui ha inviato il preavviso di diniego ex art. 10- bis della legge n. 241/1990, respinto con d.m. del 17 agosto 2022 la domanda, essendo emersi sul conto dell’interessato una molteplicità di precedenti penali, non dichiarati all’atto della presentazione della domanda di cittadinanza:

- -OMISSIS-: sentenza emessa dal Tribunale in composizione monocratica di Milano - Sezione Distaccata di Legnano, irrevocabile il 25/07/2009, per il reato di cui all’art. 4 legge 18/04/1975 n. 110 ( porto di armi , accertato il -OMISSIS-);

- 01/07/2009: decreto penale emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Monza, esecutivo il -OMISSIS-, per il reato di cui all’art. art. 83 comma 1 d.lgs. 09/04/2008 n. 81 ( violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro , attuazione legge 3 agosto 2007, n. 123, commesso il 28/5/2008 in Cologno Monzese, cantiere edile via Toscana snc.);

- 22/09/2010: decreto penale emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Milano, esecutivo il 31/01/2011, per il reato di cui all’art. 116, comma 13, d.lgs. 30/4/1992 n. 285 ( guida di veicolo senza aver conseguito la patente , reato depenalizzato/abrogato);

- 16/09/2011: decreto penale emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Verona, -OMISSIS-per il reato di cui all’art. 116 comma 13 citato d.lgs. n. 285/1992 (g uida di veicolo senza aver conseguito la patente , commesso il 17/9/2008 in Peschiera del Garda, reato depenalizzato/abrogato);

- 09/07/2012: sentenza emessa dal Tribunale in composizione monocratica di Milano, irrevocabile il 16/10/2012, per i reati di cui agli artt. 2, legge 11/11/1983 n. 638 e 81 cpv c.p. ( omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali , commesso il 10/11/2009 in Milano) e di cui agli artt. 37 legge 24/11/1981 n. 689 e 81 cpv c.p. ( omissione o falsità in registrazione o denuncia obbligatorie, commesso il 10/8/2010 in Milano );

- 28/09/2015: sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano, -OMISSIS-- in parziale riforma della sentenza emessa in data 02/07/2012 dal Tribunale in composizione monocratica di Milano, per il reato di cui agli artt. 477, 482 c.p. ( falsità materiale commessa dal privato in certificati , accertato il 3/2/2009 in Milano), in data -OMISSIS- con Ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano dichiarata l'estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale per esito positivo dell' affidamento in prova (art. 47 legge n. 354/1975).

III. – Il ricorrente, dopo aver premesso di essere ben integrato nel tessuto nazionale, eccepisce l’illegittimità dell’atto impugnato.

Sul piano del fatto deduce:

Erroneità della motivazione;
Assenza di ragionevolezza;
Assenza di valutazione sulla effettiva e complessiva integrazione sociale del ricorrente;
Assenza di una concreta valutazione circa le caratteristiche e le modalità dell'episodio di reato
;

Assenza di proporzionalità e coerenza ;

Erroneo esercizio della discrezionalità in materia di cittadinanza

In particolare ritiene che i reati contestati sarebbero in parte insussistenti, per intervenuta abrogazione o estinzione, in parte risalenti (non oltre il 2010) e in ogni caso irrilevanti, guardando alle circostanze specifiche;
assume inoltre di non averli dichiarati perché non aveva contezza di avere condanne penali. Infine lamenta che l’amministrazione non ha valorizzare il percorso di integrazione compiuto.

Sul piano del diritto formula il seguente motivo di censura:

violazione art.3 legge n.241/1990;
violazione legge n.91/1992;
erroneità della motivazione;
assenza di ragionevolezza;
assenza di valutazione sulla effettiva e complessiva integrazione sociale;
assenza di una concreta valutazione circa le caratteristiche e le modalità dell'episodio di reato;
assenza di proporzionalità e coerenza;
erroneo esercizio della discrezionalità
.

IV. - Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno per resistere al ricorso e ha depositato documenti del fascicolo del procedimento e una relazione difensiva, contestando nel merito le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto della domanda di annullamento del diniego impugnato, cui la parte ha replicato con memoria del 6 dicembre 2022, rilevando la presunta nullità del diniego di cittadinanza del provvedimento, in quanto adottato senza l’acquisizione del parere della Questura e della Prefettura, previsto dall’ art. 2, comma 1, d.P.R. n. 362/1994.

V. – Con ordinanza collegiale n. 16816 del 13 dicembre 2022, sono stati disposti incombenti istruttori alla luce dei rilievi da ultimo formulati dalla parte, cui la p.a. ha dato seguito, depositando il Rapporto informativo fatto pervenire in data 20.12.2022 dalla Questura di Milano, da cui sono emersi ulteriori pregiudizi penali a carico dell’istante.

VI. – Il richiedente ha replicato con memoria del 20 marzo 2023 ribadendo le conclusioni rassegnate nei precedenti scritti.

VII. - Con ordinanza cautelare n. 1820 del 31 marzo 2023 è stata fissata una ravvicinata trattazione del merito, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod.proc.amm.

VII. – All’udienza pubblica del 13 giugno 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. - Il ricorso è infondato.

II. – Deve essere preliminarmente scrutinata la censura di nullità per mancata acquisizione del parere della Questura e della Prefettura di cui all’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 362/1994, a tenore del quale “ L’autorità che ha ricevuto l’istanza di cui all’articolo 1 ne trasmette in ogni caso immediatamente copia al Ministero dell’interno, ed entro trenta giorni dalla presentazione, salvo il caso previsto dal comma 2, inoltra al Ministero stesso la relativa documentazione con le proprie osservazioni ”.

Il Collegio ritiene che, malgrado l’eventuale omessa acquisizione delle previste “osservazioni “ della Prefettura e della Questura, il provvedimento sia da ritenere salvo, in quanto la dedotta omissione procedimentale integra una mera irregolarità formale, insuscettibile di travolgere gli effetti del provvedimento .

D’altronde, nel caso di specie, l’atto endoprocedimentale, della cui sussistenza non è stata data dimostrazione, non risponde all’esigenza di acquisire a tutela di un interesse rilevante dell’ordinamento l’avviso di autorità pubbliche dotate di specifiche competenze tecniche e expertise professionale. Al contrario, la Prefettura e la Questura, articolazioni periferiche dell’autorità procedente, si limitano nell’ambito del procedimento concessorio, raccolti tutti i dati sul conto dell’istante attingendo dalle banche dati a disposizione, a trasmetterli all’autorità centrale, formulando un proprio giudizio, delle “osservazioni”, che in ogni caso non è vincolanti.

Nel procedimento de quo, appare utile vieppiù rilevare, non è mancata la trasmissione delle risultanze istruttorie al Ministero dell’interno, come emerge dallo stesso rapporto informativo della Questura di Milano di cui la parte lamenta la tardività. Il rapporto del 20 dicembre 2022, depositato in atti a seguito dell’incombenti istruttori disposti con ordinanza collegiale n. 16816/2022, infatti, riporta gli stessi precedenti penali su cui si fonda il provvedimento di diniego odiernamente avversato (oltre a ulteriori elementi pregiudizievoli, ascrivibili all’istante, rimasti senza esito sul piano penale), ed è questo dato che consente peraltro di escludere la predicabilità del vizio di difetto di istruttoria.

III. - Ai fini dello scrutinio delle restanti censure il Collegio reputa utile una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento (vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018 e 3471/2022).

L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume, ictu oculi , dalla norma attributiva del potere, l’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza “ può ” - e non “ deve ” - essere concessa.

La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra (“ il sacro dovere di difendere la Patria ” sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “ doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale ”, consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.).

A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo;
si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999;
sez. IV n. 798/1999;
n. 4460/2000;
n. 195/2005;
sez, I, n. 1796/2008;
sez. VI, n. 3006/2011;
Sez. III, n. 6374/2018;
n. 1390/2019, n. 4121/2021;
TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;
n. 3920/2013;
4199/2013).

È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento: l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.

E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’ agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato.

In questo quadro, pertanto, l’amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.

La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico (in proposito, Tar Lazio, Sez. II quater, sent. n. 621/2016: “ concessione che costituisce l’effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa ”).

In altre parole, si tratta di valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l’inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica (cfr. ex multis , Tar Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227 e n. 12006 del 2021 e sez. II quater, n. 12568/ 2009;
Cons. Stato, sez. III, n. 104/2022;
n. 4121/2021;
n. 7036 e n. 8233 del 2020;
n. 1930, n. 7122 e n. 2131 del 2019;
n. 657/2017;
n. 2601/2015;
sez. VI, n. 3103/2006;
n.798/1999).

Se, dunque, il potere dell’Amministrazione ha natura discrezionale, il sindacato giurisdizionale sulla valutazione dell’effettiva e compiuta integrazione nella comunità nazionale deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale, esaurendosi nello scrutinio del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, con preclusione di un’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cui è causa;
il vaglio giurisdizionale non deve sconfinare nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione ( ex multis , Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
Sez. IV, n. 6473/2021;
Sez. VI, n. 5913/2011;
n. 4862/2010;
n. 3456/2006;
Tar Lazio, Sez. I ter, n. 3226/2021, Sez. II quater, n. 5665/2012).

IV. - Alla luce del quadro ricostruito, è possibile ritenere prive di pregio le censure di parte attrice, volte a confutare l’operato dell’amministrazione resistente che ha formulato un giudizio di inaffidabilità del ricorrente e di non compiuta integrazione nella comunità nazionale sulla base delle risultanze istruttorie, da cui è emersa la riconducibilità al richiedente di una pluralità di condotte penalmente rilevanti, destanti particolare allarme sociale, poste in essere a distanza di tempo l’una dall’altra - collocabili anche nel c.d. “periodo di osservazione”, il decennio antecedente il momento di presentazione della domanda - che hanno finito ragionevolmente per riflettersi in maniera negativa sulla formulazione del giudizio prognostico di idoneità da parte dell’amministrazione, chiamata a contemperare l’interesse pubblico composito da tutelare, come in premesse individuato, e l’interesse vantato dal richiedente, risultato incline a violare le regole di civile convivenza.

Come già ripetutamente chiarito da questa Sezione, tale giudizio prognostico è frutto di una valutazione complessa, in cui l’Autorità chiamata a formularlo non si limita a considerare in modo atomistico i singoli precedenti, ma li valuta nel complesso insieme dei loro reciproci rapporti, nella periodicità e reiteratività, nella loro natura: si tratta, appunto, di “indicatori”, cioè di “elementi di fatto” che sono apprezzati, sotto il profilo della loro valenza significativa dell’indole del richiedente, in modo “globale”, trattandosi di esprimere un giudizio “sintetico”, che ha natura di valutazione “d’impatto” (TAR Lazio, sez. V bis, n. n. 3527/2022, 5113/2022, 5348/2022, 6941/22, 7206/22,8206/22, 8127/22, 8131 e 32, 8189/22, 8932/22, 9291/22).

V. - I motivi ostativi alla concessione dello status , peraltro, sono rappresentati nel caso di specie da una pluralità di comportamenti (violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, possesso abusivo di armi e fatti di violenza verso persone e cose, per limitare l’attenzione ai soli fatti sfociati in sentenze di condanna) che incidono su beni costituzionalmente tutelati, preordinati alla tenuta dell’ordinamento e alla pacifica e civile convivenza e che forniscono un quadro personale del ricorrente che non dava minimamente garanzia di un suo proficuo stabile inserimento nell’ambito della comunità nazionale, ad onta degli esiti processuali.

Nel provvedimento e negli atti della p.a. resistente, in particolare, si fa riferimento alla significatività che hanno assunto nella formulazione del giudizio negativo in ordine all’aspirante cittadino la violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, collegati all’attività imprenditoriale svolta dal richiedente nel settore edile, in quanto fonte di particolare allarme sociale, riferendosi ad un settore dove viene posta maggiore attenzione alla tutela dei lavoratori.

VI. – Peraltro non possono ritenersi condivisibili gli argomenti della difesa attorea volti ad affermare l’irrilevanza dei comportamenti tenuti dal richiedente, da un lato, invocando per taluni dei precedenti l’intervenuta abrogazione o estinzione, dall’altro, valorizzando per gli altri precedenti circostanze del caso concreto tese a confutare quanto accertato in sede penale con l’adozione di sentenze di condanna.

Nel caso di specie, a fronte dei numerosi precedenti addebitati, sono intervenute sentenze di condanna, che confermano l’esistenza di un fatto storico, adeguatamente accertato e sanzionato dal Giudice Penale, perché in realtà, contrario alle regole proprie della Comunità nazionale, che condizionano la capacità valutativa dell’Amministrazione in sede di accertamento, prognostico e complessivo, dei presupposti di concessione della cittadinanza.

Con specifico riferimento alla rilevanza anche di fatti depenalizzati e estinti, si evidenzia che tale conclusione rappresenta il precipitato applicativo del noto fenomeno della “pluriqualificazione” dei fatti giuridici, per cui lo stesso comportamento può assumere diversa rilevanza, sul piano penale, civile, fiscale, amministrativo, etc. a seconda dei settori d’azione, delle materie e delle finalità perseguite, invocato dalla giurisprudenza amministrativa anche in relazione alla circostanza dell’estinzione e della riabilitazione pronunciata dal giudice penale. Difatti, sul piano amministrativo, visto che la valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere per concedere lo status di cittadino ha riguardo principalmente all’interesse pubblico alla tutela dell’ordinamento, la condotta comunque posta in essere dall’interessato rileva per il particolare valore sintomatico che può assumere in quel procedimento (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2022, n. 1057;
id. 28 maggio 2021, n. 4122;
id., 16 novembre 2020, n. 7036;
id., 23 dicembre 2019, n. 8734;
id., 21 ottobre 2019, n. 7122;
id., 14 maggio 2019, n. 3121;
sez. IV, n. 1788/2009, n. 4862/2010;
T.A.R. Lazio sez. V bis, nn. 2944, 4469 e 4651 del 2022;
sez. II quater, n. 10590/12;
10678/2013).

L’autorità procedente ha in altre parole valutato la (complessiva) situazione dell’istante, visto che - a prescindere dalla circostanza che alcuni dei comportamenti contestati sono stati depenalizzati o si sono estinti - a carico di questi risultano comunque numerosi comportamenti, tutti accertati con sentenza di condanna, plurioffensivi sia nei confronti di beni primari costituzionalmente tutelati (vedi, TAR Lazio, sez. V bis, n. 4625/22 e 4651/22, sez. I ter, n. 9241/19), sia nei confronti delle Istituzioni dello Stato di cui aspira a far parte.

VII. – Quanto, inoltre, alla omessa autocertificazione dei precedenti, non appaiono dirimenti le argomentazioni difensive della parte circa l’erronea convinzione della mancanza di condanne a carico, visto che, con riferimento alla posizione giudiziaria in Italia, l’autocertificazione ha ad oggetto l’aver o meno riportato condanne penali in Italia, anche ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

Tale omissione non solo sarebbe suscettibile di essere perseguita penalmente, ma in attuazione del principio ricavabile dall’art. 75 del D.P.R. 445/2000 può determinare, anche a prescindere dalla sussistenza del reato di falso, la reiezione della domanda. In ogni caso, tale elemento è indicativo di una non compiuta integrazione e conoscenza dei principi che informano anche il procedimento di cui si tratta, nonché di una mancata lealtà che sta alla base del vincolo di cittadinanza.

In proposito la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che il citato art. 75 del d.P.R. n. 445/2000 “ si inserisce in un contesto in cui alla dichiarazione sullo status o sul possesso di determinati requisiti è attribuita funzione probatoria, da cui il dovere del dichiarante di affermare il vero ” (Sez. V, 9 aprile 2013, n. 1933);
pertanto, al di là dei profili penali, ove ricorrano i presupposti del reato di falso, nell'ambito della disciplina dettata dal d.P.R. n. 445/2000, la dichiarazione non veritiera preclude al dichiarante il raggiungimento dello scopo cui era indirizzata o comporta la decadenza dall' utilitas conseguita per effetto del mendacio. Di conseguenza, la dichiarazione falsa o non veritiera “opera come fatto, perde rilevanza l'elemento soggettivo ovvero il dolo o la colpa del dichiarante poiché, se così non fosse, verrebbe meno la ratio della disciplina che è volta a semplificare l'azione amministrativa, facendo leva sul principio di autoresponsabilità del dichiarante" (Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2012, n. 2447).

In estrema sintesi, in ipotesi di tal fatta verrebbe meno anche la valutazione discrezionale dell’Amministrazione, ponendosi il diniego della cittadinanza come inevitabile conseguenza dell’accertata dichiarazione mendace, circostanza confermata dalle risultanze in atti.

VIII. – L’avversato provvedimento è dunque immune dai rilievi formulati nel ricorso, visto l’inevitabile negativo riflesso che l’aver posto in essere una pluralità di fatti penalmente rilevanti nel corso della permanenza dell’istante sul territorio nazionale, senza dichiararli all’atto della presentazione dell’istanza, finisce per avere nella formulazione del giudizio prognostico di idoneità e di capacità di rispettare le regole di civile convivenza e i valori identitari dello Stato, ad onta, come nel caso di specie, del giudizio di scarso disvalore formulato sugli stessi dal ricorrente, della depenalizzazione ovvero della sopraggiunta estinzione, nonché dello stabile inserimento nel tessuto nazionale.

Sul punto questa Sezione, peraltro, ha più volte chiarito che lo stabile inserimento socio-economico non rappresenta un elemento degno di speciale merito, in grado di far venir meno i constatati motivi ostativi alla concessione dello status anelato, esso è solo il prerequisito della richiesta di cittadinanza, in quanto presupposto minimo per conservare il titolo di soggiorno, che autorizza la permanenza dello straniero sul territorio nazionale ( ex multis , Tar Lazio, Sez. V bis, nn. 2945 e 4295 del 2022).

L’inserimento sociale e professionale del richiedente rappresenta un elemento sintomatico di una raggiunta situazione di normalità che consente la permanenza dello straniero in Italia, ma non consiste in una particolare benemerenza tale da indurre la Pubblica Amministrazione a ritenere l’interesse pubblico ad integrare nella comunità nazionale un elemento se ha dimostrato di non condividerne i fondamentali valori di solidarietà e sicurezza.

In altre parole, si richiede che l’istante sia non solo materialmente in condizioni di effettivo inserimento nella società italiana, ma che sul piano dei valori mostri, indefettibilmente, una convinta adesione ai valori fondamentali dell'ordinamento di cui egli chiede di far parte con il riconoscimento della cittadinanza.

IX. - Il Collegio, pertanto, ritiene, sulla scorta dei postulati enucleati, che le conclusioni a cui è giunta l’Amministrazione siano esenti dai vizi dedotti con i motivi di ricorso e che quindi il ricorso deve essere respinto perché infondato.

X. - Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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