TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-05-31, n. 202106432

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-05-31, n. 202106432
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202106432
Data del deposito : 31 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2021

N. 06432/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01403/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1403 del 2012, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. A C, con domicilio digitale eletto presso il suo studio in Guidonia (RM), via A. Tondi 9;

contro

Ministero della difesa, in persona del Ministro p.t. , rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in -OMISSIS-, via dei Portoghesi 12;

per l’annullamento

del decreto ministeriale prot. n. -OMISSIS- del 28 novembre 2011, notificato il 30 dicembre 2011, con il quale è stata applicata nei confronti del ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica straordinaria di smaltimento del giorno 21 maggio 2021 il dott. V T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il ricorrente è stato un sergente maggiore dell’Aeronautica Militare al quale è stata applicata una prima volta la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione con decreto ministeriale prot. n.-OMISSIS- del 17 dicembre 2010, notificato il 26 gennaio 2011, ai sensi degli artt. 37, 60, comma 6 e 61, l. 31 luglio 1954 n. 599, a far data dal -OMISSIS-. In particolare, detta sanzione è stata inflitta in relazione ai fatti accertati con sentenza del Tribunale penale di -OMISSIS- 20 gennaio 2010 n. -OMISSIS-, irrevocabile dall’11 febbraio 2010, con cui su richiesta delle parti è stata applicata a -OMISSIS- la pena di due anni di reclusione, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. oltre alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per un anno e alla confisca del veicolo -OMISSIS-, di sua proprietà. In particolare, l’odierno ricorrente in data -OMISSIS-, dopo aver costretto una prostituta ad avere con lui un rapporto sessuale, simulando la qualità di pubblico ufficiale, ha reiterato con forza l’atto, procurandole lesioni guaribili in quattro giorni, e si è impossessato con violenza della borsa della donna, contenente un telefono cellulare e la somma di euro 100,00, dandosi poi alla fuga, il tutto guidando il suddetto veicolo in stato di ebbrezza.

Il prefato provvedimento disciplinare è stato ritualmente impugnato da -OMISSIS- con ricorso iscritto al n.r.g. 2435 del 2011 del TAR per il Lazio, sede di -OMISSIS-, che è stato accolto con sentenza resa in forma semplificata 12 luglio 2011 n. 6245, notificata il 3 agosto 2011, sotto l’assorbente profilo dell’incompetenza dell’organo che lo ha emanato ( i.e. il Direttore generale per il personale militare), facendo salvo il potere del Ministro della difesa, titolare del potere disciplinare, di rinnovare il procedimento entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della decisione.

In relazione all’esito del citato giudizio, il Ministero della difesa ha adottato il decreto prot. n. -OMISSIS- del 28 novembre 2011, notificato il 30 dicembre 2012, con il quale è stata nuovamente applicata nei confronti del ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione, in relazione ai medesimi fatti oggetto del precedente provvedimento.

2. – Avuto riguardo a ciò, -OMISSIS- con il ricorso all’esame, notificato il 2 febbraio 2012 e depositato il successivo giorno 27, ha gravato il decreto indicato in epigrafe, lamentando i seguenti vizi di legittimità:

I) violazione degli artt. 97 Cost., 9, l. 7 febbraio 1990 n. 19, 1373, 1392, d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, oltre a eccesso di potere per irragionevolezza, poiché: a) gli addebiti gli sono stati contestati con ritardo ed il procedimento rinnovato si è concluso ben oltre il termine decadenziale di 270 giorni a ciò stabilito; b) l’Amministrazione non ha condotto alcuna particolare istruttoria in ordine ai fatti posti a fondamento del provvedimento disciplinare, essendosi limitata a recepire acriticamente le risultanze della sentenza di applicazione della pena su richiesta;

II) violazione dell’art. 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, oltre a eccesso di potere per difetto di motivazione e contraddittorietà manifesta, abnormità del provvedimento e difetto di proporzionalità, dal momento che l’Amministrazione non ha argomentato sulla sussistenza di una lesione del prestigio della Forza armata in conseguenza dei fatti ascritti al ricorrente, che non hanno ricevuto risonanza mediatica e che sono stati oggetto di una sentenza di applicazione della pena su richiesta che, giusto l’art. 653 cod. proc. pen., si ripercuote sul procedimento disciplinare solo in ordine alla sussistenza del fatto ed alla sua illiceità penale e non anche ai fini della valutazione della gravità della condotta tenuta, sottolineando così la natura sproporzionata della sanzione inflittagli.

All’esito della camera di consiglio convocata per l’esame della domanda di tutela interinale, essa è stata respinta con ordinanza 27 marzo 2012 n. 1133, confermata dall’ordinanza del Consiglio di Stato, sezione IV, 11 luglio 2012 n. 2680.

Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa, che ha argomentato per il rigetto del gravame.

All’udienza pubblica straordinaria di smaltimento del 21 maggio 2021 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3. – Il ricorso è infondato.

3.1 Il primo mezzo di impugnazione non è suscettibile di favorevole scrutinio.

3.1.1 In particolare, quanto ai profili di decadenza del Ministero della difesa dal potere disciplinare per decorso del termine perentorio per la sua conclusione, si osserva che l’art. 2187, d.lgs. n. 66 del 2010, prevede che “ 1. I procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente codice e del regolamento rimangono disciplinati dalla previgente normativa ”. Essendo il procedimento disciplinare de quo in corso al 9 ottobre 2010, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 66 cit., poiché è stato avviato il 6 maggio 2010 ed è stato concluso il 17 dicembre 2010, la disciplina di riferimento è dunque costituita dall’art. 9, comma 2, l. n. 19 del 1990, a mente del quale: “ La destituzione può sempre essere inflitta all’esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni ”, restando inconferente l’art. 1373, d.lgs. n. 66 cit., invocato da parte ricorrente.

Nella specie, attribuendo alla disposizione il significato che la conclusione del procedimento debba avvenire al massimo entro 90 giorni dalla data prevista come termine ultimo per la contestazione, si ha che l’acquisizione della sentenza di condanna è avvenuta il 25 marzo 2010, la contestazione degli addebiti risale al 6 maggio 2010 e che il procedimento si è concluso con l’adozione del decreto prot. n.-OMISSIS- del 17 dicembre 2010, cioè entro 225 giorni e dunque senza alcun superamento del limite massimo di 270 giorni riveniente dalla somma dei termini previsti dall’art. 9, comma 2, l. n. 19 cit.

Come detto, il TAR per il Lazio, sede di -OMISSIS-, con sentenza 12 luglio 2011 n. 6245, notificata il 3 agosto 2011, ha annullato per incompetenza il suddetto parere, facendo salvo il potere del Ministro della difesa di rinnovare, ora per allora, il procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 119, d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, “ nel termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal passaggio in giudicato della presente sentenza ”. Nel giudizio di appello proposto dal Ministero della difesa avverso la prefata sentenza di prime cure, rubricato al n.r.g. 8447 del 2011, il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza cautelare 14 aprile 2012 n. 1434 ha rilevato l’improcedibilità della domanda di sospensione dell’efficacia, “ avendo l’Amministrazione appellante emanato un nuovo provvedimento di rimozione dal grado dell’appellato ”. Il predetto giudizio di secondo grado si è estinto per perenzione, giusto decreto decisorio del Presidente della sezione IV del Consiglio di Stato 30 maggio 2017 n. 700;
pertanto, essendo ormai passata in giudicato la suddetta sentenza di primo grado, la salvezza del potere ministeriale di rinnovo nei termini ivi indicati, a mente della generale disposizione dell’art. 2909 cod. civ., “ fa stato ad ogni effetto ” tra l’odierno ricorrente e il Ministero della difesa.

Da ciò consegue che la rinnovazione del procedimento da parte del Ministro della difesa deve ritenersi tempestiva, perché alla data di adozione del nuovo provvedimento sanzionatorio, cioè al 28 novembre 2011, non era ancora spirato il termine di trenta giorni decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che è stato esplicitamente indicato dal TAR per il Lazio.

Peraltro, fermo quanto sopra osservato con portata assorbente, ad una diversa conclusione non si perviene neppure applicando al caso in esame l’art. 1373, d.lgs. n. 66 cit., nel testo rilevante ratione temporis , per il quale: “ 1. Annullati uno o più atti del procedimento disciplinare a seguito di autotutela, di giudicato amministrativo ovvero di decreto decisorio di ricorso straordinario, se non è esclusa la facoltà dell’amministrazione di rinnovare in tutto o in parte il procedimento e non sono già decorsi, limitatamente alle sanzioni di stato, gli originari termini perentori, il nuovo procedimento riprende, a partire dal primo degli atti annullati, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto piena conoscenza dell’annullamento o dalla data di adozione del provvedimento di autotutela ”. Infatti, anche in tal caso alla data di adozione del secondo provvedimento sanzionatorio non si era formato alcun giudicato amministrativo, essendovi soltanto una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva soggetta ad appello.

Nessun pregio hanno, poi, le considerazioni svolte da parte ricorrente sul fatto che il Ministero della difesa non avrebbe rinnovato il procedimento, avendogli soltanto notificato il medesimo atto con intestazione e firma del Ministro, anziché del Direttore generale del personale militare. Infatti, atteso che la rinnovazione riguarda la sequenza procedimentale a partire dal primo atto annullato in giudizio, essendo stata nella specie accertata la sola incompetenza dell’organo che ha adottato il provvedimento conclusivo, nessun effetto caducatorio è stato prodotto con riferimento all’istruttoria precedentemente svolta, risultando così necessario rinnovare il solo provvedimento conclusivo del procedimento, come è correttamente avvenuto.

3.1.2 Non si ritengono condivisibili nemmeno le argomentazioni con le quali il ricorrente lamenta che l’Amministrazione militare non avrebbe condotto alcuna particolare istruttoria in ordine ai fatti posti a fondamento del provvedimento disciplinare, essendosi limitata a recepire acriticamente le risultanze della sentenza di applicazione della pena su richiesta richiamata in atti.

Al riguardo, si osserva, in primo luogo, che l’art. 445, comma 1- bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a), l. 12 giugno 2003 n. 134, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, ha previsto che “[…] Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna ”. Inoltre, ai sensi dell’art. 653, comma 1- bis , cod. proc. pen. “ La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso ”. Pertanto, a fronte di una sentenza di applicazione della pena su richiesta divenuta irrevocabile, nessuna particolare istruttoria occorre all’Autorità procedente quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della sua riconduzione alla responsabilità dell’imputato, esercitandosi la discrezionalità del potere disciplinare sulla commisurazione della misura inflitta alla gravità del fatto, all’insegna del canone di proporzionalità. Del resto, l’art. 444, comma 2, cod. proc. pen., prevede che: “ Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti ”. Ne consegue che, respingendosi le ulteriori argomentazioni con cui parte ricorrente tenta di ridimensionare la portata dell’accertamento contenuto nella sentenza di patteggiamento, quest’ultima non è una pena “senza giudizio” e non prescinde dall’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, in quanto il giudice, nonostante la richiesta concorde delle parti, non può emetterla se ricorrono le condizioni per il proscioglimento perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso o non costituisce reato (Cons. Stato, sez. III, 11 marzo 2015 n. 1271;
sez. III, 23 dicembre 2014 n. 6371;
sez. IV, 9 gennaio 2013 n. 80;
sez. III, 17 maggio 2012 n. 2878;
TAR Lazio, Latina, sez. I, 15 dicembre 2018 n. 650).

3.2 Non fondato è anche il secondo mezzo di censura, con cui -OMISSIS- lamenta difetto di motivazione e sproporzione della sanzione applicata rispetto ai fatti contestati in sede disciplinare.

Sul punto si premette che l’Amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale nell’apprezzare la rilevanza disciplinare dei fatti sicché, una volta valutati gli stessi, l’accertamento della proporzionalità della sanzione all’illecito contestato e la graduazione della stessa, risolvendosi in un giudizio di merito, sfugge al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non si disveli un eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicità o contraddittorietà ( ius receptum : Cons. Stato, sez. IV, 30 giugno 2020 n. 4145;
sez. IV, 7 giugno 2017 n. 2752;
sez. VI, 20 aprile 2017 n. 1858;
sez. VI, 16 aprile 2015 n. 1968;
sez. III, 5 giugno 2015 n. 2791;
sez. VI, 16 aprile 2015 n. 1968;
sez. III, 20 marzo 2015 n. 1537;
sez. IV, 28 novembre 2012 n. 6034). In altri termini, il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa ed il suo corollario in campo disciplinare, rappresentato dal c.d. gradualismo sanzionatorio, non consentono al giudice di sostituirsi alle valutazioni discrezionali compiute dall’Autorità disciplinare, che possono essere sindacate esclusivamente ab externo , qualora trasmodino nell’abnormità (TAR Lazio, Latina, sez. I, 31 dicembre 2019 n. 757;
TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 16 gennaio 2019 n. 66;
sez. I, 12 ottobre 2018 n. 1703;
TAR Piemonte, sez. I, 3 aprile 2018 n. 399).

Nel caso di specie, tenuto conto dei sopra descritti limiti che incontra il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità delle sanzioni disciplinari inflitte al pubblico dipendente, si ritiene che, stante la gravità dei fatti ascritti alla responsabilità del ricorrente, la misura punitiva adottata nei suoi confronti non sia sproporzionata né irragionevole. In tal senso, non può non rammentarsi che -OMISSIS- si è reso responsabile di una pluralità di reati in continuazione tra loro, comportanti violenza sulle persone, sulle cose e abuso di alcool alla guida di un mezzo a motore, vale a dire di condotte che, a prescindere dalla risonanza mediatica, sono particolarmente disdicevoli per un sottufficiale delle Forze armate che dovrebbe essere d’esempio ai suoi sottoposti e per la comunità.

4. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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