TAR Napoli, sez. III, sentenza 2014-12-09, n. 201406425
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N. 06425/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00292/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 292 del 2004, proposto da:
Saggese Francesco, rappresentato e difeso dagli avv. F U, R R, con domicilio eletto presso F U in Napoli, c.so V.Emanuele,670;
contro
Comune di S.Giuseppe Vesuviano, non costituito;
per l'annullamento dell’ordinanza prot. n. 12716 del 27.10.2003 recante ingiunzione di demolizione di opere abusive.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente impugnata l’ordinanza n. 225 del 27.10.2003 con la quale il Comune di S. Giuseppe Vesuviano ha ingiunto la demolizione di una tettoia in lamiera zincata,chiusa ai lati est e sud, con pilastrini in ferro, impiegata per ricovero di materiale di vendita per ferramenta, della superficie di circa 600 mq, eseguita in assenza di permesso di costruire.
1.2. La Sezione respingeva la domanda cautelare con Ordinanza n. 618/2004 per assenza di periculum stante la natura monitoria dell’atto gravato.
Non si costituiva il Comune di S. Giuseppe Vesuviano.
Il ricorrente manifestava interesse ala coltivazione del giudizio solo in conseguenza el decreto presidenziale di perenzione, che veniva opposto e revocato.
Di tanto dovrà tener conto l’autorità giudiziaria competente eventualmente adita per l’ottenimento dell’indennizzo per irragionevole durata del processo.
Alla pubblica Udienza del 20.11.2014 sulle conclusioni delle parti la causa è stata ritenuta in decisione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente allega di aver presentato un’istanza di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 D.P.R n. 380/2001 facendone discendere l’improduttività degli effetti del provvedimento demolitorio censurato fino alla pronuncia sulla domanda di sanatoria, stante l’obbligo del Comune di definire previamente la stessa.
2.2. La censura è infondata alla luce della pacifica giurisprudenza del Tribunale, più volte espressa proprio dalla Sezione, la quale afferma che la presentazione di istanza di accertamento di conformità non inficia la legittimità dell’ordinanza di demolizione, la quale dismette unicamente e temporaneamente la sua efficacia a seguito della presentazione dell’istanza di conservazione, efficacia destinata a riespandersi ove il Comune riscontri negativamente la domanda di sanatoria respingendola (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. II, 14.9.2009, n. 4961;Cons. di Stato, Sez. IV, 19.2.2008, n. 849 ord.;più di recente T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 5.12.2012, n. 4941;ID, 17.5.2012, n. 2787).
La Sezione ha ancor più di recente ribadito che “L’avvenuta presentazione di un’istanza di accertamento di conformità non rende invalida l’ordinanza di demolizione, ma la pone in uno stato di temporanea quiescenza, con la conseguenza che in caso di accoglimento dell’istanza di sanatoria l’ordinanza demolitoria viene travolta dalla successiva contraria e positiva determinazione dell’amministrazione, mentre in caso di rigetto – anche silenzioso – dell’istanza stessa, la pregressa ordinanza di demolizione riacquista efficacia (in tal senso, da ultimo T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 28.1.2013 n. 651;ID, 5.12.2012, n. 4941), decorrendo, peraltro, il termine di 90 giorni per far luogo alla demolizione, dalla comunicazione del provvedimento di rigetto della domanda di conservazione”( T.A.R. Campania – Napoli, III, 22.2.2013 n. 1070).
Osserva anche il Collegio che a norma dell’art. 36, comma 3 del D.P.R. n. 380/2001, ove il Comune non si pronunci espressamente sull’istanza di accertamento di conformità entro sessanta giorni, la stessa si intende respinta.
Si forma, cioè, sulla domanda, una tipica fattispecie di silenzio – rigetto, che va impugnato mediante la proposizione di motivi aggiunti o ricorso autonomo.
Nel caso al vaglio del Collegio, dunque, l’istanza è stata presentata al Comune intimato in data 17.11.2003 (doc. 2 di parte ricorrente) e su di essa si è dunque ormai formato il silenzio – rigetto che non risulta impugnato,con la conseguente consolidazione degli effetti della precedente ordinanza di demolizione.
Non è pertanto condivisibile l’ulteriore assunto del deducente, secondo cui dell’opera costruita non potrebbe giammai essere ingiunta la demolizione essendo essa conforme agli strumenti urbanistici ed il Comune tenuto a rilasciare la concessione in sanatoria.
Su tale domanda, invece, come dianzi spiegato, si è ormai formato il silenzio – rigetto divenuto inoppugnabile per assenza di tempestivo gravame.
3.1. Con la seconda censura parte ricorrente sostiene l’illegittimità della misura demolitoria “attese le caratteristiche della struttura”, inferendone che doveva essere al più comminata una sanzione pecuniaria, applicabile alle opere costruite in assenza di autori azione.
3.2. La doglianza è sicuramente infondata in diritto poiché, oltre ad essere destituita di principio di prova in ordine all’asserita natura del manufatto de quo, urta contro la chiara natura di nuova costruzione che è da annettere alle opere de quibus, così come descritte nel provvedimento e consistenti nella realizzazione di una tettoia chiusa su due lati, munita di copertura, gocciolatoi ed impianti, per la quale era necessario premunirsi del permesso di costruire e non della mera autorizzazione, oggi sostituita dalla d.i.a..
La giurisprudenza si è già espressa in tal senso, sancendo l’assoggettamento delle tettoie di rilevanti dimensioni e di natura non precaria, a permesso di costruire. Anche la Sezione ha di recente già enunciato tale principio avendo affermato che “Anche la realizzazione di una tettoia è soggetta al permesso di costruire, in quanto essa incide sull'assetto edilizio preesistente;incisione particolarmente significativa ove, come nella fattispecie, la tettoia insista su un territorio vincolato. La realizzazione di una tettoia, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, resta subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10 comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, laddove comporti, come nella fattispecie, una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce. E ciò viepiù nei casi — come quello di specie — in cui le dimensioni della tettoia siano di entità tale da non poter più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione dell'accessorietà, nell'edificio principale o della parte dello stesso cui accedono, al quale, viceversa, arrecano una apprezzabile alterazione” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 10.1.2014 n. 142).
Anche il Consiglio di Stato si è posto sulla medesima linea esegetica: Consiglio di Stato, Sez. V 28 aprile 2014 n. 2196 .
4.1. Con le ultime due doglianze il ricorrente lamenta che l’ordinanza gravata sarebbe illegittima poiché non si è consentito agli interessati di partecipare al procedimento onde acquisire tutti gli interessi coinvolti e non è stata allestita una adeguata motivazione delle ragioni giustificatrici dell’ordine di demolizione impartito.
4.2. Anche tali ultime censure si prospettano infondate alla luce della pacifica giurisprudenza, anche del Tribunale, più volte enunciata pure dalla Sezione.
Invero, per orientamento ormai costante l’ordine di demolizione, in quanto atto dovuto e dal contenuto rigidamente vincolato, presupponente un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle medesime, non richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento e la partecipazione procedimentale degli interessati (T.A.R. Liguria, Sez. I, 22.4.2011, n. 666;T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 10.8.2008, n. 9710;T.A.R. Umbria, 5.6.2007, n. 499;T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 17.1.2007, n. 357).
La Sezione ha di recente sposato tale indirizzo: T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 26.6.2013 n. 3328;T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 22.2.2013 n. 1069.
4.3. Quanto all’obbligo di motivazione, per le stesse ragioni la giurisprudenza predica la non necessità di motivazione delle ordinanze di demolizione, stante il loro contenuto rigidamente vincolato, e la loro scaturigine dal mero accertamento dell’abusività delle opere.
Rammenta il Collegio che la Sezione ha da tempo affermato il delineato avviso precisando che “i provvedimenti repressivi, come l’ordine di demolizione di una costruzione abusiva, prescindono da qualsiasi valutazione discrezionale dei fatti e sono subordinati al solo verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge, così che, una volta accertata la consistenza dell’abuso, non vi è alcun margine di discrezionalità per l’interesse pubblico eventualmente collegato”, conseguendone che “i provvedimenti repressivi che ordinano la demolizione di manufatti abusivi (…) non abbisognano di congrua motivazione in punto di interesse pubblico attuale alla rimozione dell’abuso, che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato)” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 9.7.2007, n. 6581;più di recente, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 270/2011).
L’ordinanza di demolizione è pertanto sufficientemente motivata con la descrizione delle opere abusive e delle ragioni dell’abusività, non occorrendo ulteriore sviluppo motivazionale: T.A.R. Lazio, Sez. I, 8.6.2011, n. 5082.
Segnala il Collegio che il Giudice d’appello ha di recente suggellato il riferito orientamento affermando che “l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 gennaio 2011, n. 79).
La Sezione ha di recente ribadito la non necessità di motivazione: TAR Campania Napoli, III Sez . 20 marzo 2014 n. 1602;T.A.R. Campania –Napoli, sez. III 10 ottobre 2013 n. 4534 ID, 26.9.2013, n. 4450;TAR Campania - Napoli, III Sez., 26.9.2013, n. 4450;TAR Campania - Napoli, III Sez. 28.1.2013, n. 651.
In definitiva, alla luce delle argomentazioni finora svolte il ricorso si profila infondato e va per l’effetto respinto.
Nulla sulle spese stante la mancata costituzione in giudizio del Comune di S. Giuseppe Vesuviano.